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La formula di Noether

Nel documento Divisori su curve singolari (pagine 57-82)

3.2 Connessione numerica e Dévissage

4.1.1 La formula di Noether

Lemma 4.1.1. Sia W una varietà algebrica, F un fascio invertibile su W e G un fascio libero da torsione su W tali che per ogni fascio invertibile L su W , Hom(L , F ) ∼=Hom(L , G ), allora F ∼=G .

Dimostrazione. Supponiamo che W sia connessa. Allora Hom(F , F ) ∼= k ed esiste un omomorfismo non banale a : F → G che è iniettivo poiché G è libero da torsione. Quindi, se K = coker(a), abbiamo, a meno di tensorizzare con OW(n), la successione esatta

0 −→F (n) −→ G (n) −→ K (n) −→ 0.

Inoltre, per n abbastanza grande Hi(W,F (n)) = 0 per i ≥ 1 e H0(G (n)) ∼=

H0(F (n)) per ipotesi dato che H0(F (n)) = Hom(OW(−n),F ). Allora

H0(K (n)) = 0 per n grande abbastanza, da cui K = 0 e F ∼=G .

Se W non fosse connessa, sarebbe sufficiente provare che se Y è una componente connessa le ipotesi del lemma sono vere anche per Y, F |Y e

G |Y. Ma per ogni fascio invertibile L0 su Y , sia L il fascio su W che sia

uguale a L0 su Y e a O

W(n)su W r Y . Allora per n grande abbastanza

Hom(L0,F |

Y) ∼=Hom(L , F )

e analogamente per G .

Il conduttore di un morfismo finito tra curve di Gorenstein permette di realizzare un importante isomorfismo che lega i fasci dualizzanti delle due curve.

Proposizione 4.1.2 (Formula di Noether).

Sia π : D −→ C un morfismo finito fra curve di Gorenstein ridotte e connesse. Allora

ωD ∼= π∗(ωC) ⊗ ˜c,

dove ˜c = π∗(c) è il conduttore di π visto come fascio di ideali su C.

Dimostrazione. Per il Lemma 4.1.1 è sufficiente provare che per ogni fascio invertibile L su C,

Hom(L , ωD) ∼=Hom(L , π∗(ωC) ⊗ ˜c).

Prendendo gli spazi duali, il termine a sinistra è H1(D,L ) mentre quello di

destra è

H0(D, HomOD(L , π

C) ⊗ ˜c))0.

Essendo la mappa π finita, H1(C,L ) = H1(C, π

∗L ) ∼= Hom(π∗L , ωC)∨,

per cui basta provare che π∗(HomOD(L , π

(ωC) ⊗ ˜c)) ∼= HomOC(π∗L , ωC).

Questa uguaglianza è di natura locale e segue dal fatto che, in un insieme finito di punti dove π non è un isomorfismo, il conduttore c = π∗˜c coincide

con HomOC(π∗OD, OC)per definizione.

4.1.2 Conduttore e fascio dualizzante

Assumiamo ora che C sia una curva di Gorenstein ridotta e connessa e che D = ˜C sia la normalizzazione di C. Per quanto visto nella prima sezione del secondo capitolo abbiamo la successione esatta

dove π∗OC˜/OC =PP ∈SO˜C,P/OC,P è il fascio concentrato sui punti singo-

lari S. Applicando il funtore HomOC(·, OC), dalla successione esatta lunga

degli Ext, si ottiene la successione esatta

0 −→ c −→ OC −→ ExtO1c(π∗OC˜/OC, OC) −→ Ext 1

OC(π∗OC˜, OC) −→ 0.

Definiamo il fascio quoziente M = OC/c e sia mP =length(MP) per ogni

punto P ∈ C.

Lemma 4.1.3. Sia C una curva di Gorenstein ridotta e connessa e sia π : ˜C −→ C la normalizzazione di C. Allora

1. c∨ = π ∗OC˜;

2. π∗OC˜/OC ∼= Ext1(M, OC).

Dimostrazione. Per ogni fascio di ideali I ⊂ OC di colunghezza finita, I

contiene un elemento f che non è uno divisore degli zeri. Allora I∨ ⊂ k P,

dove kP è l’anello delle frazioni di OC,P: infatti, se ψ ∈ I∨ e h ∈ I , allora

ψ(h)f = ψ(hf ) = hψ(f ), quindi ψ(h) = h(ψ(f )

f )e possiamo scrivere ψ = ψ(f )

f ∈ kP.

