1. Vespasiano invade la Galilea
L'esercito e le fortificazioni di Giuseppe furono messe alla prova molto presto, perchè l'esercito di Agrippa II aveva cinto d’assedio Gamala, una delle città fortificate più importanti per il mantenimento del cordone difensivo in Galilea. La città, però, riuscì a resistere alle truppe regie nonostante sette mesi di blocco1160.
Nerone, frattanto, informato dello scoppio della rivolta e del disastro di Beth – Horon, decise di inviare Tito Flavio Vespasiano a domare la rivolta.
Le ragioni di tale scelta sono diverse. Innanzitutto Vespasiano era un generale di spessore
politico apparentemente mediocre, quindi ritenuto affidabile e poco pericoloso1161. Inoltre,
morto Corbulone, egli era in quel momento uno dei generali con il curriculum migliore; e,
come è stato notato1162, il tipo di resistenza che i Romani si aspettavano di trovare in Giudea,
somigliava molto a quello incontrato da Vespasiano in Britannia. In entrambi i casi, infatti, la conquista doveva passare attraverso l'espugnazione dei numerosi centri fortificati in mano ai nemici; e, anche se le difese degli Ebrei erano più solide e sofisticate, dal punto di vista strategico le due campagne si assomigliavano molto.
Inoltre, i Romani avevano constatato sulla loro pelle la pericolosità delle bande guerrigliere ebraiche, le cui capacità combattive erano molto elevate. Oltre a saper applicare i criteri tipici
della guerra irregolare, questi gruppi erano composti da uomini ben addestrati1163 e, in molti
casi, equipaggiati con armi di buona qualità1164 , provenienti dalla spoliazione degli arsenali
regi e dalla spoliazione dei caduti nemici1165. Dopo Beth – Horon, ad esempio, gli Ebrei
ebbero a disposizione un intero arsenale, costituito da armi leggere e pesanti.
Consapevoli di tali realtà, i Romani temevano di dover combattere una guerra non convenzionale e, visto che Vespasiano, come detto supra, si era confrontato con successo
1160Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, IV, 1, 2 (10); Idem, Vita, 24, (114). 1161Svetonio, Vita di Vespasiano, IV, 5; Goodman, M. (2009), pp. 497 – 498. 1162Levick, B. (1999), pp. 28 – 30.
1163Ad esempio, a proposito della banda di Giovanni di Giscala, Giuseppe, La guerra giudaica, II, 21, 1 (589),
dice che essa era composta da 400 uomini, tutti con esperienza di guerra. Non dobbiamo poi dimenticare la presenza dei soldati erodiani che passarono dalla parte degli insorti, offrendo loro tutto il loro bagaglio di conoscenze marziali.
1164Price, J. J. (1992), pp. 236 – 237.
contro le tattiche non ortodosse dei Britanni, egli era sicuramente l'uomo adatto per riportare la provincia sotto il controllo romano.
Vespasiano raggiunse celermente la Siria e cominciò a raccogliere le truppe. Mentre il figlio
Tito si recava ad Alessandria per prelevare la legio XV Apollinaris1166 e condurla a Tolemaide,
in Siria Vespasiano richiamò la V Macedonica e prelevò dall’esercito della provincia la
migliore delle legioni di stanza sull’Eufrate: la X Fretensis1167, tutte unità di veterani con
grande esperienza di guerra.
La XV era normalmente di stanza a Carnuntum, in Pannonia, a sorvegliare uno dei confini più “caldi” dell’impero; la V Macedonica era acquartierata in Mesia, sul Danubio, un’altra zona ad alto rischio; entrambe erano in marcia verso le loro basi dopo la fortunata spedizione di
Corbulone contro i Parti1168 e, quando furono richiamate da Vespasiano, tornarono in Oriente
per la nuova campagna militare. Oltre alle legioni, Vespasiano condusse in Galilea 18 coorti ausiliarie e 5 ali di cavalleria.
Il generale seguì la strada usuale per invadere la Galilea, passando prima per Tolemaide, dove fu raggiunto da Tito e dalla sua legione, poi da Cesarea dove raccolse altre 5 coorti e un’ala di cavalleria.
