Le produzioni della MAD
5.1 Gatta Cenerentola
5.1.7 L’imprevedibilità e i risultati ottenuti
MAD, si giunge a capire che non si tratta solo di “descrivere i passaggi per ottenere qualcosa”. Qualsiasi cosa venga introdotta all’interno dei loro lungometraggi è il risultato di prove, esperimenti, ricerche di risultati che li soddisfino. Eppure, volendo in ogni caso determinare l’aspetto maggiormente tecnico e che faccia da fil rouge nelle loro produzioni, si giungerebbe a parlare di come da un punto di vista della modellazione si facciano sempre scelte che cerchino di preservare il lato artistico e del “bello”, a fronte di studi sempre più approfonditi sull’aspetto teorico di costruzione dei personaggi. L’aumento del numero dei vertici nella modellazione 3D per ottenere degli arrotondamenti evidenzia la continua ricerca di un potenziale e soddisfacente aspetto realistico nei loro prodotti. La prima e più acerba produzione, infatti, per quanto avesse come focus principale l’ottenimento di un basso numero di vertici nella caratterizzazione dei personaggi, non considerò per nulla l’aspetto relativo al realismo e quindi alla presenza di “curve” nella modellazione. Infatti, i personaggi sono stati modellati con il ricalco in 2D dei volumi. Gatta Cenerentola si evolve mettendo in scena figure più smussate, mediante curve ottenute con un abile gioco di luce, ombra e colore in 2D (visibile solo in fase di compositing dell’immagine). L’ultimo e attuale progetto, invece, probabilmente metterà in scena personaggi che saranno già più
“arrotondati” in fase di modellazione. Non va dimenticato che l’idea di base, per quanto si punti a migliorare l’aspetto del realismo nella costruzione dei personaggi è comunque quella di mantenere i tratti distintivi di una modellazione cartoonistica e di tipo “low poly”.
la produzione di Gatta Cenerentola) finisce, è come aver concluso un bel libro, o dovere definitivamente addio a qualcosa che ci ha fatto emozionare e che per quanto difficile possa essere stato il percorso sarà capace di mancare.
Figura 5.16: Concept di una delle scene del film con Vittorio, Gemito e la piccola Mia
Se si vuole valutare un lungometraggio nella sua totalità, basterebbe già considerare il numero di fotogrammi che bisogna realizzare per metterlo in scena, per notare quanto inimmaginabile possa essere l’impresa in cui ci si è trovati coinvolti. Da qui, l’evidente compiacimento nel valutare ciò che si è stati capaci di fare, a maggior ragione se esso riscuote approvazione da terze parti.
L’animazione è un processo talmente lungo e talmente immersivo che si ha la necessità di stupirsi con gli occhi di qualcun altro che guarda ciò che si fa, mentre lo si fa. Ciò deriva dalla difficoltà per chi vi lavora di estraniarsi dal contesto corrente e valutare oggettiva-mente la resa prima che il lavoro sia completato. Ad influire sul momento di un’ipotetica valutazione ci sono troppi fattori soggettivi, di “attaccamento” a una cosa piuttosto che ad un’altra, e determinati non da una valutazione imparziale, quanto soggetta all’impe-gno profuso, al particolare contesto di nascita e/o creazione, allo spirito collettivo che si è avuto nel produrla e tanto altro. Gli occhi appaiono “viziati” e c’è bisogno di qualcuno che sia estraniato dal contesto per notare qualcosa che magari è ovvia, ma che non appare
al singolo fino a che non gli viene espressamente detta.
“
Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice.
Premendo, avverto un certo dolorino.
Mia moglie sorrise e disse: credevo ti guardassi da che parte ti pende.
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: Mi pende?
A me? Il naso?
E mia moglie, placidamente: Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.
Luigi Pirandello Uno, nessuno e centomila
”
In generale, ognuno ha la propria sensibilità nel vivere determinate esperienze e so-prattutto ognuno potrebbe esprimere una diversa scala di priorità nel definire i fattori che reputa emotivamente più toccanti. Se si dovesse però fare un discorso generale su cosa ab-bia maggiormente stupito il team di produzione della realizzazione di Gatta Cenerentola è l’organicità del prodotto che ne è uscita. Nonostante tale obiettivo fosse ben noto a priori, e siano state fatte scelte che cercassero di preservare tale aspetto in qualsiasi momento della produzione, risulta comunque un risultato in grado di stupire i più. Questo perché va considerato il contesto di creazione e i numerosi punti di vista introdotti da diverse “teste”
e “mani” in fase di produzione. L’armonia di una produzione così tecnicamente complessa e variegata viene attribuita, per quanto paradossale, alla diversità delle persone che hanno fatto in modo che il tutto potesse funzionare. Ognuno infatti si è dimostrato fortemente motivato nello svolgimento del proprio lavoro a trovare soluzioni che hanno reso organico il lavoro complessivo. Il risultato finale, che molti hanno avuto modo di apprezzare a pieno solo nella sala cinematografica per la sua coerenza, si rivela a dir poco estraniante. Lo stupore è quindi per il team, frutto dell’organicità visiva che traspare da un prodotto che è stato assemblato con tanti elementi diversi. In questo modo, e cioè nella capacità di stupire lo spettatore, si riesce a ritrovare anche uno stile in grado di fungere da legante sia per i vari elementi ritrovabili nel prodotto finale, sia nell’intero scenario produttivo.
Lo stupore e tutto ciò che concerne l’emotività dell’uomo è e rimarrà sempre il valore aggiunto che permetterà alla MAD di essere valutabile per il suo aspetto umano, a fronte di tante produzioni che ricercano i loro punti di forza nei tecnicismi e nelle automazioni.
Figura 5.17: Concept della scena finale con Mia