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La John Cabot University (JCU) e l’Institute for Entrepreneurship (IFE)

Nel documento DAL LUOGO ALLA PERSONA (pagine 139-143)

6. Educazione all’imprenditorialità: la nascita delle startup

6.5 La John Cabot University (JCU) e l’Institute for Entrepreneurship (IFE)

Entrepreneurship (IFE)

La John Cabot University è un’università privata americana fondata nel 1972 con se-de nel quartiere di Trastevere a Roma. Il nome se-dell'Università è un omaggio all'esplo-ratore italiano Giovanni Caboto, famoso per aver continuato l’opera di Cristoforo Colombo.

La John Cabot, una delle più grandi università americane in Italia, si distingue per l’internazionalità del corpo docente e degli studenti (provenienti da oltre 60 paesi). Essa unisce l’approccio pragmatico allo studio teorico e privilegia uno stretto rappor-to con il mondo del lavoro, prestando grande attenzione agli sbocchi professionali per gli studenti che scelgono di iniziare una carriera dopo la laurea anziché prose-guire gli studi.

L’Università, che rilascia il solo titolo di Bachelor of Arts (B.A.), offre tredici corsi di laurea quadriennale americana in ambito economico, umanistico e politico e rilascia diplomi dichiarati validi per l'ammissione ai corsi di laurea specialistica e a Master di primo livello delle università italiane, nonché alla partecipazione a concorsi pubblici. La JCU è formata da vari dipartimenti/istituti deputati a sviluppare le competenze specifiche per ambito tematico che portano gli studenti non solo ad apprendere no-zioni teoriche ma anche competenze pratiche per l’accesso al mondo del lavoro. Tra i più attivi c’è l'Istituto per l'imprenditorialità, Institute for Entrepreneurship (IFE), coordinato dalla Professoressa Pulino che è stato istituito per promuovere le migliori pratiche in materia di imprenditorialità e per aiutare gli aspiranti imprenditori a su-perare le barriere al raggiungimento dei loro obiettivi.

“Uno degli obiettivi dell’IFE è quello di sviluppare in tutti gli studenti un atteggiamen-to entrepreneurial, inteso come la capacità di individuare le giuste opportunità, chia-mare a raccolta le risorse necessarie e gestire l’alto grado di incertezza che caratteriz-za le iniziative imprenditoriali. Vediamo lo sviluppo di un atteggiamento

entrepreneu-rial come una competenza per la vita, e in quanto tale cerchiamo di creare un

am-biente che consenta una full immersion su questa tematica. Sicuramente vogliamo dare ai nostri laureati la capacità di essere imprenditori di sé stessi, sia che facciano startup, che lavorino per una grande azienda, o che si dedichino a progetti sociali. Ciò significa sviluppare conoscenze, competenze ed esperienze»,

afferma la Prof.ssa Pulino, Assistant Professor of Business Administration, Director of JCU Institute for Entrepreneurship. Gli obiettivi principali dell'Istituto sono fornire istruzione e formazione nei fondamenti delle migliori pratiche imprenditoriali per costruire una forte rete internazionale di soggetti con una mentalità imprenditoriale nella comunità JCU.

In linea con la sua missione, l'Istituto è il prodotto della collaborazione di figure di alto livello tra docenti, esponenti del mondo degli affari, rappresentanti delle impre-se locali, comunità impre-senza scopo di lucro.

• offerta accademica in materia di imprenditorialità e di discipline ad essa correla-te;

• eventi di networking come incontri e conferenze su argomenti relativi all’imprenditorialità, per facilitare lo scambio tra i membri della comunità uni-versitaria e l’esterno;

servizi mirati come laboratori, stage, consulenza e mentoring.

La filosofia dei corsi si basa, oltre che sull’apprendimento nozionistico, su competen-ze pratiche come esplorare – imparare – fare – costruire, finalizzate al “lancio” di idee imprenditoriali.

A questo scopo, oltre ai tradizionali corsi, l’Istituto propone:

Il Certificate in Entrepreneurship, che consente agli studenti di avvicinarsi a questo mondo dell’impresa senza vincolare il proprio percorso formativo; • Il Minor in Entrepreneurship (un Minor consiste in 6 corsi in una disciplina

di-versa dal proprio programma di laurea) per chi volesse approfondire la tematica; • Il programma Learn-Do-Share, che porta in aula progetti reali sui quali gli stu-denti lavorano, in qualità di consulenti, seguiti dal docente; «oltre a rappresen-tare un’esperienza indimenticabile per gli studenti, questo programma crea un vero valore aggiunto per le startup della nostra comunità» (Prof.ssa Silvia Puli-no).

