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SULL’ATTENDIBILITA’ DEL MINORE

Prima di esaminare nello specifico la valutazione che il giudice compie sull’attendibilità della deposizione del minore, guardiamo più in generale la valutazione della prova testimoniale nel nostro ordinamento.

In primis occorre dire che nel processo penale, a differenza di quanto accade nel processo civile, non esiste l’istituto della prova legale93,

questa si ha in tutte quelle ipotesi nelle quali la legge si sostituisce al libero convincimento del giudice nella valutazione di un determinato elemento di prova.94

Con l’espressione “libero convincimento” si vuole far intendere che il giudice è “libero” di convincersi dell’attendibilità degli elementi di prova e della credibilità delle fonti, ma allo stesso tempo è “obbligato” a motivare razionalmente il proprio convincimento.

Nel nostro ordinamento il principio del libero convincimento non consiste nel riconoscere al giudice un potere decisorio senza limiti, poiché tale principio deve tenere conto delle norme giuridiche che

93 Un esempio di prova legale nel processo civile è la confessione ex art

2733, comma 2, c.c.

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disciplinano la valutazione delle prove, art 192 c.p.p.95, e la motivazione

della sentenza, art 546, comma 1, lett e) c.p.p.96.

Da quanto appena visto si evince che il convincimento del giudice deve consistere in una valutazione razionale delle prove e in una ricostruzione del fatto conforme ai canoni della logica e aderente alle risultanze processuali.97

Considerando quanto appena detto sinteticamente come punto di partenza, dobbiamo aggiungere che il giudice nell’attuare il proprio potere valutativo dovrà sindacare anche la credibilità soggettiva del testimone e la credibilità oggettiva del narrato.

La giurisprudenza nell’ elaborare per la testimonianza minorile dei criteri specifici, che costituiscono delle linee guida funzionali alla valutazione delle deposizioni dei testimoni minorenni, ha affermato che “è affetta dal vizio di manifesta illogicità la motivazione della sentenza nella quale la valutazione sull’attendibilità e credibilità delle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali venga condotta esclusivamente riferendosi all’intrinseca coerenza del racconto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono

95 Art 192, 1 comma, c.p.p. riporta che “il giudice valuta la prova dando

conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”

96 Art 546, comma 1, lett e) c.p.p. afferma che “la sentenza contiene: la

concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie […]”

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influire su tale valutazione” 98, il giudice quindi dovrà porre in essere un

esame omnicomprensivo.

Abbiamo visto che il vaglio delle deposizioni dei giovani testimoni è complesso, in quanto i testimoni minorenni hanno la capacità di percepire, di ricordare e di rievocare i fatti in base alla fase di sviluppo in cui si trovavano quando era accaduto il reato per cui si procede. Le recenti ricerche della psicologia giuridica sull’attendibilità dei minori come testimoni hanno evidenziato che i fanciulli, se da una parte subiscono meno degli adulti l’influenza di una serie di fattori di disturbo derivanti dall’accumulo di esperienze precedenti e dalla formazione di stereotipi e pregiudizi, dall’altra parte fino agli otto anni sono facilmente suggestionabili e inclini ad aggiungere ai loro ricordi elementi estranei al fatto e a completare le loro lacune con informazioni inventate o con bugie, creando i c.d. falsi ricordi e risultando alcune volte incapaci di distinguere tra particolari che derivano dalla percezione della realtà e quelli creati con la fantasia e l’immaginazione.99

Sulla valutazione delle dichiarazioni del minore dovrà essere fatta ancora più attenzione e adoperato ancora più scrupolo quando il testimone sia anche persona offesa dal reato per cui si procede, perché in questi casi la valutazione della prova presenta congiuntamente le

98 Cass., Sez. III, 23/05/2013, n 39405, in CED Cass, 257094

99 L.CAMALDO, La testimonianza dei minori nel processo penale:

nuove modalità di assunzione e criteri giurisprudenziali di valutazione, in Ind. Pen., 2000, I, p.198

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problematiche della testimonianza del minore e della testimonianza della persona offesa dal reato.

