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Una valutazione difficile

La breve rassegna della letteratura presentata nel paragrafo precedente evidenzia l’incertezza dei risultati e la complessità dei canali attraverso cui le politiche settoriali influenzano la sicurezza alimentare. La valutazione dell’impatto delle politiche è in questo caso un compito particolarmente difficile in quanto deve prendere in considerazione diversi livelli di analisi:

 globali ovvero la misura in cui i cambiamenti delle politiche nazionali o estere influenzano i prezzi internazionali;

 settoriali ovvero la trasmissione delle variazioni dei prezzi mondiali sui prezzi interni;

 micro ovvero le conseguenze per le famiglie sulla base della situazione di partenza e delle loro risposte ai cambiamenti dei prezzi e dei redditi sul mercato interno.

Le scelte di liberalizzazione spesso riguardano l’intera economia, e questo richiede di svolgere l’analisi in equilibrio generale, e più

di un paese, e questo richiede l’utilizzo di modelli globali. Tali modelli sono difficilmente in grado di catturare gli effetti a livello micro anche se i miglioramenti nella disponibilità di dati e nelle capacità di calcolo stanno aumentando la possibilità di svolgere micro-simulazioni nell'ambito modelli di equilibrio generale (Bouet et al., 2013).

I problemi legati alla valutazione dell’impatto di un trattamento attraverso l’uso di strumenti econometrici sono ben noti in letteratura e sono riconducibili a un problema fondamentale di misurazione. Infatti, mentre la valutazione corretta dovrebbe essere effettuata calcolando la differenza media tra il risultato ottenuto dai paesi a seguito del trattamento e quello potenziale che gli stessi avrebbero realizzato nel caso ipotetico in cui non avessero subito il trattamento, i dati reali contengono esclusivamente informazioni circa la sicurezza alimentare effettivamente registrata dai vari paesi.

La mancanza di un appropriato controfattuale non può essere risolta considerando la media dei risultati dei paesi che non hanno adottato politiche di sostegno come proxy per il risultato potenziale dei paesi che le hanno invece adottate, in quanto la sicurezza alimentare dei due gruppi differirebbe in maniera sistematica anche in assenza di politiche. Un approccio alternativo è quello di adottare un approccio “quasi sperimentale” per valutare gli effetti in termini di sicurezza alimentare di un trattamento rappresentato dalle politiche di sostegno all’agricoltura. In altri termini, si tratta di cercare tra i paesi che non adottano politiche di sostegno quelli con caratteristiche simili in termini di alcune variabili che spiegano la scelta di adottare o meno tali politiche e che interagiscono con la sicurezza alimentare: la sicurezza alimentare registrata da questi paesi rappresenta il controfattuale di quanto sarebbe accaduto ai paesi con politiche di sostegno se non avessero adottato tali politiche. A tal fine si costruisce un indicatore non parametrico che, assumendo un valore compreso tra zero e uno, esprime la possibilità che un paese decida di sostenere il settore agricolo in funzione delle differenti caratteristiche osservate: tale indicatore prende il nome di propensione al trattamento o propensity score. Recentemente Hirano e Imbens (2004) hanno proposto un Generalized propensity score (Gps), in cui la tradizionale variabile binaria trattamento è sostituita da una funzione di trattamento continua. Più precisamente, il Gps è un metodo non parametrico di analisi di impatto che confronta esclusivamente i soggetti trattati in base alle similarità riscontrate nelle variabili osservabili, determinanti l’intensità di trattamento. Il Gps consente quindi di identificare l’effetto di un trattamento senza ricorrere al gruppo di controllo, traendo vantaggio dalla continuità del trattamento, assumendo che sia l’intensità del trattamento a condizionare i risultati da questi conseguiti.

