“Quando risultiamo vincitori li catturiamo, mentre quando veniamo sopraffatti sfuggiamo
alla loro aggressione e anche quando decidiamo di ritirarci da qualche parte scompariamo tra meandri di paludi e di alture tali per cui non possiamo essere scoperti né raggiunti. I Romani, invece, a causa del loro armamento pesante non sono in grado né di incalzare il nemico da vicino né di darsi alla fuga, e anche quando tentano di ripararsi da qualche parte, in ogni caso si avventurano in luoghi a noi noti, in cui si rinchiudono come in trappole. Tuttavia questi non sono gli unici aspetti in cui emerge la loro inferiorità rispetto a noi, ma ve ne sono anche altri: per esempio, non sono in grado di sopportare come noi la fame, il freddo, e il caldo; essi hanno bisogno di ripari e di coperture, di pane lievitato, di vino e di olio, e quando anche uno solo di questi approvvigionamenti viene a mancare, periscono; per noi, invece, ogni erba e ogni radice costituisce il nostro pane, ogni succo il nostro olio, ogni acqua il nostro vino, ogni albero la nostra casa. Senza poi togliere il fatto che questi territori ci sono famigliari e alleati, mentre per loro sono sconosciuti e ostili; inoltre, noi attraversiamo i fiumi anche nudi, mentre loro non riescono a guadarli facilmente neppure servendosi di imbarcazioni. Andiamo dunque contro di loro fidando in una sorte propizia. Dimostriamo loro che non sono altro che delle lepri e delle volpi che tentano di dominare su dei cani e dei lupi868”. Con queste parole, poste sulla labbra della regina Budicca alla vigilia
866Frere, S. (1967), p. 173.
867Frere, S. (1967), p. 176; Keppie, L. J. F. (2004), p. 17. 868Cassio Dione, Storia romana, V, 3 – 6:
della grande rivolta contro i Romani, Cassio Dione ha voluto rendere testimonianza della percezione che si aveva a Roma circa i metodi di combattimento utilizzati in Britannia. Come detto supra, la rivolta di Budicca non presenta praticamente nessun elemento tipico della guerriglia; eppure il discorso a lei attribuito costituisce un vero e proprio programma della guerra irregolare. Probabilmente Cassio Dione, mentre si accingeva a scrivere questo discorso, pensava alle campagne di Severo in Scozia; e, informato delle difficoltà da lui incontrate a causa del territorio ostile e della guerriglia locale, ha voluto estendere le peculiarità della guerra irregolare anche ai periodi precedenti. Intuizione validissima, a mio avviso, dato che, come abbiamo visto, la guerriglia è stata il principale mezzo di difesa con cui i Britanni si sono opposti ai Romani, affidandosi ad essa nei momenti in cui la guerra convenzionale era fuori dalla loro portata. A questa forma di lotta dovettero i loro successi più importanti.
La resistenza, che si protrasse a lungo e in certe aree, riuscì a ricacciare indietro i Romani, fu poi resa possibile grazie alla presenza di leader carismatici e all'influenza dei druidi, il cui operato fu fondamentale per unire le tribù, inducendole a prestarsi reciprocamente, di fronte all'aggressione romana, quell'aiuto esterno così importante per ogni guerra non ortodossa. Le risposte romane, lungi dall'essere casuali o affidate a generali “raccomandati” politicamente, seguirono sempre lo stesso iter, che consisteva nell'inviare sui fronti dove imperversava la guerra non convenzionale i generali più preparati a fronteggiarla. I generali che parteciparono alle campagne britanniche furono, per la maggior parte, esperti di controguerriglia, con curricula di tutto rispetto che li rendevano perfetti per incarichi di questo tipo, testimoniando l'esistenza a Roma, almeno per questo tipo di operazioni, di una
grand strategy meticolosa e attenta869, ben consapevole della pericolosità della guerriglia.
Contro di essa si presero costantemente misure adeguate, inviando sul suolo britannico generali capaci di svolgere operazioni di controguerriglia sia di estinzione, sia di interdizione, preparati ad utilizzare tutti gli strumenti, a partire dall'ingegneria militare, che la macchina bellica imperiale metteva a loro disposizione.
