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La figura dell’imperatore Adriano costituisce il soggetto privilegiato di altri testi riconducibili a contesti scolastici o educativi, soprattutto greci.

109 Svet. Dom. 17.1 «ac sinisteriore brachio uelut aegro lanis fasciis que per aliquot dies ad

auertendam suspicionem obuoluto, sub ipsam horam dolonem interiecit; professus que conspirationis indicium et ob hoc admissus legenti traditum a se libellum et attonito suffodit inguina»

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Svet. Nero 10.2 « et cum de supplicio cuiusdam capite damnati ut ex more subscriberet admoneretur: quam uellem, inquit, nescire litteras»; lo stesso episodio è narrato in Sen. clem. 2.1.2 «Animadversurus in latrones tuos Burrus praefectus tuus , vir egregius et tibi principi natus, exigebat a te, scriberes in quos et ex qua causa animadverti velles; hoc saepe dilatum ut aliquando fieres, instabat. Invitus invito cum cartam protulisset traderetque, esclamasti: ‘vellem litteras nescire’ ».

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Hist. Aug. Com. 13.7 «ipse Commodus in subscribendo tardus et neglegens, ita ut libellis una forma multis subscriberet, in epistolis autem plurimis 'vale' tantum scriberet» e Car. 16.8 «fastidium suscribendi tantum habuit, ut inpurum quendam, cum quo semper meridiae iocabatur, ad suscribendum poneret, quem obiurgabat plerumque, quod bene suam imitaretur manum».

112 Si veda, per esempio, l’aneddoto di Svetonio, che racconta degli scrupoli di Augusto nel concedere la cittadinanza romana a un cliens di Tiberio, nonostante la raccomandazione di quest’ultimo: Svet. Aug. 40.3 «Tiberio pro cliente Graeco petenti rescripsit, non aliter se daturum, quam si praesens sibi persuasisset, quam iustas petendi causas haberet»

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Questa circostanza potrebbe, inizialmente, destare qualche perplessità, dal momento che il modello dell’optimus princeps era incarnato piuttosto da Traiano, esaltato dalle fonti riconducibili alla cultura storiografica tardoantica (pensiamo anzitutto all’Historia Augusta, ma anche a Cassio Dione)113 che di Adriano danno giudizi molto più freddi,114 e in certi casi addirittura ostili.115 Egli, infatti, non poteva vantare le imprese militari del proprio predecessore, e certamente dovette influire sul giudizio degli storici anche l’ostilità del senato, che arrivò quasi al punto di negargli l’apoteosi. Forse proprio il fatto di essere l’immediato successore di Traiano e di essere legato alla medesima provenienza geografica fece sì che la fama di Adriano risentisse, ovviamente in negativo, di un confronto che, anche implicitamente, veniva operato tra la sua figura e quella del suo illustre predecessore.116

Certamente più positiva era la percezione di Adriano nelle aree orientali e grecofone dell’impero,117 come attestato dalle lettere indirizzate dall’imperatore, direttamente o per tramite dei governatori, a singole città greche; una ragione in più, dunque, per immaginare che una raccolta di testi come le Hadriani Sententiae sia stata approntata in area grecofona: i responsi dell’imperatore, infatti, non si limitano a conformarsi al diritto romano, ma sono improntati a principi di natura morale (equanimità, sollecitudine verso i più deboli) che trovano riscontro nell’immagine che l’imperatore dava di sé agli abitanti dei territori orientali: in una lettera indirizzata agli abitanti della città di Aezanoi, Adriano dichiara di aver preso le proprie decisioni meivxa" tw'/ filanqrwvpw/ to; divkaion, principio ispiratore che sembra potersi applicare perfettamente anche ai responsi delle Hadriani Sententiae.118

113 Il giudizio di Syme si orienta verso una marginalizzazione della figura di Adriano da parte degli autori dell’Historia Augusta: cfr. Syme 1971, p. 93 «Hadrian occurs sporadically as the link between Trajan and the Antonini».

114 Si veda, in particolare, il capitolo 14 del Liber de Caesaribus di Aurelio Vittore.

115 Mario Massimo (fr. 6 Peter) lo definisce addirittura natura crudelis: cfr. Hist. Aug. Hadr. 20.3 «Marius Maximus dicit eum natura crudelem fuisse et idcirco multa pie fecisse, quod timeret ne sibi idem, quod Domitiano accidit».

