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L’istituzione del nawrūz da parte degli antichi sovrani

Quali erano per gli autori considerati le ragioni che portarono all’istituzione del

nawrūz e quali gli avvenimenti storici o mitico-leggendari legati all’adozione di questa

ricorrenza? La questione è per noi rilevante, perché la comprensione del significato rivestito dalle celebrazioni di nawrūz in ambito palatino durante il periodo abbaside passa anche attraverso l’analisi di quelli che, in quegli stessi ambienti, erano considerati gli episodi fondativi delle celebrazioni stesse.

A questo proposito, possiamo fin da subito affermare che uno sguardo complessivo alle fonti riguardanti il tema consente di rilevare un solido legame tra il nawrūz e le concezioni relative alla regalità universale in chiave iranica. Infatti, l’istituzione del

nawrūz è sovente posta, dalle nostre fonti, in relazione a sovrani mitici dell’antico

passato preislamico. I sovrani a cui, in alternativa, le fonti connettono l’istituzione del

nawrūz sono per lo più Ǧamšīd e Afrīdūn. Altre attribuzioni — come vedremo — sono

da ricondursi in ultima analisi a queste due medesime figure. Innanzitutto, dato che il nostro interesse per il legame tra Ǧamšīd e/o Afrīdūn e il nawrūz si limita alla loro presenza nella produzione letteraria dell’epoca abbaside e non è mirato a verificare la portata di tale rapporto in relazione al più ampio campo della mitologia iranica in generale, sarà bene delineare un quadro sintetico delle valenze collegato a queste due grandi figure del mito iranico attraverso quanto ci dicono le fonti dell’età abbaside5.

Ǧamšīd è l’archetipo della regalità. È un eroe culturale6, gli si è attribuisce la

strutturazione della società in caste, anche se, nonostante la cosa sia ribadita da più di un autore arabo, è questo un argomento su cui sappiamo ben poco. Alcune fonti,

5A questo proposito va notato che i principali protagonisti della mitologia iranica sono ampiamente studiati e si riconosce abitualmente la presenza, fondamentale, nella cultura e nella politica abbasidi di una forte componente iranica o iranizzata (Zakeri, 1995; Daniel, 1997; Arjomand, 2013) e anche sotto il profilo economico (Heidemann, 1998; Morony, 2004). Ciò nonostante, manca ancora uno studio approfondito sulla percezione e la funzionalità di tali figure in epoca abbaside. Quanto andiamo a esporre qui è una rapida presentazione delle due figure, utile ai fini della nostra trattazione sul nawrūz e non intende porsi quale analisi sistematica delle fonti arabe disponibili su queste due figure.

2.1 L’istituzione del nawrūz da parte degli antichi sovrani tra le seguenti, gli attribuiscono l’ampliamento delle dimensioni del mondo ritenuto opera sua, secondo al-Maqdisī a opera sua o opera di Dio stesso, come riporta il poligrafo al-Bīrūnī con più attenzione alla sensibilità monoteista. Ǧamšīd è, quindi, per i letterati di epoca abbaside, il sovrano del mondo, l’autorità universale. Il suo ruolo di eroe culturale Ǧamšīd è caratteristica che emerge che emerge dalle opere del periodo abbaside, in cui si attribuiscono a questo mitico sovrano alcune fondamentali invenzioni e scoperte. Come riporta al-Bīrūnī, sue sarebbero, così, l’invenzione del processo estrattivo dello zucchero di canna — occorsa peraltro a nawrūz — i primi edifici in mattone, l’istituzione del calendario e la diffusione della scrittura. Sua ideazione, inoltre, sarebbe il sistema irriguo dell’altopiano iranico. Infine, è importante notare che, per molti, anche se non per tutti, gli storici arabi di età califfale, Ǧamšīd sarebbe stato il corrispondente del Sulaymān coranico, cioè il Salomone biblico7. In sintesi,

Ǧamšīd è il sovrano del mondo durante l’età dell’oro, sotto la cui guida uomini, animali e natura prosperano. Figura archetipica egli è il modello primo di autorità regale legittima e universale.