ρῆσαί ποι προελώµεθα, ἐς τοιαῦτα ἕλη καὶ ὄρη καταδυόµεθα ὥστε µήτε εὑρεθῆναι µήτε ληφθῆναι. Ἀλλ' οἱ µὲν καὶ σκιᾶς καὶ σκέτης σίτου τε µεµαγµένου καὶ οἴνου καὶ ἐλαίου δέονται, κἂν ἄρα τι τούτων αὐτοὺς ἐπιλίπῃ διαφθείρονται, ἡµῖν δὲ δὴ πᾶσα µὲν πόα καὶῥίζα σῖτός ἐστι, πᾶς δὲ χυµὸς ἔλαιον, πᾶν δὲ ὕδωρ οἶνος, πᾶν δὲ δένδρον οἰκία. Καὶ µὴν καὶ τὰ χωρία ταῦτα ἡµῖν µὲν συνήθη καὶ σύµµαχα, ἐκείνοις δὲ δὴ καὶ ἄγνωστα καὶ πολέµια. Καὶ τοὺς ποταµοὺς ἡµεῖς µὲν γυµνοὶ διανέοµεν, ἐκεῖνοι δὲ οὐδὲ πλοίοις ῥᾳδίως περιοῦνται. Ἀλλ᾽ἴωµεν ἐπ᾽ αὐτοὺς ἀγαθῇ τύχῃ θαρροῦντες. ∆είξωµεν αὐτοῖς ὅτι λαγωοὶ καὶ ἀλώπεκες ὅντες κυνῶν καὶ λύκων ἄρχειν ἐπιχειροῦσιν”. 869Contra: Isaac, B. (1990), p. 416.
La conquista di territori ostili e la sottomissione di popolazioni estremamente bellicose furono tuttavia il frutto non solo dei successi conseguiti dalla macchina bellica imperiale; ma anche
dell'attenta politica di romanizzazione870, il vero collante che permise ai Romani di riunire
sotto un unico dominio popoli diversissimi tra loro.
Come detto supra, anche per quanto riguarda la controguerriglia la romanizzazione ebbe un ruolo di primo piano, perchè intervenne là dove la repressione e il terrorismo da soli non erano sufficienti a tagliare i legami tra la popolazione civile e i guerriglieri.
La descrizione lasciata da Tacito a proposito dell'operato di Agricola in questo campo è molto eloquente; e può essere presa a paradigma della romanizzazione dell'intera Britannia: namque
ut homines dispersi ac rudes eoque in bella faciles quieti et otio per voluptates adsuescerent, hortari privatim, adiuvare publice, ut templa, fora, domos, exstruerent, laudando promptos, castigando segnis: ita honoris aemulatio pro necessitate erat. Iam vero principum filios liberalibus artibus erudire, et ingenia Britannorum studiis Gallorum anteferre, ut qui modo linguam Romanan abnuebant, eloquentiam concupiscerent. Inde etiam habitus nostri honor et frequens toga; paulatimque discessum ad delenimenta vitiorum, porticus et balnea et conviviorum elegantiam; idque apud imperitos humanitas vocabatur, cum pars servitutis esset871.
Ove tutto ciò non fu possibile, come avvenne ad esempio nelle Highlands scozzesi872, quando
i Romani incontrarono strutture sociali più resilienti all'opera di romanizzazione la repressione, per quanto dura, non bastò a spegnere l'ardore combattivo delle popolazioni
locali, che non svendettero la loro libertà per i vantaggi materiali offerti dalla pax Romana873.
870Millett, M. (1990); Salway, P. (1981), pp. 505 – 739; Liversidge, J. (1968); Frere, S. (1967), pp. 303 – 334. 871Tacito, Agricola, XXI; Gozzoli, S. (1987), pp. 81 – 108.
872Dove la tradizione locale fu refrattaria a qualsiasi forma di romanizzazione, come sembra confermato anche
dalla costruzione delle case, che continuarono ad essere edificate secondo schemi tradizionali nonostante la diffusione, in aree limitrofe, dei modelli di tipo mediterraneo: Hanson, W. S., Scotland and the Northern
Frontier, p. 138.