8. Politiche per l’immigrazione
8.1 La capacità dell’associazionismo straniero
Per quanto riguarda la capacità dell'associazionismo straniero di porsi come soggetto in grado di partecipare alla vita collettiva, interloquendocon le istituzioni locali e operando in un ambito politico, può essere interessante analizzare alcuni aspetti emersi in una recente indagine dell'IRES (2003), secondo cui la capacità di azione politica delle associazioni di immigrati risulta essere influenzata da alcuni fattori specifici di seguito evidenziati:
• Capacità di costruire obiettivi condivisi: in genere l'associazionismo straniero nasce con finalità diverse dalle organizzazioni politiche autoctone: risponde primariamente a bisogni di mutuo aiuto e di sostegno e riconoscimento reciproco e solo secondariamente diviene contesto di rivendicazione politica. Questo passaggio si attua con difficoltà e dopo aver soddisfatto le istanze di appartenenza etnica e culturale, spesso l'associazione esaurisce la sua legittimazione o si creano fratture interne legate al controllo delle posizioni di potere. Se manca un collante politico il collante etnico dopo un certo tempo non è sufficiente per fare dell'associazione di immigrati un soggetto politico. Per questo è necessaria una interazione tra l'elemento di condivisione etnico-culturale e l'elemento di condivisione politica, che conduce ad una presa di posizione unitaria della singola associazione rispetto al sistema politico del paese di accoglien- za 29.
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Capacità di esercitare pressione sulle istituzioni: la capacità di un'associazione di immigrati di agire con efficacia come gruppo di pressione è strettamente connessa al tipo di socializzazione politica esperita dai suoi membri nel paese di origine, socializzazione spesso inesistente oppure compiuta entro un contesto socio-politico diverso da quello occidentale, che fa riferimento a significati diversi del fare politica, e che spesso si accompagna ad una imperfetta conoscenza dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni europee e locali. A volte sembra riproporsi l'operare del meccanismo della "socializzazione anticipatoria": l'immagine dell'Italia come paese "avanzato", diffusa dai mass media, può ingenerare aspettative troppo elevate riguardo alle capacità delle istituzioni italiane di produrre legislazione e di gestire il problemaimmigrazione, ed alimentare un atteggiamento individuale eccessivamente rivendicativo e poco propenso a tollerare e gestire i tempi lunghi della negoziazione tra associazione ed istituzioni.
• Fragilità e discontinuità organizzativa: il policentrismo migratorio sopra accennato e la conseguente presenza di molti gruppi etnici diversi comportano una estrema frammentazione dell' associazionismo immigrato; a ciò deve aggiungersi una fragilità organizzativa: l'assorbimento pressoché completo dei membri dell'associazione in attività legate alla gestione degli aspetti emergenziali dello status di immigrato, problema acuito dalla maggiore precarietà indotta in Italia dalla legge Bossi-Fini, lascia scarse energie e tempo per occuparsi della strut- tura interna della associazione. Tale incertezza interna rende, inoltre, assai problematico il processo di emersione di figure di leaders che possano costruire consenso attorno ad obiettivi condivisi. Risultano invece molto più stabili le associazioni miste in cui sono presenti italiani e stranieri: l'associazionismo misto, in cui sono presenti italiani e stranieri, appare più forte e consolidato, soprattutto se legato a realtà cattoliche o religiose, ed offre un ruolo di tutela fondamentale sia pure improntato, a volte, ad eccessivo paternalismo, l'associazionismo straniero mostra oggi i segni di una innegabile fragilità.
