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L’IMPORTANZA DELLE PERSONE E IL VALORE DELLE COMPETENZE

CAPITOLO II – IL RUOLO DEL FATTORE UMANO E L’IMPORTANZA

2.2. L’IMPORTANZA DELLE PERSONE E IL VALORE DELLE COMPETENZE

Come accennato nel paragrafo precedente, le persone hanno assunto una nuova centralità nell’organizzazione della banca moderna, come del resto in tutte le organizzazioni economiche.

La vera competitività aziendale, e quindi il raggiungimento di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo, deriva unicamente dal possedere risorse rare, esclusive e difficilmente imitabili dalla concorrenza. La risorsa che più di ogni altra possiede tali caratteristiche è senza dubbio la risorsa umana. Infatti i veri fattori di successo oggi sono l’innovazione, l’iniziativa, la personalizzazione, la capacità di anticipazione e di

relazione; tali fattori non sono tanto attribuibili alle imprese e alle strutture, quanto alle persone che, se adeguatamente sostenute da mezzi, autonomia e informazioni, possono contribuire al cambiamento e al successo di un’azienda.27

Di conseguenza la vera sfida nel contesto competitivo del settore bancario riguarda le persone, in quanto tale settore è attualmente, e ancora di più lo sarà in prospettiva, un ambiente in cui l’intreccio tra profili individuali, sociali e aziendali rende la gestione del capitale umano particolarmente importante. Infatti tale settore è caratterizzato da: intensità di relazione con la clientela, rilevanza della fiducia nei rapporti con il mercato, necessità di rapido adeguamento.

Le persone sono l’elemento distintivo delle organizzazioni, quello che ne determina la qualità. Sono i collaboratori che garantiscono la longevità delle aziende e che le differenziano le une dalle altre28. Esse sono importanti per le aziende in quanto molte delle risorse invisibili sono incorporate nelle persone stesse: infatti esse sono accumulatori e generatori di risorse invisibili, che costituiranno la fonte della forza competitiva dell’impresa nel futuro.

Concetti come “valorizzare le risorse umane”, “capitalizzare l’intangibile”, “sviluppare il capitale umano”, sono espressioni e termini che ormai sono entrati nel lessico quotidiano di ogni azienda, in particolare di quella bancaria.

Da diversi anni siamo abituati a sentire parlare gli uomini di azienda in termini più “umani”: tra concetti come budget, marketing e finanza, anche le espressioni come relazioni interpersonali, comunicazione e competenze trasversali, hanno trovato un loro spazio e una loro ragione di essere.

La centralità delle risorse umane deriva dal fatto che nel corso degli ultimi anni la conoscenza è diventata il bene immateriale più ricercato nella nostra società; è indispensabile sia al singolo per sentirsi al passo con i tempi che alle aziende che devono vincere le continue sfide poste dal mercato.

La conoscenza dunque è la risorsa fondamentale che consente di riordinare quelle tradizionali , cioè capitale e lavoro, e di indirizzarle verso un nuovo modo di servire il mercato. Essa non si trasmette meccanicamente da un computer ad un altro, non circola autonomamente in rete, ma è innanzitutto nella mente delle persone, che decidono i

27

D. Previati, P. Vezzani, Il capitale intellettuale nel settore dei servizi finanziari: dai modelli teorici alle

prassi manageriali, in Bancaria, n. 7-8, 2007. 28

modi di appropriazione, le forme di selezione, gli obiettivi di utilizzo e le modalità per la conservazione e la trasmissione.

L’attenzione del mondo organizzativo è dunque rivolta a quelle aree, spesso definite “soft”, nelle quali risiede una possibilità di crescita per l’azienda. La definizione però è ingannevole perché è evidente come di “leggero” in questo tipo di competenze vi sia veramente poco. A ciascuna di esse infatti si accompagnano un’infinità di variabili eterogenee e spesso complesse perché tali sono gli esseri umani. Di conseguenza le aziende che riconoscono il valore delle persone nel perseguimento dei propri obiettivi e che su di esse hanno deciso di investire, devono prepararsi ad un compito molto impegnativo e delicato che comporta l’acquisizione della capacità di gestire “persone” e non genericamente “risorse”.

