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La non punibilità sopravvenuta nel diritto positivo

Sommario: 1. La applicazione della filosofia del bastone e della carota, quale risposta ai problemi sollevati dalle fattispecie del diritto penale postmoderno. - 2. La carota della previsione

di cause di non punibilità sopravvenuta. - 3. Alcuni modelli di diritto positivo italiano. - 4. Alcuni modelli di diritto comparato: le previsioni austriache di tätige Reue. - 5. Alcuni

modelli di diritto comparato: le previsioni tedesche di tätige Reue. - 6. Alcuni modelli di diritto comparato: la riparazione

del danno ed altri istituti sostanziali e processuali tedeschi. - 7. La non punibilità sopravvenuta quale istituto di carattere generale. - 8. Obiezioni e difesa dell’uso della non punibilità sopravvenuta. - 9. Le relazioni tra la previsione di una causa di non punibilità sopravvenuta e beni giuridici funzionali. - 10. Cause di non punibilità sopravvenuta e beni giuridici indirettamente tutelati dalla fattispecie incriminatrice. - 11. L'accertamento (da parte dell'autorità) della mancata lesività sostanziale della condotta illecita. - 12. La eccezionalità delle condizioni che possono giustificare il mancato conferimento alla sanatoria amministrativa della efficacia estintiva penale. - 13. Altre tecniche penalistiche di valorizzazione del ristabilimento dei beni tutelati. -

1. La applicazione della filosofia del bastone e della carota, quale risposta ai problemi sollevati dalle fattispecie del diritto penale postmoderno.

Nessuno discute più sulla gravità dei danni provocati alla collettività dalla criminalità di impresa, pertanto, se la scienza penalistica del XIX° secolo poteva disinteressarsi dei problemi

giuridici sollevati dai reati di pericolo rispetto ai reati di danno o dai delitti colposi, agli inizi del XXI° secolo, nell’epoca in cui una svista tecnica può provocare una catastrofe ed un solo prodotto difettoso può cagionare danni alla salute di migliaia di persone anche il penalista deve promuovere lo sviluppo di nuove forme di intervento mirate sui bisogni della società post moderna 1,

procedendo dalla premessa che il diritto penale basato sull’uso esclusivo del bastone o, meglio, sulla minaccia dell’uso del bastone sembra essere miseramente fallito 2. Il compito è arduo: si tratta di

impedire tali danni e, contestualmente, di fermare la erosione dei principi insuperabili del diritto penale liberale, ed una strada percorribile - come abbiamo detto - appare la creazione di nuovi strumenti che incrementando lacci e lacciuoli per l’impresa e la collettività in genere abbiano l’effetto contestuale di abbattere l’uso dei vecchi arnesi del diritto penale (il carcere, in particolare) e di salvaguardare beni inalienabili 3.

Non è più accettabile, in effetti, che un ordinamento a impronta liberale deleghi, in particolare in ambito economico, al diritto penale la gestione del problema della criminalità al fine di tenere indenni le altre branche del diritto e, di conseguenza, i cittadini dai presunti vincoli oppressivi di una politica criminale pervasiva dell’intero ordinamento. Ciò anche a prescindere dal sospetto che dietro siffatte posizioni si nasconda l’intento di creare zone franche. Sono la stessa tutela della esistenza di un mercato effettivamente libero ed in grado di essere punto di equilibrio fra iniziativa economica e rispetto della dignità umana, richiesta anche dall’art. 41, comma 2° Cost., così come il diritto dell’uomo a realizzare le sue aspirazioni più naturali, ad imporre interventi significativi in particolare nei settori aggredibili dalla criminalità economica 4. D’altra parte, il carattere evidentemente complesso di

tali strategie, a fronte di un uso per un verso sostanzialmente simbolico e per un altro casualmente crudele del diritto penale,

1 Così ROXIN, I compiti futuri, 7.

2 Cfr., per tutti, STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 476.

3 STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 476; critica nei confronti di "un

diritto penale invadente e tecnocratico che tutto vuole regolamentare" DE MAGLIE, Sanzioni pecuniarie, 158.

non deve impedire di perseguire razionalmente l’obiettivo di creare serie barriere prepenalistiche al fine di contenere le condizioni che favoriscono la commissione degli illeciti 5.

Il fatto è però che, come si è rilevato 6, oggi si dibatte non solo

sulla questione delle tecniche alternative a quelle penali (ad es. pericolo concreto versus pericolo astratto presunto) ma anche e

soprattutto sulla questione di sistemi di tutela realmente alternativi al penale in quanto capaci di soddisfare le esigenze da esso espresse, in termini di efficacia preventiva e simbolica o risultati pratici, tempi e garanzie processuali, competenza e imparzialità dei giudicanti, riguardo alla cui praticabilità nel nostro Paese si nutrono notevoli dubbi 7.

