• Non ci sono risultati.

La formulazione del problema: le percezioni degli insegnanti

SEZIONE 2: LA RICERCA

10.3 La formulazione del problema: le percezioni degli insegnanti

La forza della ricerca qualitativa è la sua capacità di andare oltre la superficie numerica, ossia l’esclusivo dato numerico, per comprendere le percezioni e le esperienze delle persone.

Ogni percorso di ricerca si pone degli interrogativi iniziali da cui partire con il fine di delineare, se aderiamo a un paradigma di ricerca qualitativo, delle possibili visioni di un determinato evento educativo. Il problema di ricerca spesso coincide con l’interesse di mettere a fuoco alcuni aspetti del sapere pedagogico; sarebbe dunque la curiosità a guidare il ricercatore nella prima fase di ricerca che riguarda, appunto, l’individuazione della problematica da indagare.

Definire un problema di ricerca significa, innanzitutto, restringere il campo (Lumbelli, 2006), capendo la tematica trattata. Nel caso della plusdotazione, per esempio, esso potrebbe essere trattato scegliendo come sfondo la fenomenologia dell’educazione, oppure la pedagogia speciale, indagando i bisogni educativi specifici degli alunni con plusdotazione, oppure la pedagogia sperimentale, studiando strumenti di valutazione didattica ad hoc. Nonostante non sia stato semplice restringere il campo, in quanto abbiamo notato dei punti in comune tra i diversi settori, abbiamo deciso di studiare la plusdotazione in classe, considerando, in modo particolare, la didattica che si usa con i bambini con plusdotazione, considerando inizialmente un approccio pedagogico- speciale- inclusivo per poi migrare verso una “pedagogia dei talenti” (Baldacci, 2002, p. 166).

Il restringimento del problema di ricerca avviene focalizzando delle domande che dovranno fare riferimento a studi e ricerche di chi ha già affrontato argomenti e problematiche simili, studiando la letteratura di riferimento (Viganò, 1996). Come è possibile constatare dal paragrafo 5.1, purtroppo in

163

Italia sono state condotte poche ricerche sulle percezioni degli insegnanti sulla plusdotazione, quindi gran parte dell’analisi della letteratura è stata condotta riportando, in prevalenza, alcuni studi esteri. È importante sottolineare che il ricercatore affronta il processo iniziale di individuazione del problema e delle domande di ricerca rispondendo a criteri e condizionamenti interni (Lucisano, Salerni, 2007), che riguardano inevitabilmente attribuzioni di valori ed esperienze personali passate. È ormai risaputo e condiviso che, nell’ambito delle scienze umane, e in particolare nelle scienze dell’educazione, il ricercatore non può svincolarsi da giudizi di valore. Come abbiamo riportato nel paragrafo precedente, il ricercatore dovrebbe però esplicitare e giustificare le proprie scelte (vedi paragrafo 11.1).

Le ricerche sulle credenze degli insegnanti sorgono a partire dalla metà degli anni Settanta negli Stati Uniti e nel contesto anglosassone con l’obiettivo di studiare tutto ciò che avviene prima dell’azione didattica in classe (Richardson, 2002; Shavelson, Stern, 1981; Clark, Peterson, 1986; Borko, Niles, 1987). Nella professione docente sono molte le competenze da possedere per garantire l’efficacia didattica ed esse vengono adottate e sviluppate sulla base di schemi di pensiero, che permettono di scegliere un’azione rispetto a un’altra (Perrenoud, 2002). Le credenze, dunque, emergono durante le pratiche didattiche e si possono ricavare attraverso varie modalità, come, per esempio, il focus group o l’intervista. Dietro le azioni ci sono costrutti quali le motivazioni, gli atteggiamenti, le rappresentazioni e le convinzioni; i quali contribuiscono al cambiamento (Zeichner, Tabachnick, Densmore, 1987; Calderhead, Robson, 1991; Clift, Meng, Eggerding, 1994).

La connessione tra credenze degli insegnanti e pratiche didattiche è sostenuta dalle teorie costruttiviste: ogni individuo elabora i propri saperi, le convinzioni e nuove idee formulando rappresentazioni della realtà (Richardson, 2002). Le visioni della realtà costituiscono degli elementi per orientare e modificare le azioni didattiche. Talvolta il legame tra convinzioni e azioni sarebbe del tutto oscuro agli insegnanti stessi, che sarebbero inconsapevoli delle loro convinzioni (D’Amore, Fandiño Pinilla, 2009).

A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, grazie agli studi cognitivisti, si sono ampliate le ricerche su tutto ciò che influenza l’azione didattica dei docenti. Come abbiamo detto, a condizionare l’agire professionale dei docenti concorre la conoscenza pregressa; quest’ultima sarà più o meno approfondita sulla base del valore che viene attribuito a una determinata problematica relativa all’apprendimento scolastico. Tuttavia, ci sono delle differenze tra conoscenza e credenza: la prima è considerata vera, in quanto condivisa da una comunità di esperti che utilizza un metodo scientifico per verificarne la veridicità; la seconda, invece, è formata da enunciati ritenuti veri nonostante non siano stati sottoposti a nessun vaglio scientifico (Cherubini, 2002). Un’altra distinzione importante è fra atteggiamento e convinzione: se il primo potrebbe essere più immediato nell’osservazione, la

164

convinzione andrebbe scoperta attraverso l’osservazione e altre tecniche di indagine, come, per esempio, l’intervista. Le convinzioni potrebbero essere desunte dalla conoscenza esplitica o tacita come anche gli atteggiamenti.