Dal punto di vista dell’entrepreneurship, la John Cabot ha rapporti diretti con i mag-giori esponenti del mondo startup della regione Lazio. L’università ha da sempre una vocazione di integrazione con il territorio e organizza molte iniziative e visite in al-cune delle principali eccellenze imprenditoriali del territorio.

Ogni semestre, venti imprenditori del territorio capitolino sono in classe per condivi-dere la loro esperienza con gli studenti e per conoscere i giovani futuri imprenditori. «Il raccordo con le necessità territoriali avviene attraverso la stretta collaborazione con un altro centro di eccellenza della JCU, il Career Services Center, che ogni seme-stre apre 500 posizioni (stage/lavoro) in una rete di oltre 400 aziende e organizza-zioni partner»(Pulino). Queste attività parallele permettono inoltre agli studenti di scegliere i corsi (Minor) in base alle competenze che hanno bisogno di acquisire per soddisfare le loro ambizioni imprenditoriali, e quindi non solo imparare ma anche sviluppare la propria idea di business e la possibilità di lanciare una startup prima del conseguimento della laurea; gli studenti sono seguiti individualmente dal direttore dell'Istituto, così come dai loro Advisor e professori.

Un riconoscimento non solo utile, ma anche premiante per accompagnare gli stu-denti durante il percorso di studio, e poi nella loro carriera, è il Certificate in

Entre-preneurship che dà la possibilità agli studenti che abbiano seguito almeno un corso,

partecipato a tre eventi di networking e scritto un breve paper, di approfondire e di-ventare più competenti in materia di imprenditorialità. Tramite il virtuoso meccani-smo del Learn-Do-Share, il corso universitario dà inoltre la possibilità di cimentarsi nella pratica risolvendo, attraverso le conoscenze acquisite in aula problematiche reali legate alla vita aziendale. Inoltre, gli stage offerti dalle startup già esistenti rap-presentano un'opportunità per gli studenti per “toccare con mano” cosa significa es-sere imprenditore (i ritmi di lavoro, gli ostacoli, le opportunità, le competenze

neces-sarie ecc...). «La fitta rete di rapporti che riusciamo ad intessere attraverso le varie iniziative ci porta anche la possibilità di creare opportunità di stage e di lavoro pres-so le startup con cui collaboriamo; al momento, i nostri Career Fair97 dedicano il 20% dello spazio a rappresentanti del mondo delle startup e dell’innovazione» (Pulino). Per rafforzare la capacità di interagire con il mondo esterno in campo professionale e personale, la John Cabot per i suoi studenti ha ideato l’Elevator pitch, un modo ra-pido di “raccontare” il proprio progetto, la propria idea imprenditoriale, una causa sociale o anche le proprie qualifiche professionali catturando l'attenzione di un'altra persona proprio come farebbe un imprenditore con un investitore se si trovasse per caso con lui in ascensore (elevator). L'imprenditore, infatti, si troverebbe costretto a descrivere sé stesso e la propria attività sinteticamente, ma con efficacia, per convin-cere l'investitore della sua idea nei limiti di tempo imposti dalla corsa in ascensore (circa 5 minuti). Gli studenti vengono invitati a partecipare alle Elevator pitch

Com-petition dai professori perché il 5% della votazione finale del corso sarà influenzato

da tale partecipazione.

«Il DNA americano della nostra università ci porta a inseguire i modelli di eccellenza in un settore in cui gli americani sono da sempre pionieri; inoltre, l’internazionalità che ci caratterizza ci fa cogliere anche nuovi sviluppi che nascono in altri paesi mol-to progrediti in ambimol-to startup, come potrebbero essere Israele o i paesi scandinavi. Naturalmente, essendo la nostra una realtà molto particolare, dobbiamo sempre adattare modelli esterni alle nostre esigenze» (Pulino).

Gli studenti della JCU possono organizzarsi secondo tre diverse tipologie di associa-zioni: i Club, organizzazioni studentesche ufficialmente riconosciute che svolgono attività legate ad interessi sociali o culturali specifici della comunità degli studenti; le

Society, ossia organizzazioni riconosciute affiliate e sostenute dai dipartimenti

uni-versitari di appartenenza (ex Economia Student Society, Computer Science Society) e poi i Groups, studenti che desiderano incontrarsi informalmente e condividere inte-ressi. Sia i Club che le Society non possono operare in modo autonomo ma necessi-tano di una struttura formale, di un atto costitutivo e sono sottoposte al controllo e alle indicazioni dello Student Service, struttura che gestisce i servizi extra curriculari dell’Università.