Un progetto pragmatico di riforme non può non tenere conto delle posizioni consolidate, per quanto validamente messe in discussione, di una parte degli studiosi di criminalità economica 8,

secondo cui per la lotta ai mezzi illegali utilizzati nel sistema imprenditoriale: pratiche contro la concorrenza, contro i consumatori, o - come l'inquinamento ambientale - contro la collettività in generale, sarebbe particolarmente indicata la minaccia di sanzioni penali (segnatamente il carcere), che nei confronti degli esponenti del mondo economico (ceto abbiente

5 MURPHY-MOORE, Compliance Programs and the U.S. Sentencing

Guidelines, in BNA/ACCA, Compliance Manual, 1993, sottolineano che gli effetti della criminalità delle persone giuridiche sono ormai così drammatici che non appare più sufficiente una reazione dell’ordinamento focalizzata esclusivamente dopo la commissione del reato: “è necessario incanalare l’attività dell’impresa ed individuare i problemi prima che essi divengano catastrofici” (così nella traduzione di de MAGLIE Societas delinquere potest. Un’indagine di diritto italiano e comparato, Padova, 1999, 156).

6 DONINI, L’art. 129 del progetto di revisione costituzionale approvato il 4

novembre 1997. Un contributo alla progressione «legale», prima che «giurisprudenziale», dei principi di offensività e di sussidiarietà, in Critica dir., 1998, spec. 129 s.; DONINI, La riforma, 40.

7 Sulla inefficacia della applicazione delle sanzioni amministrative in

Italia, D’AURIA, L’amministrazione repressiva, in Pol. Dir., 1996, 229 s. e 261 s.

8 PEARCE, TOMBS, Ideology, Hegemony, and Empiricism - Compliance

imprenditoriale e impiegatizio) avrebbe una capacità di deterrenza superiore a quella manifestata nei confronti dei criminali comuni, in quanto i primi avrebbero "necessità, a fini sociali, di una immagine pubblica di rispettabilità" 9. Tali asserzioni, d'altra parte,

fanno leva sui dati relativi agli enormi danni cagionati dai crimini d'impresa alla salute, alla vita ed al benessere finanziario delle vittime 10 ed esorcizzano il pericolo di un trattamento di favore nei

confronti degli autori dei crimini d'impresa 11, che "generalmente

sfuggono ai rigori della giustizia, e raramente sono trattati, o anche solo definiti come criminali" 12.

Una critica alle posizioni neoliberali alla Hassemer per un ritorno al Kernstrafrecht 13, in particolare quella di Lüderssen 14 e di

Roxin 15, ne contesta anche un ripiegamento verso un diritto

penale di classe, proprio mentre il diritto penale comincia ad allargare il suo raggio d’azione verso i colletti bianchi estendendo le sue previsioni a fatti nuovi rispetto a quel nucleo essenziale.

9 SHAPIRO, Collaring the Crime, Not the Criminal: Reconsidering the concept of

White Collar Crime, in American Sociological Review, 1990, 55, 346 s.

10 Negli Stati Uniti "più di 100.000 morti all'anno e più di 1.200.000 feriti

derivano da incidenti sul luogo di lavoro e circa la metà possono essere ricondotti a violazioni delle norme antinfortunistiche, 20.000 feriti e 30.000 morti sono il frutto di prodotti difettosi. Circa la metà dei tumori sono attribuiti alle condizioni di lavoro. Frodi societarie, comportamenti monopolistici ed evasione fiscale costano alla collettività centinaia di miliardi di dollari all'anno", cfr. SHAPIRO, Collaring the Crime, 55, 346 s.

11 Sono poi note le capacità della grande impresa e, comunque, delle

organizzazioni imprenditoriali e, dunque, anche della media e piccola impresa, di influenzare la legislazione, con il rischio della introduzione di una legislazione penale debole, priva di una sufficiente capacità di deterrenza, ciò anche a seguito del minor allarme sociale destato dai crimini d'impresa rispetto ai crimini comuni, contro cui l'opinione pubblica si mobilita più decisamente, cfr. STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 462 s.

12 Così SHAPIRO, Collaring the Crime, 55, 346 s.

13 HASSEMER, Produktverantwortung, passim; inoltre vedi cap. I°, § 4 s.. 14 LÜDERSSEN, Abschaffen des Strafrecht ?,Frankfurt a. M., 1995, 11 15 ROXIN, Strafrecht, AT, Bd. I, 3a ed., München, 1997, § 2/30-31.