116 Cfr. Symm. Epist. 1.13.3 (una lettera del 376 indirizzata ad Ausonio, in cui Adriano viene escluso dalla rassegna dei grandi imperatori);

117 Ricordiamo che gli veniva attribuito, forse con intenti dispregiativi, il soprannome Graeculus: Hist. Aug. Vita Hadr. 1.5 «Imbutusque impensius Graeciis studiis, ingenio sic ad ea declinante ut a nonnullis Graeculus diceretur».

118 Gli abitanti della città di Aezanoi, in lotta fra loro per l’estensione dei rispettivi lotti di terra (klh'roi), cfr. Alexander 1938, p. 156.

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La fortuna di Adriano nei testi scolastici può, forse, essere ricondotta agli interessi nutriti dall’imperatore nei confronti della letteratura,119 della retorica e della grammatica, documentati da vari riferimenti letterari,120 oltre che da una lettera di

Antonino Pio,121 che ricorda come Adriano avesse confermato l’esenzione da tasse e liturgie per i filosofi, gli oratori e i grammatici, già decretata dai predecessori Traiano e Vespasiano. Più che sui riferimenti secondari, tuttavia, sarà interessante soffermarsi su alcuni testi riconducibili in vario modo all’istruzione e alla didattica antiche e incentrati sulla figura di Adriano

Una di queste testimonianze è stato edita di recente da Juan Gìl e Sofìa Torallas Tovar: si tratta di un testo tradito in un codice miscellaneo conservato nell’abbazia di Montserrat, il P. Monts. Roca III, contenente testi di ambito scolastico, sia in greco che in latino, vergati da un’unica mano. Il papiro raccoglie testi di varia provenienza e natura: dalle Catilinarie, a preghiere e testi liturgici in greco e in latino, a vari testi di natura scolastica, come un’Alcesti in esametri, una lista di parole, un disegno rappresentante un episodio mitologico122 o, appunto, l’Hadrianus – questo il titolo che gli editori hanno dato al testo che ci interessa –, che si configura come la narrazione della giovinezza dell’imperatore e del suo incontro con Recio Varo; il racconto è interrotto – in maniera tanto brusca quanto curiosa, dall’apposizione di un colofone.

119 Cfr. Char. p. 66 Barwick: «Nam et Varro sic inscribit libro suo, de poematis, et Annius Florus ad

Divum Hadrianum ‘poematis dilector’». 120

Si vedano ancora Carisio per le discussioni fra Adriano e Terenzio Scauro: Char. p. 271 Barwick: «OBITER divus Hadrianus sermonum libro I quaerit an latinum sit: ‘quamquam’ inquit ‘apud Laberium haec vox esse dicatur’ et cum Scaurus latinum esse neget, addit quia veteres eadem soliti sint dicere, non addentes via, ut sit κατὰἔλλειψιν, ut Plautus, inquit, 'eadem biberis, eadem dedero tibiubi biberis savium'» e Prisciano per quelle fra Adriano e Velio Celere: Priscian. Inst. GL II, p. 547: «sed Velius Celer respondens Hadriano imperatori per epistulam de hoc interroganti, declinatione et tenore 'ambitus' nomen a participio ostendit discerni, quod usu quoque, ut ostendimus, confirmatur». L’interesse di Adriano per la letteratura e la grammatica è documentato anche, a più riprese, dalla Historia Augusta: cfr. Hist. Aug. Hadrianus 14.8 «fuit enim poematum et litterarum nimium studiosissimus»; 16.8 «sed quamvis esset in reprehendendis musicis, tragicis, comicis, grammaticis, rhetoribus, oratoribus facilis, tamen omnes professores et honoravit et divites fecit, licet eos quaestionibus semper agitaverit»; 20.2 «apud Alexandriam in musio multas quaestiones professoribus proposuit et propositas ipse dissolvit».

