• Non ci sono risultati.

Possiamo, a questo punto, occuparci della questione se il

redemptor fosse contrattualmente vincolato a fornire i materia-

li di costruzione e la necessaria manodopera. In merito a tale

interrogativo mi pare, invero, che le fonti supportino, abba-

stanza chiaramente e per lo più in termini generali, una rispo-

sta positiva.

Viene in considerazione, dapprima, la penultima clausola

del contratto d’appalto per il rifacimento (ad perpendiculum)

delle colonne del tempio di Castore, riportata nelle Verrine

nell’ambito della cosiddetta causa giuniana:

Cic., In Verr. 2.1.56.146: «Hoc opus bonum suo cuique faci-

to».

V’è da ritenere che tale disposizione comparisse di fre-

quente nei capitolati d’appalto dell’inizio del primo secolo

a.C.: la sua formulazione, piuttosto generica, la rende infatti

adattabile ad una pluralità di casi; essa, inoltre, a giudizio di

OPUS PUBLICUM FACIENDUM LOCARE 87

30Anche il FREDERIKSENmi sembra esprimersi in questo senso (v. l’interven- to dello studioso pronunciato nell’ Incontro di studi su «Roma e l’Italia fra i Grac- chi e Silla», Siena 18-21 settembre 1969, e pubblicato in Dialoghi di archeologia 4- 5, 1970-71, p. 327).

Cicerone, contribuiva a dare una parvenza di legalità all’ope-

rato del magistrato locatore (Verre)

31

. Ora, tale clausola, lungi

dall’apparire meramente di stile

32

, doveva richiamare, al con-

trario, una precisa disposizione contrattuale, proprio in rela-

zione alla fornitura dei materiali. È quanto si evince, sia dal

commento di Cicerone che segue immediatamente la trascri-

zione della stessa clausola:

In Verr. 2.1.56.146-7: «Quid est “suo cuique”? Lapis aliqui

caedendus et adportandus fuit machina sua; nam illo non

saxum, non materies ulla advecta est; tantum operis in ista

locatione fuit quantum paucae operae fabrorum mercedis tu-

lerunt, et manuspretium machinae»,

sia, ancora più chiaramente, dal commento dello Ps. Asconio

(Stangl, 253):

«[Hoc opus bonum suum cuique]. Verbum est res diversas

simul comprehendens: hoc est bono latere, integris mensu-

ris, apta arena, utili calce, machinis idoneis, proba materie».

Nel primo passo riportato, l’Arpinate, ricorrendo ad un

efficace espediente retorico, pone in risalto l’eccezionalità del-

l’appalto in questione, sotto il profilo delle prestazioni sussi-

diarie rese (e delle relative spese sostenute) dal redemptor (Ha-

bonio). Costui, infatti, aveva preso in conduzione le operae di

88 PARTE PRIMA - CAPITOLO TERZO

31Cfr. Cic., In Verr. 2.1.56.146: «At ut videatur tamen res agi et non eripi pu-

pillo (scil. Iunio, l’appaltatore della conservazione del tempio; v. supra, p. 20)...»; a sostegno, poi, di tale affermazione, l’oratore riporta talune clausole della lex loca- tionis, fra cui quella in esame.

32Così mi pare che la intenda il DERUGGIERO, Stato, p. 185, il quale rende nel modo seguente il dispositivo in essa contenuto: «Che l’opera dovesse essere eseguita così bene come si conviene». Anche la parafrasi del FECHNER(Erklärung, p. 243: «Der reparator soll die arbeit in allen stücken gehörig und angemessen herstellen») deve ritenersi, a mio giudizio, eccessivamente vaga per le ragioni che verranno tra breve esposte.

fabri e di altri operai addetti ad uno speciale argano

33

, ma non

aveva sostenuto alcuna spesa in ordine alla materies, poiché —

sempre a detta di Cicerone — gli era stato sufficiente utilizza-

re il materiale di cui erano composte le colonne

34

. Ora, l’ano-

malia, sottolineata dall’oratore, di una redemptio che non im-

plicava la fornitura dei materiali ci induce evidentemente a

credere che tale collaterale prestazione fosse normalmente a

carico del redemptor, e che la clausola «Hoc opus bonum suo

cuique facito» (che offre lo spunto all’argomentare ciceronia-

no) alludesse, pur nella sua genericità, anche ad un dovere di

prestare materiali adatti e di buona qualità. Il commento dello

Ps. Asconio depone, poi, chiaramente in tal senso e consente

di estendere il discorso agli strumenti lavorativi e di misura-

zione (machinae, mensurae).

Che, poi, la fornitura del materiale non dovesse gravare

sulla committenza può forse trovare un’ulteriore prova in un

passo di Plinio il Vecchio, che, facendo riferimento a contratti

(leges)

35

per la costruzione di antiche aedes — non è certo

però che esse fossero sacrae —, afferma che in essi era sancito

il divieto, per il redemptor, di usare calce troppo recente:

Nat. Hist. 36.55.176: «In antiquorum aedium legibus inve-

nitur, ne recentiore trima uteretur redemptor»

36

.

