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L’emergenza come ordinario criterio di amministrazione

TRA EMERGENZA E SPECIALITA' DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

3.1 L’emergenza come ordinario criterio di amministrazione

Negli ultimi anni si é assistito all‟espansione del fenomeno dell‟emergenza in tutta una serie di settore interessati dall‟operato dell‟amministrazione. Ciò in quanto il sistema ha manifestato una chiara tendenza all‟aumento di casi che, pur non nascendo da situazioni impreviste o imprevedibili, sono assimilati dalle norme alle situazioni

Questo ampliamento dell‟emergenza ha prodotto un‟evoluzione dell‟amministrazione che ha assunto nuovi compiti e nuove forme organizzative. In pratica, dall‟istituzione del Sistema nazionale di protezione civile in poi, si è creato un nuovo modello organizzativo e, nel contempo, l‟amministrazione d‟emergenza ha cambiato forma e natura assumendo la veste di una vera e propria funzione di benessere frutto, dunque, di una concezione espansiva dei compiti dello Stato moderno.

Nell‟ambito di questo modello organizzativo, le emergenze non vengono affrontate dalla singola amministrazione ma vengono ricondotte in un sistema coerente (fortemente accentrato, piramidale e gerarchico) fatto di norme generali, di organizzazioni a rete e di specifiche modalità di comportamento.

Nel contempo gli strumenti tradizionali, come le ordinanze di necessità e urgenza, in origine pensati per affrontare situazioni straordinarie e ben delimitate (nel tempo e nei contenuti) sono stati affiancati da nuove modalità di intervento in grado di affrontare fenomeni più vasti quali quelli

prodotti dalla crescita delle incertezze sociali e ambientali278. Conseguentemente, interi ambiti di amministrazione (e non singoli, puntuali interventi a fronte di eventi contingibili) sono stati sottratti all‟applicazione del diritto amministrativo comune e sottoposti a disciplina speciale fortemente derogatoria. La capacità derogatoria alle norme vigenti, dapprima fortemente circoscritto ai provvedimenti contingibili ed urgenti di prima generazione, trova oggi una applicazione nella prassi molto più estesa. Si pensi solo alla possibilità attribuita alle gestioni commissariali (fino a poco tempo fa nominate dalla Presidenza del Consiglio) di individuare una non quantificabile ulteriore gamma di disposizioni, regionali e nazionali, cui derogare con l‟esercizio dei poteri speciali e derogatori di cui sono in possesso.

La casistica entro cui si muove l‟esercizio di questo potere di ordinanza può essere ricondotta a tre principali categorie:

1) calamità naturali, nelle quali una situazione di emergenza effettivamente si rappresenta (come il terremoto in Abruzzo o i fatti alluvionali di Messina);

2) fatti di amministrazione complessa, i cc.dd. “grandi eventi”279, né imprevedibili né caratterizzati da fattori di urgenza ma connotati da esigenze di coordinamento nell‟esercizio di funzioni spettanti ad autorità amministrative diverse;

3) fatti di disfunzione amministrativa, la c.d. maladministration280 (come la gestione dei rifiuti in Campania).

Alla luce della casistica sinteticamente richiamata sembra potersi sostenere che l‟espansione del fenomeno dell‟amministrazione dell‟emergenza non deriva dal moltiplicarsi degli “eventi calamitosi”, ma dalla crisi del sistema stesso: dalla incapacità, in altre parole, per l‟Amministrazione di risolvere i problemi della “normalità”, anche a causa dell‟inefficienza/inefficacia degli strumenti giuridici a sua disposizione. Le ordinanze di emergenza servono oggi, in sostanza, a legittimare la disapplicazione del diritto esistente, nel convincimento più diffuso che solo sfuggendo alle strettoie della legislazione esistente e dei normali procedimenti amministrativi sia possibile risolvere i problemi.