La Corte di Cassazione ha dettato dei criteri particolarmente rigorosi e prudenziali per la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa dal reato, poiché sul piano dell’attendibilità sostanziale la persona offesa non può essere considerata come testimone terzo, senza alcun interesse all’esito del procedimento.100 Inoltre, la difficoltà e l’attenzione nella

valutazione della prova cresce laddove si proceda per un reato di violenza sessuale, di cui il minore testimone sia anche la presunta vittima.

La prima valutazione che il giudice dovrà compiere è un esame della credibilità in senso omnicomprensivo101 delle dichiarazioni, dovrà

valutare l’attendibilità soggettiva del teste e l’attendibilità oggettiva del narrato. La valutazione dell’attendibilità soggettiva del testimone minorenne deve essere desunta dalle caratteristiche personali, morali ed intellettive e dall’esistenza di motivi personali e di astio o di altri sentimenti verso l’accusato. Mentre, l’attendibilità oggettiva del narrato deve essere colta dall’osservazione della genesi del racconto, della sua spontaneità, della coerenza interna, della specificità dei dettagli ed

100 Cass. Pen., Sez II, 23/06/1994, n 7241 in Archivio nuova proc. pen.,

1995, p. 887

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eventualmente della sua corrispondenza rispetto ad ulteriori elementi di prova acquisiti al processo.102

In assenza di indicazioni normative riguardo alla valutazione di una prova delicata come la testimonianza di un minore, sono stati elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito alcuni criteri valutativi che il giudice deve seguire in questi processi.

Innanzitutto, in tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è considerata un giudizio effettuato in sede di merito che non può essere rivalutato in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni. Il giudice dovrà vagliare quelli che sono i possibili fattori di debolezza della testimonianza, fattori che possiamo dividere in intrinseci ed estrinseci al racconto.

Per fattori intrinseci del racconto intendiamo la limitatezza della capacità mnestica del minore, da correlare con l’età del dichiarante, la facilità di confusione tra ciò che è fantastico e ciò che è reale e il maggiore o minore grado di suggestionabilità del minore, sia nei confronti del mondo esterno, sia nel raffronto con gli adulti per lui significativi.103

102 F.TRIBISONNA, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato

nel procedimento penale: il difficile bilanciamento tra esigenze di acquisizione della prova e garanzie di tutela della giovane età, 2017, Padova, p 386

103 F.TRIBISONNA, L’ascolto del minore testimone o vittima di reato

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Per fattori estrinseci intendiamo le metodologie utilizzate nella procedura di ascolto o altri fattori esterni di condizionamento del testimone che possono inficiare l’attendibilità del racconto reso. Assume, infatti, particolare rilevanza la verifica che fa il giudice sul metodo di assunzione adoperato per la raccolta delle dichiarazioni del minore, poiché il modo in cui tali dichiarazioni vengono raccolte va a garantire la genuinità e spontaneità della prova.

In sede di valutazione del singolo caso concreto, il giudice dunque deve prendere in esame le modalità con le quali sono state svolte le audizioni del testimone minorenne e se rileva che sono stati utilizzati metodi o tecniche invasive della personalità del minore, capaci quindi a condizionare il ricordo o suggestionare il teste, deve giudicare le affermazioni del fanciullo non attendibili.

Per la valutazione di attendibilità sul contenuto delle dichiarazioni del minore, sono rilevanti alcuni criteri elaborati dalla letteratura scientifica e dall’esperienza e poi ripresi dalla giurisprudenza in diverse sentenze, questi sono:

• La coerenza logica del racconto

• La costanza delle dichiarazioni rese a soggetti diversi

• L’uso di un linguaggio conforme all’età e alla cultura del minore • La descrizione di episodi precisi e circostanziati

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La presenza di queste caratteristiche nella deposizione del minore può costituire un valido indicatore di attendibilità delle dichiarazioni rese dal testimone104 e quindi la loro assenza è un campanello di allarme per il

giudice che debba valutarne la veridicità.

Vorrei riportare come esempio di valutazione di attendibilità della testimonianza la motivazione di una sentenza di merito del Tribunale di Cosenza del 5 giugno 2017. Nel caso concreto si contestava ad un docente di arte di aver molestato sessualmente alcune sue alunne di anni undici. Nella motivazione il giudice, dopo aver fatto un riepilogo su quella che è la disciplina internazionale ed il diritto interno in materia, afferma prima di affrontare i vari punti della sentenza che:

“il processo, in cui è vittima un minore “non è né deve essere un processo di emozioni ma di autori e vittime di un reato circoscritto e determinato”, saldamente ancorato alla realtà fattuale.”

