I LA TASSONOMIA DELLE POSIZIONI FINANZIARIE
II. GLI INTERVENTI PER LIMITARE GLI EFFETTI DELLA CRIS
4. LA CRISI DEI MUTUI SUBPRIME IN UN’ANALISI MINSKIANA
Dopo aver brevemente illustrato gli esempi pratici di crisi finanziarie del 1929 e degli anni ’70 riportati da Minsky con l’intento di dare seguito alla teoria dell’ipotesi di instabilità finanziaria e al ruolo all’interno di essa di istituzioni come il governo e la Federal Reserve è interessante porre sotto la nostra attenzione le vicende che hanno condotto alla grande recessione del 2008, per poter valutare se possono rientrare all’interno dello schema logico della teoria di Minsky.
Le prime avvisaglie della più grande crisi economica moderna si sono avute nella primavera del 2007, quando, negli Stati Uniti d’America, si sono manifestate le prime difficoltà all’interno di grossi gruppi bancari a cui è seguito l’inceppamento dei mercati interbancari. Nell’anno successivo la crisi è proseguita con il fallimento di importanti banche e istituzioni finanziarie: marzo 2008 (Bear Sterns), settembre 2008 (Fannie Mae e Freddie Mac, Lehman Brothers, AIG, Washington Mutual, Bradford & Bingley, Fortis, Hypo Real Estate), tutte in qualche modo salvate, ad eccezione di Lehman Brothers. Ciò ha condotto alle forti turbolenze sul mercato azionario dell’autunno 2008 che hanno diffuso la crisi finanziaria nell’economia reale.
La spiegazione, com’è noto, è da ricercare principalmente nella mancata restituzione da parte delle famiglie americane dei mutui immobiliari contratti negli anni precedenti.
Risulta importante sottolineare come gli anni precedenti al 2007 siano stati caratterizzati da una fase di forte crescita dell’economia mondiale. Al di fuori del 2001, dove si è verificato un leggero rallentamento, gli anni successivi hanno registrato, in particolare nel biennio 2004-2006, tassi di crescita molto
consistenti che non hanno portato a generare significativi aumenti nell’inflazione. Diversi indicatori mostrano come in tale periodo, a fronte del crescente ottimismo, la propensione degli operatori ad assumere rischi sia aumentata. La visione ottimistica delle famiglie statunitensi è stata ulteriormente alimentata dalla manovra della Fed che ha abbassato il tasso di sconto fino a sfiorare l’1%. Più in generale, possiamo notare l’abbassamento 40
dei tassi d’interessi nel periodo 2001-2004 dalla figura 10 dove vengono rappresentanti i tassi d’interessi richiesti dagli istituti statunitensi dal 1990 al 2008.
Tasso di interesse a cui le banche centrali prestano soldi alle banche commerciali. 40
La manovra dell’allora direttore della Fed, Alan Greenspan, aveva lo scopo di rilanciare, attraverso condizioni favorevoli nei finanziamenti, l’economia statunitense a seguito dello scoppio della bolla dot-com del 2000 e dei tristemente noti fatti terroristici dell’11 settembre.
Figura 10. Il livello dei tassi d’interesse negli Usa dal 1990 al 2008.
La minor avversione al rischio, unita a politiche economiche espansive, ha portato a eccessi di liquidità, oltre che di fiducia, generando condizioni di finanziamento favorevoli e una disponibilità di prestiti molto elevata. Infatti, come si può notare dalla figura 11, l’indebitamento di tutti gli operatori ha avuto un trend crescente a partire dal 1991, raggiungendo la punta massima nel 2007, prima dello scoppio della crisi. Questo trend è stato particolarmente accentuato per istituzioni finanziarie e famiglie. L’indebitamento complessivo delle famiglie americane, in continua ascesa dai primi anni novanta, si è stabilizzato al 141 per cento del reddito disponibile alla fine del 2007.
Figura 11. Rapporto tra l’indebitamento e il PIL per i diversi operatori
economici
Dall’altra parte, le banche, avevano a loro volta una serie di motivazioni per prestare denaro senza dare particolare attenzione alle condizioni dei debitori: lo spread si attestava su valori minimi nel periodo 2000-2007, il crescente valore degli immobili garantiva un’ottima remunerazione anche in caso di insolvenza del debitore e, inoltre, vi era la possibilità di ricorrere in modo consistente ad operazioni di securitization data la mancanza di una precisa regolamentazione 41
a riguardo.