278 FIORITTO A., L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, cit., p. 224.

279 Sui problemi giuridici dei cosiddetti “grandi eventi” e in particolare su quelli di cui all‟organizzazione dell‟Expo 2015 di Milano, si veda ROCCELLA A., Metamorfosi della protezione civile e Stato di diritto, in

www.nuvole.it, n. 43, aprile 2010, 22-28; ID., Milano in stato di eccezione, in www.giustamm.it; CAPANTINI M., Il

modello “paraemergenziale” dei “grandi eventi”, in Fuga dalla legge? Seminari sulla qualità della legislazione,

Grafo ed., 2011, 197 e ss.; ID., I grandi eventi. Esperienze nazionali e sistemi ultrastatali, Editoriale Scientifica Italiana, 7/2010.

Naturalmente un simile modo di amministrare non può che porre perplessità in relazione a tutta una serie di principi costituzionali, fra cui i principi di imparzialità e buon andamento amministrativo ex art. 97 Cost.

Non a caso la giurisprudenza amministrativa è intervenuta più volte per sanzionare.

Così con la decisione n. 197/1998 il Consiglio di Stato281, ha dichiarato l‟illegittimità di alcune O.P.C.M. nella parte in cui consentivano la deroga all‟intera legge 11 febbraio 1994 n. 109 in materia di lavori pubblici nonché all‟intero ordinamento di settore posto a tutela delle bellezze naturali.

Successivamente con decisione n. 52/1999282, il Consiglio di Stato affermava il principio per cui la legislazione speciale per situazioni di emergenza non impedisce ai Comuni, o ad altri enti ed organi, di esercitare i poteri loro spettanti in base alla normativa ordinaria, sul presupposto che la deroga alla legislazione ordinaria va intesa come “istituzione o ampliamento dei poteri degli organi amministrativi preposti o delegati agli interventi di emergenza e non come restrizione dei poteri di altre autorità”283.

281 Sono illegittime le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 1994 e 7 ottobre 1994, che dichiarano l‟emergenza nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani con conferimento della delega a provvedere al Prefetto, nella parte in cui, in contrasto con i principi dell'art. 5 l. 24 febbraio 1992 n. 225, consentono la deroga all'intera l. 11 febbraio 1994 n. 109 in materia di lavori pubblici (art. 2 comma 1 ordinanza P.C.M. 31 marzo 1994), nonché all‟intero ordinamento di settore, posto a tutela delle bellezze naturali, di cui alla l. 29 giugno 1939 n. 1497 e al d.l. 27 giugno 1985 n. 312, convertito dalla l. 8 agosto 1985 n. 431 e successive integrazioni e modificazioni (così, l‟art. 2 comma 1 O.P.C.M. 11 febbraio 1994), così Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 1998, n. 197, in Riv. giur.

ambiente, 1999, p. 105. SALAMONE V., Le ordinanze di protezione civile ed il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario con riguardo alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in www.giust-amm.it.

282 Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 1999, n. 52, in Foro Amm., 1999, p. 62.

283

Pur apparendo pacifico che non esiste un fondamento espresso di questo tipo nella legge di sistema sulla protezione civile, alcuni Autori offrono una chiave di lettura costituzionale circa la ratio giustificatrice di una siffatta tendenza, che per quanto discutibile, sembrerebbe rinvenirsi nel principio di ragionevolezza, in quanto si ritiene il dettato dell‟art. 5, comma 5, della l. n. 225/1992 (”Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono

contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate“) come

“previsione ragionevole”, giacché davvero l‟emergenza in linea di massima non consente uno studio così accurato dello Stato di diritto da potere indicare, una volta stabilito che cosa appare adeguato per fronteggiare l‟emergenza, tutte le norme previgenti che per conseguenza risultano derogate. In tal senso RESCIGNO G.U., Sviluppi e problemi, nuovi in

materia di ordinanze di necessità e urgenza e altre questioni in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995 della Corte Costituzionale, in Giur. Cost., 1995, p. 2195, che prosegue osservando: “avrei qualche dubbio

sull‟esattezza e praticabilità del rispetto, sempre e comunque, dei principi generali dell‟ordinamento”, il principio di congruità e proporzionalità tra evento e misura assorbe, e limita nello stesso tempo, il presunto principio del rispetto dei principi generali dell‟ordinamento”, e che è “ragionevole immaginare un‟emergenza tale da esigere, in un caso