L’interrogativo al centro del dibattito è se porta con sé più morti e feriti il vecchio o il nuovo diritto penale ?

La risposta all'interrogativo ed ai problemi sollevati dagli autori che contestano i reati di pericolo astratto, e non è un caso che siano i più acuti tra loro a tracciare la strada, può essere data dalla filosofia pragmatica del bastone e della carota (carrot-stick) elaborata

dalla dottrina nord americana 17, pare invero inutile e financo

controproducente arroccarsi su questioni di principio nell’annoso dibattito sulle diverse strategie da seguire nelle materie in esame: da una parte la proposta dell’uso fino alle estreme conseguenze del penale tradizionale, dall’altra il radicale rifiuto dello stesso, laddove una consapevole e sapiente dosaggio dei vari strumenti con il continuo monitoraggio della loro efficacia appare l’unica soluzione ragionevole a fronte di nuovi fenomeni che non possono essere fronteggiati né con il buon vecchio diritto penale liberale né con un ancora inesistente diritto sanzionatorio amministrativo 18. Non

16 V., in particolare, STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 476. 17 Cfr. in part. de MAGLIE, Societas delinquere potest, in part. 115 s.

18 In tema di tutela ambientale cfr. l’approccio pragmatico di Joseph F.

DIMENTO, Il sistema USA diviso tra pena e consenso, in L’impresa ambiente, 4/1994, 67 s., lo studioso dell’Università della California nel saggio in questione analizza gli strumenti utilizzabili negli U.S.A. per realizzare un’effettiva osservanza della normativa in materia ambientale e pone l’accento su due strategie agli estremi di quel continuum che costituisce l’insieme delle risorse coercitive a disposizione della pubblica amministrazione per orientare i comportamenti in modo conforme alle esigenze della tutela ambientale: la penalizzazione degli illeciti ambientali e la tecnica detta della risoluzione alternativa delle controversie (Alternative dispute resolution: Adr). Riguardo al primo strumento l’autore evidenzia che negli USA si attribuisce ad esso un maggior effetto deterrente o general preventivo rispetto agli altri strumenti, in particolare con riguardo ai dirigenti d’impresa che sarebbero particolarmente sensibili alle perdite di status ed alle critiche, per quanto egli rilevi che si tratta di valutazioni controvertibili, ed inoltre un particolare effetto pubblicitario; d’altra parte su un piano “filosofico” la pena appare come la giusta retribuzione dei reati particolarmente orribili e odiosi, la reclusione inoltre avrebbe il merito di attenuare la disparità di trattamento derivanti dal censo, causate invece dalla applicazione di sanzioni pecuniarie (p. 70-71). Tra i punti deboli dell’uso del diritto

resta che avere un approccio pragmatico alla ricerca di soluzioni efficaci ed al contempo rispettose dei principi cardine del diritto penale liberale, quelli sì irrinunciabili.

Una applicazione può essere rappresentata dalle Federal Sentences Guidelines statunitensi del 1991 19, dirette alle persone giuridiche 20,

penale, l’autore nota in particolare (per quanto rileva anche nel nostro ordinamento) i rigorosi principi in materia di causalità e di prova che valgono in quel settore, che potrebbero paralizzare l’effettiva applicazione del diritto penale in materia ambientale (p. 72). All’estremo opposto della strategia penalistica l’autore esamina la tecnica della risoluzione alternativa delle controversie (Adr), ossia il ricorso al mezzo della conciliazione, che rispetto al processo penale pare favorire la collaborazione tra le parti nell’accertamento dei fatti, evitare le battaglie tra periti, comportare risparmi sui tempi e sui costi, favorire la creatività nella ricerca di soluzioni ai problemi, produrre risultati in grado di soddisfare gli utenti. In particolare in materia ambientale l’autore riferisce dei cd. regolamenti negoziati, si tratta di un metodo di adozione dei regolamenti amministrativi che prevede la partecipazione dei destinatari, con ciò perseguendosi l’obiettivo di avere un maggiore consenso e dunque osservanza delle regole così poste rispetto alle norme adottate con metodi tradizionali. Peraltro l’autore evidenzia le censure cui tale metodo è stato assoggettato, tra cui in particolare di basarsi su un insufficiente accertamento dei fatti e di condurre a soluzioni (soprattutto in materia ambientale) di compromesso “immorali”. Ma il profilo più interessante del saggio è rappresentato dalla spiegazione della divergenza tra le due strategie esaminate, che per Dimento è rappresentata, da un lato, dalla evidenza della necessità di un diverso trattamento di condotte illecite che si presentano estremamente eterogenee: ad esempio la violazione di una delle molte migliaia di norme tecniche applicabili alla produzione di innocui beni di consumo rispetto allo scarico doloso di materie tossiche in un cortile di una scuola; ma soprattutto dall’altro dai limiti delle conoscenze empiriche relative all’efficacia delle diverse strategie per far rispettare la legge.