In particolare, mediante le operazioni di securitization, la banca ottiene, attraverso la cessione del debito alla società veicolo , l’immediata restituzione 42
del capitale prestato senza doversi preoccupare dell’eventuale mancata restituzione del credito. In questo modo la banca non deve sopportare il rischio di credito e non deve mantenere in bilancio il prestito fino alla sua estinzione per ottenere i guadagni.
Inevitabilmente le banche prestano minor attenzione alla storia creditizia dei propri debitori e concedono finanziamenti più facilmente. L’insieme di tutti
La cartolarizzazione del debito, o securitization, è una tecnica finanziaria 41
attraverso la quale una o più attività finanziarie indivise e illiquide, in grado di
generare dei flussi di cassa, quali ad esempio i crediti di una banca, vengono cedute ad una società veicolo che versa l’equivalente delle attività acquisite alla banca per poi mutare tali attività in divisibili e vendibili, ossia in titoli obbligazionari denominati
Asset Backed Securities (ABS)..Vi sono diverse modalità di cartolarizzazioni, a
riguardo di operazioni che trattano come sottostante mutui si parla di MBS, mortgage
backed securities. A livello contrattuale, i termini e le condizioni previste nel contratto
di mutuo stipulato con la banca che ha ceduto i crediti non vengono modificate. Il mutuatario continuerà a mantenere i rapporti con la banca che ha erogato il finanziamento in origine e alla stessa continuerà a pagare le rate del mutuo che, a loro volta, verranno girate alla società veicolo.
La società veicolo o SPV, Special Purpose Vehicle, è una società finanziaria che 42
ha per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione e che, in tale ambito, si rende cessionaria dei crediti da cartolarizzare e/o procede all'emissione dei correlati titoli.
questi fattori ha portato a un consistente aumento nella concessione di prestiti a soggetti subprime. 43
Come dimostra la figura 12, a partire dal 2002 si è verificato un significativo aumento dei cosiddetti mutui subprime fino a triplicarne la concessione nel 2005.
Tornando alle operazioni di cartolarizzazione resta da analizzare fino in fondo il ruolo delle società veicolo perché esse, una volta acquisito il mutuo dalla
Sono soggetti che non offrono sufficienti garanzie di restituzione del capitale. La 43
Figura 12. Volume dei mutui subprime dal 1994 al 2006
banca, si occupano di suddividerlo e riassemblarlo in attività di vario tipo, come per esempio in CDOs , nell’ottica di piazzarli sui mercati e venderli alla 44
collettività.
In questo modo le società veicolo riescono a reperire la liquidità necessaria da versare alla banca per l’acquisizione del mutuo e non si fanno carico a loro volta del rischio di credito provocando la dispersione di esso presso la collettività che ha acquisito i CDOs. Il guadagno per la società veicolo è da ricercare nella differenza tra gli interessi che essi hanno diritto ad ottenere dai mutuatari e gli interessi pagati da essa stessa agli acquirenti dei CDOs, di importo minore rispetto ai precedenti.
Nella collocazione dei titoli cartolarizzati presso il pubblico acquisiscono particolare importanza le agenzie di rating che si occupano di valutare la solvibilità e la solidità di tali titoli. Il giudizio espresso dalle agenzie di rating sui CDOs veniva spesso condizionato da una serie di fattori e solitamente veniva assegnata loro la tripla A facendoli apparire titoli a basso rischio. Ciò 45
agiva da garanzia e rendeva tali titoli appetibili anche per fondi monetari e fondi pensione. Tutto ciò ha consentito alle banche di trasferire al mercato gran parte del rischio di credito derivante dalla concessione dei mutui e di aumentare l’offerta di prestito.
Come dimostra la figura 13, dal 1990 gli assets legati ai mutui immobiliari statunitensi detenuti dal mercato hanno superato quelli detenuti dalle banche fino ad arrivare nel 2007 a duplicarli.
i CDOs, Collateralized Debt Obbligations, sono prestiti obbligazionari creati 44
attraverso una cartolarizzazione, tramite l'impacchettamento di una serie di titoli obbligazionari o strumenti derivati
Secondo la metodologia di classifica adottata dalle principali società di rating, tale 45
sigla identifica le emissioni di valori mobiliari caratterizzate dal massimo grado di affidabilità finanziaria, vale dire da un rischio di insolvenza pressoché nullo.