• Atteggiamento delle istituzioni italiane: a definire l’instabilità delle associazioni degli stranieri. contribuisce poi in maniera determinante l'atteggiamento delle istituzioni italiane nei loro confronti: spesso i vari attori istituzionali dichiarano in linea di principio l'importanza dell'associazionismo stranier o, la necessità di un suo controllo e di una gestione tale da garantire l'obiettivo di contenere la conflittualità con gli autoctoni, ma nella prassi istituzionale le associazioni sono poco considerate, poco valorizzate, e spesso strumentalizzate. Gli esponenti delle associazioni di stranieri evidenziano i ripetuti ostacoli incontrati nei tentativi di essere accreditati come interlocutori istituzionali da parte delle istituzioni locali; sottolineano, in particolare, le difficoltà di far pesare a livello di scelte politiche le istanze che emergono all'interno delle associazioni. Una delle aree di criticità più menzionate, e probabilmente tipica del sistema politico italiano, è l'inclinazione presente presso le istituzioni italiane a far rientrare in una logica di clientelismo i rapporti con le associazioni di immigrati, privilegiando la ricerca di referenti e "amici" personali tra gli stranieri, con cui trattare individualmente30.
• Grado di competizione tra le associazioni: non è infrequente il prevalere di una logica "spartitoria" nella interpretazione del rapporto associazioni-istituzione, in cui l'istituzione è vista dalla singola associazione prima di tutto come dispensatrice di contributi, risorse e finanziamenti piuttosto che come interlocutore politico. Questa prospettiva finisce per acuire la concorrenza tra le diverse associazioni ed accentuare la loro autoreferenzialità culturale e politica, compromettendo la capacità di superare la frantumazione su base etnica. Tentativi in questa direzione sono tuttavia stati compiuti, e sono state create alcune reti associative, in forma di "federazioni" o "forum", caratterizzate da canali di comunicazione e di azione comune tra le associazioni straniere.
9.
Conclusioni
Come dichiarato nell'Introduzione, i flussi migratori presenti anche nel territorio della Provincia di Pisa appaiono come un arcipelago di situazioni distinte.
La ricerca ha messo in evidenza come a specificare lo stato e le traiettorie dei modelli di comportamento (e degli atteggiamenti) predominanti non siano tanto alcune singole variabili prese in sé (sesso, paese di origine, stato civile, condizione lavorativa, etc.) quanto piuttosto alcune specifiche loro combinazioni e strutturazioni d'insieme.
La presenza straniera sul territorio ha ormai assunto caratteri di tale complessità e differenziazione da obbligarci a parlare di veri e propri "mondi paralleli": non tanto con riferimento alla distanza che li separa dai modelli relazionali italiani (anche se alcuni li stanno esplicitamente metabolizzando), quanto piuttosto in relazione ai reciproci distanziamenti riferibili alle prospettive di integrazione ed ai progetti futuri, agli stili di vita ed ai modelli di socialità e comportamento.
I dati ci segnalano la presenza nella galassia straniera di almeno quattro mondi, ciascuno dei quali esprime bisogni e prospettive diverse.
I lavoratori-ospiti sono sostanzialmente soli e diffidenti, chiusi all'interno delle proprie enclaves e fortemente legati da vincoli di responsabilità con le comunità di origine (di cui rappresentano una importantissima componente extra territoriale). La loro configurazione sembra corrispondere a quella tipica delle prime fasi di radicamento delle catene migratorie, quando un singolo membro di un nucleo familiare assume la decisione di espatriare in funzione del miglioramento delle condizioni generali della comunità d'origine. I processi di integrazione con la popolazione del paese di destinazione sono in questa fase scarsi e difficili, tanto che la parola che meglio rappresenta l'atteggiamento degli italiani verso gli immigrati è intolleranza.
stabilizzazione delle relazioni più significative induce nei membri di questo gruppo modelli di comportamento più aperti anche all'incontro con la comunità ospitante, rispetto alla quale si ambisce a stabilire relazioni permanenti ed integrate.
Questa specifica modalità sembra corrispondere alla seconda fase del ciclo migratorio, quando cioè i pionieri della prima ora ricostruiscono all'estero le proprie famiglie e trasformano da temporaneo in definitivo il proprio progetto. E' significativa, sotto questo profilo, la segnalazione che la parola che meglio rappresenta l'atteggiamento degli italiani verso gli immigrati sia rispetto.