Le coorti di Cesarea comprendevano anche i Sebasteni1169, i quali dotavano Vespasiano di una
forza armata temibile e in possesso di una conoscenza dettagliata del territorio.
I re alleati inviarono a loro volta le seguenti unità: Antioco, Agrippa e Soemo fornirono ciascuno 2000 arcieri a piedi e 1000 cavalieri; l’arabo Malco inviò 1000 cavalieri e 5000 arcieri1170, che portarono il totale delle truppe a circa 60000 unità.
Ancora prima che i Romani varcassero i confini della Galilea, Vespasiano ricevette gli
emissari della città di Sepphoris, la più importante della regione, da sempre filoromana1171, i
quali gli chiesero di inviare una guarnigione presso di loro. Il generale mandò a Sepphoris il
tribuno Placido con 6000 fanti e 1000 cavalieri1172.
Placido, lasciati i fanti a presidiare la città, iniziò una feroce vastatio agrorum, caratterizzata
da numerose e imprevedibili scorrerie, effettuate senza prendere prigionieri1173, e respinse con
1166Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 1, 3 (8). 1167Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 4, 2 (65).
1168 Tacito, Annali, XV, 25 ss; Levick, B. (1999), p. 29; Smallwood, E. M. (1981), p. 306; Goodman, M. (2009),
pp. 484 – 485.
1169 Schürer, E. (1985), p. 469.
1170 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 4, 2 (65 – 69). 1171Meyers, E. M. (2002), pp. 110 – 120.
1172 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 4, 1 (59); Schürer, E. (1985), p. 604. 1173Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 6, 1 (110).
facilità tutti i tentativi degli uomini di Giuseppe di fermarli1174. Ai difensori della Galilea non
restò dunque altra scelta che rifugiarsi nelle città fortificate, le uniche che potessero proteggerli dalle incursioni della cavalleria.
Nonostante questo inizio poco incoraggiante, i Galilei riuscirono a cogliere una vittoria inaspettata quando Placido, con le poche forze a sua disposizione, forse imbaldanzito dai precedenti successi, cercò di conquistare la munitissima città di Iotapata con un colpo di mano. I Galilei, però, non si fecero sorprendere e, usciti in massa dalla città, attaccarono all'improvviso i Romani, cogliendoli alla sprovvista: la fanteria pesante romana fu attaccata e messa in difficoltà da una grande quantità di nemici armati alla leggera, che evitavano il corpo a corpo e preferivano colpire i Romani con armi da getto. Giuseppe, in questo frangente, non accenna alla presenza della cavalleria romana ed è probabile che Placido non l’avesse portata con sé a causa del terreno montuoso su cui sorgeva Iotapata.
Resosi conto dell’impossibilità di sconfiggere i Galilei, Placido decise saggiamente di ritirarsi. A differenza di quanto era successo a Beth – Horon, quella guidata da Placido fu una manovra estremamente ordinata: i Romani si ritirarono combattendo senza cadere in preda al
panico e senza rompere lo schieramento1175.
Alla fine della battaglia, i Romani lamentarono sette morti e molti feriti mentre i loro assalitori ebbero solo tre caduti e pochi feriti. Al di là delle cifre, la vittoria spettava ai Galilei,
i quali dimostrarono con i fatti la loro fama di combattenti irriducibili1176 e fecero capire ai
Romani che la guerra sarebbe stata dura e prolungata.
Vespasiano, poco tempo dopo, entrò con il resto dell’esercito in Galilea. Flavio Giuseppe descrive ammirato l’ordine di marcia dell’esercito nemico: in testa avanzava la fanteria leggera con il compito di esplorare i boschi e sventare le imboscate. Subito dopo venivano le truppe pesanti sia a piedi sia a cavallo. Dietro di loro dieci uomini per ogni centuria che scortavano i bagagli e gli strumenti per la misurazione e la costruzione dell’accampamento e i genieri delle strade. Seguivano le salmerie, protette da una buona scorta di cavalleria, seguite dall’alto comando dell’esercito e dalla sua scorta di uomini scelti. Veniva poi la cavalleria legionaria, la quale precedeva le macchine ossidionali. Dietro queste ecco la fanteria
1174Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 4, 1 (60).