Supponiamo ora che ψ ∈ c∨. Dato che c è un fascio di ideali in π

∗OC˜, per

ogni g ∈ π∗OC˜ e per ogni f ∈ c abbiamo che ψ(fg) ∈ OC e allora ψ(f) ∈ c.

Quindi ψ(c) ⊂ c e ψ è regolare su ˜C e il punto (1) è verificato. Per il punto (2), la successione esatta che definisce il fascio M

0 −→ c −→ OC −→ M −→ 0

induce la successione esatta lunga degli Ext 0 = HomOC(M, OC) −→ OC −→ c

−→ Ext1

OC(M, OC) −→ 0

che per il Lemma dei 5 applicato al diagramma commutativo

0 OC c∨ ExtO1C(M, OC) 0

0 OC π∗OC˜ π∗

OC˜

OC 0

Per una curva C ridotta e connessa vi sono diverse condizioni equivalenti per l’invertibilità del fascio dualizzante ωC in un punto P .

Teorema 4.1.4. Sia C una curva ridotta e connessa, allora ωC è inverti- bile in un punto P ∈ C se e solo se le seguenti condizioni equivalenti sono soddisfatte:

1. Ext1

OC(π∗OC˜, OC) = 0;

2. δP = dim(π∗(OC˜)/OC)P = mP;

3. per ogni fascio coerente F con supporto P , length(Ext1

OC(F , OC)) =length(F ).

Inoltre, se P è punto singolare 1 ≤ mP ≤ δP.

Dimostrazione. Una lunga trattazione sul fascio dei differenziali su una curva algebrica, [Ser12] pagg. 76-80, dimostra che i punti (1) e (2) implicano che il fascio dualizzante ωC sia invertibile in P e che mP ≤ δP.

Proviamo quindi che se ωC è invertibile in P vale il punto (3) e che (3)

ha come conseguenza i punti (1) e (2).

Se ωC è invertibile in P , allora ExtO1C(F , OC) ∼= Ext

1

OC(F , ωC), quindi

per il Teorema 2.2.9 di dualità per curve di Gorenstein, la sua lunghezza è h0(ExtO1C(F , ωC)) =Ext

1

OC(F , ωC) = h

0(C,F ).

Se invece supponiamo che valga (3), dalla successione esatta vista prece- dentemente

0 −→ c −→ OC −→ ExtO1c(π∗OC˜/OC, OC) −→ Ext 1

OC(π∗OC˜, OC) −→ 0,

per il Lemma 4.1.3 abbiamo che

δP = mP e ExtO1C(π∗OC˜, OC) = 0.

Siano ˜C1, . . . , ˜Ck le componenti connesse di ˜C, allora dalla successione

esatta lunga in coomologia indotta da

sappiamo che (k − 1) ≤ δ, pa(C) = k X h=1 pa( ˜Ch) + (δ − k + 1). (4.1)

In realtà, se C0 è l’unione disgiunta delle componenti irriducibili C

i di C, si

ottiene una successione esatta analoga a quella per la normalizzazione di C, 0 −→ OC −→ π∗OC0 = ⊕ki=1OC

i −→ π∗OC0/OC = ∆

0−→ 0. (4.2)

Possiamo così associare a C un grafo, detto grafo associato, nel seguente modo: prendiamo un segmento si per ogni componente Ci e marchiamo un

punto piper ogni punto singolare P di C che sta nella componente Ci. Infine,

se due componenti Ci e Cj si incontrano in un punto P , identifichiamo pi

con pj.

Proposizione 4.1.5. Sia C una curva connessa e ridotta, allora pa(C) = 0

se e solo se

1. ogni componente Ci è isomorfa a P1,

2. le singolarità di C sono date dall’intersezione di rami lisci con tangenti indipendenti,

3. il grafo associato a C è contraibile.

Inoltre, se pa(C) = 0, C è di Gorenstein se e solo se ha nodi come punti

singolari.

Dimostrazione. Dalla successione esatta (4.2), poiché pa(C) = 0, pa(Ci) =

0 per ogni componente irriducibile. Se C fosse irriducibile, per la (4.1), pa(C) = 0implica che pa( ˜C) = 0 e δ = 0, quindi C è liscia e isomorfa a P1.

Possiamo assumere che C1 sia tale che B = C − C1 sia connessa. Sia A

l’unione disgiunta di B e C1e consideriamo il morfismo canonico di proiezione

p : A −→ C. Otteniamo così un’altra successione esatta 0 −→ OC −→ p∗OA−→ ∆00 −→ 0

e ∆00 ha lunghezza 1 per la connessione di A, per cui B e C

1 si intersecano in

un unico punto P . Allora OC,P è un sottoanello di OC1,P⊕ OB,P contenuto

nel sottoanello R = {(f, g)|f(P ) = g(P )}. Dato che ∆00 ha lunghezza 1,

R = OC,P e quindi dimmB,P m2 B,P + dimmC1,P m2 C1,P = dimmC,P m2 C,P ,

così i punti (2) e (3) seguono per induzione su k. Il viceversa segue direttamente da (4.1).

