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La cultura organizzativa umanizzante

4.1 La cultura aziendale

4.1.2 La cultura organizzativa umanizzante

Abbastanza recenti, e non ancora molto diffusi gli studi circa l’importanza di una cultura organizzativa che rispetti il lavoratore in quanto persona, e che diffonda un’umanizzazione dei rapporti interpersonali. La organizational humanizing culture `e uno dei primi approcci ad una cultura organizzativa internamente etica, “umanizzante”. Teorizzata dalla scuola spagnola29, questo tipo di cultura non va a sostituirsi ai modelli gi`a esistenti, quanto semmai

ne aggiunge un ingrediente, quale quello etico.

Anzitutto, come possiamo definire una cultura organizzativa etico-umanizzante30? Essa

sar`a una cultura organizzativa appropriata agli esseri umani, il che implica avere a che fare con loro come si addice alla condizione umana; inoltre dovr`a essere tale da promuovere la realizzazione personale in coloro che vengono a contatto con questo tipo di cultura.

Possiamo poi delineare alcune caratteristiche31 che la cultura organizzativa dovrebbe

possedere per poter esser definita umanizzante:

1. il riconoscimento da parte dell’organizzazione della persona, il lavoratore, con: la

29Cfr ad esempio R. Alvira, Que es el humanismo empresarial?, in A. Llano, R. Alvira, T. Calleja, M.

Bastons e C. M. Esteruelas, El humanismo en la impresa, Rialp, Madrid, 1992. Ma soprattutto ai lavori di Dom`enec Mel´e , citati in seguito.

30Cfr D. Mel´e, Organizational humanizing culture: do they generate social capital?, in Journal of Business

Ethics, Jun2003, Part 2, Vol. 45 Issue 1/2, p. 4. “[...] firstly, an Organizational Humanizing Culture should be an organizational culture appropriate to human beings, which implies dealing with them as corresponds to the human condition. Secondly, and more important in my view, is that an OHC should be appropriate for fostering human fulfillment in those involved in it since make human could be interpreted as that.”

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sua32 dignit`a, i suoi diritti, l’unicit`a, la socievolezza e la capacit`a di crescita perso- nale. Se `e vero infatti che in un’organizzazione esisteranno persone politicamente o socialmente33 pi`u rilevanti per posizione, competenze, ecc... potremo parlare in questo caso di VIP (Very Important Person), ma in nessun modo una persona sar`a pi`u persona di un’altra. Ogni individuo con la propria esistenza presuppone un’ugua- glianza con gli altri34, ma al contempo egli `e qualcuno di unico, irripetibile: questa

sua unicit`a deve esser valorizzata ma soprattutto rispettata all’interno delle orga- nizzazioni. Ancora, la socievolezza `e una caratteristica propria dell’essere umano, “zoon politikon”35: se a ci`o si dedica il giusto riguardo, un clima collaborativo potr`a

probabilemnte giovare all’azienda. Infine Mel´e36 si sofferma sulla crescita personale a cui ogni individuo dovrebbe aspirare nel proprio lavoro. Nel prendere decisioni, l’in- dividuo (decision maker ) decide non solo che cosa fare ma anche che tipo di persona vuol essere: cos`ı potr`a divenire una persona eccellente (an excellent person), con alte qualit`a umane, o al contrario una persona pessima (awful person), con basse quali- t`a umane. L’organizzazione dovrebbe disincentivare l’assunzione e la formazione di quest’ultimo tipo di individui, se vorr`a giovare di un clima collaborativo e rispettoso della dignit`a umana.

2. il rispetto della persona e dei suoi diritti in quanto essere umano37. Ci`o significa per

32Nella traduzione italiana si perde la scrupolosit`a con cui ogni volta D. Mel´e specifica entrambe i generi:

in questo caso, ad esempio, “Recognition of the person in his or her dignity, rights, uniqueness, sociability and capacity for personal growth.”

33Nel senso di societ`a, sinonimo in questo caso di organizzazione.

34Anche se `e purtroppo indubbio che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo in alcuni contesti

rimanga a mero livello teorico, essa rappresenta il codice etico universale a cui tutt’oggi si fa riferimento. La Dichiarazione `e, come noto, un documento promosso dalle Nazioni Unite e sottoscritto a Parigi nel 1948. Utile la voce in Wikipedia per un quadro generale, e disponibile su Wikisource il testo integrale, in italiano o in lingua originale.

35Letteralmente “animale sociale”, cfr Aristotele, Politica 1253a.

36Aristotelico, il nostro Autore si sofferma sulla virt`u umana, acquisita prendendo “buone” decisioni e

agendo “bene”. Purtroppo si tratta solo di un accenno: Egli non si sofferma infatti a spiegarci che cosa intenda per bont`a. Rivolgendosi per`o ad un campo di etica applicata, quale quella organizzativa, sarebbe forse stato utile.

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un’organizzazione, ed i suoi componenti, anzitutto integrit`a: ognuno dovrebbe fare agli altri solamente ci`o che egli stesso non vorrebbe evitare38.

3. la cura e i servizi offerti alla persona39. Questa `e la parte applicativa del preceden- te punto: non basta infatti formalmente che l’organizzazione ed i suoi componenti riconoscano all’individuo dignit`a e doveroso rispetto. Si rende necessaria anche un’ef- fettiva cura e offerta di servizi per andare incontro ai bisogni della persona, alla sua necessit`a di crescia umana.

4. un management indirizzato al bene comune a discapito di un particolare interesse40.

Se `e vero che una persona ha dignit`a umama e diritti innati, essa non pu`o essere trattata come mero strumento di profitto. Ogni individuo sar`a portatore di parti- colari interessi, ma al contempo `e parte integrante di una comunit`a. Per conciliare dunque i due aspetti, il rispetto della dignit`a umana e l’appartenenza ad un gruppo, l’organizzazione deve porre a proprio obiettivo il raggiungimento dell’interesse e del bene comuni, cos`ı che non si far`a torto ad un singolo individuo e si preserver`a l’unit`a della comunit`a.

A conclusione di questo breve paragrafo va detto che la organizational humanizing culture in realt`a tralascia l’aspetto relazionale, di etica interpersonale tra i lavoratori, per soffermarsi pi`u sul ruolo che l’organizzazione nelle figure dei propri manager assume con i suoi dipendenti. Ci`o non toglie anzitutto che le regole di un organizational humanizing culture possano, anzi debbano, trasferirsi su un piano pi`u prettamente relazionale, essendo ampiamente modellabile a tale livello. Inoltre rimane uno dei pochi contributi di attenzione

38E chiaro qui il riferimento a Kant (si veda il paragrafo sulla storia dell’etica). Tra l’altro, `` e ben evidente in questa massima la correlazione tra etica interpersonale e, in caso di mancato rispetto della stessa, la possibile comparsa di comportamenti scorretti di un lavoratore nei confronti di un altro (il mobber vs il mobbizzato). Alle decine di definizioni date al mobbing appunto, potremmo aggiungere: “comportamento tenuto da un soggetto verso un altro individuo; comportamento che l’agente non vorrebbe fosse tenuto su se stesso”. Per un approfondimento sul mobbing, si veda l’ultimo capitolo del presente lavoro.

39“Care and service for persons around one.”

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all’aspetto pi`u individuale, di considerazione della “persona-lavoratore” e quindi tutt’altro che privo di spunti di riflessione.

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