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I Sanjust sono la più antica famiglia cagliaritana di origini catalane; essi vanno annoverati tra le tante dinastie nobiliari catalane che appoggiarono militarmente e finanziariamente la Corona d’Aragona nelle spedizioni di conquista del Regno di Sardegna nel XIV secolo136, mettendo poi radici nell’isola dato che ricevettero dal re, come ricompensa dell’aiuto offerto, vasti feudi. La famiglia iniziò, lentamente e progressivamente, ad allargare la propria influenza nell’isola e i suoi rappresentanti continuarono anche nei secoli successivi non solo ad amministrare i feudi e a svolgere proficue attività economiche, ma anche a ricoprire dei ruoli importanti nell’ambito della burocrazia, dell’esercito e del clero. I Sanjust sono l’unica famiglia, tra quelle che seguirono l’infante Alfonso, la cui discendenza sia giunta fino ai giorni nostri. Attraverso lo studio delle fonti documentarie, è stato possibile ricostruire la storia di questo casato e conoscere il ruolo ricoperto dai Sanjust nell’ambito della storia della nostra isola.

2.1 Le origini

Come per tutte le famiglie di origine catalana, mentre è facile la ricostruzione dell’albero genealogico da quando vengono messe le radici in Sardegna, il discorso diventa più difficile quando si deve risalire al capostipite del ramo originario. Gli storici si trovano tutti concordi sulla primitiva origine di questa illustre famiglia, facendola discendere dalla Catalogna137: in questa regione diversi Sanjust furono noti, come cavalieri e membri di Ordini militari, fin dal secolo XII; le notizie però sono vaghe e non storicamente accertate, mutuate da fonti bibliografiche che non hanno trovato reale corrispondenza nei documenti degli archivi di Barcellona. Joaquim Miret y Sans, nella sua monografia sulla presenza dei Templari in Catalogna138, fa risalire l’esistenza dei Sanjust alla fine del XII secolo, con un Arnaldo e un Pietro, Cavalieri dell’Ordine dei Templari, residenti in

136 Per la conquista dell’isola cfr.:

J. MIRET Y SANS, Itinerario del rey Alfonso III de Cataluña, IV de Aragón. El conquistador de Cerdeña, in “Boletín de la Real Academia de Buenas letras de Barcelona”, V, año IX, num. 34,

Barcelona, 1909; A. ARRIBAS PALAU, La conquista de Cerdeña por Jaime de Aragòn, Barcelona, 1952; V. SALAVERT I

ROCA, Cerdeña y la expansión mediterranea de la Corona de Aragón, Madrid, Consejo Superior de Investigacions

Científicas, 1956; G. MELONI, L'Italia medioevale nella Cronaca di Pietro IV d'Aragona, Cagliari, Edizioni della Torre,

1980; M.E. CADEDDU, Giacomo II d’Aragona e la conquista del Regno di Sardegna, in “Medioevo. Saggi e Rassegne”,

XX, Pisa 1995, pp. 251-268; F.C. CASULA, L’età dei catalano-aragonesi e degli Arborea, in “La Sardegna.

Enciclopedia”, Cagliari, Edizioni della Torre, 1994, vol. I, pp. 37-49; ID., “Il "Regnum Sardiniae et Corsicae"

nell'espansione mediterranea della Corona d'Aragona. Aspetti politici”, in Atti del XIV Congresso di storia della Corona d'Aragona sul tema La Corona d'Aragona in Italia, secc. 13.-18, Sassari-Alghero, 19-24 maggio 1990, I, pp.

39-50, Sassari , C. Delfino, 1993; V. SALAVERT I ROCA, Jaime II de Aragon y Ugone II de Arborea y la conquista de

Cerdena, in “Il regnum Sardiniae et Corsicae nell'espansione mediterranea della Corona d'Aragona”, Sassari, C.

Delfino, 1995, pp. 757-780; R. CONDE Y DELGADO DE MOLINA, Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, Sassari

2005; J.M. DE ESTAL, Itinerario de Jaime II de Aragón (1291-1337), Institución Fernando El Católico, Zaragoza 2009.