Infine, se C è una curva di Gorenstein in P , δP + 1 componenti si

incontrano trasversalmente in P , ma il conduttore c = mP, per cui

δP = mP = 1

e quindi P è un nodo.

Lemma 4.1.6. Siano B ⊂ C due curve di Gorenstein ridotte. Allora il fascio di ideali IC−B⊗ OB è invertibile,

ωC|B∼= ωB⊗ (IC−B ⊗ OB)−1

e in particolare

deg ωC|B = deg ωC+ B.(C − B).

Dove B.(C − B) è il numero di intersezione definito come la somma dei contributi locali B.(C − B)x= dim OC∩B,x per ogni punto x ∈ C.

Dimostrazione. Sia W la normalizzazione di C − B nei punti in cui ωC−B

non è invertibile e sia A l’unione disgiunta di W e B, con π : A −→ C la naturale mappa di proiezione. Per la formula di Noether

ωB ∼= π∗(ωC) ⊗ ˜c ∼= ωC⊗ c ⊗ OB,

per cui c ⊗ OB è invertibile.

Esiste inoltre il seguente diagramma commutativo 0 ∆C−B 0 OC OB⊕ π∗OW ∆C 0 0 OC OB⊕ OC−B OB∩C−B 0 0 0 ∼

0

0 c=IC−B⊕ cW OC

0 IC−B ⊕IB OC.

Quindi c ⊗ OB ∼=IC−B ⊗ OB, ottenendo la successione esatta

0 −→IC−B⊗ OB−→ OB−→ OC−B ⊗ OB −→ 0

che tensorizzata per il fascio dualizzante ωC realizza la tesi e si conclude la

dimostrazione.

4.2

The embedding theorem

Nel primo capitolo abbiamo visto che un divisore molto ampio su una curva realizza un embedding della curva in uno spazio proiettivo.

Con l’intento di capire quando una curva ammette un embedding in uno spazio proiettivo, grazie ai numerosi strumenti introdotti nel secondo e nel terzo capitolo, dimostriamo l’esistenza di alcuni criteri sempre più generali che caratterizzano i divisori molto ampi su una curva.

Seguendo la dimostrazione del Teorema 1.4.7, ricordiamo brevemente che per provare che un sistema lineare completo |H|, associato a un divisore di Cartier su una curva C, sia privo di punti base basta provare che per ogni P ∈ C, nella successione esatta in coomologia

0 −→ H0(mPOC(H)) −→ H0(OC(H)) r

−→ OC/mP ∼= kP,

la mappa r sia suriettiva o equivalentemente che h0(mPOC(H)) = h0(OC(H)) − 1.

Allo stesso modo, per provare che un divisore di Cartier H sia molto ampio su una curva C, basta provare che H:

• separa i punti, i.e., se P e Q sono due punti distinti di C, esiste D ∈ |H| tale che P ∈ SuppD e Q 6∈ SuppD.

Analogamente, data la successione esatta in coomologia 0 −→ H0(mPmQOC(H)) −→ H0(OC(H))

r

basta richiedere che r sia suriettiva o equivalentemente che h0(mPmQOC(H)) = h0(OC(H)) − 2.

Quindi la mappa indotta dal sistema lineare completo ϕ|H| è iniettiva.

• separa i vettori tangenti, i.e., dato un punto chiuso P ∈ C e un vet- tore tangente t ∈ TP(C) = (mC,P/m2C,P)0 esiste D ∈ |H| tale che

P ∈ SuppD, ma t 6∈ TP(D), dove D è un sottoschema chiuso local-

mente principale e lo spazio tangente TP(D) = (mD,P/m2D,P)0 è in

modo naturale un sottospazio di TP(C).

Analogamente, preso un punto P di C e considerando la successione esatta in coomologia

0 −→ H0(m2POC(H)) −→ H0(OC(H)) r

−→ OC/m2P,

si può richiedere che r sia una mappa suriettiva o equivalentemente che h0(m2POC(H)) = h0(OC(H)) − 2.

Infatti, se l’immagine di H0(m

POC(H)) −→ mP/m2P è contenuta in un

iperpiano V ⊂ mP/m2P, allora l’immagine inversa di V in OC,P genera

un fascio di ideali I ⊂ OC,P che definisce un schema Z di lunghezza

2 concentrato in P tale che H0(O C(H))

r

−→ OC/m2P non è suriettiva. Quindi la mappa indotta dal sistema lineare completo ϕ|H| è un em-

bedding locale in P .

