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L’inadeguatezza anche della teoria oggettiva ed il permanere

Nel documento La ritrattazione (pagine 115-118)

di un’aporia. Prospettive de iure condendo. – Appare, però, evidente

che una soluzione del genere, ineluttabilmente dettata dal rigore del

295Cfr. in tal senso anche Mastrojeni, L’estensione della ritrattazione all’istiga- tore, cit., 1499.

dato normativo, sebbene sia coerente e lineare da un punto di vista dommatico e tecnico-giuridico, fa sorgere più d’una perplessità sotto il profilo politico-criminale, in quanto equipara ingiustamente a li- vello di conseguenze penali la condotta di chi si sia prodigato per far ritrattare il testimone a quella di chi non abbia collaborato in nessun modo o, addirittura, abbia cercato di ostacolare la ritrattazione. Con- dividerla passivamente significherebbe, peraltro, contraddire quanto detto in apertura di questo lavoro: che tra i compiti della domma- tica esiste anche quello dell’osservazione critica della giurisprudenza. Dall’analisi delle sentenze in materia emerge, nonostante la di- scordanza di argomentazioni, la comune esigenza politico-criminale (in parte condivisibile) di ritenere penalmente rilevante ai sensi del- l’art. 372 c.p. l’istigazione alla falsa dichiarazione processuale quando ad essa non sia seguito un comportamento attivo successivo diretto a far ritrattare il teste. Di ciò non si può non tenere conto.

Una valutazione di questi comportamenti istigatori teleologica- mente orientata alle funzioni della pena, fa emergere la assoluta ina- deguatezza anche di una simile risposta al problema della punibilità o meno del concorrente.

Punire a titolo di falsa testimonianza consumata ex art. 372 c.p. con la reclusione da due a sei anni il correo che non abbia parteci- pato alla ritrattazione della precedente deposizione mendace con- traddice le istanze di general-prevenzione positiva e di special-pre- venzione positiva né più e né meno di quanto non le mortifichi il suo esonero da qualunque conseguenza penale.

Il comportamento del partecipe, a ben vedere, in questo caso ap- pare sì bisognoso e meritevole di una risposta sanzionatoria di tipo penale, ma tale risposta non può essere nè quella prevista per il più grave delitto di falsa testimonianza consumata e non ritrattata ex art. 372 c.p., per l’evidente differenza di disvalore tra i due episodi, né quella meno grave prevista tassativamente per il delitto analogo, ma sostanzialmente diverso, di subornazione ex art. 377 c.p. per la ov- via ragione della impossibilità di procedere in materia penale all’ap- plicazione analogica.

Esso necessita di una sanzione che sia adeguata e proporzionata alla sua entità e per un fatto che sia espressamente preveduto come reato da una fattispecie incriminatrice. In altre parole, la sua punibilità non potrà discendere, in spregio ai principi di legalità e di irretroattività, da ardite operazioni ermeneutiche della giurisprudenza costretta, in pre- senza di una lacuna legislativa di tutela, ad agire supplendi causa, ma necessariamente da una precisa norma penale incriminatrice.

Sicché, a nostro avviso, l’unica via da percorrere al fine di poter diradare le incertezze sul tema in esame, di evitare creazioni giuri- sprudenziali di diritto e di adeguare le spuntate risposte ordinamen- tali nei confronti di questi comportamenti alle funzioni della pena, è quella di provvedere ad una modifica normativa.

Il legislatore, però, non dovrebbe intervenire sulla disciplina degli artt. 119 e 376 c.p. snaturandola, bensì dovrebbe intervenire sul di- sposto dell’art. 377 c.p.296 che incrimina il delitto di subornazione, in-

troducendo in esso un nuovo terzo comma nel quale sia statuita espres- samente la rilevanza penale della condotta istigatrice diretta a far ren- dere al teste, al perito ecc. false dichiarazioni processuali successiva- mente ritrattate autonomamente dallo stesso autore materiale. Più pre- cisamente ancora, in questo ulteriore comma potrebbe essere dispo- sto, sulla falsariga di quanto previsto già nel codice penale del 1889, che: «La stessa disposizione si applica qualora, anche al di fuori delle

ipotesi dell’offerta o della promessa di danaro, la falsità sia commessa ma successivamente ritrattata in modo autonomo dal colpevole alle condizioni e nei termini indicati dall’art. 376 c.p.».

Esistendo una simile fattispecie incriminatrice, ed avvalendosi del canone ermeneutico dell’interpretazione sistematica, si avrebbe che, ai sensi della lettura in combinato disposto dell’art. 376 e 119, 2° c.p., di regola l’istigatore dovrebbe beneficiare degli effetti della ritratta- zione del falso teste essendo questa una circostanza di esclusione della pena di natura oggettiva. Mentre nell’ipotesi speciale, espressamente prevista dal nuovo comma dell’art. 377 c.p. (in deroga anche al di- sposto dell’art. 115 c.p.), in cui l’istigatore non si sia prodigato e non abbia in alcun modo contribuito alla ritrattazione, egli debba ri- spondere penalmente, non ai sensi del più grave delitto di falsa te- stimonianza, bensì del più mite delitto di subornazione.

Questa appare l’unica soluzione realmente in grado di contempe-

rare le esigenze di equità sostanziale che orientano la giurisprudenza

(e parte della dottrina), pur in assenza di una precisa disposizione

296Ci sembra utile, al fine di una più agevole lettura, riportare nuovamente il te-

sto di tale art. 377 c.p.: «1. Chiunque offre o promette denaro od altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore nel corso dell’attività inve- stigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, di consulente tecnico, o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371 bis, 371 ter, 372 e 373, soggiace alle pene stabilite negli articoli medesimi ridotte dalla metà ai due terzi. // 2. La stessa disposizione si applica qualora l’offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa».

normativa, verso la repressione della condotta del partecipe inope- roso nella falsità ritrattata, con le esigenze di rispetto della propor-

zionalità della risposta sanzionatoria, della legalità formale e della de- terminatezza-tassatività, che non consentono di sussumere (e quindi

di punire) tale comportamento né all’interno del delitto di falsa te- stimonianza ex art. 372 c.p., né all’interno del delitto di subornazione di cui all’art. 377 c.p.

L’unica modifica da apportarsi eventualmente all’art. 376 c.p. è quella (a cui già si è accennato in precedenza) imposta dalla nuova necessità emersa nel nostro sistema penale, in seguito all’entrata in vigore di una Costituzione dalla forte impronta personalistica, di bi- lanciare l’interesse pubblico alla ricerca della verità nel processo con quello individuale alla tutela degli interessi degli altri soggetti even- tualmente offesi.

Ci riferiamo alla opportunità di prevedere in tale norma, come av- veniva nel codice penale del 1889 e come avviene ancora oggi in molti codici penali europei, una limitazione alla operatività della ritratta- zione alle sole ipotesi in cui la falsa dichiarazione processuale non

abbia già prodotto effetti dannosi nei confronti di terzi innocenti.

In questi casi il ritrattante, senza che si introduca una nuova cir- costanza attenuante speciale, potrà più ragionevolmente beneficiare, anziché della totale esenzione della pena, di una sua riduzione ai sensi dell’art. 62, n. 6 c.p.

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