Nel seguito presentiamo i risultati ottenuti da Magrini et al. (2014) che applicano il Gps all’analisi del nesso causale fra intensità del sostegno al settore agricolo e dimensioni della sicurezza alimentare per un campione di 64 paesi dal 1990 al 2010. Prima di descrivere le variabili utilizzate per misurare il trattamento (ovvero le politiche agrarie) e l’effetto (ovvero la sicurezza alimentare), ricordiamo le principali variabili utilizzate nella stima del propensity score:

Pil reale pro capite per cogliere la tendenza dei paesi più ricchi a proteggere il settore agricolo;

 popolazione totale per tenere conto delle differenti dimensioni demografiche dei paesi;

superficie agricola utilizzabile disponibile pro capite come indicatore del vantaggio comparato nella produzione agricola;

food production index calcolato dalla Fao per tenere conto delle variazioni nella produzione interna;

 quota del valore delle importazioni di prodotti alimentari sul totale delle esportazioni come controllo per il livello di dipendenza dal commercio estero;

 volatilità dei prezzi internazionali per tenere conto dell’obiettivo di stabilizzare i prezzi interni;

 situazione di esportatore netto di prodotti agricoli in quanto in questi paesi la domanda di protezione dovrebbe essere meno forte.

Sebbene le variabili sopra elencate siano state scelte sulla base della letteratura che studia le determinanti delle scelte di politica agraria (Swinnen, 2010), va sottolineato che la loro funzione è

strumentale in quanto la loro funzione precipua è di generare un bilanciamento sufficiente. In altri termini, l’obiettivo è quello di generare dei gruppi che comprendano osservazioni comparabili in termini di caratteristiche pre-trattamento.

La misurazione delle politiche

La Banca Mondiale (Anderson e Nelgen, 2012) fornisce i valori annuali relativi a una serie di indicatori relativi alle politiche agrarie di 82 paesi (che rappresentano oltre il 90% della produzione agricola globale) per il periodo 1955-2011. In particolare è stato calcolato il Nominal rate of assistance (Nra) come misura percentuale di quanto le politiche pubbliche influenzino la differenza tra i ricavi calcolati con i prezzi interni oppure con i prezzi mondiali:

Nra = [E*P (1 + d) – E*P] / E*P

dove E è il tasso di cambio, d è la misura aggregata del risultato degli interventi governativi e P è il prezzo mondiale (Anderson, 2006).

Valori positivi/negativi dell’Nra indicano che i produttori nazionali registrano entrate superiori/inferiori rispetto a quanto che avrebbero ottenuto in assenza di interventi governativi.

In Magrini et al. (2014) i valori dell’Nra sono stati convertiti in Nominal assistance coefficient (Nac = 1 + Nra) per trasformare i valori negativi dell’Nra (che si registrano quando i produttori percepiscono prezzi inferiori di quelli internazionali) in valori del Nac compresi tra zero e uno. Per valori del Nac maggiori di 1, politiche di liberalizzazione (ad esempio riduzione dei dazi sulle importazione o dei sussidi alle esportazioni) corrispondono a riduzioni del coefficiente; per valori del Nac inferiori a 1, invece, politiche di liberalizzazione (ad esempio riduzione di sussidi alle importazioni o tasse sulle esportazioni) portano a un aumento del coefficiente. Il segno della variazione del Nac, quindi, va interpretato diversamente a seconda che ci si trovi in un contesto di sostegno o tassazione del settore primario.

La tabella 2 fornisce una visione sintetica della frequenza delle osservazioni relative a 3 gruppi di valori che, come si vedrà più avanti, risultano particolarmente significativi alla luce della stima dell’impatto delle politiche sulla sicurezza alimentare: Nac al di sotto di 1, compresi tra 1 e 1.2, al di sopra di 1.2.

Tabella 2 - Distribuzione percentuale dei Nac per classi di valori (1990-2010)

Regioni Nac < 1 1 < Nac < 1,2 Nac > 1,2

Africa 65 28 7 Asia 38 44 18 Sudamerica 40 52 8 Economie in transizione 14 43 43 Economie sviluppate 0 32 68 Totale 31 37 32

I paesi africani sono quelli che più di frequente (65% dei casi) hanno tassato il settore primario (Nac < 1); all’opposto i paesi sviluppati hanno sostenuto la propria agricoltura con la maggior intensità (Nac > 1,2) e frequenza (68% dei casi).