4.2.1 Divisori molto ampi su curve su una superficie liscia

Come nel Capitolo 3, se X è una superficie algebrica liscia su un campo algebricamente chiuso k di caratteristica p ≥ 0, C una curva su X, possibil- mente riducibile e non ridotta, e H un divisore su C. Allora C può essere vista come divisore su X e la denotiamo C = P miCi. Se C0 è una sottocur-

va di C allora C0 è un divisore P n

iCi con ni≤ mi. Se D = Ci per qualche

i, la molteplicità mD di D in C è semplicemente l’intero ni.

Per iniziare, proviamo che è possibile prevedere la dimensione di

H0(C, OC(H))se H ha “multigrado sufficientemente positivo” su C, infatti:

Lemma 4.2.1. Sia C una curva su una superficie algebrica liscia X e sia H un divisore su C. Se per ogni sottocurva B ⊆ C, degBH ≥ 2pa(B) − 1,

allora H1(C, O

Dimostrazione. Se per assurdo h1(O

C(H)) = h0(OC(KC− H)) 6= 0, allora

esiste una sezione non nulla σ ∈ H0(O

C(KC − H)).

Sia Z la sottocurva massimale di C su cui σ ≡ 0, ovvero σ è nulla in H0(Z, O

Z(KC − H)), e sia Y = C − Z. Per Dévissage, otteniamo la

successione esatta

0 −→ OY(KC − H − Z) −→ OC(KC− H) −→ OZ(KC− H) −→ 0,

e a meno di dividere σ per una sezione ζ con div(ζ) = Z, otteniamo σ/ζ = σ0

che è una sezione di H0(Y, O

Y(KC − H − Z)) che si annulla su un insieme

finito.

Da cui degY(KC − H) ≥ Z.Y e per il Lemma 3.2.3

OY(KC) ∼= OY(KY + Z).

Allora degY H ≤ 2pa(Y ) − 2, contro le ipotesi.

In particolare, per il Teorema di Riemann-Roch si ha il seguente corolla- rio.

Corollario 4.2.2. Sia C una curva su una superficie algebrica liscia X e sia H un divisore su C. Se per ogni sottocurva B ⊆ C, degBH ≥ 2pa(B) − 1,

allora

h0(OC(H)) = degCH − pa(C) + 1.

Il primo importante risultato di questo paragrafo estende il Corollario 1.4.8: un divisore H su una curva liscia C di genere g è molto ampio se degCH ≥ 2g + 1; al caso in cui C sia una curva di Gorenstein irriducibile.

Proposizione 4.2.3. Sia C una curva di Gorenstein irriducibile e sia H un divisore su C tale che degCH ≥ 2pa(C) + 1, allora H è molto ampio su C.

Dimostrazione. Supponiamo che C sia singolare e sia π : ˜C −→ C la nor- malizzazione di C. Sia c il conduttore di OC˜ in OC e sia A il divisore su ˜C

corrispondente a c. Identificando H con il suo pull-back in ˜C abbiamo degCH ≥ 2pa(C) + 1 ⇐⇒ degC˜(H − A) ≥ 2pa( ˜C) + 1,

Abbiamo inoltre il seguente diagramma commutativo 0 0 0 c(H) π∗(OC˜(H − A)) 0 OC(H) π∗(OC˜(H)) π∗(OC˜)/OC 0 0 OC/c π∗(OC˜)/c π∗(OC˜)/OC 0 0 0. ∼

Per dualità e dato che degC(KC− H) < 0,

h1(OC(H)) = h0(OC(KC− H)) = 0.

Per quanto appena visto H1(O

C(H)) = H1(OC˜(H − A)) = 0, per cui la riga

e la colonna intermedie sono esatte sulle sezioni globali e questo implica che l’intero diagramma è esatto sulle sezioni globali.

Proviamo che |H| separa i vettori tangenti. Sappiamo quindi che H0(O

C(H)) −→ OC/c è una mappa suriettiva e

che c ⊂ m2

P a meno che P non sia un punto doppio o un punto liscio di C1.

In questo caso, la dimensione dello spazio tangente di C in P è al più 2 e possiamo applicare il Corollario 4.2.2 ottenendo

h0(OC(H)) = degCH − pa(C) + 1, h0(O C(H − 2P )) = degCH − 2 − pa(C) + 1, quindi h0(OC(H)) − 2 = h0(OC(H − 2P )) e ϕ|H| è un embedding locale.