I club sono strutturati come una vera e propria company. Ci sono:

«[…] i board member, 4-5 studenti che svolgono la funzione di presidente, vicepresi-dente, tesoriere ecc. L’università contribuisce dando un budget oppure i membri fan-no la raccolta fondi vendendo dolci o altre cose. Ad esempio, il business club ha fatto una raccolta fondi per acquistare il biliardino nella sala ristoro. I club hanno un atto costitutivo e poi svolgono attività rivolte agli altri studenti attraverso dei workshop» (Tabansi, ex studente JC e ideatore della startup Dreamers).

97 Il Career Fair dà l’opportunità a studenti ed ex studenti di conoscere ed incontrare aziende per orientarsi nel mondo del lavoro. Ogni semestre vengono organizzate due fiere, in cui gli studenti hanno inoltre la possibilità di fare esperienze di colloqui presso le aziende e frequentare seminari specifici per mettere a punto CV e lettere di presentazione.

Gli studenti che hanno partecipato alle interviste hanno infatti evidenziato l’importanza della partecipazione alla vita sociale dell’università come caratteristica del sistema universitario americano perché permette di sviluppare delle idee creative indipendentemente dalla tipologia di studi condividendo passioni e hobby, sperimen-tando sé stessi e divertendosi. Questo consente di mettere in pratica per un periodo lungo – tramite simulazioni - le proprie idee e di creare realtà imprenditoriali che potrebbero avere un mercato una volta usciti dall’università rendendosi attivi fin da subito piuttosto che aspettare proposte di lavoro.

Studenti di differenti corsi (Introduction to Entrepreneurship, New Product

Mana-gement, Marketing) collaborano in gruppi (intra-classi) per creare (o migliorare e

po-sizionare) un prodotto e introdurlo nel mercato, ciascuno con le competenze che ac-quisisce nel corso che sta frequentando.

I ragazzi lavorano all'interno e all’esterno dell’aula, dividendosi i ruoli e compiti, coordinandosi, organizzando la propria agenda e le consegne.

Come afferma Pietro Paganini98, professore aggiunto in Business Administration: «Il gruppo lavora in questo modo: si incontrano e comunicano tramite una pagina

Fa-cebook, si aggiornano su cosa sia meglio per lo sviluppo del progetto. In generale,

dopo un incontro realizzano un report che viene inviato al professore quale compito a casa o per un esame».

Il corso o la partecipazione ai club permette agli studenti di sviluppare idee impren-ditoriali innovative che possono portare alla creazione di startup. È ciò che è avvenu-to nel caso della Dreamers nata dall’idea di due studenti che hanno avuavvenu-to la possibi-lità di sperimentare direttamente in un club (Speak up), interno alla JCU, di public

speaking, la propria idea imprenditoriale.

«I club sono aperti dagli studenti perché gli piace qualcosa (scrittura, fotografia o altre passioni). Noi, ad esempio, abbiamo creato il club Speak Up per fare public speaking e quindi condividere con altri studenti quello che ci piaceva e quello che sapevamo fare attraverso esercizi, simulazioni. È un’opportunità per gli studenti, perché invece di aspettare che l’occasione ti arrivi, la crei […] dopo l’università con questa esperienza puoi iniziare veramente qualcosa che ti piace. […]» (Pecchio, ex studente e ideatore della startup Dreamers).

Afferma inoltre Pecchio «il club e la startup sono due realtà diverse ma che possono anche collaborare, nel senso che Dreamers organizza per i laureati dei corsi di spe-cializzazione/workshop aiutando i ragazzi a fare pitch». I corsi di Dreamers sono aperti comunque ad un pubblico più ampio che frequenta la classe per 8 incontri in un mese, senza rilasciare certificazioni/attestazioni formali. La Company, che nel frattempo si sta registrando come startup ufficiale, fornisce un servizio e quindi non necessita di finanziatori esterni per la produzione di un prodotto.

98 Il prof. Paganini era stato intervistato per una precedente ricerca sull’Educazione all’imprenditorialità, con-fluita nel report di ricerca visionabile al link http://goo.gl/U9D9Fk.

L’esperienza risulta particolarmente interessante, perché dà conto dell’intreccio ri-corsivo di esperienze di apprendimento formale, non formale e informale. Il tutto nasce e prende progressivamente forma all’interno di un ambiente di istruzione for-male (la JCU) in cui vengono creati club che assumono i contorni di pratiche ricon-ducibili all’apprendimento informale.

Nel documento DAL LUOGO ALLA PERSONA (pagine 139-143)