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Per quanto concerne, invece, l’esportazione al di fuori del territorio dell’Unione europea, il Codice dedica all’argomento un paio di norme (gli artt. 73 e 74270, che compongono e completano la Sezione II del Capo V, intitolata, per

l’appunto, ‘Esportazione dal territorio dell’Unione Europea’), le quali, sostanzialmente, si risolvono in un mero rinvio al Regolamento CEE 3911/92, e successive modifiche271, che rappresenta la principale fonte normativa in materia.

270 Cfr. art. 73 D. Lgs. 42/2004, così come modificato dal D. Lgs. 62/2008: “1. Nella presente

sezione e nella sezione III di questo Capo si intendono: a) per “regolamento CEE”, il regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio, del 9 dicembre 1992, come modificato dal regolamento (CE) n. 2469/96 del Consiglio, del 16 dicembre 1996 e dal regolamento (CE) n. 974/2001 del Consiglio, del 14 maggio 2001 (1); b) per “direttiva CEE”, la direttiva 93/7/CEE del 15 marzo 1993, del Consiglio, come modificata dalla direttiva 96/100/CE del 17 febbraio 1997 del Parlamento europeo e del Consiglio, e dalla direttiva 2001/38/CE del 5 giugno 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio; c) per “Stato richiedente”, lo Stato membro dell'Unione europea che promuove l'azione di restituzione a norma della sezione III”. La direttiva 93/7/CEE è relativa alla restituzione dei beni

culturali usciti dal territorio di uno Stato membro: di essa ci occuperemo fra breve. E cfr. art. 74 D. Lgs. 42/2004, così come modificato dal D. Lgs. 62/2008: “1. L'esportazione al di fuori del territorio

dell'Unione europea degli oggetti indicati nell'allegato A è disciplinata dal regolamento CEE e dal presente articolo. 2. Ai fini di cui all'articolo 3 del regolamento CEE, gli uffici di esportazione del Ministero sono autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione. Il Ministero redige l'elenco di detti uffici e lo comunica alla Commissione delle Comunità europee; segnala, altresì, ogni eventuale modifica dello stesso entro due mesi dalla relativa effettuazione. 3. La licenza di esportazione prevista dall'articolo 2 del regolamento CEE è rilasciata dall'ufficio di esportazione contestualmente all'attestato di libera circolazione, ed è valida per sei mesi. La detta licenza può essere rilasciata, dallo stesso ufficio che ha emesso l'attestato, anche non contestualmente all'attestato medesimo, ma non oltre trenta mesi dal rilascio di quest'ultimo. 4. Per gli oggetti indicati nell'allegato A, l'ufficio di esportazione può rilasciare, a richiesta, anche licenza di esportazione temporanea, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dagli articoli 66, 67 e 71. 5. Le disposizioni della sezione 1-bis del presente capo non si applicano agli oggetti entrati nel territorio dello Stato con licenza di esportazione rilasciata da altro Stato membro dell'Unione europea a norma dell'articolo 2 del regolamento CEE, per la durata di validità della licenza medesima”.

271 In particolare, il Regolamento CEE 3911/92 è stato successivamente modificato dal Regolamento CEE 752/93, dal Regolamento CE 1526/98 e dal Regolamento CE 656/2004. Infine, esso è stato abrogato, con finalità meramente semplificatorie, dal Regolamento CE 116/2009, cui

Detto Regolamento, anche nell’ottica di garantire una sempre maggiore collaborazione fra gli Stati membri e fra le rispettive istituzioni operanti nel settore, fu adottato al fine di uniformare a livello comunitario la disciplina delle esportazioni dei beni culturali ed al fine di introdurre specifiche modalità di controllo che potessero avvalersi di protocolli e procedure uniformi.

Esso si applica, pertanto, a tutti i beni culturali identificati nell’Allegato A272

del Regolamento stesso, il quale, tuttavia, non può pregiudicare la definizione, da parte degli Stati membri, dei beni da considerare “patrimonio nazionale ai sensi

dell’art. 36 del Trattato”.

Anche in questo caso, l’esportazione dei beni culturali elencati nell’Allegato sopra menzionato è subordinata ad una licenza di esportazione273 valida in tutta la

più propriamente si dovrebbe oggi fare riferimento: tuttavia, tale ultimo regolamento, assai più scarno, ed in qualche modo meno esaustivo, dal punto di vista sostanziale rinvia anch’esso, pedissequamente, in particolare tramite una Tavola di concordanza che ne costituisce l’Allegato III, al Regolamento CEE 3911/92 che avrebbe l’ambizione di (formalmente) abrogare. Per questo motivo si è preferito, in questa sede, per una migliore potenzialità esplicativa, continuare a fare riferimento al Regolamento del 1992, vera e propria fonte ‘materiale’, tuttora vivente, della disciplina oggetto di analisi nel presente paragrafo.

272 Allegato reperibile direttamente al seguente link, cui si rimanda:

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31992R3911&from=IT.