Fatta questa importante premessa il giudice entra nel merito della valutazione delle prove.

“Il primo punto da affrontare riguarda l’intrinseca attendibilità delle persone offese ed il confronto speculare con i testimoni di riferimento. Per P. C., laddove la minore nel racconto ha chiamato in causa la presenza di altri minori, indicandone il nome, il racconto

104 L.CAMALDO, La testimonianza dei minori nel processo penale:

nuove modalità di assunzione e criteri giurisprudenziali di valutazione, in Ind. Pen., 2000, I, p. 197

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effettuato da coloro che sono stati indicati non collima, anche su circostanze rilevanti, con quello della prima chiamante.

In particolare, C. ha riferito di essere stata toccata dal professore C. con la mano sinistra sulla gamba sinistra; ed invece V. N. riferisce di aver visto il professore toccare C. nelle parti intime con la mano destra.

Ancor più rilevante e significativo è il contrasto in ordine alla decisione di riferire il fatto alle professoresse. C. sostiene di essere stata convinta di essere stata sollecitata da F. G. che l'avrebbe motivata a riferirlo ai dirigenti scolastici ( allora lei "sì, vedi che ti ha toccato davvero" così mi diceva, quindi io poi... - Perché "ti ha toccato e quindi devi dirlo". (Psicologa) - Quindi lei ti ha, diciamo, motivata, ti ha detto di dirlo. (Teste P.) - Sì.)

Ed invece, V. N. ha dichiarato che l'iniziativa di riferire il fatto alle professoresse è stata presa da C. (Psicologa - Chi è che di voi ha deciso "proprio oggi andiamo dalla Professoressa?" Teste V. - C., poi ha chiesto a noi se eravamo d'accordo di andare... chi aveva visto). Assolutamente contrastante è la rappresentazione dell'abuso subito nello stesso contesto dalla alunna A. G.

V. N. riferisce di aver visto il professore toccare A. G. sul sedere e poi di aver notato A. che immediatamente dopo, arrossita in viso per la vergogna, scappava verso il bagno; C. sostiene di aver visto A. G. mentre si allontanava verso il bagno, rossa in viso. La diretta interessata

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invece ha dichiarato di non aver mai subito toccamenti in corrispondenza del sedere e di non essersi mai alzata per andare al bagno dopo che il professore l'avrebbe toccata. Ha dichiarato invece che in una sola circostanza le avrebbe toccato il petto. In questo caso, la valutazione del racconto non può essere frazionata, ma è opportuno che sia effettuata in forma omnicomprensiva, data l'identità del contesto in cui si sono svolti i fatti e l'omogeneità delle riferite condotte di abuso.

Per quanto riguarda S. M. il contrasto è ancor più marcato.

Costei ha dichiarato che il comportamento del professore mentre le toccava il sedere era stato notato dalle compagne che avevano iniziato a ridere (Teste S. - Mi ha tenuto la mano sul sedere perché poi è sceso e si è soffermato. Psicologa - E poi a quel punto tu cosa hai fatto? Teste S. - Che ne sono andata al posto perché poi le mie compagne hanno visto e hanno iniziato a ridere).

Ebbene, al contrario, la professoressa D. ha riferito che nessuno dei compagni di classe della S. aveva notato qualcosa di simile.

Per quanto sopra illustrato, è evidente l'emersione di stridenti contraddizioni che non assicurano un affidabile ancoraggio delle dichiarazioni alla realtà fattuale, essendo verosimile che parte del racconto sia frutto di invenzione, senza tuttavia poter selezionare fino a quale livello della descrizione si spinga la fantasia.

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La seconda analisi riguarda la verifica della ipotesi del contagio dichiarativo.

Il primo sintomo di contagio dichiarativo si rinviene nella constatazione della condotta in danno di C. da parte delle ragazze che vi avrebbero assistito. E' l'amica F. G. che interviene a convincere C. su quanto appena accaduto : allora lei "sì, vedi che ti ha toccato davvero" così mi diceva, quindi io poi... - Perché "ti ha toccato e quindi devi dirlo". (Psicologa) - Quindi lei ti ha, diciamo, motivata, ti ha detto di dirlo. (Teste P.) - Sì.)