Proviamo che |H| separa due punti distinti P e Q:

• se P e Q sono entrambi punti singolari, allora c ⊂ mPmQ e quindi la

mappa H0(O

C(H)) −→ OC/mPmQ è suriettiva;

• se P è singolare e Q è liscio, dato che |H − A| è privo di punti base su ˜C, esiste una sezione s di H0(c(H))che si annulla in P , ma non in Q. Allora s definisce in modo naturale un divisore D ∈ |H| tale che P ∈SuppD e Q 6∈ SuppD;

1

• se P e Q sono punti nonsingolari di C, dato che |H −A| è molto ampio su ˜C, esiste una sezione s ∈ H0(c(H))che separa i punti P e Q.

Il risultato principale di questo paragrafo sostiene un criterio ancor più generale per curve che si trovano su una superficie liscia. Enunciamo infatti il seguente Teorema.

Teorema 4.2.4. Sia C una curva su una superficie liscia X e sia H un divisore su C tale che

∀B ⊆ C, degBH ≥ 2pa(B) + 1,

allora H è molto ampio su C. Osserviamo che

degCH ≥ (2pa(C) + 1) ⇐⇒ degC(KC− H) ≤ −3

e in tal caso esiste D ⊆ C tale che degD(KC− D) < 0. In questo caso D si

dice H-positivo e denotiamo con C0 la curva C − D.

Lemma 4.2.5. Sia C una curva su una superficie liscia X, H un divisore su C tale che

∀B ⊆ C, degBH ≥ 2pa(B) + 1,

e sia D H-positivo. Allora la successione esatta ottenuta per Dévissage 0 −→ OD(H − C0) −→ OC(H) −→ OC0(H) −→ 0

è esatta sulle sezioni globali.

Inoltre, se la molteplicità mD di D in C è ≥ 2 allora H è molto ampio

su C se e solo se è molto ampio su C0.

Dimostrazione. Per dualità e aggiunzione abbiamo che

H1(OD(H − C0))0 ∼= H0(ωD(C0− H)) ∼= H0(OD(KC− H)) = 0,

per cui la successione è esatta sulle sezioni globali. Proviamo che |H| separa i punti di C.

Supponiamo che H sia molto ampio su C0. Dato che la molteplicità m D

di D in C è almeno 2, C0e C coincidono come insiemi. Quindi ϕ

|H|è iniettiva

su C dato che realizza un embedding di C0.

Sia P ∈ D e siano mP, m0P gli ideali massimali rispettivamente di OC e

OC0 in P . Se mD ≥ 3, per costruzione otteniamo la fattorizzazione

OC OC0 OC/ID

OC/m2P OC0/m0 2

P ∼

quindi, passando alle sezioni globali della successione esatta corta 0 −→ m2POC(H) −→ OC(H) −→ OC/m2P,

se H è molto ampio su C0 allora è molto ampio anche su C.

Se mD = 2, lo stesso argomento prova che ϕ|H| è un embedding locale

in ogni punto singolare P di C0, mentre nel caso in cui P sia un punto liscio

per C0 basta applicare il Corollario 4.1.2 per concludere che

h0(OC(H)) − 2 = h0(OC(H − 2P )).

Dimostrazione del Teorema 4.2.4. Proviamo la tesi per induzione sul nume- ro di componenti ν = P mi di C contate con molteplicità.

Se ν = 1 basta applicare la Proposizione 4.2.3.

Se ν ≥ 2, per il Lemma 4.2.5 e per ipotesi induttive possiamo ridurci al caso in cui ogni componente H-positiva abbia molteplicità 1. Sia quindi D una componente H-positiva e notiamo che per induzione H è molto ampio su C0= C − D. Consideriamo inoltre la successione esatta

0 −→ H0(OD(H − C0)) −→ H0(OC(H)) −→ H0(OC0(H)) −→ 0

e procediamo per casi.

(I)Se esiste una componente irriducibile D tale che degD(KC−H) ≤ −3,

allora per aggiunzione

degD(KC− H) = 2pa(D) − 2 + C0.D − degDH ≤ −3

e degD(H − C0) ≥ 2pa(D) + 1 per cui H − C0 è molto ampio su D per la

Proposizione 4.2.3.

Infatti, se entrambi appartengono a C0 o a D − C0, basta considerare la

restrizione |H||C0 oppure |H − C0||D, mentre se P ∈ C0 e Q ∈ D − C0, dato

che |H − C0|è a maggior ragione privo di punti base, separa P e Q.

|H| separa i vettori tangenti.