Come già scritto nel capitolo 9, la ricerca sulle percezioni degli insegnanti include la scoperta sia delle loro conoscenze, sia dei loro atteggiamenti e, infine, delle loro credenze e convizioni. Nella ricerca didattica, indagare le credenze o le convizioni significa considerare i predittori di un possibile cambiamento, in quanto, capendo quali esse siano, è possibile agire sui comportamenti e promuovere l’innovazione. Le ricerche in ambito psicologico, inoltre, mettono in evidenza come l’essere umano costruisca delle concettualizzazioni per dare senso alla realtà circostante (Hirschfeld, Gelman, 1994; Hirschfeld, 1996). Talvolta le credenze si trasformano in misconcezioni, quando si basano esclusivamente sull’esperienza quotidiana (Novak, Gowin, 1989). Interrogarsi sulle credenze e convinzioni degli insegnanti potrebbe, dunque, costituire un problema di ricerca qualora ci sia il duplice obiettivo di capire un particolare fenomeno culturale (nel nostro caso la plusdotazione in classe) e incorraggiare il cambiamento attraverso l’analisi consapevole delle percezioni dei docenti coinvolti. In questo senso, secondo Giovannini (2009) bisognerebbe introdurre nella formazione dei futuri insegnanti dei percorsi che aiutino a riflettere sulle proprie percezioni.

L’interrogativo che guida gli studi a livello internazionale sulle percezioni degli insegnanti riguarda le effettive opportunità di modificazione delle convinzioni, grazie a percorsi formativi (Charlier, 1998; Guskey, 2002). Attualmente, non ci sono evidenze empiriche sull’influenza diretta delle convinzioni sulle prassi didattiche (Vannini, 2012), anche perché ci sono principalmente due filoni di studi utilizzati per analizzare le convinzioni: chi predilige l’influenza di fattori individuali e chi i fattori organizzativi, in riferimento al contesto scolastico. Secondo Richardson e Placier (2002), bisognerebbe integrare entrambi gli approcci per indagare un oggetto di studio tanto complesso, come, appunto, le credenze degli insegnanti. Entrambi gli approcci, inoltre, aiuterebbero il ricercatore a indagare come le esperienze personali influenzino l’acquisizione delle conoscenze del docente, sia durante la formazione iniziale, sia in servizio.

Le ricerche italiane sulle percezioni degli insegnanti si sono avviate alla fine degli anni Sessanta; tali studi mettono in evidenza le questioni educative tipiche di quel periodo storico, in riferimento all’istruzione di massa. Gli interrogativi che guidano le ricerche riguardano le pari opportunità, la selezione scolastica e il ruolo degli insegnanti come coloro che riproducono le diseguaglianze sociali (Vannini, 2008). Il filo conduttore delle diverse ricerche italiane sulle percezioni degli insegnanti sembra essere dunque un interrogativo condiviso: cosa ostacola l’innovazione nella scuola? Perché gli insegnanti scindono il loro stile di insegnamento dai risultati di apprendimento degli alunni? Quali credenze sull’alunno e sul valore della scuola sono presenti?

165

Le recenti ricerche, a partire dall’anno 2000, condotte su larga scala, mettono in evidenza la percezione di inadeguatezza degli insegnanti, sia verso i contenuti, sia sugli stili educativi e sugli atteggiamenti di chiusura verso momenti di collegialità, oltre che una tendenza al “vittimismo” (Giovannini, 2000; Scurati, 2000). Parallelamente, altre ricerche confermano la scarsa propensione degli insegnanti a sperimentare nuove metodologie didattiche (Lumbelli, 2001; Biorcio, 2006). Nel 2008, un’altra ricerca, condotta su un ampio campione, pone delle visioni contradditorie: alcune percezioni di orgoglio, circa la propria scelta professionale, si abbinerebbero al disappunto per il disinvestimento politico sulla scuola pubblica (Cavalli, Argentin, 2010), diminuendo così la motivazione degli insegnanti a innovare la didattica.

Gli aspetti di maggiore problematicità che provengono dalla ricerca empirica sulle convinzioni degli insegnanti risultano essere i legami tra le concezioni degli insegnanti e l’efficacia della formazione docente: ci sarebbe, dunque, bisogno di una formazione connessa alle pratiche di insegnamento (Balduzzi, Vannini, 2010).

Da un punto di vista metodologico, per garantire la validità interna della ricerca sulle percezioni è importante che il disegno di ricerca risponda agli obiettivi e alle ipotesi di ricerca, al fine di capire e descrivere le diverse credenze nei confronti di determinate problematiche di insegnamento- apprendimento.

Documenti correlati