137

LODDO CANEPA, Origen del cavallerato y de la nobleza, cit., p. 269; GRAMUNT, Los linajes catalanes en Cerdeña,

cit., pp. 143-144; DEMURTAS, Le nobili famiglie cagliaritane, cit.; FLORIS – SERRA, Storia della nobiltà in Sardegna, cit.,

p. 315; FLORIS, Feudi e Feudatari di Sardegna, cit., p. 409; TOLA GRIXONI, Genealogia e notizie sulla famiglia Sanjust,

cit.; F. AMAT, Grandi conquistatori, cit.; LOSTIA, I Sanjust, cit., in www.araldicasardegna.it.

138

37 Catalogna. Secondo Francesco Floris, Pietro Sanjust, Cavaliere dei Templari, fu Commendatore del Tempio di Maiorca nel 1301; dopo lo scioglimento dell’Ordine nel 1307, i suoi discendenti continuarono a risiedere a Maiorca dove Nicola Sanjust, nipote di Pietro, divenne tesoriere di Sancio, re di Maiorca139.

Nicola Sanjust, rappresenta l’anello di congiuntura tra le fonti documentarie non accertate e quelle accertate, dato che abbiamo ritrovato nella documentazione esaminata prove della sua esistenza. Inoltre lo stesso Nicola è il primo Sanjust che venne in Sardegna, addirittura al tempo della conquista (1323); è quindi probabile, ma non storicamente accertato, che i Sanjust in Sardegna discendano da lui.

2.2 La famiglia Sanjust nei secoli XIV e XV

Il rapporto tra la Sardegna e la Corona d’Aragona140 nacque nell’ambito della Guerra del Vespro, scoppiata nel 1282 in seguito alla ribellione dei Siciliani contro gli Angioini, loro dominatori e capi del partito guelfo in Italia141. I primi offrirono la loro isola a Pietro III d’Aragona142 e questi la occupò. La casa Aragonese passava in tal modo dalla parte dei Ghibellini e destava l’attenzione e le preoccupazioni del pontefice. Quindi per risolvere la guerra, Bonifacio VIII vide nella Sardegna una pedina preziosa nelle sue mani: nel 1296 nominò Giacomo II143 d’Aragona Grande Ammiraglio della Chiesa, staccandolo così dai Ghibellini, e l’anno seguente gli concesse l’investitura del Regno di Sardegna e Corsica, in cambio della rinuncia alla Sicilia144. Il re decise di non intervenire subito militarmente nell’isola perché impegnato in altre guerre e faccende di politica estera ed interna ed inoltre perché la conquista non si presentava troppo facile: gran parte del territorio isolano era sotto il controllo diretto del Comune di Pisa; alcune aree erano sotto

139

FLORIS, Feudi e Feudatari di Sardegna, cit., p. 409.

140

Per gli aspetti generali sulla Sardegna catalano – aragonese cfr.: A. BOSCOLO, Medioevo aragonese, Padova Cedam

1958; B. ANATRA, La Sardegna dall'unificazione aragonese ai Savoia in “La Sardegna medioevale e moderna”, pp. 1-

174, Torino, Utet, 1987; L. D’ARIENZO, Quando la Sardegna fu aragonese 1323-1479, in “Almanacco di Cagliari”

1987; R. CONDE Y DELGADO DE MOLINA, La Sardegna aragonese, in Storia dei Sardi e della Sardegna, II, pp. 273-320,

Milano, Jaka Book 1988. F.C. CASULA, Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese, Cagliari 1982; ID., La

Sardegna aragonese, 2 voll., Chiarella Sassari 1990; B. ANATRA, La Sardegna aragonese: istituzioni e società, in Storia della Sardegna, vol. 3. Dal 1350 al 1700, a cura di M. Brigaglia, A. Mastino, G.G. Ortu, ed. Laterza, 2002, pp. 1- 25.

141

Sulla Guerra del Vespro cfr. XI Congresso di storia della Corona d'Aragona, Palermo-Trapani-Erice, 25-30 aprile 1982, sul tema: La società mediterranea all'epoca del Vespro, Palermo, Accademia di scienze, lettere e arti, 1983-1984, 4 v.

