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L’ESEMPIO DEL MAROCCO NELL’OPERA DI ESEGES

Nel Maghreb, il Marocco si presenta come un faro nell’assolvimento di una fondamentale opera di esegesi al femminile, grazie al lavoro di un certo numero di femministe.

La studiosa e scrittrice Fatima Mernissi si rivela un’ottima guida per quanto riguarda le coraggiose prese di posizione a favore della libertà femminile nel suo Paese e nel mondo islamico in generale. Avvalendosi dell’uso dell’ijtihad, la sociologa si occupa di conciliare le rivendicazioni femminili con

i precetti coranici anche se allo stesso tempo la stessa non si considera una femminista islamica.232

Tramite i suoi scritti Mernissi si preoccupa di decostruire le interpretazioni misogine e anzi racconta biografie di donne potenti e leggendarie che occupano ruoli di leadership nel corso della storia islamica. Per Mernissi, le donne del primo periodo islamico vivono in un periodo di forte attivismo femminile caratterizzato dal riconoscimento sociale dei diritti delle stesse.

Fatima Mernissi è considerata una pioniera del movimento femminista: ella per prima propone una rilettura del Corano per separare i veri hadith da quelli falsi.233

Nata nel 1940 a Fez, è docente di sociologia presso l’Università Muhammad V di Rabat. Sin dagli anni Settanta affronta la questione femminile in Marocco e in generale nel mondo islamico. Ma, mentre ora è considerata una femminista islamica, fino alla metà degli anni Ottanta,

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“Il Corano” (a c. di) A. Bausani, pag. 55

231

A. Vanzan “Le donne”, pag. 13

232

R. Pepicelli, “Femminismo”, pagg. 69-75

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Mernissi può essere definita una femminista laica dato che vede nella religione un ostacolo all’emancipazione.234 Proprio come il movimento femminista, quindi, Mernissi cambia

orientamento e ciò la porta a vedere il rapporto fra la religione e i diritti religiosi sotto un’altra luce. Le femministe come Mernissi propongono una rilettura dei testi sacri secondo una prospettiva di genere, proponendo l’assoluta conciliabilità di istanze di uguaglianza e religione musulmana.235 La studiosa si arroga il diritto di avvalersi dello strumento l’ijtihad per la sua opera di

reinterpretazione, smontando pezzo per pezzo le letture androcentriche costruite dai soli uomini al potere. Ella vede alcuni hadith come non autentici poiché contraddicono lo spirito del Corano. Per la studiosa, il Profeta predica a favore di un comunità costruita attorno ad ideali di giustizia e democrazia, con uomini e donne che lavorano fianco a fianco.236

Mernissi ricorda come, durante il primo periodo islamico, le donne posseggano la piena

cittadinanza e come lo stesso Profeta si comporti con le sue mogli. Con l’aiuto di esperti di storia, la sociologa indaga i ruoli importanti che rivestono le donne di Medina, come ad esempio porsi a capo di un esercito. L’esempio riportato è quello di Aisha, moglie del Profeta, che, dopo la morte di quest’ultimo, guida un esercito in battaglia. La sua figura è strettamente legata agli affari di Stato di quel periodo quando Aisha è persino consultata negli affari politici.237

Secondo la sociologa marocchina, il ruolo delle donna attivamente impegnata al fianco dell’uomo è deliberatamente taciuto e dimenticato e il testo sacro è volutamente manipolato sotto spinte interne legate al potere egemonico.

Conflitti d’interesse portano alla nascita di falsi hadith, cosicché chi è ai vertici della società può controllare, attraverso questo potente strumento, la società a suo piacimento e servirsene per i propri scopi.238 Secondo studiose come Fatima Mernissi vengono a crearsi quindi dei racconti misogini come quello attribuito ad al-Bukhari, eminente narratore di hadith, che recita: “Mai

conoscerà la prosperità un popolo che affiderà il suo governo a una donna”.