Dato che H è molto ampio su C0 e H − C0 è molto ampio su D, allora

ϕ|H| è un embedding locale in ogni punto P ∈ C0 − D o P ∈ D − C0. Se

P ∈ C0 ∩ D e P è un punto singolare di C0, allora O

C/mP ∼= OC0/m0 2

P,

quindi ϕ|H| è un embedding locale, mentre se P è liscio per C0 consideriamo

la successione esatta

IC0/(m2P ∩IC0) −→ OC/m2P −→ OC0/m0 2P.

Dato che P è un punto liscio per C0, allora I C0/(m2

P∩IC0) =IC0/(IC0·mP).

Osservando che |H − C0| è privo di punti base su D, passando alle sezioni

globali del diagramma, per somma di dimensioni H0(O

C(H)) −→ OC/m2P è

suriettiva. Quindi ϕ|H| è un embedding locale e H è molto ampio su C.

(II)Se per ogni D ⊆ C, degD(KC− H) > −3ed esiste una componente

irriducibile D tale che degD(KC− H) = −2, allora |H − C0|è privo di punti

base su D. Quindi |H| separa ogni coppia di punti P, Q a meno che non siano entrambi in D − C0 ed è un embedding locale in un punto P ∈ C a

meno che P ∈ D − C0.

Se per assurdo degC0(KC− H) > −1, dato che

2pa(C) − 2 − degC(H) = degC(KC− H) = degD(KC− H) + degC0(KC− H),

allora degC(H) ≤ 2pa(C) contro le ipotesi. Per cui esiste una sottocurva

∆ ⊆ C, ∆ 6= D tale che deg(KC − H) ≤ −1, ovvero ∆ è H-positivo e

consideriamo la decomposizione C = ∆ + C00. Se P, Q ∈ D − C0 allora

P, Q ∈ C00 e |H| separa i punti e i vettori tangenti per ipotesi induttive. (III)Se per ogni D ⊆ C, degD(KC−H) > −2, in modo analogo al punto

precedente, si vede che esistono almeno tre sottocurve diverse irriducibili D1, D2 e D3 tali che degDi(KC− H) = −1.

Sia C0

i = C − Di e siano P e Q due punti di C. Proviamo che esiste i

tale che P, Q ∈ C0

i. Altrimenti, rinumerando eventualmente le sottocurve,

possiamo assumere che P ∈ C0

1e Q ∈ D1−C10. Ma in questo caso Q ∈ C20, C30,

da cui o P ∈ C0

2 o, se P ∈ C10 − C20, Q ∈ D2− C20, i.e., P ∈ C30. Quindi |H|

separa P e Q per ipotesi induttive. D’altra parte |H| separa i vettori tangenti in P se esiste j tale che P ∈ C0

j− Dj. In caso contrario P ∈ D1∩ D2∩ D3 e

possiamo concludere applicando l’argomento del punto (1) dato che P è un punto singolare per ogni C0

4.2.2 Divisori molto ampi su curve di Gorenstein

In questo paragrafo dimostriamo un importante Teorema di embedding per curve di Gorenstein. In particolare, osserveremo che il Teorema 4.2.4 non è altro che un raffinamento di questo Teorema più generale.

Sia C una curva di Gorenstein, possibilmente riducibile e non ridotta. Per non appesantire il linguaggio introduciamo la seguente definizione. Definizione 4.2.1. Un cluster Z di C è un sottoschema di dimensione 0 di C e il grado di Z, deg Z = lengthOZ = dimkOZ.

In termini di un cluster Z, possiamo riassumere le condizioni per un divisore H su C di essere molto ampio nel prossimo Lemma.

Lemma 4.2.6. Sia C una curva di Gorenstein e H un divisore di Cartier su C. Allora H è molto ampio se e solo se la mappa di restrizione

r : H0(OC(H)) −→ OZ(H)

è suriettiva per ogni cluster Z ⊂ C di grado ≤ 2.

Definizione 4.2.2. Una curva B si dice genericamente Gorenstein, se al di fuori di un insieme finito, il fascio dualizzante ωB è localmente isomorfo a

OB.

Lemma 4.2.7. Sia C una curva di Cohen-Macaulay e sia H un divisore su C. Se Z è un cluster su C tale che il fascio L = IZOC(H) ammette

un’inclusione L ,→ ωC, allora C è genericamente Gorenstein.

Dimostrazione. Osserviamo che L è localmente isomorfo a OC in un qualsia-

si punto generico di C, per cui è sufficiente provare che la mappa d’inclusione L ,→ ωC è suriettiva su ogni spiga generica ωC,η o equivalentemente che il

cokernel N = ωC/L abbia lunghezza finita.

