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La concezione merleau-pontiana dell'Essere

Nel documento ARTE E TECNICA TRA HEIDEGGER E MERLEAU-PONTY (pagine 175-179)

2. LA CONCEZIONE DELL'ARTE IN HEIDEGGER

3.4. Arte e ontologia in Merleau-Ponty

3.4.1. La concezione merleau-pontiana dell'Essere

Una formulazione interessante del concetto di Essere si può ritrovare nell'opera La natura, dove Merleau-Ponty scrive:

Dovremo sviluppare meglio questa idea dell’Essere, cioè di ciò che fa sì che questi Esseri, la Natura e l’uomo siano, e siano «l’uno nell’altro», che siano insieme dal lato di ciò che non è niente, dovremo precisare, in modo particolare, il rapporto che c’è in essi tra il positivo e il negativo, il visibile e il non visibile. E confrontare quest’Essere interiormente intessuto di negazione con l’Essere delle ontologie classiche357.

Secondo questa definizione, l'Essere sarebbe essenzialmente ciò che permette che Natura e uomo esistano come esseri multiformi, in perenne divenire; essi si sviluppano da un lato come «unità» scisse al loro interno tra positivo e negativo, visibile e invisibile, e dall'altro come elementi in

356

Enzo Paci, Introduzione a: Merleau-Ponty, Il dubbio di Cézanne, cit., p. 29. 357

Merleau-Ponty, La Nature. Notes. Cours du Collège de France, Paris 1995; trad. di M. Mazzocut- Mis, F. Sossi, La natura, Cortina, Milano 1996, p. 305.

176 continua relazione. L'essere è quindi «carnale», dal momento che si manifesta come chiasma di visibile e invisibile, presentandosi come profondità, assenza e ambiguità.

In definitiva, la filosofia merleau-pontiana si configura come un tentativo di interrogazione dell'Essere «grezzo», che si può rivelare solo trascendendo la manifestazione apparente delle cose del mondo, per cogliere la struttura dei rapporti che intercorrono tra di esse. Come Merleau-Ponty afferma nella prefazione ai Signes, infatti,

le cose e il mondo visibile [...] sono sempre dietro a quello che io ne vedo, all'orizzonte, e ciò che viene chiamato visibilità è questa stessa trascendenza. Nessuna cosa, nessun lato della cosa si mostra se non nascondendo attivamente gli altri, denunciandoli nell'atto di nasconderli. Vedere è per principio vedere più di quanto si veda, è accedere a un essere di latenza. L'invisibile è il rilievo e la profondità del visibile, e il visibile non comporta positività più pura dell'invisibile.358.

La concezione dell'essere, per cui esso «si nasconde nello stesso tempo in cui si svela»359, è uno dei maggior punti di contatto tra la filosofia di Merleau-Ponty e il pensiero di Heidegger: entrambi i filosofi, infatti, sostengono l'impossibilità di un accesso diretto all'Essere360. Tuttavia, se da un lato questa concezione dell'essere come «disvelamento» accomuna Merleau-Ponty all'ontologia heideggeriana, allo stesso tempo essa sancisce la sua presa di distanza dalle «ontologie classiche».

Nei primi due capitoli de Il visibile e l'invisibile, infatti, la concezione merleau-pontiana dell'essere viene presentata come una sorta

358

Merleau-Ponty, Segni, trad. it. di G. Alfieri, Il saggiatore, Milano 1967, p. 44. 359

Idem, Il visibile e l'invisibile, cit., p. 95.

177 di risposta contraria sia alla filosofia riflessiva, espressa da Cartesio, Kant e Husserl, sia contro la filosofia del negativo di Sartre. La filosofia riflessiva, infatti, «pone tutto il positivo nel pensiero e riduce l'esteriorità a semplice negativo», mentre la filosofia del negativo «definisce l'io come negazione pura e l'esteriorità come essere puro»361. Al di là del differente approccio adottato, secondo Merleau-Ponty entrambe le impostazioni riducono l'essere a identità, pienezza e positività assolute, e sono pertanto incapaci di un'apertura alla dimensione costitutiva dell'Essere.

Al contrario, rispetto alle concezioni dell'essere come identità e positività assolute, Merleau-Ponty afferma che l'Essere, avendo il suo prototipo nella visibilità, «sfugge all'alternativa di qualificazioni univoche quali pieno o vuoto, presenza o assenza»362; l'Essere si presenta sempre sotto forma di continua reversibilità di differenti piani, non è mai cristallizzabile in una forma predefinita:

L'essere è lo scarto, la trascendenza, la differenza, il chiasma, perché non si dà se non in essi. Ed è l'invisibile, il negativo, l'orizzonte degli orizzonti, il senso363.

Questa concezione dell'essere esprime il concetto di «ontologia indiretta», di cui parla Merleau-Ponty: «non approcciare l'Essere di fronte, ma lateralmente, ossia non condurre all'essere che a partire dagli esseri»364. In altre parole, l'Essere può essere raggiunto soltanto a partire dalle cose stesse: è l'analisi della sensibilità carnale del mondo, che permette di coglierne l'effettiva realtà. Ne L'Elogio della filosofia,

361 Op. cit., p. 132. 362 Op. cit., p. 133. 363

Rocca, L'essere e il giallo, cit., p. 97. 364

178 Merleau-Ponty scrive pertanto:

Il rapporto del filosofo con l'essere non è il rapporto frontale che ha lo spettatore con lo spettacolo, è una sorta di complicità, una relazione obliqua e clandestina. [...] Se filosofare è scoprire il senso primo dell'essere, non si filosofa, dunque, abbandonando la condizione umana: è necessario invece di immergervisi. Il sapere assoluto del filosofo è la percezione365.

Se per Merleau-Ponty, l'Essere si configura come rapporto alla dimensione originaria con cui le cose interagiscono tra di esse (ossia la percezione), il compito della filosofia, dunque, consiste nell'interrogare l'originaria certezza di percepire il mondo366. In questo senso Merleau- Ponty scrive che

la percezione è a fondamento di tutto perché essa ci insegna, per così dire, un rapporto ossessivo con l'essere: esso è là, davanti a noi, e tuttavia ci raggiunge dal di dentro367.

Come già evidenziato precedentemente, ne L'occhio e lo spirito è esattamente l'arte - ed in particolare la pittura - ad attingere allo strato di «senso bruto»368, al piano della sensibilità pura, non ancora macchiata dalla revisione a posteriori della coscienza. La portata ontologica dell'arte nella filosofia di Merleau-Ponty si esprime soprattutto nel contatto primordiale che l'arte intrattiene con l'Essere «grezzo». Di conseguenza, il concetto di Essere merleau-pontiano, e la sua

365

Merleau-Ponty, Elogio della filosofia, cit., pp. 22-23. 366

Cfr. Carbone, Ai confini dell'esprimibile, cit., p. 131. 367 Merleau-Ponty, Elogio della filosofia, cit., p. 23. 368

179 «visione»369 della realtà, non possono essere compresi se non in riferimento all'arte stessa.

Nel documento ARTE E TECNICA TRA HEIDEGGER E MERLEAU-PONTY (pagine 175-179)

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