121 Dig. 27.1.6.8 «'Ὁµοίως δὲ τούτοις ἅπασιν ὁ θειότατος πατήρ µου παρελθὼν εὐθὺς ἐπὶ τὴν ἀρχὴν διατάγµατι τὰς ὑπαρχούσας τιµὰς καὶ ἀτελείας ἐβεβαίωσεν, γράψας φιλοσόφους ῥήτορας γραµµατικοὺς ἰατροὺς ἀτελεῖς εἶναι γυµνασιαρχιῶν ἀγορανοµιῶν ἱερωσυνῶν ἐπισταθµιῶν σιτωνίας ἐλαιωνίας καὶ µήτε κρίνειν µήτε πρεσβεύειν µήτε εἰς στρατείαν καταλέγεσθαι ἄκοντας µήτε εἰς ἄλλην αὐτοὺς ὑπηρεσίαν ἐθνικὴν ἤ τινα ἄλλην ἀναγκάζεσθαι'»

122 Riferimenti a illustrazioni sono contenuti anche in due testi tramandati nella recensione leidense degli Hermeneumata Pseudodositheana, le favole esopiche e la Genealogia di Igino.

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Le Hadriani Sententiae e l’Hadrianus, pur differendo in maniera sostanziale nella forma narrativa, sono accomunati da alcuni nuclei tematici: la condanna nei confronti dei figli ingrati che non ottemperano ai propri doveri nei confronti dei genitori (sententiae 3 e 13), il biasimo per la rapacità degli usurai (sententia 4) e, soprattutto, l’elogio per le qualità esemplari dell’imperatore: il buon senso, la clementia e la

liberalitas, quest’ultima rappresentata attraverso alcune iniziative che oggi definiremmo populiste, come la distribuzione di congiaria. Tale misura venne, in realtà, introdotta da Traiano, ed è possibile immaginare che - soprattutto in periodi di carestia, miseria e conseguente malcontento popolare, essa generasse lamentele e reclami simili a quelli descritti nelle Sententiae.

Qualche osservazione si può fare proprio in merito alle tradizioni relative rispettivamente a Traiano e ad Adriano, dal momento che esse tendono, talvolta, a intersecarsi e sovrapporsi l’una all’altra.

La figura dell’optimus princeps Traiano è rappresentata in termini di esemplarità già nella storiografia di tradizione senatoria degli inizi del III secolo (e.g. Cassio Dione); il numero di imperatori che, da Decio a Teodosio, dichiararono di ispirarsi all’esempio di Traiano, o addirittura di essere suoi discendenti per guadagnare consenso e legittimare la propria azione politica, dà la misura della persistenza e della solidità del prestigio di questo imperatore, che perdura fino al Medioevo.

La clementia123 e la difesa dei più deboli erano alcune fra le virtù esemplari riconosciute a Traiano, e questo aspetto della sua fortuna si riflette, tra l’altro, nella cosiddetta “leggenda di Traiano”,124 che, come è noto, ebbe grandissima fortuna nel Medioevo, e si sviluppa attorno a un episodio che presenta numerosi punti di contatto

123 Cfr. Auson. Gratiarum actio 16.73 «vel illud unum cuius modi est de condonatis residuis

tributorum? Quod tu quam cumulata bonitate fecisti! Quis unquam imperatorum hoc provinciis aut uberiore indulgentia dedit, aut certiore securitate prospexit, aut prudentia consultiore munivit? Fecerat et Traianus olim, sed partibus retentis non habebat tantam oblectationem concessi debiti portio quanta suberat amaritudo servati ».

124 Secondo la leggenda di Traiano, una donna si sarebbe rivolta all’imperatore mentre costui era in procinto di partire per la guerra, chiedendo giustizia per il figlio assassinato. Traiano, inizialmente, tenta di liquidarla in maniera brusca e sbrigativa, dicendole che si sarebbe occupato della sua richiesta dopo essere tornato dalla guerra, ma la donna replica che, qualora il princeps fosse molto in guerra, gli assassini di suo figlio sarebbero rimasti impuniti. Traiano, allora, decide di tornare sui propri passi e punire immediatamente i colpevoli dell’omicidio e dare un sostegno economico alla donna.