142

F. SOLDEVILA, Jaime I. Pere el Gran, Barcelona, 1955.

143

J. E. MARTINEZ FERRANDO, Jaime II de Aragón, su vida familiar, Barcelona, Consejo Superior de Investigaciones

Científicas. Escuela de Estudios Medievales. Sección de Barcelona, 1948, 2 v.; ID., Jaume II o El seny catalá Alfons el

Benigne, Barcelona, Aedos, 1956; ID., Els descendentes de Pere el Gran, Barcelona, 1954.

144

E. DUPRE THESEIDER, Come Bonifacio VIII infeudò a Giacomo II il Regno di Sardegna e Corsica, in “Atti del IV Congresso internazionale di Studi sardi”, Centro internazionale studi sardi, Cagliari 1957, pp. 89-103; S. FODALE, Il regno di Sardegna e Corsica feudo della Chiesa di Roma (dalle origini al XIV secolo) in AA.VV., Genova, Pisa e il Mediterraneo tra Due e Trecento, Genova 1984; P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardinie, cit., tomo I, doc. CXXXVIII, p. 456.

38 l’influenza della famiglia genovese di Doria e poi vi era l’ancora indipendente giudicato d’Arborea145. Frattanto, Pisa si occupò di rafforzare militarmente i propri domini, fortificando i Castelli di Iglesias e Cagliari e di incrementarli, sconfinando nell’Arborea. Giacomo II, venuto a conoscenza di questi avvenimenti, decise di dare inizio alla conquista dell’isola ed affidò la direzione delle operazioni al figlio, l’Infante Alfonso che intraprese la sua affermazione nel Mare

Nostrum siglando in toto la conquista del Regno di Sardegna e Corsica, iniziata nel 1323 e

conclusasi circa cent’anni più tardi con la fine della secolare guerra tra la Corona d’Aragona e il giudicato di Arborea. Alfonso nel 1323 sbarcò a Palma di Sulcis (nella costa sud-occidentale) e nel giro di pochi mesi espugnò Villa di Chiesa146, battè i Pisani in battaglia campale presso Cagliari, costringendoli alla resa nel 1324 e strinse patti di alleanza e vassallaggio con l’Arborea, il Comune di Sassari, i Doria ed i Malaspina147. Frattanto la sconfitta pisana di Lutocisterna e la pace del 19 giugno 1324 tra i due belligeranti avevano segnato l’estromissione del comune toscano dal controllo degli ex giudicati di Cagliari e Gallura e l’ingresso dell’isola in quella confederazione di regni nota come Corona d’Aragona. In base al trattato sottoscritto a Bonaria i pisani si impegnavano a cedere ai catalano-aragonesi tutti i loro possedimenti sardi, ricevendo in feudo il Castello di Cagliari con le sue appendici di Stampace e Villanova, gli orti, il porto e l’attuale stagno di Santa Gilla, oltre ad una rendita annuale sui proventi delle saline148. Terminata la guerra, l'armata si sciolse e Giacomo d'Aragona si accorse che per tenere ciò che aveva conquistato, data la rissossità degli alleati che lo avevano aiutato, e la tendenza degli indigeni alla ribellione, avrebbe avuto bisogno di un vasto esercito di occupazione. Il che, per i tempi, era impensabile ed eccessivamente oneroso. L'unico modo che gli rimase fu di trattenere coloro che avevano partecipato alla spedizione ricorrendo alle concessioni feudali: la Corona pertanto iniziò a concedere feudi a titolo di ricompensa ad alcuni nobili, cavalieri e altri personaggi di vario rango provenienti da Catalogna, Aragona, Valenza e Maiorca che avevano seguito l’infante Alfonso nella vittoriosa spedizione149. Le esigenze dettate

145

ANATRA, La Sardegna dall'unificazione aragonese ai Savoia, cit., pp. 5-12. 146

ANGIUS – CASALIS, Dizionario geografico, cit., pp. 322-450; TERROSU ASOLE, La nascita di abitati in Sardegna, cit., p. 61.

147 Ibidem

148

F. C. CASULA, I trattati diplomatici sardo-aragonesi del 1323-1326, in Luisa D’ARIENZO (ed.), Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra medioevo ed età moderna. Studi storici in memoria di Alberto Boscolo, Bulzoni Editore,

Roma 1993, vol. I, pp. 209-211; ID. Dizionario storico sardo, Carlo Delfino editore, Sassari, 2001, s.v. «trattato», pp.

1084-1087.