I nuovi italiani sono molto ben integrati nel tessuto sociale del paese ospitante; i loro figli ormai sono perfettamente accettati e non risultano riscontrare problematiche di emarginazione razziale e sociale. Gli appartenenti a questa categoria ormai hanno trovato un lavoro gratificante ed adeguato alle loro caratteristiche; dopo aver superato le difficoltà derivate dalla solitudine dei primi anni di immigrazione e gli ostacoli per poter ricongiungersi con i propri familiari nel nuovo paese stanno raccogliendo frutti dei loro sforzi, tanto che è esplicativo il loro desiderio di rimanere in Italia per sempre.
I giramondo, invece, risultano distaccarsi fortemente dalle altre categorie di immigrati, proprio per il motivo che li ha spinti ad intraprendere il loro viaggio. Non sono state infatti le difficoltà economiche bensì la voglia di avventura ed il desiderio di acquisire conoscenze e capacità difficilmente conseguibili nei paesi di origine. Risultano quindi far parte di una immigrazione di "alto livello" che ha peculiari necessità e problematiche, ma risulta molto significativo il fatto che, per la crescita culturale che l’Italia sta loro fornendo, questa categoria di immigrati percepisca gli italiani come un popolo solidale.
Questa differenziazione stimola profondamente il sistema delle politiche sociali e di accoglienza, dal momento che ne impone una radicale trasformazione a fronte della contemporanea presenza sullo stesso territorio di gruppi e tipologie di immigrati che sperimentano fasi diverse del percorso di integrazione.
Ovviamente, le osservazioni che sin qui ci hanno condotto, necessitano di essere rapportate allo specifico contesto entro il quale si collocano, poiché come ho voluto sottolineare fin dall'inizio, si tratta di valutazioni emerse attraverso l'uso di strumenti statistici di natura elementare, tali da non poter garantire risultati inequivocabili e, soprattutto, incontestabili.
Le scale di misurazione sottese ai vari indici elaborati costituiscono un espediente utilizzato nella ricerca sociale nel tentativo di misurare fenomeni complessi.
In realtà, è impensabile poter configurare il concetto di integrazione come un insieme ordinato e consecutivo di elementi, avente un inizio e una fine ben definiti.
l'inserimento del migrante nella società ospite ma, pur rispettando la letteratura in merito e i riferimenti teorici sull'argomento, il criterio che ha guidato tale scelta è dettato dall'arbitrarietà e costituisce, indubbiamente, un limite ad una valutazione che voglia essere quanto più oggettiva circa il fenomeno studiato. Ritengo ugualmente importanti e significative le considerazioni emerse attraverso tale approfondimento, poiché hanno permesso di effettuare una sintesi del grado di inserimento occupa- zionale, relazionale e socio-culturale dei migranti rappresentativi della popolazione straniera nella Provincia di Pisa.
Nel loro insieme, esse possono, infatti, contribuire a fornire un quadro globale degli aspetti, delle caratteristiche, delle problematiche che denotano la presenza immigrata e costituire una utile base da cui partire per progettare politiche di intervento.
Le indicazioni ottenute dall'approfondimento di ciascun indice meritano, successivamente, essere considerate nel loro insieme, allo scopo di avere una valutazione unitaria, seppure più generica, del livello di integrazione raggiunto dal migrante-medio.
Il processo che conduce il soggetto ad inserirsi nella realtà che lo circonda non può essere solamente concepito come un qualcosa che si realizza esclusivamente all'interno di specifici ambiti di azione. Il migrante può ritenersi, infatti, pienamente soddisfatto per i risultati ottenuti nel settore lavorativo e, magari, anche in quello economico, ma il non poter gioirne insieme ai propri familiari, poiché rimasti nel paese di origine, contribuisce a rendere meno piacevole la permanenza nel paese ospite e, per questo, a non sentirsene veramente parte.
Tra ciascuna delle dimensioni prese in esame, si viene ad instaurare un rapporto di interdipendenza, poiché l'una è indispensabile all'altra, affinché l'inserimento del migrante non costituisca una realtà frammentata ma un insieme unitario.