OPUS PUBLICUM FACIENDUM LOCARE 89

33Sulla locuzione «manuspretium machinae», v. altresì lo Ps. Asconio (Stangl, 253): «‹Manupretium› dicitur ubi non tam materiae ratio quam manus atque artis ducitur». Non sembra dunque, a stretto rigore, che nella circostanza il redemptor abbia dovuto provvedere anche al noleggio della machina.

34Così, infatti, l’oratore chiosa l’ultima clausola della lex locationis per la po- sa ad perpendiculum delle colonne («Rediviva sibi habeto»): In Verr. 2.1.56.148: «...quasi quicquam redivivi ex opere illo tolleretur ac non totum opus ex redivivis constitueretur».

35Cfr., in tal senso, anche CANCELLI, Origine, p. 29 nt. 67.

36Più in generale, sull’obbligo posto ai costruttori di Roma di usare calce ve- tusta, in virtù dell’adagio: «Calx intrita quoque quo vetustior, eo melior», v. LEGER, Travaux, p. 81. Sulla verifica, in corso d’opera, della buona qualità dei materiali utilizzati dal redemptor, cfr. infra, p. 221 nt. 47.

Anche in questo caso, un simile precetto può solamente

giustificarsi col fatto che, di regola

37

, l’approvvigionamento

della calce doveva essere assicurato dall’appaltatore.

Se aderiamo, poi, all’opinione del Wiegand, è possibile

trovare una conferma a quanto andiamo dicendo anche in re-

lazione alla lex parieti faciendo Puteolana. L’autore

38

, infatti,

esaminando il capitolato di Pozzuoli, ha notato come manchi

nello stesso una clausola che riservasse, expressis verbis, al lo-

cator la fornitura dei materiali di lavorazione; e, considerando

che nei capitolati redatti in Grecia una simile clausola normal-

mente si rinviene

39

, ne ha desunto, argomentando e silentio,

che l’approvvigionamento della materies, per il riassetto della

paries, dovesse gravare sul conductor C. Blossius

40

.

E veniamo ora a trattare, in modo specifico, della fornitura

della manodopera. Già dal passo di Cicerone richiamato in

questo paragrafo (In Verr. 2.1.56.146-7), si evince come il re-

demptor ricorresse, oltre evidentemente a personale servile, an-

che ad operai di condizione libera che reclutava a proprie spe-

90 PARTE PRIMA - CAPITOLO TERZO

37Si noti il «legibus», al plurale. 38Cfr. Bauinschrift, p. 689.

39Tale raffronto col mondo greco si giustifica per il fatto che Pozzuoli era, originariamente, una colonia greca (cfr., a tal riguardo, LIEBENAM, Städteverwal- tung, p. 388; MARTINI, Lavori, p. 39). È, poi, probabile che la clausola in questio- ne comparisse anche nelle leges locationum concluse dai privati a Roma in età me- dio-repubblicana: v., con particolare riferimento all’appalto di costruzione della villa, i passi di Catone (De agri c. 14.3, 15, 16) richiamati dallo stesso Wiegand.

40Diverso avviso esprimono sia il Kaden sia il Macqueron. Il primo (Études, p. 207 s.), in particolare, ritiene che l’acconto, che, ex lege locationis (Lex Puteol., ll. III.14-15), doveva essere dato dall’amministrazione puteolana all’appaltatore, non possa giustificarsi necessariamente col fatto che lo stesso, grazie anche al de- naro ricevuto, dovesse procurare il materiale edilizio occorrente; l’anticipo in que- stione — sempre secondo il Kaden — andrebbe piuttosto interpretato come una controprestazione da collegarsi alla datio praediorum del redemptor (su questo punto, avremo modo di ritornare infra, p. 214 ss.). Il MACQUERON(Travail, p. 99), invece, pensa ad una fornitura dei materiali e publico, in considerazione dell’esi- guità della merces concordata con il redemptor (1500 sesterzi), che avrebbe coper- to solamente le spese necessarie per la manodopera.

se. V’è da ritenere che simili rapporti avessero una natura pri-

vatistica, configurandosi come normali locationes operarum

41

.

Né mi sembra rappresentare un ostacolo a tale assunto la

frammentaria iscrizione di età sillana, relativa all’appalto per

la riparazione straordinaria della via Cecilia:

«Opera loc(ata) / [in vi]a Caecilia de H[S...milibus numm.

/ A]d mil(iarium) XXXV pontem in flu(v)io / [pecuni]a ad-

tributa est, populo const(at) / [HS...] Q. Pamphilo mancupi

et ope(rario) / [cur(atore)] viar(um) T. Vibio T[e]muudino

q(uaestore) urb(ano). / [Via gl]area sternenda af mil(iario)

[LXXVIII et per A]p[e]nninum munien[da / per m.p.] XX,

pecunia adtributa [est / populo c]onst(at) HS n. (CL mili-

bus); L. Rufilio L L. l. / [...]sti mancupi; cur(atore) viar(um)

T. Vib[io q(uaestore) / Via af] mil(iario) LXX[XXV]III ad

mil(iarium) CX [... / sternenda a]la Interamnium vo[rsus /

ad mil(iairium) C]XX; pecunia adtri[buta / est, popu]lo

const(at) HS DC m.n. / ...T. Sepunio T. f. O. [... / ...mancu-

pi cur. via]r(um) T. Vibio [T]em[uudino q(uaestore)

urb(ano) / ...arcus dela[psus ...pecunia adtributa est; populo

const(at) HS... / ...]mancupi [.../... cur. viar(um) T. Vibio]

q(uaestore) urb(ano)»

42

.