Sia OC(1) un fascio invertibile ampio su C, allora per n  0 la succes-

sione esatta

0 −→L (n) −→ ωC(n) −→ N (n) −→ 0

è esatta anche sulle sezioni globali e ogni gruppo di coomologia H1 è nullo

per il Teorema 2.2.3. Per cui, per il Teorema di Riemann-Roch, h0(ωC(n)) = degC(ωC(n)) + 1 − pa(C)

= 2pa(C) − 2 + n degCOC(1) + 1 − pa(C)

D’altra parte, sempre per il Teorema di Riemann-Roch, h0(L (n)) = χ(OC) + degCL + n degCOC(1)

per n  0. Quindi

h0(N (n)) = −2χ(OC) − degL , per ogni n  0

e N ha così lunghezza finita.

La dimostrazione del risultato citato a inizio paragrafo si basa sulla tec- nica fornita dal seguente Lemma. Dato un morfismo di fasci, tra un fascio coerente e il fascio dualizzante di una curva di Gorenstein C, questa tecni- ca permette di fattorizzare il morfismo e di poter concentrare l’attenzione sul sottoschema della curva C definito dal sottofascio di OC che annulla il

morfismo.

Lemma 4.2.8 (Automatic adjunction).

Sia F un fascio coerente su una curva di Gorenstein C e sia ϕ : F −→ ωC

una mappa di OC-moduli. Poniamo J = Annϕ ⊂ OC e sia B il sottoschema

di C associato al fascio J . Allora B è una sottocurva di Cohen-Macaulay e ϕ ammette una fattorizzazione canonica della forma

F F |B ωB ∼= HomOC(OB, ωC) ⊂ ωC,

dove F |B−→ ωB è genericamente suriettiva.

Dimostrazione. Dato che Hom(G , ωC) = 0 per ogni fascio coerente G con

supporto di dimensione 0, ωC è libero da torsione, per cui J = Annϕ

non contiene ideali primi e OB ∼= OC/J è il fascio di struttura di uno

schema di Cohen-Macaulay. Per definizione, l’immagine di ϕ è contenuta nel sottomodulo

{s ∈ ωC|J s = 0} ⊂ ωC.

Ma quest’insieme coincide con HomOC(OB, ωC)e poiché l’inclusione B ,→ C

è un morfismo finito, per la Proposizione 2.2.11, ωB= HomOC(OB, ωC).

Dato che J è l’annullatore di ϕ, ϕ fattorizza attraverso il modulo quo- ziente F /(J F ) = F |B. Come abbiamo osservato poc’anzi, l’immagine è

inoltre contenuta in ωB ⊂ ωC, per cui rimane da provare la generica surietti-

vità, ma questo segue per la definizione di J . Infatti, un sottomodulo della somma delle spighe generiche L ωB,η è semplicemente la somma di spighe

L ωB0 per un sottoschema B0 ⊆ Bdi dimensione pura 1 e ϕ non si annulla

Teorema 4.2.9. Sia C una curva di Gorenstein e sia H un divisore di Cartier su C. Allora il sistema lineare completo |H| è privo di punti base se

∀B ⊆ C, degBH ≥ 2pa(B).

Dimostrazione. Se per ogni punto P ∈ C, H1(m

POC(H)) = 0, allora |H| è

privo di punti base. Supponiamo quindi per assurdo che esista un punto P ∈ C tale che H1(mPOC(H)) 6= 0, ovvero Hom(mPOC(H)) 6= 0 per dualità.

Allora esiste ϕ : mPOC(H) −→ ωC non nulla. Per Automatic adjunction ϕ

ammette la fattorizzazione

mPOC(H) mPOB(H) r ωB⊂ ωC

con B ⊂ C genericamente Gorenstein per il Lemma 4.2.7. Ma r è generica- mente suriettiva, per cui esiste un cluster R supportato su un insieme finito di punti tale che coker(r) ⊂ R. Quindi mPOB(H) ∼= ωB(−R)e

degBmPOB(H) = degBωB(−R) ≤ degBωB= 2pa(B) − 2,

ma questo è assurdo per ipotesi.

Teorema 4.2.10 (Embedding theorem).

Sia C una curva di Gorenstein e sia H un divisore di Cartier su C. Allora H è molto ampio su C se per ogni sottocurva B ⊆ C,

1. degBH ≥ 2pa(B) + 1, oppure

2. degBH ≥ 2pa(B) e non esistono cluster Z di B di grado 2 tali che

IZOB(H) ∼= ωB.

