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La definizione di unità ed indissolubilità

Tommaso Scandroglio

1. La definizione di unità ed indissolubilità

Al fine di rammentare per sommi capi l’identità di queste proprietà, ne

1 Cfr. MODESTINO, Digesta, XXIII, II,1: «nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et con- sortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio»; G. BONILINI, Il matrimonio:

la nozione, in G. BONILINI – G. CATTANEO (a cura di), Famiglia e matrimonio, Utet,

Torino, 1997, pp. 58-59: «La concezione romana di matrimonio [ ] ce lo mostra [ ] come situazione giuridica permanente, che risulta dalla convivenza di due persone di sesso diverso animata dalla volontà di essere marito e moglie. L’essenza del matrimonio, dunque, era pu- ramente ravvisata nella maritalis affectio come comportamento che rendeva distinguibile il matrimonio sia dalla mera unione temporanea, sia dal concubinato». Marito e moglie erano «soggetti, in definitiva, che miravano alla continuità, alla permanenza della vita in comune»; F. PASTORI, Gli istituti romanistici come storia e vita del diritto, Cisalpino, Bologna, 1994, p. 233: «il matrimonio è costituito da un elemento materiale, rappresentato dalla convivenza, e da un elemento psicologico, ossia la affectio maritalis che è la perdurante volontà dei coniugi di considerarsi marito e moglie»; EURIPIDE, Andromaca, vv. 177-179: «Non è infatti bello e giusto/ che gli uomini tengano ad una briglia due donne/ piuttosto guardino ad una sola Ci- pride nuziale»; F. COLAFEMMINA, Il matrimonio nella Grecia classica – Riti e tradizioni oltre

le mistificazioni contemporanee, per un’etica matrimoniale condivisa fra ellenismo e cristianesimo,

Edizioni Settecolori, Lamezia Terme (CZ), 2011, pp. 68-69: «le nozze per gli antichi non erano legalmente indissolubili. Eppure è insito nel rapporto monogamico fondato sull’amore e la generazione della prole, una tensione alla fusione spirituale fra le anime che, pur nella permanenza di episodi di prosaica banalità nell’affrontare il coniugio, doveva necessariamente condurre alla percezione religiosa della sacralità del vincolo matrimoniale. Un vincolo il cui scioglimento doveva essere motivato da ragioni di interesse, convenienza, vizio; deboli ragioni che certamente la morale antica non poteva che condannare». In sintesi potremmo concludere che secondo la cultura classica romana e greca il matrimonio possedeva una naturale tensione all’unità e indissolubilità che però, nella prassi, poteva essere legittimamente stornata da altri fattori, come ad esempio tra i romani, il venir meno dell’affectio maritalis.

diamo una sintetica definizione. L’unità consiste nell’unione di un solo uomo con una sola donna2, unione che investe la totalità della persona

nelle sue dimensioni affettive, psicologiche, relazionali, esistenziali, proget- tuali, etc. La poligamia, la poliandria, l’adulterio e l’infedeltà, ad esempio, contrastano con questa proprietà. Unità è quindi sinonimo di esclusività ed unicità. L’indissolubilità invece rende assoluto il vincolo che dura quin- di tutta la vita3: intrinsecamente non può essere sciolto da nessuna persona

o avvenimento (eccetto la morte) perché patto irrevocabile e definitivo4. Il

divorzio o le prove di convivenza, ad esempio, attentano a questa seconda proprietà.

E’ da ravvisare anche una reciprocità e inscindibilità di questi due elemen- ti: «tale unione non sarebbe piena se non fosse indissolubile»5;

queste due proprietà, pur formalmente distinte, sono in realtà strettamente connesse come due facce della stessa medaglia. L’indissolubilità non è in- fatti null’altro che la pienezza dell’unità, perché la capacità di essere marito e moglie si dispiega in tutta la sua pienezza e perfezione soltanto quando si

2 Cfr. CODICE DI DIRITTO CANONICO, can. 1056; CONCILIO VATICANO II, Gau-

dium et spes, 48; GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 13; Omelia del 15 novembre 1980, Colonia; Catechesi su Famiglia e Sacra Scrittura, 5 settembre 1979; PIO XI, Casti Con- nubii ; LEONE XIII, Arcanum divinae; TOMMASO D’AQUINO, Summa contra Gentiles,

III, c. 124; A. ROSMINI, Filosofia del diritto, Boniardi- Pogliani, Milano, 1858, Vol. II, pp. 383-403; L. CHIAPPETTA, Codice di diritto canonico, Edizioni Dehoniane, Roma, 1996, Vol. II, pp. 253-254; GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO CANONICO, Il

diritto nel mistero della Chiesa, Pontificia Università Lateranense, Roma, 2004, Vol. III, pp.

203-206; G. GHIRLANDA, Il diritto nella Chiesa, Edizioni San Paolo, Cinisello B.mo (MI) – Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 2006, pp. 361-362; G. FELICIANI, Le

basi del diritto canonico, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 137

3 Cfr. CODICE DI DIRITTO CANONICO, can. 1056; CONCILIO VATICANO II, Gau-

dium et spes, 48; GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 13, 22; Omelia del 15 novembre 1980, Colonia; Catechesi su Famiglia e Sacra Scrittura, 5 settembre 1979; PIO XI, Casti Con- nubii I; LEONE XIII, Arcanum divinae; TOMMASO D’AQUINO, Summa contra Gentiles,

III, c. 123; A. ROSMINI, Filosofia del diritto, op. cit., pp. 383-403; L. CHIAPPETTA, Codice

di diritto canonico, op. cit., pp. 253-254; GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO

CANONICO, Il diritto nel mistero della Chiesa, op. cit., pp. 204-206; G. GHIRLANDA, Il

diritto nella Chiesa, op. cit., pp. 361-362; G. FELICIANI, Le basi del diritto canonico, op. cit.,

p. 137; J.M.I. LANGLOIS, La dottrina sociale della Chiesa, Ares, Milano, 1989, pp. 51-52; G. SAMEK LODOVICI, Famiglia e divorzio: se non è per sempre non è matrimonio, in AA.VV.,

Famiglia e vita, Gribaudi, Milano, 2006; Matrimonio e divorzio, in T. SCANDROGLIO (a

cura di), Questioni di vita & di morte, Ares, Milano, 2009, pp. 104-108; P. CASILLO, Indis-

solubilità e non divorzio, Casa Mariana Maria SS del Buon Consiglio, Frigento (AV), 1989

4 Secondo l’interpretazione dottrinale e quindi canonica, il vincolo di coniugio può essere sciol- to solo estrinsecamente, cioè per dispensa del Romano Pontefice (can. 1142), per privilegio paolino (cann. 1143-1147) e per privilegio petrino (cann. 1148-1149)

5 A. ROSMINI, Filosofia del diritto, op. cit, p. 383. Nelle pagine seguenti di quest’opera di Rosmini si mettono in evidenza anche altri motivi di ordine naturale e soprannaturale per spiegare l’inscindibilità delle due proprietà

orienta e si dispiega in rapporto ad una sola donna o ad un solo uomo, in modo tale che esclusivamente la morte ponga limite a tale capacità6.

La sintesi di queste due proprietà si trova nella celebre definizione attribui- ta a Modestino che si riferisce al matrimonio come «consortium omnis vi- tae», dove il «consortium» indica la proprietà dell’unità e il genitivo «omnis vitae» rimanda all’indissolubilità7.