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La minimizzazione del rischio in un’economia pastorale

4. Le strategie economiche dei pastori 1 L’abbandono del «nomadismo»

4.2. La minimizzazione del rischio in un’economia pastorale

Le economie pastorali possiedono un insieme ampio ed efficace di strategie di adattamento per far fronte alle crisi. La letteratura economica e antropologica sulla pastorizia ha individuato quattro strategie fondamentali messe in atto dai pastori per minimizzare i rischi connessi all’oscillazione delle risorse alimentari.51

La prima è la mobilità, che è un fattore di adattamento all’ambiente e permette agli animali di sfruttare nicchie ecologiche soggette a una variabilità produttiva nel tempo.52 Essa è di tre tipi:

(1) un movimento lineare, pendolare, tra due punti geografici più o meno distanti. A seconda delle regioni, si tratterà, come abbiamo già visto, di un nomadismo verticale o orizzontale. Tra il pascolo estivo e quello invernale ci potranno essere altri punti di sosta intermedi, come gli accampamenti primaverile ed autunnale;

50 A. Berelowitch, V. Danilov (pod red.), Sovetskaja derevnja glazami

VČK-OGPU-NKVD. Dokumenty i materialy. Tom 2. 1923-1929, Moskva, ROSSPEN, 2000, p. 257.

51 Cfr. Karen Legge, Changing Response to Drought among the

Wodaabe of Niger, in Bad Year Economics: Cultural Responses to Risk and Uncertainty, ed. by P. Halstead, J. O’Shea, Cambridge, Cambridge University Press, 1989; Angelo Maliki Bonfiglioli, Agro- pastoralism in Chad as a Strategy for Survival. An Essay on the Relationship between Anthropology and Statistics, Washington, D.C., The World Bank, 1993; David Arnold, Famine. Social Crisis and Historical Change, Oxford, Basil Blackwell, 1988, p. 48.

(2) un movimento irregolare nelle vicinanze dell’area dell’accampamento stagionale, alla ricerca di pascoli non sfruttati in caso di esaurimento di quelli tradizionali;

(3) la migrazione vera e propria in caso di grave crisi, sia ecologica sia sociale. In quest’ultimo caso la migrazione sarà finalizzata a sottrarsi al controllo dello Stato, uscendo dai suoi confini, oppure alla fuga da una situazione di conflitto con altri gruppi.

La seconda strategia è la diversificazione delle specie animali, fra loro complementari, nel senso che non sfruttano lo stesso ambiente con le stesse modalità, non reagiscono allo stesso modo alle crisi alimentari, non producono cibo nello stesso periodo dell’anno, non sono soggette alle stesse epizootie. Inoltre, non avranno la stessa velocità di riproduzione: una mandria di cammelli si riproduce più lentamente di una di bovini; il maggiore tasso riproduttivo (e quindi la maggiore velocità di ripresa dopo una crisi produttiva) sarà assicurata da pecore e capre – anche così si spiega perché lo stato acquistò quasi solo bestiame di piccola taglia per la ricostituzione del patrimonio zootecnico dopo la crisi del 1928-1933.

La terza fondamentale strategia è quella di accumulare una sufficiente quantità di riserve su cui contare in caso di crisi. Questa accumulazione può essere a breve termine: ogni anno si mette da parte del foraggio per la stagione fredda, nel caso in cui il pascolo sui terreni coperti dalla neve non sia sufficiente, e soprattutto per nutrire animali malati; oppure a lungo termine. In questo caso la ricchezza accumulata sarà il capitale del pastore, il bestiame stesso, che si tenderà a conservare il più possibile, senza venderlo o scambiarlo – e tendenzialmente utilizzando per gli scambi con la popolazione

sedentaria i prodotti dell’allevamento: lana, latticini, ecc.53 Si

53 Fredrik Barth ha messo in evidenza questo fenomeno: «because of the

ricordi a questo proposito quello che diceva Sokolovskij: «I

kazachi risparmiano eccessivamente il bestiame».54 I pastori

sapevano che in media circa ogni dieci anni sarebbero andati incontro a una grave crisi di sussistenza, che avrebbe molto probabilmente decimato il bestiame: era perciò vitale rimanere con una quantità sufficiente a ricostituire le mandrie. Inoltre, l’accumulo di mandrie e greggi consistenti poteva essere funzionale anche a fronteggiare crisi di lieve entità, ad esempio quando era necessario vendere animali per acquistare grani per nutrire la famiglia e/o gli animali rimanenti. Questa strategia era diffusa nelle zone di compresenza di agricoltura sedentaria e pastorizia: le scorte invernali erano infatti trascurate dai kazachi, che in caso di necessità commerciavano con i sedentari.

Il quarto tipo di strategia era l’accesso al mercato. I kazachi scambiavano animali e prodotti dell’allevamento sia con i contadini vicino ai quali vivevano, sia nelle fiere, numerose in primavera in un numero limitato di cittadine in ogni regione. Gli animali più soggetti a transazioni erano capre e pecore, vendute dai pastori per necessità contingenti, e i cavalli. Le strategie di vendita erano stagionali e differenziate – variavano da una regione all’altra e dipendevano dall’importanza delle attività agricole locali, dal ciclo dei lavori agricoli, dalla relazione tra prezzi del bestiame e dei cereali, dalle abitudini alimentari della popolazione e dalle

predominantly to capital maintenance, there is no cut-out of productive effort when a threshold of results is reached – a nomad’s day never ends. One can see the signs of this very widely among nomads, from the “overstocking” of African pastoral areas to the relentless flock-building of reindeer nomads» (Fredrik Barth, A General Perspective on Nomad-Sedentary Relations in the Middle East, in The Desert and the Sown. Nomads in the Wider Society, edited by Cybthia Nelson, Berkeley, Institute of International Studies, University of California, 1973, p. 15). Si veda anche F. Barth, Nomads of South Persia, cit., e F. Barth, Capital Investment and the social Structure of Pastoral Nomad Group in South Persia, in Capital, Saving and Credit in Peasant Societies, ed. by R. Firth and B.S. Yamey, London, Allen & Unwin, 1964.

pratiche mercantili dei sensali. Il commercio più diffusamente praticato si basava sul baratto, meno sulla vendita.

La massimizzazione delle mandrie, la vendita o il baratto di animali solo quando le necessità lo impongono è un comportamento standard dei pastori nomadi in varie parti del mondo. E’ interessante a questo proposito che le mandrie di bestiame fossero usate come “banca”, come garanzia della salvaguardia e della crescita del capitale, non solo da parte dei pastori nomadi. Ad esempio, tra i mercanti tatari presenti nel Turkestan cinese, che tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX costituivano una comunità significativa, era frequente il possesso di ampie mandrie e greggi, che con il loro

incremento naturale assicuravano una rendita.55

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