Si tratta di una sfida molto stimolante a cui le aziende non possono sottrarsi dal rispondere se vogliono mantenere alta la propria competitività. Abbiamo visto come lo scenario di mercato, caratterizzato da alta variabilità e accelerazione dei ritmi, richiede alle aziende di ripensare le loro attività in una logica fortemente orientata al cliente, intorno al quale ricostruire modelli organizzativi e processi di lavoro. Sono le persone che lavorano nell’azienda a realizzare nella realtà questi cambiamenti e con grande flessibilità si trovano ad incarnare ed esprimere una mentalità e dei comportamenti molto diversi da quelli richiesti in precedenza.

L’attenzione al tema delle competenze tecniche o manageriali si rivela critica in segmenti di mercato maturi, in cui è difficile l’innovazione di prodotto o servizio, come lo è nel settore bancario. Il nuovo modo di fare banca oggi si basa anche su una forte pressione del top management su creatività, competenze distintive e innovative rivolte all’acquisizione di segmenti particolari di clientela, come per esempio clienti che richiedono finanziamenti personalizzati come immigrati e giovani ad alto potenziale, nuove realtà imprenditoriali di settori ad altissima componente tecnologica che richiedono una consulenza personalizzata sul credito.29 Tali opportunità rischiano di essere perse se non si gestiscono adeguatamente le competenze degli operatori bancari, magari favorendo anche una riconversione dei ruoli.

L’evoluzione organizzativa che ha caratterizzato, e che caratterizza tuttora il sistema bancario, ha comportato l’emergere di nuove competenze, diverse da quelle tradizionali, addirittura lontane da quelle tipiche bancarie (si pensi ad esempio a tutto l’ambito delle

29

G. Linzi, U. Larizza, La spinta verso un modello europeo delle risorse umane: sviluppare le competenze per il business, in Bancaria n. 6, 2007.

applicazioni informatiche o all’area relazionale) e si fanno quindi sempre più numerosi i tentativi di sviluppare le nuove competenze mediante interventi di formazione. I nuovi ruoli devono essere svolti con elevate competenze di flessibilità, con spirito di iniziativa e di collaborazione; diventano fondamentali i processi di comunicazione orizzontale e trasversale rispetto alla struttura. Le persone e le loro competenze sono l’elemento centrale dell’organizzazione, sono il perno di processi diversi e interrelati, che spesso devono gestire direttamente, dimostrando autonomia decisionale, capacità di assumere responsabilità, motivazione e allineamento con obiettivi e valori aziendali.

Le competenze che possiamo ritenere più importanti riguardano la capacità di intrattenere relazioni interpersonali, di governare i meccanismi organizzativi interni e di svolgere una funzione manageriale di guida dei propri collaboratori.

C’è stata dunque la scoperta di “risorse intangibili”; risorse che evidentemente ci sono sempre state ma che, in termini di analisi, studi e riflessioni, solo in anni recenti sono state adeguatamente evidenziate. Le risorse intangibili sono rappresentate dalla credibilità, dalla motivazione del personale, dalle competenze presenti in azienda: sono queste che permettono uno sviluppo in futuro e che costituiscono i punti cardine per la fattibilità dei piani strategici. Le aziende possono avere anche cospicue risorse finanziarie, ma se sono carenti in termini di credibilità o di “spinta” del personale, non avranno un futuro molto roseo.

Per operare in un mercato sempre più complesso e sempre meno protetto e per migliorare il proprio posizionamento competitivo, le banche devono diventare delle organizzazioni knowledge driven, cioè aziende guidate dalla conoscenza e non solo dalla tecnologia, perché solo in questo modo possono gestire la crescente complessità del contesto in cui operano.