1175Keegan, J. (2005), p. 333; Von Clausewitz, K. (1970), I, IV, XIII, pp. 316 – 318. 1176 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 3, 2 (41 – 43).
legionaria disposta su sei file. Chiudeva la colonna la massa dei servi1177 protetta da una
retroguardia composta da un corpo misto di fanti e cavalieri1178.
Giuseppe si mosse alla testa del suo esercito per bloccare l’avanzata romana; ma presso il villaggio di Garis, ai confini settentrionali della Galilea, i suoi soldati fuggirono prima ancora
di aver visto il nemico1179, ciò che prova l’ingenuità tattica di Giuseppe e dei suoi tentativi di
insegnare in breve tempo l’arte della guerra romana ai suoi uomini1180.
Vespasiano raggiunse senza difficoltà la piccola città di Gabara e, dopo averla conquistata al
primo assalto1181, diede mano libera ai suoi soldati, che, per vendicare i caduti di Beth –
Horon, massacrarono la popolazione dell'abitato e devastarono il circondario.
Come abbiamo detto, Vespasiano faceva procedere il suo esercito con calma, senza compiere mosse azzardate e senza lasciare nulla all'improvvisazione.
Lo stesso ordine di marcia, teso a offrire la massima protezione alle diverse parti della colonna, testimonia una strategia intelligente e metodica, che teneva in grande considerazione le capacità degli avversari.
Vespasiano, durante l’intera campagna, cercò di tenere unito l’esercito1182. Nonostante ci si
aspettasse una resistenza non convenzionale, i Romani si accorsero presto che la riconquista della provincia sarebbe passata attraverso una serie di assedi, e dunque la scelta di Vespasiano appare giustificata dalla volontà di espugnare le munite rocche ebraiche investendole con la potenza del suo esercito. E tuttavia, come detto supra, non mancarono le devastazioni del territorio operate da colonne veloci in grado di spargere terrore e distruzione.
Quanto a Giuseppe, resosi conto del pericolo che correva la Galilea, chiese rinforzi a Gerusalemme ma non ottenne risposta.
Vespasiano continuò la sua penetrazione in territorio nemico dirigendosi verso Iotapata, dove era concentrato un gran numero di nemici, e che costituiva la base fortificata più importante della Galilea centro – occidentale. Giuseppe, partito da Tiberiade, vi giunse per dirigerne la difesa.
1177 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 6, 2 (115 – 126).
1178 Connolly, P. (1998), pp. 238 – 242; Le Bohec, Y. (2003), pp. 168 – 172. Flavio Giuseppe parla anche di
mercenari, ma poiché i Romani non ne facevano uso, probabilmente lo storico avrà fatto confusione scambiando i servi e i mercanti che seguivano l’esercito per truppe prezzolate.
1179Flavio Giuseppe, La guerra giudaica , III, 6, 3 (127 – 131); Schürer, E. (1985), p. 597. 1180 Stevenson, G. H. (1975), p. 520; Momigliano, A. (1992b), p. 402.
1181Gabara non rientra nella lista delle città fatte fortificare da Giuseppe: Smallwood, E. M. (1981), p. 307. 1182 Momigliano, A. (1992b), p. 402. Secondo Goodman, M. (1995), pp. 263 – 264, tale scelta strategica sarebbe
frutto di inesperienza, ma i fatti tendono a dimostrare il contrario. Cfr. Sun Tzu, L'arte della guerra, XI, cfr. Sawyer, R. D. (ed.) (1999), pp. 167 - 174; Von Clausewitz, K. (1970), I, III, XI, p. 216.
Vespasiano inviò dapprima fanti e cavalieri a spianare la strada. In seguito, informato dell’arrivo di Giuseppe, inviò Placido e il decurione Ebuzio con 1000 cavalieri per controllare che nessuno lasciasse la città.
Alla fine di maggio del 66 il legato si presentò in forze davanti a Iotapata.