19 Sulla adozione del modello del bastone e della carota nelle Guidelines

del 1991 cfr. de MAGLIE, Societas delinquere potest, 117, che richiama nella dottrina nordamericana COFFEE, “Carrot and Stick” Sentencing: Structuring Incentives for Organizational Defendants, in F.S.R., 1990, 126; SWENSON, CLARK, The New Federal Sentencing Guidelines: Three Keys to Undestanding the Credit for Compliance programs, in C.C.Q., 1991, 1.

che da un lato prevede un sistema sanzionatorio volto a colpire i reati commessi dagli enti 21 basato principalmente su sanzioni

pecuniarie (fines) 22 (che possono giungere fino a spogliare l’ente

del suo patrimonio) ancor più severe che nel passato, finalizzato agli obiettivi della retribuzione; dall’altro si incentivano gli enti a predisporre dei meccanismi interni (detti compliance programs:

programmi di adeguamento), di cui specificano requisiti e limiti, volti a prevenire, scoprire e denunciare i comportamenti criminali,

Common Law l’esaustiva indagine di de MAGLIE, Societas delinquere potest, 43 s.

21 Tra i reati degli enti perseguiti in particolare vanno segnalati truffa,

violazioni dell’antitrust, reati ambientali, reati tributari, riciclaggio (cfr., per i dati sugli illeciti perseguiti, de MAGLIE, Societas delinquere potest, 148-149).

22 Per i reati degli enti le Guidelines prevedono, inoltre, le seguenti

sanzioni: la sanzione della restitution (risarcimento) che consiste nel versamento di una somma di denaro alla vittima del reato allo scopo di riparare completamente il danno, la quale può essere oggetto di un ordine risarcitorio o essere posta quale condizione di probation. I Remedial Orders, vale a dire ordini riparatori affinché l’ente rimedi il danno causato dal reato ed elimini o riduca il rischio che dal reato derivi un danno ulteriore posti quale condizione di probation. Il Community service, attività socialmente utile che può essere disposta quale condizione di probation allo scopo di riparare il danno prodotto dal reato. L’avviso alle vittime del reato (order of notice to victims) sulla condanna subita che può essere ordinato all’ente. Il Probation (messa in prova verificare), cui vengono in particolare affidati gli scopi di assicurare il rispetto di determinati requisiti contenuti nella sentenza (assicurare il pagamenti di una restitution, rafforzare un remedial order o assicurare l’adempimento del community service); di prevenire la recidiva imponendo all’impresa una modificazione dei processi organizzativi interni e della linea di gestione esterna e predisponendo controlli intensivi che diano prove univoche di costante buona condotta della persona giuridica; di far rispettare altre finalità contenute nella sentenza; ulteriori finalità per il cui perseguimento è raccomandata la adozione di ulteriori condizioni, tra cui particolarmente significativa l’adozione di un compliance program approvato dalla Corte la cui applicazione è assoggettata a periodici controlli. Infine, la previsione quale condizione discrezionale di Probation della pubblicità denigratoria (adverse publicity) a danno dello stesso ente. Cfr. in tema ampiamente de MAGLIE, Societas delinquere potest, 132 s.

con la previsione di una riduzione anche consistente (fino al 95 %) della pena pecuniaria 23 per le società che li abbiano attuati 24.