Altro ruolo importante nella diffusione dei CDOs è stato assunto dalle compagnie assicurative che si sono occupate di introdurre i Credit Default Swaps (CDSs) ossia degli strumenti finanziari derivati che svolgono la funzione di polizza assicurativa nel caso di mancato pagamento dei CDOs a fronte del pagamento di una percentuale della remunerazione dei titoli cartolarizzati stessi.
Come per il ricorso alla securitization anche per i CDSs una regolamentazione non del tutto chiara e completa ha contribuito a generare particolari manovre
Figura 13. Gli assets immobiliari detenuti dal mercato
confrontati con quelli detenuti dalle banche Fonte: Shin 2009
Ne sono chiari esempi sia la manovra della Goldman Sachs, che se da una parte vendeva ai propri clienti i CDOs, dall’altra scommetteva contro di essi per ottenere facili profitti, sia la possibilità da parte delle compagnie assicurative di investire liberamente i capitali acquisiti senza incontrare particolari vincoli legislativi per fronteggiare eventuali insolvenze.
Spostando l’attenzione sui mercati borsistici possiamo vedere come le aspettative ottimistiche siano state confermate dai sorprendenti rendimenti delle azioni: dal 2002 al 2007 l’indice S&P 500 è più che raddoppiato e analoga tendenza hanno avuto anche i principali indici europei e giapponesi.
Abbandonando momentaneamente le vicende che hanno portato alla crisi del 2008 possiamo fare un primo bilancio di quanto scritto, trovando delle forti similitudini con la teoria proposta da Minsky. In primo luogo, come abbiamo visto, la situazione pre-crisi a partire dal 2001 era una situazione piuttosto tranquilla che è mutata in una situazione particolarmente favorevole agli investimenti nel biennio 2004-2006. Tale processo non è altro che la fase iniziale del ciclo di Minsky: man mano che la crescita procede e diventa evidente la facilità con cui i debiti vengono convalidati, gli operatori si rendono conto delle potenzialità di profitto ancora inespresse offerte dalla situazione attuale.
La situazione che si è creata negli anni precedenti al 2007 è stata caratterizzata, come nel caso dell’ipotesi di instabilità finanziaria, da eccessi di liquidità e dall’abbassamento dei requisiti richiesti dagli istituti di credito per la concessione dei finanziamenti. Altra similitudine che si può agevolmente ricavare riguarda i complessi meccanismi spiegati come la cartolarizzazione, i CDOs e i CDSs: essi non sono altro che innovativi strumenti finanziari. Come abbiamo visto precedentemente, le innovazioni finanziarie contribuiscono ad accrescere le attività speculative e ultraspeculative degli operatori, ai livelli
massimi dopo il 2003, e ad alimentare il ciclo che conduce all’instabilità verso l’alto di Minsky.
Inoltre, Minsky proponeva una regolamentazione che seguisse passo per passo l’evoluzione dei mercati finanziari mentre nella realtà, il sistema legislativo, non si è mostrato pronto a recepire le novità finanziarie e ha lasciato ampia libertà agli operatori di perseguire i propri scopi attraverso operazioni che hanno permesso al rischio complessivo del sistema finanziario di crescere esponenzialmente.
Alla vigilia dello scoppio della crisi l’euforia è all’apice: il mercato borsistico è ai livelli record e i profitti di banche e istituzioni finanziarie sono alle stelle. In una situazione simile si genera un vero e proprio boom economico che sfocia, come previsto da Minsky, in una veloce inversione di tendenza. In un sistema caratterizzato da eccessivo indebitamento e fragilità finanziaria, la mancata realizzazione delle aspettative può scatenare la crisi finanziaria.
I primi segni di cedimento si sono ravvisati quando i debitori americani a basso reddito, in particolare le famiglie, hanno incontrato difficoltà a rimborsare i mutui immobiliari. L’insolvenza dei mutui subprime negli Stati Uniti d’America è passata da meno del 5% del 2005 a quasi il 15% al momento dello scoppio della crisi fino a raggiungere quasi il 30% nel settembre del 2008. 46
In una visione minskiana il punto di inversione per la crisi del 2008 potrebbe essere individuato in corrispondenza dell’aumento del tasso di sconto dovuto alla volontà della Fed di bloccare l’ingente ricorso agli strumenti finanziari derivati. Gli effetti dell’aumento del tasso di sconto sono ricaduti sui tassi di interesse praticati dalle banche perché i mutui immobiliari erano per la maggior parte erogati con tassi variabili. Ciò ha comportato importanti ripercussioni sui
piccoli risparmiatori rendendo i finanziamenti più onerosi e complicando il pagamento delle rate dei mutui precedentemente contratti.