2. L'assedio di Iotapata
Iotapata1183 occupava una posizione molto forte su un monte dalle pareti scoscese1184. La città
era circondata su tre lati da profondi burroni; e solo il lato rivolto a nord era accessibile, anche
se l’unica pista d’accesso era un dirupato sentiero di montagna1185.
Con la sua posizione strategica, le sue forti mura1186 in grado di proteggere uomini e
vettovaglie, Iotapata assumeva il doppio ruolo di protettrice della regione e punto centrale
della popolazione in armi1187, un luogo cioè dove i ribelli potevano alloggiare al sicuro, curare
i feriti, equipaggiarsi e rifocillarsi, un caposaldo che doveva a tutti i costi essere conquistato per assicurarsi il controllo della Galilea.
Vespasiano pose l'accampamento a nord della città, di cui bloccò tutti gli accessi con un doppio cordone di fanti ed un terzo anello di cavalieri e, fatti riposare i suoi uomini, decise di tentare un assalto in forze. Gli Ebrei si prepararono ad accogliere i nemici schierando una parte delle loro forze sulle mura e un’altra fuori dalla città a ridosso delle fortificazioni, in modo da poter colpire i nemici sia frontalmente sia dall’alto.
L'attacco ebbe luogo il giorno dopo. I Romani incontrarono una feroce resistenza da parte degli Ebrei accampati davanti alle mura e, visto che il corpo a corpo si rivelava troppo
dispendioso, Vespasiano decise di far ritirare i fanti e bersagliare i nemici con i suoi arcieri1188
e frombolieri. Giuseppe, per evitare che i suoi uomini, allo scoperto e senza protezioni adeguate, venissero decimati, organizzò una sortita in grande stile, che piombò sui Romani riaccendendo la mischia. Solo dopo molte ore i due schieramenti si separarono. I Romani ebbero 13 morti e moltissimi feriti, gli Ebrei accusarono 17 morti e 600 feriti ma l’assalto era stato respinto: i ribelli avevano vinto il primo round1189.
1183Nei pressi dell'attuale Moshav Yodefat, Aviam, M. (2002), p. 121. 1184 Adan – Bayewitz, D. - Aviam, M. (1997), pp. 131 – 165.
1185Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 7 (158 – 160).
1186Le fortificazioni più importanti erano quelle rivolte a nord, dove la città era più vulnerabile; sembra che una
parte delle mura fosse stata costruita da Giuseppe secondo il sistema “a casematte” particolarmente indicato per resistere ai colpi di ariete, Aviam, M. (2002), pp. 122 – 123.
1187 Von Clausewitz, K. (1970), II, VI, X, p. 508.
1188Sono stati ritrovate sul posto molte punte di freccia e resti di proiettili di macchine d'assedio: Aviam, M.
(2002), pp. 128 – 129.
Il secondo giorno fu in pratica una replica del primo: nonostante il valore dimostrato da entrambe le parti in assalti e sortite, la giornata si concluse con un nulla di fatto1190.
Vespasiano, viste le capacità di resistenza dei nemici, decise di intensificare le operazioni d’assedio e ordinò la costruzione di un terrapieno1191. Il generale dispose 160 macchine
lanciamissili, tutti gli arcieri arabi e i frombolieri in linea di tiro, ordinando loro di effettuare un tir de barrage contro i difensori posizionati sulle mura, in modo da coprire i loro
commilitoni, che, al riparo delle vineae, iniziarono i lavori di costruzione del terrapieno1192.
La copertura delle vineae riusciva a proteggere i legionari dai tiratori ebrei disposti sulle mura e, di conseguenza, Giuseppe fece nuovamente ricorso alle sortite, effettuate “a gruppi come di
briganti” (λῃστρικώtερον κατὰ λόχους)1193. Le tattiche dei “briganti”, tanto biasimate da
Giuseppe, divennero lo strumento che, più di ogni altro, riuscì a prolungare la resistenza di Iotapata e a infliggere le perdite più sensibili ai Romani.
