Alla luce del ragionamento sin ora condotto, si potrebbe ritenere che lo strumento più idoneo, in grado di fornire al software una protezione quanto più equa ed adeguata, vada ricercato nella predisposizione di regole ad hoc, finalizzate a limitarne il livello generale di tutela.
Bisogna tuttavia fare chiarezza; anzitutto con regole ad hoc non si intende la predisposizione di un diritto sui generis così come quello introdotto in Europa
Se è vero che la EPC prevede la non brevettabilità del software considerato di per sé, è
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anche vero che è stata la stessa EPO a dare una interpretazione della normativa volta a concedere al software una tutela brevettuale. V. supra Cap. III par. 2.4 e cap. IV.
Che, per quanto possano essere condivisibili, sembrano essere in contro-tendenza rispetto
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al generale andamento del mercato globale. V. supra, cap. II, par. 7. V. supra cap. III, par. 2.1 e 2.2.
per la tutela giuridica delle banche dati . In quel caso, infatti, il legislatore 453
europeo introdusse un nuovo diritto, stante la considerazione che le banche dati non fossero “sufficientemente tutelate in tutti gli Stati membri dalle normative
esistenti” . Si è infatti ampiamente dimostrato come il software benefici di una 454
tutela ampia e stratificata, quindi il livellamento della tutela andrebbe effettuato, nel caso, verso il basso.
Diverso sarebbe invece ragionare sulla predisposizione di regole particolari volte a plasmare lo strumento brevettuale per meglio adattarlo al software. Si potrebbe prendere ad esempio la Direttiva sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche . Tale direttiva prevede una particolare disciplina 455
per questa specifica categoria di oggetti. Nella fattispecie stabilisce una specifica lista di esclusioni , una precisa rimodulazione del requisito della 456
novità , e fissa l’ambito di protezione concesso dalla tutela . 457 458
Tale tutela è stata espressamente pensata per la particolarità e la delicatezza delle innovazioni biotecnologiche . Una sua diretta trasposizione 459
all’oggetto software sarebbe quindi irrealizzabile . Ben si potrebbe, tuttavia, 460
condividerne l’approccio utilizzato.
A oggi, le normative internazionali sui brevetti uniformano l’oggetto della tutela alle innovazioni “in tutti i campi della tecnologia” . Non si differenzia 461 quindi, a seconda del settore tecnologico di appartenenza.
Tuttavia, è un dato di fatto rilevare come gli uffici brevetti, per valutare la meritevolezza della rivendicazione, si affidino a differenti Divisioni, a seconda del ramo tecnologico in questione.
Se da un punto di vista teorico il brevetto è neutrale, nella prassi la sua concessione è influenzata dal ramo tecnologico cui appartiene l’invenzione. Sulla base di tale assunto si può dire che già oggi esistono all’interno delle commissioni di valutazione dei Patent Offices più diritti brevettuali . In tale 462
contesto, la teoria dell’Industry-specific Patent Legislation, sembra quindi persuasiva.
Direttiva 96/09/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 marzo 1996 relativa alla
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tutela giuridica delle banche di dati. In Rete: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/? uri=CELEX:31996L0009&from=IT.
Ibidem, considerando n. 1.
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Direttiva 98/44/CE del parlamento e del consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica
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delle invenzioni biotecnologiche. In Rete: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do? uri=OJ:L:1998:213:0013:0021:IT:PDF. Ibidem, art. 6. 456 Ibidem, art. 3. 457 Ibidem, artt. 8 e 9. 458
Per un approfondimento v. AREZZO, GHIDINI, Biotechnology and software patent law, a
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comparative review of new developments, Part III, Emerging themes in the biotech industries,
pp. 221-339, in particolare v. P. L. C. TORREMANS, Patentability of human stem cell or synthetic
biology based inventions.
Per una trasposizione dei concetti della direttiva 98/44/CE nelle invenzioni di software, in
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particolare con riferimento all’articolo 5, comma 3, v. AREZZO, Tutela brevettuale e autoriale dei
programmi per elaboratore: profili e critica di una dicotomia normativa, pp. 261-265.