La misurazione della sicurezza alimentare

Nell'esaminare i legami tra commercio internazionale e sicurezza alimentare, un punto di partenza largamente condiviso è rappresentato dalle quattro dimensioni che caratterizzano quest’ultima:

 La disponibilità. Il cibo deve essere disponibile in quantità sufficiente a soddisfare le necessità della popolazione di riferimento.

 L’accesso. La popolazione di riferimento deve essere in grado di accedere a un consumo adeguato di cibo.

 L’utilizzazione. La popolazione di riferimento deve essere in grado di utilizzare efficacemente il cibo cui accede.

 La stabilità. Le precedenti condizioni di disponibilità, accesso e utilizzazione del cibo devono essere assicurate in maniera stabile alla popolazione di riferimento.

Dal momento che nessun singolo indicatore è in grado di catturare tutte le dimensioni, la Fao ha recentemente proposto una suite di indicatori specificamente dedicati a ognuna delle quattro

dimensioni della sicurezza alimentare (Fao, Ifad e Wfp, 2014). Nel caso di Magrini et al. (2014) vengono utilizzate le seguenti variabili:

disponibilità di cibo espressa in chilocalorie pro capite annuali (Fao - Food Balance Sheets)3;

deficit nutrizionale in chilocalorie pro capite giornaliere come proxy dell’accessibilità (World Bank - World Development Indicators)4;

tasso di mortalità infantile come proxy dell’utilizzabilità (World Bank - World Development Indicators);

deviazione standard degli scostamenti dal trend della disponibilità come proxy della stabilità (Fao - Food Balance Sheets).

Risultati

I grafici seguenti presentano i risultati della stima della dose response function, ossia l’effetto medio associato alle diverse intensità di trattamento per le diverse dimensioni della sicurezza alimentare. Gli intervalli di confidenza stimati tramite bootstrapping sono rappresentati dalle linee tratteggiate. I risultati vengono presentati con riferimento a ciascuna delle 4 dimensioni analizzate.

Figura 1 - Drf relativa alla disponibilità

Fonte: Magrini et al. (2014)

Nel caso della disponibilità di cibo (Figura 1), è ragionevole presumere che l'obiettivo dell’intervento pubblico sia quello di aumentare l'approvvigionamento alimentare. Il livello massimo si ottiene per valori del Nac maggiori di 1. Tuttavia, il legame diretto tra sostegno e disponibilità è valido solamente per alcuni valori del trattamento: valori ‘eccessivi’ in positivo (ovvero al di sopra del valore di 1.2) o in negativo (ovvero al di sotto del valore di 0.9) sono caratterizzati da una relazione inversa.

Figura 2 - Drf relativa alla utilizzabilità

Fonte: Magrini et al. (2014)

Per quanto riguarda le altre 3 dimensioni della sicurezza alimentare, l’obiettivo dei governi è quello di minimizzare le variabili utilizzate per misurarle. La figura 2 mostra che il deficit nutrizionale è minimizzato in corrispondenza di un Nac maggiore di 1. Il sostegno al settore agricolo ha però un impatto positivo se non diventa eccessivo: al di sopra della soglia di 1.15, infatti, il sostegno porta a un peggioramento della situazione.

Figura 3 - Drf relativa all’accessibilità

Anche nel caso dell’accesso al cibo, il valore minimo della mortalità infantile si registra in corrispondenza corrisponde di un Nac maggiore di 1 (Figura 3). Come nel caso della dimensione precedente, però, un sostegno ‘eccessivo’ (ovvero maggiore di 1,18) tende a peggiorare la situazione.

Figura 4 - Drf relativa alla stabilità

Fonte: Magrini et al. (2014)

Infine, nel caso della variabilità, si ottengono risultati opposti rispetto alle dimensioni precedenti in quanto un sostegno moderato tende a ridurre la stabilità (Figura 4): meglio una moderata tassazione (la minore variabilità si registra in corrispondenza di un Nac pari a 0,95) o un sostegno elevato anche se in quest’ultimo caso va segnalata l’ampiezza dell’intervallo di confidenza.