Le numerose insolvenze dei mutui hanno irrimediabilmente coinvolto anche il processo di cartolarizzazione: le società veicolo non incassavano più le entrate necessarie al pagamento dei CDOs, il cui valore di mercato crollava inesorabilmente e, di conseguenza, le banche non potevano più ricorrere alla cartolarizzazione per avere quella liquidità che serviva a fare nuovo credito. Fin da subito si è verificato un consistente aumento dello spread dei titoli incorporanti i mutui subprime, che rapidamente ha destato preoccupazioni per l’intero sistema finanziario provocando un aumento dello spread per tutti i tipi di titoli. Fin dall’inizio della crisi si sono verificate consistenti perdite su crediti, crolli nel valore di mercato dei principali istituti di credito e la caduta dei principali indici borsistici mondiali. Le aspettative ottimistiche avevano lasciato spazio ad un clima di sfiducia accompagnato da una forte avversione al rischio degli investitori.
Da ciò si deduce l’inefficacia della politica monetaria non soltanto durante la fase di boom economico ma anche lungo la fase di crisi del ciclo economico e la necessità di adottare fin da subito differenti soluzioni come, per esempio, un intervento pubblico destinato ad evitare la bancarotta degli istituti finanziari in difficoltà.
Il rapido crollo dei titoli rappresentativi i mutui immobiliari non ha impiegato troppo tempo a influenzare anche il mercato immobiliare nel suo complesso: in pochi mesi i prezzi delle case sono diminuiti di oltre il 30%. Inoltre, gli immobili pignorati venivano messi all’asta provocando un ulteriore ribasso nel prezzo.
Gli strumenti derivati voluti dagli istituti finanziari per scaricare il rischio di credito alla collettività si sono rivelati come la benzina sul fuoco della crisi finanziaria alimentandola su terreni molto pericolosi come l’economia reale. La
caduta del Prodotto Interno Lordo e l’aumento della disoccupazione rappresentano chiare conferme di questo processo, come lo è la figura 14 che mostra il crollo dei principali indicatori economici dei 37 paesi membri dell’OECD a partire dal 2008.
Dopo che la crisi ha varcato i confini del mondo finanziario e degli Stati Uniti d’America per toccare variabili economiche reali e le principali economie europee e asiatiche, la Fed , le banche centrali e i governi degli altri paesi 47
toccati dalla crisi si sono trovate costrette ad adottare interventi mirati al
Figura 14. I principali indicatori economici per i paesi membri
dell’OECD
Fonte: OECD Composite Leading Indicators (Main Economic Indicators)
salvataggio delle banche più colpite. Come abbiamo visto a inizio capitolo molti di questi salvataggi sono andati a buon fine riuscendo in qualche modo a far sopravvivere gli istituti di credito, mentre in alcuni casi, come per la Lehman Brothers, l’intervento si è rivelato tardivo e non è riuscito ad evitare 48
il fallimento.
L’anno 2009 ha poi visto una crisi economica generalizzata, pesanti recessioni e vertiginosi crolli di Pil in numerosi paesi del mondo e in special modo nel mondo occidentale. Anche in Europa la crisi generalizzata determinò un 49
aumento verticale della disoccupazione che compresse la capacità di spesa delle famiglie, favorì la propensione al risparmio, indebolendo la domanda aggregata. La contrazione del primo semestre del 2009 è stata considerata come la peggior recessione dal 1929.
Dopo aver brevemente analizzato la più grande crisi economica della storia moderna possiamo notare la portata quasi profetica dell’opera di Hyman Minsky. La capacità di descrivere in modo dettagliato l’andamento di una crisi di così grande entità decenni prima del suo avverarsi regala all’ipotesi di instabilità finanziaria un qualcosa di sorprendente. La leggerezza nei comportamenti dei vari operatori economici, l’abbassamento del costo del denaro e le agevoli condizioni di finanziamento, il clima di euforia che ha permesso al boom economico di alimentarsi e la mancanza di una regolamentazione completa sono soltanto alcune delle analogie che si possono facilmente ritrovare all’interno della crisi economica del 2008.
La società è ancora esistente, fino al completamento delle procedure di 48
bancarotta. Il fallimento della Lehman Brothers è da considerasi uno dei più grandi per l’intera economia mondiale registrando debiti bancari per 613 miliardi di dollari e debiti obbligazionari per 155 miliardi con ricavi negativi per 2,9 miliardi.