Si può osservare da essa la natura straordinaria dei lavori

occorsi, che furono divisi in ben quattro lotti — rifacimento

(?) del ponte al miliarium XXXV; inghiaiatura di un tratto del-

la via e rafforzamento dell’attraversamento dell’Appennino;

inghiaiatura (?) di un altro tratto di via compreso fra due mi-

liarii; rifacimento (?) di un arco di un ponte crollato — e affi-

OPUS PUBLICUM FACIENDUM LOCARE 91

41Cfr. VONLÜBTOW, Leges, p. 272; MARTIN, Reconsideration, p. 334 nt. 37. V., inoltre, GROS, Templa, p. 56.

42Cfr. CIL I2.808 = VI.3824 = VI.31603 = ILS 5799. Sull’epigrafe, v. DE RUGGIERO, Stato, p. 181 s.; FRANK, Survey, p. 373; NICOLET, Ordre I, p. 324; ID., Remarques, p. 74; CIMMA, Ricerche, p. 18; FREI-STOLBA, Strassenunterhalt, p. 31; BERTINETTI, Viae, p. 60 s. (ivi altra letteratura).

dati a quattro mancipes diversi dal questore (e curator viarum)

T. Vibius Temuudinus. Nell’intitolazione «Opera locata in via

Caecilia de HS...» era verosimilmente indicato l’ammontare

della pecunia publica erogata per l’intera opera di ristruttura-

zione

43

; la somma stanziata era stata, poi, frazionata secondo

quattro adtributiones a carico dell’aerarium e a vantaggio dei

diversi mancipes

44

. Il De Ruggiero, per venire al punto che qui

interessa, ha integrato l’«ope.» della linea relativa alla prima

adtributio a Q. Panfilo («[pecuni]a adtributa est, populo const.

/ [HS...] Q. Pamphilo mancupi et ope.») con un «operis», e ha

congetturato che vi fosse nel contratto d’appalto, cui allude

l’epigrafe, una clausola che regolava in qualche modo il paga-

mento e publico degli operai

45

. L’integrazione proposta dal De

Ruggiero, tuttavia, non mi pare condivisibile. Essa, in partico-

lare, lascerebbe da chiarire per quale motivo l’adtributio anche

a favore degli operai avesse riguardato uno solo dei mancipes

che avevano preso in conduzione i lavori (Q. Panfilo), e non

anche gli altri

46

. Mi sembra pertanto più verosimile credere,

92 PARTE PRIMA - CAPITOLO TERZO

43Cfr. BISCARDI, Regime, p. 92.

44Non mi sembra, in verità, condivisibile l’opinione del BISCARDI(Concetto, p. 428; Regime, p. 96 s. e nt. 36), secondo la quale la formula «pecunia adtributa est populo constat» si riferirebbe ad un voto popolare per lo stanziamento di pecu- nia publica a favore del magistrato. Si noti, infatti, che i destinatari delle adtributio- nes sono i quattro mancipes, e non il questore e curator viarum T. Vibius Temuudi- nus; non si tratta, dunque, a mio modo di vedere, di un apposito accantonamento disposto dal populus sulla cassa erariale a vantaggio del magistrato locatore, perché potesse appaltare i lavori, ma piuttosto dell’accreditamento sull’aerarium del corri- spettivo dovuto, sulla base della lex locationis, al redemptor. Bisogna ritenere per- tanto, conformemente all’opinione del PEKÁRY(Untersuchungen, p. 104), che «po- pulus», nella formula «pecunia adtributa est populo constat», non indicasse l’assem- blea comiziale, bensì la personificazione dell’aerarium populi romani. Sulla locu- zione in esame, v. altresì HERZIG, Probleme, p. 602 nt. 47 e NICOLET, Table, p. 11.

45Cfr. DERUGGIERO, Stato, p. 182; nel medesimo senso vedi anche il BRUNT,

Labour, p. 85 nt. 17, che, dopo avere adottato l’integrazione «operis», afferma: «presumably the manceps is a small man, and the state itself pays his workmen».

46Nell’iscrizione (così come ci è stata tramandata), infatti, non compare la stessa locuzione «et ope.», in riferimento agli altri mancipes.

insieme al Nicolet

47

, che «ope.» sia un appellativo (i.e. «opera-

rio» o «operis magistro») di Q. Panfilo, che richiama una sua

effettiva partecipazione — che, di per sé, il termine manceps

non pare evocare — ai lavori di riparazione

48

. Alla luce di tali

considerazioni, quindi, ritengo che l’epigrafe non possa offrire

indicazioni particolari circa una pretesa matrice pubblica delle

locationes operarum concluse per l’esecuzione di un opus pu-

blicum locatum.

Documenti correlati