149 Il feudalesimo sardo è stato studiato a partire dalla seconda metà dell’Ottocento da Vittorio Angius, nelle voci

riguardanti la Sardegna del Dizionario di Goffredo Casalis: voci in cui si possono trovare alcuni diplomi di infeudazione e le successioni delle famiglie titolari dei feudi. Sarà solo negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo che si approfondirà questo tema, attraverso le opere di storici del diritto, in cui si analizzano gli aspetti istituzionali generali che differenziano il caso sardo rispetto a quello catalano, italiano e franco. Più recentemente maggiore attenzione alla storia dei feudi hanno prestato alcuni comuni della Sardegna, attraverso il progetto “Titulos”, che «ha come obiettivo fondamentale quello di ricostruire i diversi modelli di organizzazione feudale isolana, con particolare riferimento alle trasformazioni che tale istituzione ha prodotto sul territorio, sull'assetto urbano e su quello sociale, anche in rapporto a

realtà similari sviluppatesi in area mediterranea». Cfr. G. CASALIS, Dizionario Geografico-Storico-Statistico-

39 dalla recente e instabile conquista, tra tutte la ricordata necessità regia di avere a disposizione un adeguato numero di uomini pronti alle armi, imposero che le suddette concessioni fossero fatte secondo le rigorose modalità del costume italico (iuxta morem Italiae, secundum morem Italiae,

more Italiae o more Italico) in base al quale il feudatario era vincolato al sovrano da un giuramento

di obbedienza e fedeltà (omaggio) e tenuto ad assolvere i gravosi obblighi del servizio militare e/o del censo annuo e delle contribuzioni straordinarie in caso di guerre, incoronazioni, matrimoni. La norma voleva che il feudatario fornisse a sue spese (ad sumptus proprios) il servizio di uno o piu cavalli armati per tre mesi all’anno a seconda delle rendite complessive del feudo150. Il feudo così concesso non poteva essere liberamente alienato ed era trasmissibile soltanto ai discendenti diretti per linea maschile. Ne erano esclusi collaterali e femmine, essendo il possesso fondiario strettamente connesso, almeno in origine, con la qualità di guerriero (miles)151. Vigeva inoltre l’obbligo della residenza continuativa in esso, obbligo dal quale si poteva essere esentati solo con speciale dispensa. Le facoltà giurisdizionali del feudatario appaiono, in questa fase di esordio del sistema, fortemente limitate dal momento che l’infante, in cinque casi su sette, riservò per sé il cosiddetto mero e misto imperio (cioè la piena giurisdizione nel civile e nel criminale) nel limite dei territori infeudati. Solo in un secondo tempo, col progressivo stabilizzarsi della conquista, divenne usuale la concessione del misto imperio, il potere cioè di amministrare la giustizia con giurisdizione alta e bassa nelle cause civili e ristretta alla bassa in quelle criminali, senza la possibilità quindi di comminare pene corporali e capitali che rimanevano prerogativa del re152.

A partire dal 1322, proprio nel periodo in cui Giacomo II preparava la spedizione destinata a conquistare la Sardegna, i documenti attestano la figura di Nicola Sanjust, tesoriere di Sancio, re di Maiorca153, e ambasciatore presso il re d’Aragona. Vediamo come facesse da tramite tra le due corti, quella aragonese e quella maiorchina, nelle trattative per il finanziamento della spedizione154; o ancora gli venissero consegnate delle lettere segrete riguardanti sempre la spedizione da recapitare

Torino 1833-1856; U. G. MONDOLFO, Il regime giuridico del feudo in Sardegna, Direzione dell'Archivio giuridico, Pisa,

1905; A. SOLMI, Sulla origine e sulla natura del feudo in Sardegna, in “Rivista italiana di sociologia”, vol. X (1906),

fasc.1; F. LODDO CANEPA, Ricerche e osservazioni sul feudalesimo sardo dalla dominazione aragonese, in “Archivio

storico sardo”, VI, Cagliari 1910, pp. 49-60; ID., Ricerche e osservazioni sul feudalesimo sardo dalla dominazione

aragonese, in “Archivio storico sardo”, XI, Cagliari 1915, pp. 1-30; ID., Ricerche e osservazioni sul feudalesimo sardo dalla dominazione aragonese, in “Archivio storico sardo”, XIII, Cagliari 1921, pp. 141-160; ID., Ricerche e osservazioni sul feudalesimo sardo dalla dominazione aragonese, in “Archivio storico sardo”, XIV, Cagliari 1922, pp.