Le sortite dei gruppi armati ebrei riuscivano infatti a strappare via le vineae e a colpire gli sterratori romani senza che questi avessero il tempo di reagire. Vespasiano provò a unire tutti i ripari dei terrapieni, in modo da avere una linea di difesa senza falle ma, anche in questo modo, non riuscì a fermare le incursioni nemiche, che facevano sfoggio di tutti gli strumenti forniti dalla guerra non ortodossa: “ogni giorno si verificavano attacchi a piccoli gruppi che
facevano ricorso a tutte le tattiche del brigantaggio, depredando ciò che trovavano e appiccando il fuoco a tutto il resto”1194.
Le perdite dei Romani erano gravi perchè, anche quando i legionari riuscivano a respingere gli incursori, l'armamento pesante non consentiva loro di inseguirli, così che i Giudei
riuscivano sempre a causare qualche danno, spesso senza subirne alcuno1195.
Dato che gli assalti diretti non avevano avuto esito positivo, quando Giuseppe riuscì ad innalzare le mura, per evitare gli attacchi provenienti dal terrapieno Vespasiano ordinò il
blocco della città, con l'obiettivo di prenderla per fame1196. Tuttavia, nonostante la penuria
d'acqua e di viveri causata dal blocco romano, gli Ebrei, servendosi di un passaggio segreto1197, riuscirono ad introdurre rifornimenti in città. Quando i Romani, finalmente,
bloccarono il passaggio, pensarono che la città fosse allo stremo e pronta ad arrendersi.
1190Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 6 (155 – 157). 1191Aviam, M. (2002), pp. 126 – 127.
1192Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 8 - 9 (161 - 169). 1193Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 9 (169).
1194Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 11 (177 – 178): “καθ᾽ ἡµέραν ἐγίνοντο συµπλοκαὶ κατὰ
λόχους ἐπίνοιά τε λῃστρικὴ πᾶσα καὶ τῶν προστυχόντων ἁρπαγαὶ καὶ τῶν ἄλλων ἔργων πυρπολήσεις”.
1195Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 18 (207 – 208). 1196Gichon, M. (2002), pp. 50 – 51.
Giuseppe, per invogliare i nemici a riprendere gli assalti, in modo da poter infliggere loro più perdite, li convinse, con un espediente, che in città c'erano viveri e acqua in abbondanza, sì
che Vespasiano ordinò la ripresa della costruzione del terrapieno1198.
Gli Ebrei ebbero dunque la possibilità di ricominciare le incursioni contro le truppe nemiche impegnate nei lavori, ed obbligarono Vespasiano a correre ai ripari. Il generale vietò ai suoi uomini di impegnarsi negli scontri diretti con “uomini votati alla morte” (θανατῶσιν
ἀνθρώποις) e ordinò un maggior coinvolgimento delle truppe armate di archi e fionde e delle
macchine da guerra, in modo da bloccare le incursioni nemiche senza ingaggiare combattimenti all'arma bianca.
La strategia, nonostante il valore degli Ebrei, diede i suoi frutti e, quando il terrapieno fu completato, Vespasiano fece entrare in funzione l’ariete.
La macchina cominciò a martellare le fortificazioni; ma Giuseppe seppe limitarne i danni calando dei sacchi di crusca nel punto d'impatto e riuscendo, in questo modo, a rallentare l’azione dei nemici. Questi, dal canto loro, reagirono tagliando con lunghe falci le corde che reggevano i sacchi di crusca e l’ariete ricominciò a colpire. Giuseppe allora ricorse al fuoco. Organizzò una sortita che colpì i Romani in tre punti diversi e, volti in fuga i reparti avanzati della X legione, gli Ebrei appiccarono il fuoco all’ariete, alle macchine e alle strutture lignee
del terrapieno1199. Per far diffondere meglio le fiamme, utilizzarono una mistura di bitume,
pece e zolfo, che contribuì in misura determinante alla propagazione dell’incendio. Anche l’ariete fu danneggiato: un valoroso Galileo colpì la testa della macchina con un enorme macigno e riuscì addirittura a portarla in città prima di cadere ucciso da una scarica di frecce. Nello scambio di proiettili, lo stesso Vespasiano, che si avvicinava spesso alle mura per guidare personalmente gli assalti dei suoi soldati, fu ferito al piede da una freccia1200.