In generale, se Z è un cluster di C di grado qualsiasi tale che la restrizione H0(C, OC(H))

r

−→ OZ(H) = OC(H) ⊗ OZ

non è suriettiva, allora esiste una sottocurva B ⊆ C e un’inclusione ϕ :IZOB(H) ,→ ωB

che non è indotta da una mappa OB(H) −→ ωB. In particolare, la mappa r

è suriettiva se

degBH > 2pa(B) − 2 + degC(Z ∩ B)

Dimostrazione. Sia H un divisore di Cartier su C. Se per ogni cluster Z di grado 2 di C, H1(I

ZOC(H)) = 0, allora H è molto ampio su C. Supponiamo

quindi che esista un cluster Z di C di grado 2 tale che H1(I

ZOC(H)) 6= 0,

ovvero Hom(IZOC(H), ωC) 6= 0per dualità. Sia ϕ : IZOC(H) −→ ωC una

mappa non nulla. Per Automatic adjunction, ϕ ammette una fattorizzazione IZOC(H) IZOB(H) ωB⊂ ωC,

dove B è una sottocurva genericamente Gorenstein di C per il Lemma 4.2.7. Dato che IZOB(H) −→ ωB è genericamente suriettiva, il coker di tale map-

pa è contenuto in un cluster R supportato su un insieme finito di punti, per cui

IZOB(H) ∼= ωB(−R)

e

degBIZOB(H) = degBωB(−R) ≤ degBωB.

Ma per ipotesi, se valgono il punto (1) o il punto (2), e per somma di gradi questo non è possibile, per cui Hom(IZOC(H), ωC) = 0 e H è molto ampio

su C.

Infine, se Z è un cluster di qualsiasi grado e H0(O

C(H)) −→ OZ(H)non

è suriettiva, nella successione esatta in coomologia la mappa H1(IZOC(H)) −→ H1(OC(H))

non è iniettiva e per dualità, la mappa di restrizione

Hom(OC(H), ωC) −→Hom(IZOC(H), ωC)

non è suriettiva. Quindi possiamo prendere una mappa ϕ : IZOC(H) −→

ωC che non è la restrizione di una mappa OC(H) −→ ωC e allora anche la

mappa IZOB(H) ,→ ωB data dall’Automatic adjunction non è la restrizione

di una mappa OB(H) ,→ ωC.

In particolare, IZOB(H) ,→ ωB ha il cokernel di lunghezza finita, per

cui χ(IZOB(H)) ≤ χ(ωB). Allora

1 − pa(B) + degBH − degBZ ≤ pa(B) − 1,

da cui

degBH ≤ 2pa(B) − 2 + degBZ.

Ma per ipotesi, nessuna tale inclusione IZOB(H) ,→ ωB può esistere e per

questo H0(O

4.2.3 Applicazioni

Per quanto è stato osservato nel capitolo 1, se C è una curva liscia di genere g ≥ 2 le sezioni di H0(C, (ω

C)n) = H0(n · KC) realizzano la mappa

pluricanonica

φn: C −→ P(H0(C, (ωC)n)0)

di C nello spazio proiettivo associato alla spazio duale di H0(C, (ω

C)n). Per

il Corollario 1.4.8 e per la Proposizione 1.5.2 che caratterizza le curve lisce iperellittiche, abbiamo che φn è un embedding se:

• n ≥ 3,

• n = 2 e g ≥ 3,

• n = 1, g ≥ 2 e C non è iperellittica.

La corretta analogia delle mappe pluricanoniche nel caso di curve riducibili con singolarità è ottenuta rimpiazzando il fascio canonico delle 1-forme ωC

con il fascio dualizzante. Per cui, affinché le sezioni globali del fascio dua- lizzante, o di un suo prodotto tensore, possano definire una mappa da C in uno spazio proiettivo, il fascio dualizzante deve essere invertibile, ovvero C deve essere una curva di Gorenstein.

Inoltre, queste mappe sono ben definite se non esistono componenti di C su cui tutte le sezioni globali si annullano. Questo ci porta alla seguente definizione.

Definizione 4.2.3. Una curva C si dice semi-canonicamente positiva, o più brevemente SCP, se e solo se, per ogni componente B di C, il grado di ωC|B = ωC⊗ OB è non negativo. Se invece questo grado è positivo per ogni

componente B, allora C si dice canonicamente positiva (CP).

Segue così che se una mappa pluricanonica è un embedding, allora C è canonicamente positiva.

Nel lungo e importante lavoro svolto da F. Catanese in [Cat82], ripreso e

Nel documento Divisori su curve singolari (pagine 57-82)

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