323-369; ID., Ricerche e osservazioni sul feudalesimo sardo dalla dominazione aragonese, in “Archivio storico sardo”,

XV, Cagliari 1924, pp. 83-111 e 134-206; ID., Il feudalesimo e le condizioni generali della Sardegna, in “Archivio

storico sardo”, vol. XVI, Cagliari 1924, pp. 83-111 e 134-206; www.titulos.it.

150

FLORIS, Feudi e feudatari in Sardegna, cit., p. 36 e ss.

151

C. MISTRUZZI DI FRISINGA, La successione nobiliare femminile in Italia, in “Hidalguia”, VI, 28, mayo-junio 1958, p. 532.

152

F. LODDO CANEPA, Rapporti fra feudatari e vassalli in Sardegna, in “Fra il passato e l’avvenire. Saggi storici sull’agricoltura sarda in onore di Antonio Segni”, Cedam, Padova, 1965, p. 275 e ss.

153

J. E. MARTÍNEZ FERRANDO, La tragica storia dei re di Maiorca, Cagliari, Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto sui rapporti italo-iberici, 1993.

40 all’allora giudice d’Arborea, Ugone II155. Per i suoi servizi nel 1326 fu remunerato dal re Giacomo II d’Aragona con la concessione in enfiteusi perpetua, secondo il mos Italiae, di una rendita di 2000 alfonsini su un hospicium nel Castello di Cagliari156. Nel 1327 questa rendita verrà sostituita da un’altra di pari entità sullo stagno e le saline di Settepalme157, vicino alla città di Sassari158. L’anno dopo il re d’Aragona Alfonso IV159, per compensare l’inutile rendita sullo stagno di Settepalme, concedette sempre in enfiteusi perpetua, secondo il mos Italiae, a Nicholaus de Sancto Justo, suo consigliere, 2000 alfonsini di rendita sulle entrate dello stagno di Cagliari160. Negli anni successivi Alfonso IV si trovó costretto a redarguire Pietro de Libiano161, amministratore generale di Sardegna allora in carica, per l’inadempienza nel pagamento al Sanjust di ciò che gli spettava in base alla suddetta donazione regia162. In un documento del 1336 troviamo nuovamente citato Nicola che, con l’ascesa al trono del nuovo sovrano aragonese, Pietro IV163, vide riconfermata la sua rendita di 2000 alfonsini sulle entrate dello stagno di Cagliari164. Nicola è quindi il primo Sanjust che venne in Sardegna; è dunque probabile che i Sanjust discendano da lui.

Contemporaneo a Nicola troviamo citato Arnaldo Sanjust in un documento del 1332, in base al quale, per ordine di Alfonso IV, doveva essere remunerato per il servizio che prestava alla corte aragonese165. Non avendo rintracciato questa figura in altre fonti documentarie, non è possibile accertare una parantela tra Arnaldo e Nicola anche se è nostra opinione che dovette esistere un legame familiare fra i due. Con sicurezza invece possiamo dire che l’Andrea Sanjust che nel 1337 prestó atto di fedeltà a Pietro IV d’Aragona era figlio di Nicola e che, per tale motivo, gli venne riconfermata la rendita, che era stata di suo padre, di 2000 alfonsini sulle entrate dello stagno di Cagliari166. La documentazione successiva ci porta direttamente alla metà del ‘300, attestando la presenza nell’isola di un Guglielmo Sanjust, citato dapprima come beneficiario di una rendita sulle

155 Appendice documentaria, n. VIII;

V. SALAVERT Y ROCA, Jaime II de Aragon y Ugone II de Arborea y la conquista de Cerdena, in “Il regnum Sardiniae et Corsicae nell'espansione mediterranea della Corona d'Aragona”, Sassari, C.

Delfino, 1995, pp. 757-780; R. CONDE Y DELGADO DE MOLINA, Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, Sassari

2005.