Anzi, a domanda della difesa, C. ha dichiarato che all'inizio lo riteneva impossibile e negava tutto, in ciò implicitamente riconoscendo l'efficacia del convincimento subito (all'inizio negavo tutto, per dentro di me sapevo che era vero perché... Psicologa - Cosa vuol dire negavi tutto? Teste P. - Dicevo "no, è impossibile che..." Psicologa - Quando lo dicevi a loro "è impossibile" oppure a te stessa? Non ho capito bene, cosa vuol dire... Teste P. - Lo dicevo a loro, per è successo perché io avevo visto, per poi c'ho detto...).

D'altro canto l'espressione utilizzata da F. G. ("vedi che ti ha toccato davvero; lo devi dire") è significativa del fatto che G. non fosse pienamente convinta di aver effettivamente subito una condotta abusante.

Ed ancora, alcune delle ragazze che hanno denunciato di aver subito toccamenti, hanno riferito di essersi dapprima incontrate presso la

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comune maestra di danza alla quale lo hanno confidato (in tal senso anche le sommarie informazioni dalla maestra di danza G. D., che ha riferito della generica confabulazione da parte delle allieve G. A., G. C. e P. C. in ordine alle condotte a sfondo sessuale poste in essere dal professore ).

Ma l'esistenza di un terreno fertile al contagio è pure confermato dalla stessa C. quando ha dichiarato che " giorni prima le altre classi ci dicevano... le altre ragazze quando andavamo in bagno, ci dicevano "attenzione al

Professore di arte perché tocca, dice brutte parole"

Il forte sospetto che si sia trattato di contagio dichiarativo emerge dalla tanto omogenea - quanto inverosimile - rappresentazione degli episodi di abuso, tutti allineati nella dinamica della condotta, consistita in toccamenti, posta in essere all'interno della classe, dinanzi a tutti gli studenti e molto spesso alla vista degli stessi.

Nella vicenda di S. M., tuttavia, la circolazione delle informazioni è chiaramente ammessa dalla testimone che riferisce di essersi confidata con P. M., il quale addirittura le avrebbe riferito che anche la sua compagna di classe V. M. era stata vittima di toccamenti da parte del professore; l'informazione giunge addirittura al punto che la S. viene pure resa edotta del fatto che M., sentita dalla vicepreside, avrebbe negato di aver subito tali condotte abusanti.

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Il contagio dichiarativo appare dunque conclamato, se è vero - come è vero - che la notizia che dava per scontati gli abusi si era diffusa rapidamente, prima attraverso le confidenze tra le alunne dell'istituto addirittura a livello di "sentito dire", poi attraverso i racconti fatti alla maestra di danza, e così via, dalle alunne al vicepreside dalle quale tutte accorrevano unite.

Di qui il consolidarsi di preconcetti e pregiudizi, alimentati da pressanti sollecitazioni, anche inconsciamente suggestive, sfociati in una versione uniforme, perciò scarsamente spontanea, quanto piuttosto concordata. In buona sostanza, il malinteso iniziale ha agito quale vero e proprio "virus", scatenando una serie ininterrotta di "dichiarazioni a reticolo".

La tesi del contagio è infine conclamata nella prospettazione omogenea di altri identici casi di abuso ( in danno di V. N., G. A., G. R., G. C., C. F.), riferiti secondo la stessa dinamica, a cui tuttavia, neppure il pubblico Ministero ha prestato credito.

La terza verifica è attinente al riscontro della eventuale presenza nelle vittime di sintomi riconducibili all’abuso

E' frequente, in casi di abuso a sfondo sessuale, l'emersione di sintomi quali incubi notturni, sensi di colpa che si manifestavano anche con insulti autodiretti, inappetenza, nausea e vomito, il rifiuto o comunque una certa resistenza ad andare a scuola, aggressività e rabbia nonché comportamenti sessualizzati. E' stato efficacemente affermato che il

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trauma infantile conseguente all'abuso è una realtà che non può essere eliminata; esso tende inevitabilmente ad emergere o riemergere attraverso il linguaggio dei sintomi, essendo un'esperienza che va oltre le possibilità di pensiero e di parola della vittima e che è contrastata da forti comportamenti difensivi di rimozione, negazione, razionalizzazione, dissociazione.