Con il passare del tempo questo hadith e gli hadith in generale (specie se attribuiti a una linea di trasmettitori definiti sahih cioè “sani”, attendibili) sono diventati delle verità incontestabili.

Potrebbero essere citati molti altri hadith di questo tipo. Essi mirano a tenere fuori dagli affari della

234 R. Pepicelli, “Femminismo”, pagg. 69-70 235

A. Vanzan, “Le donne”, pagg. 13-14

236

R. Pepicelli, “Femminismo”, pagg. 69-71

237

F. Mernissi, “Donne”, pagg. 10-12

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politica le donne e a diffondere nella società l’idea che queste ultime siano esseri inferiori, non dotate di intelletto o autocontrollo e per questo non affidabili.239

Le studiose come Fatima Mernissi indagano il motivo per cui le donne dell’epoca si convertono all’islam; esse trovano in questa religione la garanzia del rispetto dei propri diritti e

dell’uguaglianza. Dato che lo stesso Profeta osteggia i comportamenti misogini, risulta impossibile che egli avvalori hadith come quello sopra citato.240 L’islam infatti non contempla nessuna forma di superiorità degli uomini sulle donne e lo stesso Corano non ammette gerarchie tra i credenti. All’interno dell’umma tutti i credenti sono uguali, come tutti i fedeli sono uguali agli occhi di Dio. Nonostante ciò, il corso della storia sperimenta più volte la formazione di una radicata e indiscussa tradizione basata su racconti ostili alle donne, definiti come sani e autentici, considerati quindi validi ed applicabili. Piuttosto che il Profeta, è il patriarcato maschilista a rendere validi hadith che avallano interpretazioni misogine del Corano e della Sunna.241

Per Mernissi: “Contrariamente a quanto si crede, l’islam non avanza la tesi della intrinseca

inferiorità femminile. Piuttosto il contrario, afferma la potenziale uguaglianza fra i sessi. La

disuguaglianza esistente non si basa su una teoria biologica o ideologica dell’inferiorità femminile, ma è il risultato di istituzioni sociali specifiche disegnate per contenere il suo potere; cioè

segregazione e subordinazione legale nella struttura famigliare.”242

Tutte le istituzioni sessuali servono a minimizzare e controllare il potere femminile, considerato come potenzialmente pericoloso e capace di scatenare la fitna nella comunità, in quanto la donna incarnerebbe il desiderio represso e la passione incontrollata.243

Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta molte studiose criticano l’islam, ma da allora la religione non è più considerata un freno all’emancipazione femminile, anzi da limite essa diventa lo strumento della loro liberazione. A prescindere dalla ragione di fondo, molte donne rivendicano l’uguaglianza di genere all’interno della cornice islamica per rispondere al bisogno sociale di trovare un posto per la religione all’interno della società e della propria vita.

Fatima Mernissi non si limita a criticare la tradizione islamica ma anche l’Occidente. Secondo la scrittrice le donne occidentali sono vittime inconsapevoli dell’ideale estetico e del desiderio di una

239 F. Mernissi, “Donne”, pagg. 54-57, 74, 79, 90 240

F. Mernissi, “Donne”, pagg. 14, 135-161

241

R. Pepicelli, “Femminismo”, pag. 23

242

R. Salih, “Musulmane”, pag. 106

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società maschilista che le vorrebbe uniformate ad uno stesso modello fisico. Più in generale, il modo di pensare della società occidentale vuole costringere le donne a

trasformare il proprio corpo per soddisfare il genere maschile.244 La critica risiede nel fatto che l’Occidente non è capace di un esame di auto-coscienza e riesce solo ad essere critico nei confronti del mondo arabo-islamico. Le donne occidentali inoltre non riescono a capire come la religione vista in chiave femminista possa rappresentare un forte strumento di liberazione ed

emancipazione, soffermandosi solo sulla convinzione che il femminismo sia, in generale, laico.245