Così recitano sia l’articolo 27 TRIPs, che l’art. 52 EPC.
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In questo senso v. D. L. BURK, M. A. LEMLEY, Tailoring patents to different industries, in
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AREZZO, GHIDINI, Biotechnology and software patent law, a comparative review of new
developments, cit., 13: “Getting a patent is quicker, cheaper, and easier in some industries than in others”.
Nella dottrina statunitense, molteplici sono le teorie che illustrano la direzione in cui dovrebbe muovere una specifica modifica legislativa, volta ad una sostanziale segmentazione o specializzazione del diritto brevettuale. Lo scopo di tale paragrafo non è tuttavia illustrare in cosa potrebbe o dovrebbe consistere una tale modifica , quanto piuttosto evidenziare se sia o meno 463
opportuno effettuare una operazione di questo tipo.
Nel contrastare questa visione si possono opporre diverse argomentazioni . Anzitutto, stante la velocità del progresso, una legislazione 464
ad hoc potrebbe essere fallimentare a lungo termine stante la velocità dell’innovazione. Regole che sembrano coerenti oggi, potrebbero risultare incoerenti già nell’arco di pochi anni . 465
Rappresentare in una legge i dettagli, anche tecnici, di un settore tecnologico, al fine di descriverne la tutela, potrebbe quindi rappresentare un “azzardo”.
In primis, si rischia il fenomeno “dell’obsolescenza legislativa”, e, secondariamente, stante la probabile influenza di determinati gruppi di interesse sul potere legislativo , esiste il concreto pericolo che la tutela vada nel senso 466
di concedere determinati vantaggi a determinate realtà di nicchia. Il che significherebbe rincorrere il progresso tecnologico attraverso una legge, che nella sua formulazione potrebbe non risultare neutrale.
Se quindi è vero che l’adattamento al software di tutele pensate per proteggere altri oggetti, porta a rilevanti problemi sia teorici che pratici , è 467
altrettanto vero che gli stessi strumenti sono passibili di un certo grado di elasticità. Elasticità che invece verrebbe meno, qualora venissero cristallizzati principi e regole da applicarsi direttamente al software.
Tra le alternative prospettate, ritengo questa ultima visione maggiormente condivisibile. In un quadro legislativo destinato dunque a non mutare, un ruolo rilevante e di primo piano potrebbero svolgerlo le corti, nonché le commissioni esaminatrici degli uffici, che potrebbero beneficiare di quel grado di elasticità, al fine di vagliare con equità e coscienza le differenti rivendicazioni.
Per ottenere un tale risultato, è tuttavia necessario da un lato un elevato livello di specializzazione delle commissioni tecniche di esame, dall’altro un mutato atteggiamento delle corti, volto a considerare la rivendicazione all’interno della categoria tecnologica di riferimento. Ciò non tanto al fine di evidenziare come l’invenzione possa o meno rientrare nell’alveo del brevettabile, quanto piuttosto per evidenziare con rigore il rispetto di quei principi di novità e di non ovvietà che possono essere compresi solo alla luce di una profonda conoscenza dello stato della tecnica.
Per una disamina approfondita delle teorizzazioni più rilevanti v. ibidem, pp. 15-32.
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V. Ibidem, pp. 35-39.
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BURK, LEMLEY, Tailoring patents to different industries, cit., 36. Gli autori evidenziano come
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tale circostanza si sia realizzata negli stati uniti con riferimento alla normativa SCPA (Semiconductor Chip Protection Act). La legge in questione (17 U.S.C. §§ 901-914) non fu di fatto mai utilizzata in quanto il mutamento della tecnica di produzione di tali oggetti rese la normativa obsoleta.
È un dato empirico rilevare come il fenomeno delle lobby, oltre che essere innegabile, sia
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anche connaturato soprattutto nella legislazione americana e dell’Unione Europea. V. supra, cap. II, par. 1.