I Romani però non si fermarono; anzi, volendo vendicare il loro generale, aggiustarono l’ariete e intensificarono il tiro delle macchine e degli arcieri uccidendo decine di difensori. Coperto da un tale tiro di sbarramento, che durò tutta la notte, l’ariete riuscì infine ad aprire una breccia nelle mura.
Vespasiano ordinò allora di collocare i ponti mobili in prossimità della breccia e dispose le sue truppe per l’assalto. Fatti smontare i cavalieri più valorosi, li collocò in prima linea in una formazione chiusa e compatta armata di lancia; in seconda fila dispose la parte più valida
1198Gichon, M. (2002), p. 52. 1199Gichon, M. (2002), p. 53.
1200 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica, III, 7, 22 (236); Svetonio, Vita di Vespasiano, IV. Svetonio dice che
della fanteria e in ultima fila collocò gli arcieri. Il resto della cavalleria fu disposto attorno alla città per intercettare eventuali nemici in fuga, mentre ad altri soldati fu comandato di assalire il muro con le scale, in modo da tenervi impegnati i difensori, distogliendoli dal punto d'assalto principale1201.
Giuseppe, aspettandosi una simile manovra, piazzò sulla mura i soldati meno validi, e tenne i migliori davanti alla breccia, pronti a balzare sui ponti romani e ad affrontare i nemici bloccandoli con i loro stessi apparecchi1202.
Lanciato l’urlo di guerra, i Romani raggiunsero la breccia e impattarono con lo schieramento nemico. All’inizio lo scontro si mantenne in equilibrio; ma, mentre i Romani, applicando la rotazione dei reparti tipica della loro tattica, avevano sempre truppe fresche nella zona di uccisione, gli Ebrei si esaurivano in quella mischia senza tregua e cominciarono a perdere terreno1203.
A questo punto, secondo Giuseppe, i Romani, forse per proteggersi meglio da attacchi che provenivano da tutti i lati e dall'alto, adottarono la formazione a testuggine, con la quale
continuarono a penetrare nella breccia delle mura.
Giuseppe ebbe allora l’ennesimo lampo di genio. Applicando (inconsapevolmente) l’essenza
del concetto cinese di “vacuità e sostanza”1204, non attaccò un nemico corazzato con uomini
armati allo stesso modo, non oppose la durezza alla durezza, ma utilizzò la fluidità nel senso più letterale del termine: versò sul tetto di scudi della testuggine olio bollente. L’olio si infiltrò negli interstizi tra gli scudi e nelle fessure delle armature, scompaginando la testudo e
ustionando orribilmente decine di soldati1205.
Gli uomini delle prime file, feriti, senza più assetto e senza protezione dai colpi vibrati dall’alto, pressati davanti dai nemici e alle spalle dalla spinta dei loro commilitoni, subirono forti perdite ma, nonostante tutto, i Romani continuarono ad avanzare sui ponti.
Giuseppe riuscì tuttavia a respingerli ancora una volta gettando sui ponti fieno greco bollito, una leguminosa ricca di grassi, che, una volta bollita, sprigiona sostanze vischiose: grazie a questa piccola pianta i ponti diventarono estremamente scivolosi e quindi inservibili1206.
Vespasiano fu allora costretto a ordinare la ritirata.
1201Sorek, S. (2008), pp. 79 – 80. 1202Gichon, M. (2002), p. 54.
1203 Flavio Giuseppe, La guerra giudaica III, 7, 27 (270).
1204 Sun Tzu, L'arte della guerra, VI, cfr. Sawyer, R. D. (ed.) (1999), pp. 133 – 136. 1205Gichon, M. (2002), pp. 55 – 56.
Giuseppe aveva ottenuto una grande vittoria, che appare tanto più incredibile se pensiamo che egli non era un militare ma uno studioso appartenente alla classe sacerdotale.
Probabilmente la sua grande cultura letteraria comprendeva anche la conoscenza delle
manovre difensive esposte nei trattati di poliorcetica1207, che erano presenti nelle biblioteche e
facili da reperire, e il cui uso, da parte di una mente dall'intelligenza brillante e creativa, poteva portare a risultati eclatanti come quelli appena descritti.