Sul rapporto della figura regale di Ǧamšīd con la festa di nawrūz, al-Bīrūnī, a cavallo tra iv/x e v/xi secolo, riporta tre diverse tradizioni, nelle quali lo studioso di origini iraniche espone i motivi che portarono all’istituzione della festa di nawrūz. Tutte e tre queste tradizioni si riconnettono connesse al momento dell’incoronazione di Ǧamšīd:

Un sapiente persiano riporta quanto segue come spiegazione del fatto che questo giorno è chiamato nawrūz: [...] Ǧamšīd rinnovò la religione nella data del nawrūz, [ragion per cui quel giorno] fu chiamato “giorno nuovo”. In seguito a questi eventi [quel giorno] fu considerato di festa, sebbene fosse stato tenuto in considerazione anche in precedenza .

Un altro racconto sul motivo per cui quel giorno divenne una festa [riporta quanto segue:] Ǧamšīd, avendo ottenuto il suo carro8, lo sfruttò per la

7Quest’ultimo dato è utile a comprendere una tradizione, riportata in al-Bīrūnī, che attribuisce a Sulaymān l’istituzione del nawrūz. Su questa identificazione, si veda Mottahedeh, 2013, p. 256. 8La fonte si riferisce al mitico carro che Ǧamšīd si fece costruire dai demoni dopo averli soggiogati

e il volo i questione è parte degli attributi solari del sovrano universale archetipico della storia tradizionale iranica. Come vedremo nelle fonti analizzate più avanti, il tema ricorre in numerosi autori dell’epoca islamica.

prima volta in questo giorno: gli spiriti e i demoni lo trasportarono nel cielo dal monte Dabāwand fino a Bābil, [impiegando] solo un giorno. Il popolo iniziò a festeggiare questo giorno per via del miracolo a cui avevano assistito. La gente si divertiva a saltare, appoggiandosi prima s’una gamba e poi sull’altra, imitando [il volo] di Ǧamšīd.

Altri sostengono che Ǧam, durante un viaggio in giro per il paese, giunse ai confini dell’Āḏarbayǧān. Lì si sedette su un baldacchino d’oro, che i [suoi] uomini si caricarono in spalla. Allora, nel momento stesso in cui un raggio di sole lo toccò, la gente lo vide e gli rese onore. Per questo motivo, da quel momento, quello fu considerato un giorno di festa.9

A queste tradizioni, connesse al riconoscimento della legittimità regale di Ǧamšīd, al-Bīrūnī aggiunge anche la versione secondo cui l’istituzione del nawrūz risalirebbe al Sulaymān coranico:

Un esponente della scuola ḥašwiyya10 riferisce che, quando Sulaymān

b. Dawūd perse il trono e il regno, li recuperò dopo quaranta giorni, riguadagnando la propria regalità. [Tutti] i principi vennero a onorarlo e gli uccelli si posero al suo servizio. Allora i persiani dissero: «Nawrūz

āmaḏ», che significa “un nuovo giorno è giunto”.

[In quel giorno,] Sulaymān ordinò che il vento lo sollevasse [in volo] e così avvenne. [Mentre era in volo] un passero lo raggiunse e gli disse: «Maestà, qui c’è il mio nido con le uova appena deposte. Per favore, evita di urtarlo in modo da non romperle». Sulaymān fece come [il passero gli aveva chiesto] e, quando tornò a terra, il passero gli portò nel suo becco dell’acqua, che disperse davanti a lui, lasciandogli anche in dono la

9Al-Bīrūnī, Āṯār, pp. 216. {Rif. 2b}.