2.2.1. LA BANCA COME LEARNING ORGANIZATION

Nel paragrafo precedente abbiamo affermato che attualmente tra le attività possedute da un’azienda ce n’è una di natura immateriale il cui peso è sempre più determinante per la sopravvivenza e la redditività dell’impresa: la conoscenza, l’informazione, il know-how. Il problema principale collegato a questa attività è la continua evoluzione e, di conseguenza, la continua obsolescenza delle conoscenze di ieri. Naturalmente questo ragionamento assume un’importanza di intensità diversa a seconda del settore in cui l’azienda opera, ma resta comunque valido per tutti: conoscenza può implicare nuovi

metodi di produzione, nuove tecnologie, ma anche nuove tecniche di comunicazione, nuovi approcci al cliente, e quant’altro possa servire a vendere il prodotto o il servizio oggetto dell’attività dell’azienda. Il ruolo strategico che ha assunto la conoscenza implica un apprendimento continuo delle risorse umane, al fine di non pregiudicare (funzione difensiva) e di migliorare (funzione offensiva) il patrimonio di competenze delle persone coinvolte nel processo produttivo.

Il know-how posseduto diventa una risorsa critica in quanto il vantaggio competitivo futuro sarà quello di imparare più velocemente dei concorrenti e di accumulare conoscenze che permettano di anticipare i cambiamenti.

L’apprendimento organizzativo dunque viene considerato come l’insieme di processi che portano l’organizzazione ad analizzare in modo critico i propri successi ed insuccessi, a rivedere in modo continuativo i propri indirizzi strategici, a porre attenzione a tutti i segnali provenienti dall’ambiente accettando e valorizzando visioni alternative rispetto a quelle dominanti, e soprattutto a sperimentare innovazioni tecniche e organizzative.

Oggi, divenuti fondamentali i processi di acquisizione delle informazioni e di trasmissione delle conoscenze all’interno dell’azienda, è opportuno parlare di learning organization, organizzazione che apprende. Per parlare di learning organization sono necessarie due condizioni: l’organizzazione infatti apprende soltanto attraverso gli individui, ma l’apprendimento individuale non è condizione sufficiente per l’apprendimento organizzativo.

L’evoluzione verso la learning organization coinvolge in modo integrato diverse variabili organizzative quali le politiche di sviluppo delle risorse umane, il profilo culturale aziendale, il modello di gestione e sviluppo delle competenze presenti in azienda, il tutto con l’obiettivo di costituire un ambiente di lavoro che consenta alle persone di esprimere le proprie potenzialità di apprendimento a tutto vantaggio dell’azienda stessa.

I principi alla base della learning organization sono30:

1) la necessità di gestire le correlazioni tra apprendimento e cambiamento: solo una organizzazione che apprende in modo continuativo può sopravvivere, evitando di non essere al passo con le richieste del mercato di riferimento;

30

F. La Noce, A. Della Rovere, Learning Organization: apprendimento in azienda, in Amministrazione & Finanza, n. 7, 2002.

2) la necessità di collegare conoscenza e azione: l’organizzazione apprende solo quando le conoscenze vengono trasformate in comportamenti operativi;

3) la verifica di quali competenze, capacità e qualità sono in grado di sostenere l’apprendimento.

Un’azienda che si basa sui principi della learning organization è un’azienda che cerca costantemente di accumulare conoscenze che le permettano di anticipare i cambiamenti, di avere sempre chiara la situazione del mercato in cui si trova ad operare e la flessibilità sufficiente per riuscire ad adattarvisi.

Tra le varie aziende, le banche sono quelle più innovative dal punto di vista dei processi di conoscenza, hanno imparato a governarla diventando una rete internazionale, commerciale e tecnologica. Possiamo affermare che le banche non scambiano più soldi ma informazioni e dati, molto più di ogni altro istituto.

Il knowledge management, basato sull’opportuna integrazione delle conoscenze esplicite (cioè presenti nei documenti aziendali) con quelle implicite (che costituiscono il patrimonio individuale dei singoli), è una possibile soluzione organizzativa e gestionale in linea con gli obiettivi di apprendimento tipici della learning organization. Quindi le organizzazioni devono riconoscere il ruolo fondamentale dei cosiddetti “knowledge workers”31 che riescono ad interagire con fattori in rapida trasformazione e gestiscono una vasta quantità di dati con cui vengono in contatto ogni giorno.

Le aziende devono quindi trasformarsi in “organizzazioni orientate all’apprendimento”, ovvero in learning organization, ed essere capaci di apprendere e di offrire ai propri dipendenti gli strumenti necessari per assumere il ruolo di “knowledge workers”.