156 Appendice documentaria, n. XVI, XVII.

157 Settepalme è un antico villaggio, oggi non più esistente: faceva parte del comune di Sassari e si è spopolato a causa

delle operazioni militari che riguardarono la famiglia Doria nel XIV sec. Cfr.: A. TERROSU ASOLE, L’insediamento

umano medievale e i centri abbandonati tra il secolo XIV e il secolo XVII, in Atlante della Sardegna II, supplemento,

Roma Edizioni Kappa 1974, p. 46; ID., La nascita di abitati in Sardegna dall’Alto Medioevo ai nostri giorni, in Atlante

della Sardegna II, supplemento, Roma Edizioni Kappa 1979, p. 34. 158

Appendice documentaria, n. XIX, XX.

159

J. E. MARTÍNEZ FERRANDO, Jaume II o El seny catalá Alfons el Benigne, Barcelona, Aedos, 1956; ID., Els descendentes de Pere el Gran, Barcelona, 1954.

160 Appendice documentaria, n. XXIII, XXIV.

161

M.B. URBAN, L'istituto del veguer e l'amministrazione della città di Cagliari. Alcune note preliminari, in “El món urbà a la Corona d’Aragó. XVI Congrés d’Historia de la Corona d’Aragó, (Barcelona-Lleida 7-12 setembre 2000), Actes”, vol. III, Barcelona 2003, pp. 1024-1026.

162 Appendice documentaria, n. XXV, XXVI, XXVII.

163

R. TASIS, La vida del rei en Pere III, Barcelona, 1954; ID., Pere el Cerimonios i els seus fills, Barcelona, Teide, 1957.

164 Appendice documentaria, n. XXXII.

165 Appendice documentaria, n. XXVIII.

41 ville di Mores167 e Genano168, in cambio della prestazione del servizio armato alla corte aragonese169, e poi nelle vesti di ambasciatore del re d’Aragona nelle trattative in corso tra Matteo Doria, signore di Castelgenovese170 e Pietro IV171. Contemporanei a Guglielmo risultano Pietro e

Ughetto Sanjust: al primo, nel 1353, Bernat de Cabrera, capitano generale degli eserciti del re

Pietro IV d’Aragona e suo luogotenente in Sardegna, concesse 100 libbre di alfonsini, sotto il patto di prendere dimora ad Alghero per due anni172, al secondo invece affidó l’ufficio di capitano di Villa di Chiesa173. Lo stesso Ughetto, con una carta del 18 agosto 1355 andata perduta, riceverà in feudo, secondo il mos Italiae, il feudo di Villagreca174. Il 28 luglio 1389 lo stesso re Pietro ne fece redigere una copia, che è quella risultante negli archivi175. Ughetto è anche il primo Sanjust di cui si ha menzione nelle fonti sarde: nel 1355 si trova nella lista dei feudatari riportata dal Fara176. Nel 1376 riceverà un salario come remunerazione del servizio che svolge come castellano nel Castello di San Michele177, sito nel Capo di Cagliari.

Le fortune della famiglia si consolidano nel XV secolo: con i feudi acquisiti o ricevuti, si pongono sul piano di una delle più facoltose famiglie del sud della Sardegna. Agli inizi del Quattrocento la geografia feudale della Sardegna appare divisa secondo tre grandi linee. La prima, quella della nuova dinastia arborense che occupa la parte occidentale dell’ex grande giudicato. La seconda, del visconte di Narbona, che occupa tre quarti del Logudoro e che si spinge fino alle pendici settentrionali della Barbagia del Giudicato d’Arborea. Il terzo, quello catalano, dell’ex Giudicato di Cagliari, dove predominano i territori del conte di Quirra. Nel periodo del regno di Alfonso il Magnanimo178, il feudalesimo si configura come la struttura portante dell’organizzazione politico- amministrativa del regno di Sardegna, funzionale alla completa sottomissione di un’isola che vedeva ancora persistere alcune sacche di resistenza. Punto nodale del programma politico del re fu,

167 Mores è un comune della provincia di Sassari (SS) ed è sito nel cuore del Logudoro, vasto territorio della Sardegna

centro settentrionale. Cfr. V. ANGIUS – G. CASALIS, Dizionario geografico storico- statistico-commerciale degli Stati di

S.M. il Re di Sardegna, I-XXVI,Torino, 1833-1854, voce Mores, XI, pp. 376-389.

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