10La dottrina di questa scuola è ancora poco conosciuta nei suoi dettagli. Sappiamo però che insisteva su posizioni anti-muʿtazilite, culminanti secondo alcuni in un aperto antropomorfismo di Dio e che trovavano appoggio principalmente nell’ambiente dell’ahl al-ʿāmma. sul piano generale non godettero mai di molto credito ed è possibile che, indicando in un esponente di questa scuola la propria fonte, al-Bīrūnī abbia voluto distanziarsi da quanto riportato, o anche che quest’ultima versione avesse seguito perlopiù in ambienti popolari (Halkin, 1934, pp. 1-2; Zaman, 1997, pp. 54-56).

2.1 L’istituzione del nawrūz da parte degli antichi sovrani zampetta di una locusta. Questo è il motivo per cui si versa l’acqua e si fanno doni a nawrūz.11

Come abbiamo già segnalato, l’identificazione tra Sulaymān e Ǧamšīd fa sì che la tradizione qui riportata si inserisca nello stesso contesto delle precedenti, delineando un quadro generale nel quale il nawrūz è istituito come omaggio alla sovranità universale, di cui Ǧamšīd, sovrano archetipico, è il depositario. Il fatto che nella fonte si faccia esplicito riferimento ad un contesto ‘persiano’ lascia intendere che la figura di Sulaymān sia qui da leggersi come riferimento alla figura di Ǧamšīd.

Anche il celebre storiografo Abū Ǧaʿfar Muḥammad al-Ṭabārī (m. 310/923) riporta tradizioni dello stesso tenore nel suo celebre Kitāb taʾrīḫ al-rusul wa al-mulūk. Lo storiografo, anch’egli come al-Bīrūnī di origini iraniche, fa risalire l’istituzione della festa di nawrūz allo spettacolare e rapido volo nei cieli che Ǧamšīd avrebbe compiuto su di un carro di vetro:

[… e avendoli sottomessi] ordinò ai demoni12 che gli costruissero un carro

di vetro. Montò [sul carro] e, dal suo paese nel Danābawand, volò fino a raggiungere Bābil in [appena] una giornata di viaggio. Era il giorno di

hurmuz-rūz di farwardīn-māh13. In virtù di quella meravigliosa visione, [la

gente] fecero di quel giorno il nawrūz.

Ǧamšīd ordinò loro di fare del nawrūz e dei successivi cinque giorni14

una festa, [affinché] li celebrassero con gioia e letizia. Il sesto giorno, che era ḫurdāḏ-rūz, scrisse alla gente, informandola che egli li aveva condotti su una strada gradita a Dio. Per questo motivo sarebbero stati ricompensati con la protezione dal freddo e dal calore [eccessivi], dai malanni, dall’invecchiamento e dall’invidia. Per i trecento anni che seguirono nei trecentosedici anni del suo regno essi non furono afflitti da

11Al-Bīrūnī, Āṯār, p. 215. {Rif. 2c} 12Ar. “šayāṭīn”.

13Vale a dire il giorno hurmuz di farwardīn (si veda cap. 1).

14Anche in questo caso possiamo notare come il nawrūz in senso proprio sia definito con l’unico giorno del 1° farwardīn, a cui, nell’Irān antico si sarebbero fatti seguire cinque giorni di festeggiamenti. Tuttavia, resta incerto se tali celebrazioni, di sei giorni in totale, fossero effettivamente in uso nell’epoca abbaside. Su questo punto abbiamo argomentato più per esteso a p. 23.

alcuna delle sventure dalle quali Dio – glorioso e onnipotente – aveva promesso di preservarli.15

Anche la versione di al-Ṭabarī presenta quale motivazione per l’istituzione delle celebrazioni di nawrūz evidentemente lo stesso tema del riconoscimento della regalità di Ǧamšīd, in conseguenza della manifestazione della sua propria grandezza. La notizia del volo mitico di Ǧamšīd, quale occasione nella quale fu istituita la festa di nawrūz è riportata anche dal Kitāb ġurar mulūk al-fars di al-Ṯaʿālibī, con alcune divergenze rispetto alla versione fatta propria da al-Bīrūnī e al-Ṭabarī:

Ǧamšīd impose [ai demoni] di costruire un carro in avorio e legno di tek, coperto di broccato. Montò [su questo carro] e ordinò ai demoni di sollevarlo sulle loro spalle, affinché lo innalzassero in volo tra cielo e terra. [Viaggiò] da Danābawand a Bābil in un solo giorno. Era il giorno hūrmuz di farwardīn-māh, cioè primo giorno di primavera e l’inizio dell’anno, il [momento del] rinnovamento, nel quale la terra rinasce dopo essere [stata come] morta. Gli uomini [allora] dissero: «Ecco un giorno nuovo, una festa felice, un vero prodigio e un re meraviglioso!» e presero [quel giorno] come loro festa più grande, chiamandolo nawrūz. Fecero questo rendendo lode a Dio per aver concesso al loro re una tale grandezza e potenza.16

Il passo del quale si è qui proposta una traduzione è parte di una più ampia sezione dedicata al regno di Ǧamšīd nel suo complesso. Vale la pena rilevare che al-Ṯaʿālibī apre questa sezione menzionando della supposta identità (l’autore impiega termine “yuqālu” per introdurre il discorso, traducibile con “si dice”) ravvisabile tra Sulaymān b. Dawūd e Ǧamšīd, a cui facevamo riferimento nel contestualizzare il passo in al-Bīrūnī attribuito ad un sapiente della scuola hašwiyyā.

Ulteriori notizie in sostanziale accordo con le tradizioni fatte proprie da al-Ṭabarī, al-Bīrūnī e al-Ṯaʿālibī sono riscontrabili nell’opera di Abū Hīlāl al-ʿAskarī (m. 400/1010). Infatti, egli, forse originario del Ḫuzistān egli stesso, ma sicuramente allievo

15Al-Ṭabarī, Taʾrīḫ, vol i pp. 180-181. {Rif. 3a}. 16Al-Ṯaʿālibī, Ġurar, p. 13. {Rif. 4a}.

2.1 L’istituzione del nawrūz da parte degli antichi sovrani del letterato Abū Aḥmad al-ʿAskarī che da quella regione certamente proveniva17, nel

suo Kitāb al-awāʾil attribuisce a Ǧam18, nome col quale alcune fonti arabe indicano

Ǧamšīd, l’istituzione del nawrūz. Abū Hīlāl al-ʿAskarī precisa però che, sebbene il giorno di nawrūz fu innalzato al rango di celebrazione solo col regno di Ǧam, il giorno del 1° farwardīn era già di per sé tenuto in grande considerazione anche prima dell’istituzione del nawrūz in quanto tale:

La religione era già stata distorta prima del regno [di Ǧam], sicché, una volta salito al trono, egli la rinnovò. Ciò facendo, manifestò la propria giustizia, ragion per cui il giorno in cui divenne re fu chiamato [da quel momento] nawrūz, vale a dire ‘giorno nuovo’. Successivamente, la parola fu arabizzata in nayrūz, seguendo la forma della parola ṭayqūr.

I persiani ritengono che, presso gli gnostici19, tale giorno fosse tenuto in

grande considerazione anche prima di Ǧam. [Questo perché] fu il giorno nel quale Dio compì la creazione e [a supporto di ciò] dicono:«Dio ha posto in questo periodo l’inizio della primavera e, con esso, la ripresa dello sviluppo vegetale e [il momento adatto alla] riproduzione degli animali. Parimenti [Dio] ha fatto del mihraǧān un segno del giorno della resurrezione dei morti (yawm al-qiyāma).20

Prima di considerare globalmente le quattro fonti dei quali abbiamo qui voluto proporre una traduzione, pensiamo utile notare che, nella tradizione riportata nel Kitāb

al-awāʾil, il mihraǧān compare quale momento di chiusura, connesso come abbiamo

appena visto alla fine dei tempi, rispetto ad un nawrūz che ha chiaro carattere di apertura, connesso al momento della creazione. Questa, potremmo dire, ‘percezione’ dei rispettivi ruoli delle due simmetriche festività iraniche è certamente da interpretare in relazione al fatto che, da un punto di vista stagionale, il nawrūz inaugura la stagione calda e il mihraǧān la chiude. In aggiunta a questo è possibile avanzare un’ipotesi

17Fück, 2012c.

