Un ruolo di fondamentale importanza nel contatto con il minore, testimone o persona offesa all’interno di un processo penale, spetta proprio alle discipline scientifiche, in particolare alla psicologia giuridica e alla psichiatria forense.
Questo perché, data la complessità e la delicatezza della procedura di ascolto del minorenne e di tutte quelle che sono le attività a lui collegate, troviamo coinvolti nel procedimento diversi esperti, quali i periti, i consulenti tecnici di parte, esperti in psicologia o psichiatria infantile e i servizi sociali.
Il ruolo dell’esperto è utile non solo nella valutazione peritale sulla capacità del minore a testimoniare (come abbiamo esaminato precedentemente) ma sarà fondamentale anche per altre funzioni all’interno del procedimento. Ad esempio, l’esperto avrà un ruolo chiave nella fase di escussione del minore in quanto porrà le domande del giudice, pubblico ministero e del difensore direttamente al giovane teste di modo da non turbarne la serenità e indirettamente quindi concorrerà all’opera di valutazione della prova dichiarativa da parte del giudice.
A questo punto, preso atto della grandissima utilità degli studi scientifici in questa materia, si deve però segnare delle linee di confine tra le diverse figure che, a vario titolo, esercitano un ruolo all’interno del
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processo penale e in particolar modo ci soffermeremo sulla fondamentale distinzione tra il ruolo del giudice e quello dell’esperto.
Pare opportuno sgomberare fin da subito il campo da possibili fraintendimenti relativi all’apporto che tali scienze sono in grado di offrire al processo penale e sottolineare come esse rappresentino un “ausilio”, un qualificato ed indispensabile supporto ad un’attività che è preordinata alla pronuncia di una decisione, la quale non può che restare sempre e comunque di competenza di un tecnico del diritto, ossia del giudice.86
Il ruolo dell’esperto è quello di riuscire a fare esprimere e a far raccontare al minore l’accaduto nel modo più attendibile possibile, possiamo affermare che “il minore sa ma non sa dire” e allora il ruolo dell’esperto è far riuscire al minore a raccontare, mentre al giudice rimarrà la responsabilità dell’ascolto.
La scienza avrà il compito di valutare la capacità del minore a testimoniare, potrà garantire la serenità psicofisica del minore durante il processo anche tramite la correttezza dei metodi utilizzati per l’escussione del testimone ma quello che non potrà fare è surrogarsi al ruolo del giudice a cui spetta il vaglio della prova dichiarativa e la sua valutazione di attendibilità. La perizia darà una serie di informazioni che poi concorreranno a dare al giudice un’idea del quadro psicologico del
86 F.TRIBISONNA, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato
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minore e poi il giudice si esprimerà in merito all’attendibilità del test, al contrario il perito è chiamato a esprimersi su quella che è la “credibilità clinica” del minore.87
Il giudice, da parte sua, non potrà sottrarsi dall’incombente e difficilmente esercitabile compito della fase valutativa della prova, non potendo demandare all’esperto compiti e responsabilità che sono di sua competenza.
Sul punto la Cassazione ha affermato che “ il giudice può fare ricorso ad un indagine tecnica che fornisca dati inerenti al grado di maturità psichica del teste minore vittima di abusi sessuali, solo al fine di valutarne l’attitudine a testimoniare, ovvero la capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessiva che non sia compromessa dalla presenza di eventuali alterazioni psichiche, ma non anche per valutare ed accertare l’attendibilità delle risultanze della prova testimoniale, poiché tale operazione rientra nei compiti esclusivi del giudice”.88
Solo il giudice, quindi, avrà l’arduo compito di valutare l’attendibilità del giovane, attraverso l’analisi delle condotte del testimone, dell’esistenza di riscontri esterni e la valutazione di tutti gli elementi che confermino la sua attendibilità intrinseca ed estrinseca.89
88 Cass., Sez. III, 20/11/2015, n 28932
89 F.TRIBISONNA, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato
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Il giudice “vagliando la testimonianza nel coacervo degli altri elementi probatori, facendo buon governo delle tecniche decisorie di suo esclusivo appannaggio, ne stabilirà la congruenza, la rilevanza probatoria e l’attendibilità, stimata in relazione alle modalità espositive del piccolo dichiarante, cogliendone la spontaneità e la coerenza nell’esposizione di fatti avulsi dalla realtà per cui si procede”,90 quindi
in tema di giudizio la valutazione delle prove acquisite compete solo e soltanto al giudice che la esercita secondo il principio del libero convincimento. Il sapere scientifico esterno ha “esclusivamente valenza strumentale ed integrativa delle conoscenze giudiziali e può assumere rilevanza solo ove il giudice ne apprezzi l’assoluta necessarietà ovvero la funzionale imprescindibilità ai fini della decisione”91, quindi il
risultato delle indagini tecnico-scientifiche sulla personalità del minore non avrà nessuna valenza ai fini decisionali ma è un dato non ignorabile dal giudice nella formazione del suo convincimento e nella redazione della motivazione della sentenza.
I giudici non devono fare però l’errore di considerare come giudizio oracolare quello dell’esperto, devono porsi sempre in maniera critica verso quest’ultimo, anche se è inevitabile la reciproca influenza fra le
90 S.VENTURINI, L’esame del minore in incidente probatorio, tra dati
normativi (nazionali e sovranazionali) e prassi giudiziale, in Cass. Pen., 2011, 5, p.1950
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categorie concettuali del ragionamento giuridico e di quello scientifico, i due ruoli devono restare sempre distinti.
Data la multidisciplinarietà della materia e la delicatezza della stessa che impone grande specializzazione, sarebbe opportuno richiedere una maggiore preparazione del giudice in campo scientifico e il ricorso ad esperti dotati di competenze non solo in ambito psicologico ma anche in ambito giuridico. Questo perché il giudice se preparato in campo scientifico potrà svolgere il proprio lavoro senza fondare eccessivamente il proprio libero convincimento sulla perizia e nello stesso tempo il perito non potrà non conoscere le regole del processo penale perché sarebbe un errore, un vulnus al contraddittorio destinato a ripercuotersi sui diritti delle parti e ad inficiare, inesorabilmente il procedimento di accertamento della verità.92 Il rapporto giudice perito
dovrebbe essere un rapporto di fiducia reciproca, entrambi dovrebbero lavorare fianco a fianco, ognuno ovviamente in base alle proprie competenze e ai propri ruoli, per scoprire la realtà dei fatti tramite il racconto del minore.
92 F.TRIBISONNA, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato
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