Fonte: Lehman Lists Debts Of $613 Billion In Chapter 11 Filing Monday, 15 settembre 2008
A.Delisa, Crisi economica del 2008 e suoi effetti. 2013, Nuova storia culturale 49
Volendo andare ancora più a fondo potremo arrivare a sostenere che il nostro economista, quasi paradossalmente, si sia rivelato fin troppo ottimista. La più grande differenza tra il suo scritto e la crisi del 2008 sembrerebbe essere l’aver sottovalutato la forza “distruttiva” della crisi. Probabilmente la recente recessione è andata oltre le aspettative di Minsky per la fase discendente del suo ciclo economico. Tuttavia, un piccolo richiamo ad un’eventuale profonda depressione, si può ricavare dall’introduzione dell’opera Potrebbe ripetersi? di Hyman Minsky: “Finora, gli interventi della Riserva Federale e delle altre autorità finanziarie, insieme con i disavanzi del Tesoro, sono riusciti a contenere e a controllare queste crisi; tuttavia nell’attuale struttura economica e finanziaria ciò conduce all’inflazione. Noi abbiamo oggi un sistema incline all’inflazione in cui le misure convenzionali per contenerla tendono a provocare un processo di deflazione da debiti che se non viene arrestato conduce a una profonda depressione.” 50
Una possibile motivazione alle tragiche conseguenze della crisi del 2008 sembra fornircela Minsky a qualche anno di distanza dalla formulazione dell’ipotesi di instabilità finanziaria del capitalismo. A fine secolo scorso il capitalismo, per sua naturale mutevole nelle caratteristiche, aveva visto tornare in posizione preminente la finanza rispetto al ruolo dei manager ponendo fine al cosiddetto ‘capitalismo manageriale’. Minsky si dimostrò uno dei primi a cogliere l’imminente cambiamento tanto da coniare il termine che tuttora si usa per definire questa nuova fase: Money Manager Capitalism. 51
H.Minsky. Potrebbe ripetersi? Einaudi, 1984, pp XX di Introduzione: la teoria delle 50
crisi finanziarie di H,Minsky
H.Minsky, The Capitalist Development of the Economy and the Structure of 51
La nuova forma di capitalismo che stava pian piano prendendo piede si mostrava sotto forma di fondi: i fondi pensione, istituzionali, assicurativi, e così via. La gestione di tali fondi era prerogativa degli investitori istituzionali, i money manager appunto, e l’obiettivo era quello di generare facili profitti a una maggiore velocità.
In questa nuova fase le banche e le imprese finanziarie acquisiscono sempre più favore a scapito delle imprese non finanziarie ed i fenomeni alla base di essa sono le operazioni di cartolarizzazione ed il ricorso agli strumenti finanziari derivati. L’attività bancaria stava vivendo il famoso passaggio dalla logica
originate to hold all’attuale originate to distribute, . Le imprese finanziarie , 52 53 perseguendo i propri scopi, acquisiscono il ruolo di sparring partner per le operazioni bancarie fungendo in alcuni casi da società veicolo.
Il nuovo contesto vede il consumo discendere sempre meno dal reddito e sempre più dalla rendita finanziaria e immobiliare e le banche possono aumentare sempre più il proprio rapporto di indebitamento sfruttando l’effetto leva. Il panorama finanziario appare, quindi, radicalmente cambiato.
Dalla formulazione dell’ipotesi di instabilità finanziaria di Minsky, quando i debitori dichiarano di non essere in grado di far fronte alle proprie passività, essi falliscono e coinvolgono le banche con cui avevano contratto crediti a condizioni troppo agevoli e con loro falliscono anche i pochi speculatori che volevano tentare la fortuna scommettendo sul rialzo del prezzo dei titoli.
In questo caso la banca originatrice dei prestiti erogati li mantiene in bilancio fino 52
alla scadenza, accantonando capitale regolamentare per far fronte all’eventualità della mancata restituzione.
In questo caso, sfruttando le tecniche per il trasferimento del rischio di credito, 53
dalla cartolarizzazione ai derivati creditizi, l’intermediario seleziona i debitori, ma poi trasferisce ad altri il prestito, recuperando la liquidità e il capitale regolamentare prima impegnati (cartolarizzazione) o il puro rischio di credito (derivati creditizi), con benefici sui requisiti patrimoniali.
Nel nuovo capitalismo, invece, alla dichiarazione di insolvenza dei debitori non consegue soltanto il fallimento dei mutuatari, dei mutuanti e degli occasionali speculatori, ma anche delle società veicolo emittenti i titoli rappresentativi dei