18Ar. “Ǧam al-malik”. 19Ar. “ahl al-maʿrifa”.

circa un possibile ruolo amministrativo e fiscale del mihraǧān. Infatti, se è possibile affermare con una certa sicurezza che il nawrūz fu, nelle terre orientali del califfato corrispondenti all’area mesopotamica e all’altopiano iranico, data di collocazione dell’iftitāḥ al-ḫarāǧ21, ecco che per la corrispondente procedura o scadenza detta iġlāq

al-ḫarāǧ22 non disponiamo di una collocazione certa. Ci chiediamo, insomma, se

non sia possibile che il mihraǧān fosse la sede, perlomeno ideale, della chiusura delle procedure di riscossione della tassazione ḫarāǧ. Va da sé che, non essendo il mihraǧān l’oggetto della nostra ricerca in questa sede, non siamo in grado di fornire una risposta ed è bene sottolineare che, nell’avanzare questa ipotesi, si vuole solo indicare una possibile linea di ricerca futura.

Tornando all’argomento centrale di questa sezione, notiamo che, nel complesso, al-Bīrūnī, al-Ṭabarī, al-Ṯaʿālibī e al-ʿAskarī, pur nella diversità dei passi riportati, connettono l’istituzione del nawrūz a momenti di riconoscimento dell’autorità regale di Ǧamšīd. Nel primo caso si tratta della salita al trono del sovrano, nei successivi due dell’acclamazione popolare in seguito ad una prova concreta della dignità regale di Ǧamšīd.

Oltre a queste notizie dobbiamo considerare quanto riportato nel Kitāb muḥaḍarāt

al-udabāʾ e nel Kitāb al-maḥāsin wa al-aḍdād. Entrambi i testi attribuiscono l’istituzione del nawrūz ad Kay Ḫusraw b. Abarwīz Ǧahān, un titolo onorifico che in questo caso indica chiaramente Ǧamšīd, dato che, al regno di questo sovrano Kay Ḫusraw b. Abarwīz Ǧahān, entrambi gli autori fanno seguire la narrazione del millenario regno dell’usurpatore Bīwarāsf che, secondo la storia tradizionale iranica avrebbe preso il potere dopo aver ucciso Ǧamšīd. La parabola di Bīwarāsf, che alcune fonti arabe chiamano al-Ḍaḥḥāk, si sarebbe conclusa per mano di Afrīdūn. Egli, secondo al-Bīrūnī e al-Ṭabarī, avrebbe incatenato al monte Danāwaband l’usurpatore o, seguendo la versione di Ibn al-Faqīh al-Hamaḏānī, lo avrebbe ucciso. Entrambi gli

21L’espressione è traducibile con “apertura dell’annata fiscale” e gli studiosi delle questioni amministrative del periodo califfale, tra quali citiamo qui Bosworth, intendono tale procedura come l’inizio delle operazioni di raccolta delle tasse sulla terra. Abbiamo dedicato un capitolo (v. cap. 3) a parte alla discussione della rilevanza fiscale e, in generale, amministrativa del nawrūz. 22Bosworth, 1969, pp. 134-135.

2.1 L’istituzione del nawrūz da parte degli antichi sovrani autori che stiamo considerando ora, al-Rāġib al-Iṣbahānī e l’anonimo pseudo-Ǧāḥiẓ riportano con le stesse parole:

L’origine del nayrūz risale a quando Kay Ḫusraw b. Abarwīz Ǧahān, il quale è detto anche Preservatore del mondo, discendente di Sām e Nūḥ, governava le regioni dell’Irānšahr, cioè la terra di Bābil, rendendolo più coeso e saldo. Il suo regno fu istituito il giorno di nayrūz e [a partire a questo] modellò il calendario dei persiani. Regnò mille e cinquanta anni23.24