Di tutto ciò, ovviamente, interlocutori e testimoni privilegiati sono i genitori.

Nel caso in esame nessuno dei genitori ha notato nel comportamento dei figli qualcosa di strano. Gli stessi hanno denunciato gli abusi asseritamente subiti dalle figlie perché li hanno appresi dai vertici dell’istituto scolastico a cui le alunne si erano rivolte in prima battuta, quando invece i sintomi avrebbe dovuto emergere dapprima in ambito familiare.

Significativa è la condotta della madre di P. C. che, come riferito da quest'ultima, inizialmente non crede alla figlia e si convince solo dopo aver ricevuto la lettera dall'istituto (Psicologa - Quando hai detto a tua mamma questa cosa qui, tua mamma come ha reagito? Teste P. - Non ci credeva.

Io gliel'ho detto, gli ho detto "mamma perché il Professore di arte tocca?" E lei risponde "dai, è impossibile". Psicologa - Ma tu hai detto "il Professore di arte tocca o mi ha toccato". Teste P. - Ho detto "il Professore di arte tocca". Giudice - Quando ha riferito che è stata

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toccata proprio lei. Psicologa - E tua mamma come ha reagito, ha detto... Teste P. - Ha detto "è impossibile non dite queste cose". Poi il giorno dopo quando siamo andati dalla Professoressa, dato che (inc.) ho detto alla mia mamma che andavamo a parlare con la Professoressa, appena gli arriva una lettera, dice "allora è davvero". Ciò significa che i genitori non hanno autonomamente riscontrato alcun sintomo riconducibile ad abusi che, per quanto i figli potessero vergognarsi a confidarli, si sarebbero comunque estrinsecati in cadute dell'umore, in mutismo, abbattimento, svogliatezza; ed invece, non risulta che i genitori, all'epoca in cui si sarebbero svolti i fatti ipotizzati, abbiano notato sintomi di grave disagio psichico o sofferenza in alcuno dei minori interessati.

D'altro canto il Pubblico Ministero, dinanzi alla conclamata assenza di sintomi, non ha ritenuto neppure di dover disporre consulenza, o richiedere perizia nelle forme dell'incidente probatorio, per verificare in alcuna delle ipotetiche vittime l'emersione di disturbo post-traumatico da stress compatibile con l'esperienza dell'abuso a sfondo sessuale.

La quarta verifica si incentra sulla verosimiglianza di un racconto nel quale il protagonista non adotta alcuna cautela al fine di evitare di essere scoperto (abusante ignorante o sprovveduto)

In generale, nei processi che vedono minorenni vittime di abusi a sfondo sessuale, non è infrequente il riscontro della tesi degli "abusanti

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intelligenti", vale a dire di soggetti che utilizzano un minimo di cautele per confondere la percezione delle offese ed il ricordo da parte dei minori, o comunque per non destare alcun sospetto nell'ambiente in cui operano, specialmente se frequentato da una moltitudine di adulti che possano immediatamente intervenire in soccorso delle vittime.

Nel caso di specie, per la prima volta, sarebbe riscontrata l'inverosimile ipotesi dell'abusante sprovveduto.

Per come riferito dalle alunne, il professore, in innumerevoli occasioni, avrebbe invece fatto sfoggio dei toccamenti a cui sottoponeva le sue alunne, al cospetto di tutti gli altri allievi , suscitando in alcuni casi il riso, ed in altri la disapprovazione.

Ed anzi, sia pure al fine di controllare le intemperanze dei suoi allievi, sarebbe intervenuto in consiglio di classe per sollecitare, in tempi non sospetti l'installazione di telecamere.

Ma in questo contesto, non è credibile che della conclamata ripetizione degli abusi, nulla sia emerso, prima della denuncia da parte delle odierne persone offese.

A quest’ultima considerazione - più che altro discorsiva - si connette la inverosimiglianza della collocazione spaziale delle condotte abusanti, per la scarsa plausibilità della vicenda processuale, con riguardo al contesto scolastico in cui si sarebbe svolta, sottoposto a frequenti controlli e nel cui ambito gravitano numerosi soggetti esterni che nulla

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hanno notato o segnalato contestualmente all'ipotetico svolgimento dei fatti.

In ultimo, non può essere sottaciuta la contraddittorietà delle valutazioni

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