INDIVIDUALITÀ PIUTTOSTO CHE OMOLOGAZIONE
II.3. Piccoli eroi per grandi problem
II.3.5. L’inventore di sogni e Un ponte per Terabithia
L’inventore di sogni è un romanzo di Ian McEwan scritto nel 1993; Un ponte per Terabithia è invece un romanzo scritto da Katherine Paterson uscito nel 1976. I due testi si
presentano come esempi del genere fantasy all’interno della letteratura per bambini. I due romanzi attraverso la dimensione fantastica presentano tematiche di grande rilievo per il XX secolo. Il primo designa il sogno come ambiente ideale per la crescita e la maturazione del ragazzo. Il secondo vuole essere una testimonianza della forza curativa che la fantasia può avere nella vita di un bambino. In entrambi i testi si legge la crescita personale di un bambino e la maturazione arriva non solo attraverso l’uso della fantasia e la creazione di un mondo fantastico, ma anche attraverso il superamento di momenti difficili.
L’inventore di sogni ha come protagonista Peter Fortune, un bambino di undici anni
che non riesce a non sognare a occhi aperti; Peter si perde in mille avventure fantastiche e gli adulti sanno solo definirlo un ragazzo difficile: «Il guaio è che i grandi si illudono di sapere che cosa succede dentro la testa di un bambino di dieci anni. Ed è impossibile sapere di una persona che cosa pensa, se quella persona non lo dice».212 Egli è in grado di estraniarsi completamente perdendo la cognizione del tempo e della realtà. I grandi non sopportano che al ragazzo piaccia stare per conto suo, «Anzi, secondo lui, se si fosse sprecato un po’ meno tempo a stare insieme e a convincere gli altri a fare lo stesso, e se ne fosse dedicato un po’ di più a stare da soli e a pensare a chi siamo e chi potremmo essere, allora il mondo sarebbe stato un posto migliore, magari anche senza le guerre».213 Una volta, durante uno dei suoi viaggi con la fantasia, dimenticò la sorella in autobus.
La trama è un continuo susseguirsi delle sue avventure mentali e tra un sogno e l’altro si conoscono la sorella Kate e i genitori Viola e Thomas. Ogni capitolo è dedicato a un sogno e quindi a un’avventura diversa. Come negli altri testi da me presi in esame il protagonista si distingue per una sua particolarità e per questo lo farei rientrare tra i modelli positivi rintracciabili nella letteratura per l’infanzia. Personalmente trovo sia innovativo l’idea alla base del romanzo: usare l’elemento del sogno come luogo d formazione per il ragazzo. Ogni visione onirica è un passo verso il mondo degli adulti e una difficoltà superata. Ciò che succede nel sogno gli permette di trovare il coraggio per affrontare la realtà. Ad esempio si trova faccia a faccia con il bullo della scuola, ma grazie alla sua esperienza come inventore di storie fantastiche capisce come le dinamiche
212
IAN MCEWAN, L’inventore di sogni, trad, it. di Susanna Basso, Torino, Einaudi, 1994 (London 1994), pp. 3-4.
213
instaurate all’interno della scuola e all’esterno delle mura scolastiche siano una costruzione sociale dell’uomo:
Che cosa rendeva tanto potente il roseo, il paffuto Barry? E all’improvviso, dal nulla, Peter trovò la risposta. Ma è ovvio, pensò. Siamo noi. Siamo noi che lo abbiamo sognato come il prepotente della scuola. Non è più forte di nessuno di noi. Tutta la sua forza e il potere, ce la siamo sognata noi. Noi abbiamo fatto di lui quel che è. Quando va a casa e nessuno gli crede se fa il prepotente, allora torna se stesso.214
Oppure supera la morte dell’amato gatto provando a immedesimarsi con esso e la metabolizza realizzando che l’animale avesse vissuto una bella vita. L’immaginazione è per Peter anche un rifugio per allontanarsi momentaneamente dalle responsabilità, dalla noia della routine e dalla semplice fatica di uscire dal letto. Come consuetudine della letteratura per ragazzi il libro si chiude con un messaggio di speranza per il futuro; l’ultimo sogno è una visione di come sarà la sua vita da adulto, scoprendo la possibilità di avventure nuove e diverse come l’amore e il diventare adulto non si prospetta noioso come pensava.
Quella sera di agosto, restando lì in mezzo ai due gruppi, con il mare che gli lambiva appena i piedi nudi, Peter all’improvviso afferrò qualcosa di molto ovvio e terribile: un giorno o l’altro, avrebbe lasciato il gruppo che scorrazzava sfrenato lungo la spiaggia, per unirsi a quello di chi restava seduto a parlare. Era difficile crederci, ma sapeva che sarebbe andata proprio così.215
Un ponte per Terabithia è invece la storia di un ragazzino costretto ad affrontare la
morte della sua più cara amica. La stessa autrice Katherine Peterson afferma di aver scritto
214
Ivi, p. 51.
215
la storia per aiutare il figlio a superare un momento difficile. Il libro è quindi dedicato e scritto pensando a un pubblico infantile. Le tematiche sono la morte e la forza creativa dell’immaginazione che può diventare un supporto psicologico per superare il lutto. I protagonisti sono Jess di dodici anni e Leslie compagna di classe e vicina di casa. La maggior parte del romanzo si concentra sull’amicizia tra Jess e Leslie, un’amicizia come quella di tanti altri bambini, fatta di competizione, litigi, condivisione e gioco. Jess amava disegnare, «Dal momento in cui aveva iniziato ad andare a scuola, era sempre stato considerato quel ragazzino mezzo matto che non fa altro che disegnare». 216 Questa passione non era però appoggiata dagli adulti, ma solo dall’insegnante d’arte; vivendo in una famiglia povera, ogni membro aveva il suo compito e il suo era mungere la mucca Bessy. Leslie era figlia di due scrittori, molto stravagante e intelligente, una ragazza fuori dal comune. L’elemento speciale del loro rapporto era un posto tutto loro, che divenne il loro regno «un punto in cui la sanguinella e la cercide giocavano a nascondino tra le querce e i sempreverdi, e dove il sole faceva filtrare i suoi raggi dorati attraverso i rami diffondendo una luce chiara ai loro piedi»,217 quando si trovavano a Terabithia, così lo chiamarono la loro vita si trasformava in una fiaba. Raggiungere quel luogo nascosto era come un rituale, l’attraversamento di un passaggio segreto costituito da una corda appesa a un albero per attraversare il torrente, l’unico portale per il regno fantastico. I due ragazzi grazie al loro interagire si migliorarono a vicenda. La tragedia avvenne una mattina in cui Jess andò per la prima volta al museo con la maestra; Leslie invece decise di andare al loro regno da sola e quando tentò di attraversare il torrente la corda si spezzò. L’unico modo che Jess trovò per superare il lutto e ricordare l’amica fu di non abbandonare Terabithia
216
KATHERINE PATERSON, Un ponte per Terabithia,illustrazioni di Stefano Pachí, trad. it. di Laura Cangemi, Casale Monferrato, Piemme junior, 1997 (New York 1977), p. 14.
217
che avevano creato assieme, ma di condividerlo con la sorellina May Belle, proclamandola nuova regina. La fantasia e l’immaginazione permisero al ragazzo di crescere e metabolizzare la scomparsa in maniera positiva, accogliendo tutto ciò che le aveva insegnato e lasciato l’amica. L’immagine del ponte è simbolicamente il passaggio dalla realtà al mondo della fantasia.