• Non ci sono risultati.

L’azione risarcitoria e la discussa eliminazione del filtro di ammissibilità

LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÁ CIVILE DEL MAGISTRATO: LA LEGGE

4. L’azione risarcitoria e la discussa eliminazione del filtro di ammissibilità

Per quanto riguarda l’art. 4 della legge 117/1988, riguardante la competenza e i termini dell’azione di risarcimento del danno promossa dal cittadino contro lo Stato, l’unica modifica riguarda il termine di decadenza previsto per la proposizione della domanda di risarcimento: esso sale da due a tre anni.

Ma le innovazioni più discusse e controverse del recente intervento normativo sono rappresentate dall’abrogazione dell’art. 5 della legge 117/1988 e dal conseguente venir meno del c.d. «filtro di ammissibilità» (vedi paragrafo 2).

Lo scopo del filtro, come è noto, era quello di limitare il rischio di una incontrollata proliferazione di cause, magari intentate in modo sistematico dalle parti soccombenti nei giudizi, così tutelando sia il buon andamento della giustizia sia la serenità del magistrato (in questo modo posto al riparo da possibili azioni pretestuose o addirittura ritorsive), e con essa l’indipendenza nell’esercizio delle funzioni giudiziarie162. Uno scopo di rilievo costituzionale. La Corte costituzionale, infatti, fin dal 1989 evidenziò come tale filtro di ammissibilità contribuisse ad operare quel necessario bilanciamento tra responsabilità del magistrato (art. 28 Cost.) e i principi fondamentali che governano la magistratura (soggezione del giudice

160 Per riprendere le parole della Corte costituzionale, sentenza n. 18 del 1989, in

www.cortecostituzionale.it

161 F. DAL CANTO, Op. cit., pag. 191 162 F. DAL CANTO, Op. cit., pag. 194

91

soltanto alla legge: art. 101 comma 2 Cost.; indipendenza della magistratura: art. 104 comma 1 e art. 108 comma 2 Cost.; terzietà ed imparzialità del giudice: art. 111 comma 2 Cost.)163. Ci si chiede allora se sia legittima, in termini di legalità costituzionale, l’eliminazione del filtro di ammissibilità, che concorreva a realizzare quel bilanciamento tra responsabilità dei giudici e garanzie costituzionali della giurisdizione164.

È pur vero, però, che le condivisibili valutazioni espresse dalla Corte costituzionale, svolte a ridosso dell’entrata in vigore della legge Vassalli, non avevano potuto giovarsi dell’esperienza concreta, che negli anni successivi, come abbiamo visto nel paragrafo 2, avrebbe fatto registrare un indirizzo giurisprudenziale molto restrittivo, caratterizzato da un utilizzo del giudizio di ammissibilità inteso non tanto come un accertamento della sussistenza dei presupposti oggettivi della domanda, quanto come un vero e proprio giudizio compiuto sul merito delle denunce, trasformando di fatto un ragionevole meccanismo di deterrenza nella più efficace causa dell’insuccesso della disciplina165.

E tuttavia, se era senza dubbio necessario un intervento su questo fronte, il legislatore avrebbe potuto e dovuto optare per una soluzione meno netta e rigorosa, e certamente di maggiore

163 La Corte costituzionale con sentenza n. 18 del 1989 affermò: «va sottolineato che

la previsione del giudizio di ammissibilità della domanda […] garantisce adeguatamente il giudice dalla proposizione di azioni manifestamente infondate, che possano turbarne la serenità, impedendo, al tempo stesso di creare con malizia i presupposti per l’astensione e la ricusazione». Ancora, con sentenza n. 468 del 1990 affermò il «rilievo costituzionale di un meccanismo di filtro della domanda giudiziale diretta a far valere la responsabilità civile», poiché «un controllo preliminare della non manifesta fondatezza della domanda, portando ad escludere azioni temerarie ed intimidatorie, garantisce la protezione dei valori di indipendenza e di autonomia della funzione giurisdizionale, sanciti negli artt. da 101 a 113 della Costituzione».

164 G. AMOROSO, Riforma della responsabilità civile dei magistrati e dubbi di

legittimità costituzionale dell’eliminazione del filtro di ammissibilità dell’azione risarcitoria, in Questione Giustizia 3/2015, pagg. 182-183

92

compatibilità con le garanzie costituzionali, volta semmai a limitare il giudizio preliminare di ammissibilità alle sole condizioni formali per la proposizione della domanda (verifica delle condizioni di proponibilità indicate dall’art. 4) con l’intento di rimettere alla determinazione del merito tutte le altre questioni che non involgessero aspetti di pura forma166.

A proposito dell’eliminazione del filtro di ammissibilità, la giurisprudenza di merito è stata chiamata a risolvere una questione di diritto intertemporale, ovvero, nella mancanza di una disciplina transitoria del processo, a definire quale fosse la normativa applicabile a tutti i processi intentati a cavallo tra la vecchia e la nuova disciplina. La soluzione adottata è stata quella di continuare ad applicare il meccanismo di garanzia dell’art. 5 della legge 117/1988 ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della legge del 2015. Soluzione peraltro confermata dalla Corte di cassazione. È stato chiarito, infatti, che «la sopravvenuta abrogazione della disposizione di cui all’art. 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, per effetto dell’art. 3 comma 2 della legge 27 febbraio 2015, n. 18, non esplica efficacia retroattiva onde l’ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio di funzioni giudiziarie deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione. Il giudizio di ammissibilità previsto dall’art. 5 cit. pertanto prosegue secondo le norme poste da questa disposizione qualora la domanda sia stata avanzata con ricorso depositato prima del 19 marzo 2015, data di entrata in vigore della legge 18/2015»167. Dunque, il carattere processuale e non sostanziale della normativa abrogata e di quella sopravvenuta non comporta l’applicabilità

166 L. DE RENZIS, L’eliminazione del “filtro” di ammissibilità nel giudizio di

responsabilità civile dei magistrati. Profili di incostituzionalità della disciplina riformata, in www.associazionemagistrati.it. pag. 2

93

immediata di quest’ultima ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge 18/2015, vale a dire ai giudizi introdotti con ricorso depositato prima del 19 marzo 2015.

Per coordinare tale soppressione del filtro di ammissibilità della domanda con la disciplina dell’azione disciplinare a carico del magistrato conseguente all’azione di risarcimento intrapresa, si è modificato anche l’art. 9 della legge 117/1988. Ora come allora il comma 1 stabilisce che i titolari dell’azione disciplinare «devono» esercitare l’azione disciplinare nei confronti del magistrato «per i fatti che hanno dato causa al risarcimento». Il problema consiste nell’individuare il momento a partire dal quale sorge tale obbligo. Nella versione precedente, l’azione doveva essere esercitata entro due mesi dalla comunicazione della decisione di ammissibilità della domanda. Ma tale riferimento è stato eliminato, insieme all’abrogazione dell’art. 5 che quel «filtro» prevedeva. È pertanto da ritenere che l’obbligo di esercitare l’azione disciplinare sorga già al momento della presentazione della domanda di risarcimento dei danni nei confronti dello Stato, a patto che, ovviamente, la condotta che si assume aver causato il danno possa essere sussunta entro una delle fattispecie previste dal d.lgs. 109/2006168.