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rispetto a un celebre passo di Cassio Dione,125 relativo, invece, ad Adriano. In entrambi i casi, infatti, l’imperatore viene interpellato da una donna mentre si accinge a partire e, dopo averle inizialmente negato udienza, le offre il proprio aiuto solo in un secondo momento; nonostante tali innegabili similitudini, tuttavia sembra avventato dire, con Gìl e Torallas Tovar,126 che i due episodi sono “evidently related”. L’origine della leggenda di Traiano, infatti, non è chiara:127 anche volendo immaginare che la parte del racconto relativa a Gregorio Magno e alla sua intercessione per l’accesso di Traiano al paradiso si sia innestata nell’VIII o nel IX secolo su un nucleo antico o tardo antico (il princeps che rende giustizia alla donna supplice), determinare quando e in quali circostanze abbia avuto origine tale nucleo è impresa assai ardua.

Traiano e Adriano, insieme ad Augusto, sono ritratti da Vegezio come i maggiori riformatori dell’esercito:128 il modello di esercito ideale nella Epitome rei militaris,

infatti, coincide con un esercito plasmato dalle riforme di questi tre imperatori, e non a caso Vegezio, nella dedica introduttiva a Teodosio, si preoccupa di sottolineare come l’imperatore regnante si attenga a quel paradigma.129

Il tema dell’ingratitudine dei figli (sententiae 3 e 13), così come quello dei rapporti fra patroni e liberti (sententiae 2, 7) e fra tutori e pupilli (9 e 11), caratterizza anche le

controversiae, un altro genere letterario che nasce e si sviluppa nell’ambito di contesti scolastici.

Un’altra rappresentazione a cavallo fra retorica e fiction, dell’imperatore Adriano si trova nella Vita Secundi, un’opera greca datata da Perry130 alla seconda metà del II secolo d.C. Il testo è articolato in due sezioni: la prima consiste in una biografia

125 Dio 69.6.3 « γυναικὸς παριόντος αὐτοῦ ὁδῷ τινι δεοµένης, τὸ µὲν πρῶτον εἶπεν αὐτῇ ὅτι ‘οὐ σχολάζω,’ ἔπειτα ὡς ἐκείνη ἀνακραγοῦσα

ἔφη ‘καὶ µὴ βασίλευε,’ ἐπεστράφη τε καὶ λόγον αὐτῇἔδωκεν.» 126 Gìl – Torallas Tovar 2010, p. 104.

127 Ricordiamo che sono tre le versioni della leggenda di Traiano a noi note: quella della Vita di

Gregorio Magno dello’Anonimo di Whitby (inizio dell’VIII secolo); quella della Vita di Gregorio Magno di Giovanni Diacono (inizio IX secolo) e quella, interpolata, della Vita di Gregorio Magno di Paolo Diacono (IX-X secolo), v. Zecchini 1993, p. 142.

128 Cfr. l’introduzione alla sententia 1 e Zecchini 1993, p. 134

129 Veg. 1. praef. «De dilectu igitur atque exercitatione tironum per quosdam gradus et titulos antiquam

consuetudinem conamur ostendere; non quo tibi, imperator invicte, ista videantur incognita, sed ut, quae sponte pro rei publicae disponis, agnoscas olim custodisse Romani imperii conditores et in hoc parvo libello, quicquid de maximis rebus semperque necessarium requirendum credis, invenias.». 130 Perry 1964, p.1.

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romanzata del filosofo Secondo;131 la seconda parte introduce il personaggio di Adriano, il quale pone a Secondo una serie di quesiti filosofici.

Anche la Altercatio Hadriani cum Epicteto, sebbene priva di una cornice biografica o narrativa,132 sembra inserirsi nel medesimo solco: come nella vita Secundi, il nucleo dell’opera è costituito da una serie di domande poste da Adriano a un filosofo greco, Epitteto, e dalle risposte di quest’ultimo, più concise e puntuali rispetto a quelle di Secondo. La destinazione scolastica dell’opera è rintracciabile nella natura stessa delle domande e delle risposte, volte a fornire la definizione vari concetti: formulare definizioni il più possibile esatte ed esaustive era, infatti, un esercizio comunemente praticato nelle scuole di retorica. Anche la presenza di massime di sapore gnomico che, pur vantando svariati paralleli letterari, attingono al patrimonio della saggezza popolare, fanno pensare a una destinazione scolastica dell’Altercatio, che, dunque, sembra accomunata alle Hadriani Sententiae dalla predilezione per le risposte concise e brillanti e per il senso comune.

La lingua delle Hadriani Sententiae: una panoramica

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