I due autori divergono sull’autorità dalla quale questa narrazione deriverebbe. L’anonimo autore del Kitāb al-maḥāsin wa al-aḍdād, che avrebbe operato a partire dalla metà del iii/ix secolo in area irachena, indica nel poeta e uomo di lettere, a lui coevo o di poco anteriore, al-Kisrawī come propria fonte. Al-Rāġib al-Iṣfahānī, che è autore di molto successivo vissuto nel vi/xii secolo, attribuisce invece queste parole al califfo al-Maʾmūn, il quale, appurata l’ignoranza in materia dei suoi compagni, procede a illustrare le origini delle tre principali feste iraniche: nawrūz, mihraǧān e saḏaq. Dal confronto tra le due attribuzioni è possibile vedere il trasferirsi alla figura califfale della sede della sapienza riguardante il nawrūz. Tale evoluzione a nostro parere tende a confermare il permanere di una connessione diretta tra ideali di regalità iranica e celebrazione del capodanno iranico. Il fatto che sia il califfo, e peraltro un califfo ancora padrone della propria sovranità quale fu al-Maʾmūn, a essere posto come più autorevole depositario delle nozioni circa le origini tradizionali del nawrūz si configura come il riconoscimento a quello stesso califfo, e indirettamente all’ufficio califfale e alla dinastia abbaside, di caratteri di regalità universali di derivazione iranica, nella concezione dei nostri autori. Questo processo di idealizzazione, per cui intellettuali del vi/xii secolo costruirono intorno ai califfi della prima epoca abbaside secolo determinati modelli regali, operando alterazioni o rielaborazioni di notizie e aneddoti recuperati

23La durata qui attribuita al regno di Ǧamsīd è inusuale per la storiografia tradizionale, la quale gli riconosce, di norma, un regno di settecento anni. Al-Rāġib al-Iṣfahānī, linguista ed esegeta del vi/xii secolo, fa seguire al passo citato il resoconto del regno di Bīwarāsf, della durata di mille anni, e il racconto dell’istituzione del mihraǧān da parte di Afrīdūn duemila e cinquanta anni dopo. È chiaro che i mille e cinquanta anni di regno attribuiti a Ǧamšīd non sono frutto di una svista.

da fonti coeve ai califfi antichi o comunque più vicine nel tempo agli anni di loro interesse, è stato ben illustrato, per il caso del califfo al-Muʿtaḍid, da J. Bray. Nel suo recente articolo A Caliph and his Public Relations25, J. Bray ha preso in esame

alcuni casi di riutilizzo di aneddoti, originariamente contenuti nelle opere del qāḍī Abū ʿAlī al-Muḥassin al-Tanūḫī (m. 384/994), da parte dello storiografo di epoca selgiuchide Ibn al-Ǧawzī, il quale così facendo mirava alla costruzione di un’immagine del califfo al-Muʿtaḍid che ricalcasse quella del sovrano ai suoi occhi auspicabile in termini islamici. Infatti, J. Bray ha dimostrato nel suo lavoro come Ibn al-Ǧawzī abbia aggiustato nella sua opera di storiografo alcuni elementi con lo scopo di far risaltare, negli aneddoti e nelle notizie riferite a proposito di al-Muʿtaḍid, il lucido senso di giustizia e la paradigmatica attenzione per tutti i componenti della comunità a lui affidata che Ibn al-Ǧawzī stesso riteneva caratteristica propria del sovrano ideale. In breve, J. Bray ha argomentato conclusivamente che Ibn al-Ǧawzī, servendosi di notizie recuperate da fonti precedenti e della loro parziale alterazione, inscenò nella sua prosa un esemplare comportamento politico e personale da parte al-Muʿtaḍid, allo scopo di far risaltare la sua ottemperanza al precetto coranico di ordinare il bene e proibire il male.

Ecco che, per le questioni che abbiamo posto in questo lavoro, è interessante notare come, al pari di meccanismi di legittimazione del potere di ispirazione