L’eventuale insuccesso dei programmi che presentino carattere di

23 L’adozione di compliance programs non costituisce, invece, una

defence (causa di non punibilità in senso lato). Peraltro, si riferisce in dottrina (WALSH, PYRICH, Corporate compliance programs as a defense to criminal liability: can a corporate save its soul ?, in Rutgers Law Review, 1995, 661 s.) che a giudizio dello stesso Department of Justice (DOJ) perseguire una società che abbia intrapreso diligentemente sforzi tesi a collaborare con la legge ed abbiano spontaneamente denunciato episodi di illegalità non è sempre necessario o opportuno. Le linee guida stabilite dal DOJ per la persecuzione delle imprese che aderiscono al “programma di spontanea rivelazione” stabilito dal Departement of Defense (si tratta di un programma ufficiale teso a incoraggiare indagini interne e l’immediata denuncia delle pratiche illegali, prospettando la possibile rinuncia all’ irrogazione di sanzioni amministrative) prevedono che l’adesione a tale programma e l’esistenza di un effettivo compliance program sono elementi di cui tenere conto nella scelta se esercitare o meno l’azione penale. La scelta dunque di sottoporre una società provvista del programma dipenderà dalla sincerità, dalla precisione e dalla rapidità della denuncia spontanea, dalla estensione del comportamento illecito, dal livello dei dirigenti a conoscenza di questo, dall’intensità degli sforzi di collaborazione con le autorità governative. WALSH e PYRICH reputano inoltre che i compliance programs dovrebbero costituire una defense (causa di non punibilità in senso lato) per l’effetto della dimostrazione da parte della società che essa aveva una chiara ed effettiva politica di collaborazione con la legge al tempo e nel luogo della violazione e che l’atto del dipendente ha violato quella politica. In particolare detti autori sottolineano i costi che i compliance programs comportano e ritengono che la incentivazione per una loro adozione effettiva richieda una convenienza sicura conseguente alla loro adozione, d’altra parte la creazione di una causa di non punibilità in senso lato (defense) fondata su una adeguata collaborazione societaria ben si adatterebbe all’obiettivo di migliorare il comportamento della società, la società sarebbe premiata per avere attivamente intrapreso dei passi tesi a curare le disfunzioni interne che favoriscono il comportamento criminale.

24 Cfr. MARINUCCI, Il sistema sanzionatorio, 177; STELLA, Lotta di sumo e

lotta di judo, 474; de MAGLIE, Sanzioni pecuniarie, 88 s.; ID., Societas delinquere potest, 37-207.

effettività - cioè siano costruiti con ragionevolezza , siano concretamente applicati e siano provvisti di un apparato sanzionatorio, e possano dunque efficacemente prevenire e scoprire le attività illecite - non esclude il premio 26; come, d’altra

parte, l’adozione del compliance program non assume alcun rilievo

premiale quando soggetti in posizione di comando sostanziale, membri del gruppo dirigente dell’impresa o responsabili del

compliance program abbiano partecipato ad un reato, lo abbiano

consentito o lo abbiano consapevolmente ignorato, e quando sia stata ritardata senza ragione la denuncia all’autorità giudiziaria del reato di cui si sia venuti a conoscenza all’interno della società 27.

Dunque, come osserva de Maglie 28, “da una parte il classico

‘bastone’, cioè la minaccia di pene pecuniarie ancor più elevate che in passato; dall’altra, la ‘carota’: le pene sono diminuite se la persona giuridica tiene determinati comportamenti diretti a prevenire e scoprire i reati”, “un approccio ‘interattivo’ che vede sullo stesso piano, attori di un sinallagma funzionale, Stato e persona giuridica” 29. Si tratta di un approccio retributivo-

25 Le linee guida prevedono al riguardo che i compliance programs rispettino

requisiti di idoneità relativamente a sette profili: la capacità di ridurre la commissione di illeciti attraverso la adozione di standard e procedure idonee; l’attribuzione a personale di alto livello della attività di supervisione e controllo dell’attuazione del programma e del suo rispetto; la selezione dei dipendenti tenendo conto della loro propensione al reato; la adozione di efficaci tecniche di comunicazione all’interno dell’ente dei modelli e procedure adottati; l’attuazione di meccanismi di controllo diretti a scoprire gli illeciti e di canali di comunicazione interna che ne favoriscano la denuncia; la previsione di un appropriato apparato disciplinare a carico dei soggetti colpevoli di omissioni nella scoperta dei reati; la adozione dopo la scoperta del reato delle misure necessarie per reagire in modo appropriato ed evitare la recidiva. Cfr. STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 475; ed, ampiamente, de MAGLIE, Societas delinquere potest, 167 s.; ID. Sanzioni pecuniarie, 137 s..

26 STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 474. 27 STELLA, Lotta di sumo e lotta di judo, 474. 28De MAGLIE, Societas delinquere non potest, 118.

29 SWENSON, The organizational Guidelines. “Carrot and Stick” Philosophy,

and their Focus on “Effective” Compliance, in Corporate Crime in America: Strengthening the ‘Good Citizen’ corporation, 1995, 34, evidenzia che “le

preventivo-premiale di cui la pietra angolare è costituita dall’adozione di un Compliace Program, come nota la de Maglie 30

“l’esperienza nordamericana dimostra che il diritto penale, per esercitare un’efficace funzione preventiva nei confronti dei reati commissibili dalla persona giuridica, deve entrare nell’impresa, invadere le sue strutture interne di autoregolamentazione, condizionare la loro formazione ed il loro modo di essere”.

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