Data la multidimensionalità del fenomeno considerato, la scelta di un unico indice sintetico, quale unitaria valutazione dello stesso, implica l'adozione di una procedura di sintesi degli indici elementari precedentemente analizzati. Nonostante il concetto di integrazione non possa essere riassunto come la somma delle singole unità che lo costituiscono, ma debba piuttosto essere considerato un tutt'uno. Tale criterio è stato utilizzato per dare origine all'Indice di integrazione generale. Solitamente, infatti, lo strumento finale utilizzato per aggregare gli esiti ottenuti è rappresentato dalla somma di questi ultimi, se si ha motivo per ritenere che le variabili da combinare siano tutte egualmente valide come indicatori del concetto generale31.
31I criteri che guidano il ricercatore nella realizzazione di un indice sintetico dipendono, essenzialmente, dalle
caratteristiche delle variabili da combinare. Se queste ultime sono, ad avviso dello studioso, tutte egualmente valide come indicatori del concetto generale che interessa analizzare, si può procedere con una semplice somma, o media, di ciascuno di
A mio avviso, le dimensioni osservate sono unite da un unico filo conduttore che ha come punto di riferimento ultimo il concetto di integrazione, pertanto, medesima importanza è stata attribuita ai vari indici utilizzati per misurare ciascuna di esse32.
Agire sull'insieme di questi fattori per rafforzare il tessuto associativo degli stranieri e dunque la loro capacità di mobilitare e rappresentare istanze, interessi e bisogni culturali rappresenta una sfida che deve assolutamente essere affrontata: non si può oramai più prescindere dal riconoscimento di una presenza che è viva e vuole essere non solo ospite ma anche parte integrante di una società che cambia colore.
Il problema della rappresentanza degli interessi e dei diritti della popolazione immigrata rappresenta un fattore che attiene alla realtà più estesa dei diritti di cittadinanza, coinvolgendo diversi segmenti della realtà sociale, economica e culturale. Essa assume un significato più ampio rispetto alla tutela dei diritti elementari inscrivendosi all'interno dei temi più vasti riconducibili alla domanda di integrazione ed inserimento sociale.
essi, ottenendo così un parametro a cui fare riferimento. Se si hanno, invece. buoni motivi (derivanti dalla conoscenza del contesto, da risultati di precedenti ricerche, o dall' adesione ad una precisa teoria) per ritenere che alcuni indicatori siano più validi e altri meno, si deve tenere conto di ciò nella costruzione dell'indice, ponderando gli indicatori in base al rapporto di
indicazione che ciascuno di essi ha con il concetto generale, ovvero al grado di rappresentatività con il contesto oggetto di
studio. Per maggiori approfondimenti, si veda Marradi, 1995; Del vecchio, 1995; Corbetta, 1996.
32 Nella costruzione dell'Indice generale di integrazione si è tenuto conto, oltre agli indici esaminati attinenti alle
dimensioni dell'integrazione economica e socio-culturale, anche di un altro indice non trattato nel corso del commento dei precedenti. L'indice di soddisfazione della vita in Italia è stato volutamente omesso (anche se ha contribuito all'individuazione del valore massimo di integrazione ottenibile), poiché di carattere generale e, soprattutto, per la consapevolezza di non riuscire, con un'unica misura sintetica, a valutare un aspetto così ampio e denso di sfumature, quale il livello di appagamento dei migranti rispetto al loro inserimento e alla vita che quotidianamente svolgono. L'indice ruota intorno a due indicatori essenziali: se alla domanda "Quali sono i principali problemi che ha incontrato nel nostro paese?" il migrante rispondeva "Nessuno" venivano assegnati "4" punti, mentre ad ognuna delle altre risposte, indicanti la diversa natura dei problemi incontrati, veniva attribuito valore "O"; infine, ulteriori due punti corrispondevano a chi avesse risposto "emigrerei di nuovo in Italia" alla domanda "Potendo tornare indietro cosa farebbe?", Complessivamente, il migrante pienamente soddisfatto della propria vita nella nuova società ospite avrebbe ottenuto un punteggio massimo uguale a "6".