273 Il Titolo 1 del Regolamento CEE 3911/92, intitolato ‘Licenza di esportazione’, inizia con l’art. 2, che così recita testualmente: “1. L'esportazione di beni culturali, al di fuori del territorio della

Comunità, è subordinata alla presentazione di una licenza di esportazione. 2. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato, - da un'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio si trova lecitamente e definitivamente il bene culturale alla data del 1° gennaio 1993, - oppure, dopo la suddetta data, da un'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio il bene culturale si trova dopo essere stato lecitamente e definitivamente spedito da un altro Stato membro o dopo essere stato importato da un paese terzo o reimportato da un paese terzo in seguito ad una spedizione lecita da uno Stato membro verso il suddetto paese terzo. Tuttavia lo Stato membro competente conformemente al primo comma, primo e secondo trattino può non richiedere licenze di esportazione per i beni culturali elencati nell'allegato, categoria A 1, primo e secondo trattino qualora detti beni abbiano un interesse archeologico o scientifico limitato e purché non provengano direttamente da scavi, scoperte e siti archeologici in uno Stato membro e la loro presenza sul mercato sia lecita. L'autorizzazione di esportazione può essere rifiutata ai sensi del presente regolamento, qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico e archeologico nello Stato membro di cui trattasi. Se necessario, l'autorità di cui al primo comma, secondo trattino prende contatto con le autorità competenti dello Stato membro da cui proviene il bene culturale, in particolare le autorità competenti ai sensi della direttiva 93/7/CEE del Consiglio, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro. 3. La licenza di esportazione è valida in tutta la Comunità. 4. Fatte salve le disposizioni del presente articolo,

Comunità (oggi Unione) europea: ogni Stato è tenuto ad indentificare le autorità ovvero gli enti competenti per il rilascio della licenza (come visto, ai sensi dell’art. 74 del Codice le autorità competenti a tal fine, in Italia, sono i medesimi Uffici di esportazione già abilitati al rilascio degli attestati di circolazione extranazionale).

Tale licenza di esportazione, unitamente ad un’apposita ‘dichiarazione di esportazione’, deve necessariamente essere presentata presso i competenti uffici doganali dal soggetto che intenda operare l’esportazione274.

È importante sottolineare che gli Stati membri (le cui autorità amministrative sono tenute a prestarsi fra loro mutua assistenza ed a collaborare pienamente con la Commissione275) “possono rifiutare l'autorizzazione di esportazione se i beni

culturali in questione sono oggetto di una legislazione di tutela del patrimonio nazionale avente valore artistico, storico e archeologico nello Stato membro di cui trattasi”.

È lo stesso Regolamento (art. 9) a lasciare ad ogni Stato la facoltà di determinare opportune sanzioni per il caso di mancata osservanza delle norme appena descritte, a condizione che le sanzioni siano “sufficientemente dissuasive da

indurre al rispetto di tali disposizioni”.

l'esportazione diretta dal territorio doganale della Comunità di beni del patrimonio nazionale di valore artistico, storico o archeologico, che non rientrano nella definizione di beni culturali ai sensi del presente regolamento, è soggetta alla normativa nazionale dello Stato membro di esportazione”.

274 Cfr. art 4 del Regolamento CEE 3911/92: “La licenza di esportazione è presentata, a sostegno

della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente ad accettare tale dichiarazione”; e cfr. art. 5 del

Regolamento CEE 3911/92: “1. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali

competenti per espletare le formalità di esportazione dei beni culturali. 2. Quando si avvalgono della possibilità di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco degli uffici doganali debitamente abilitati”.

275 Cfr. art 6 del Regolamento CEE 3911/92, norma posta in apertura del Titolo 2, intitolato ‘Cooperazione amministrativa’: “Ai fini del presente regolamento, si applicano mutatis mutandis le

disposizioni del regolamento (CEE) n. 1468/ 81, in particolare quelle relative alla riservatezza delle informazioni. Oltre alla cooperazione di cui al primo comma, gli Stati membri fanno tutto il necessario per stabilire, sul piano dei loro rapporti reciproci, una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 93 /7/ CEE”.

Ferme restando le sanzioni penali previste dall’art. 174 – analizzate al paragrafo che precede – l’art. 166 del Codice, rubricato ‘Omessa restituzione di

documenti per l’esportazione’ così dispone: “chi, effettuata l'esportazione di un bene culturale al di fuori del territorio dell'Unione europea ai sensi del regolamento CEE, non rende al competente ufficio di esportazione l'esemplare n. 3 del formulario previsto dal regolamento (CEE) n. 752/93 …è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103, 50 a euro 620”.

Per quanto concerne, invece, la materia della ‘restituzione, nell’ambito

dell’Unione europea, di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro’, come anticipato, occorre fare riferimento alla disciplina dettata dalla

Direttiva 93/7/CEE, integralmente recepita dalla Sezione III (del Capo V) del Codice276.

276 Cfr. art. 75 D. Lgs. 42/2004, rubricato ‘Restituzione’, così come modificato ed integrato dal D. Lgs. 62/2008: “1. Nell'ambito dell'Unione europea, la restituzione dei beni culturali usciti

illecitamente dal territorio di uno Stato membro dopo il 31 dicembre 1992 è regolata dalle disposizioni della presente sezione, che recepiscono la direttiva CEE. 2. Ai fini della direttiva CEE, si intendono per beni culturali quelli qualificati, anche dopo la loro uscita dal territorio di uno Stato membro, in applicazione della legislazione o delle procedure amministrative ivi vigenti, come appartenenti al patrimonio culturale dello Stato medesimo, ai sensi dell'articolo 30 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, nella versione consolidata, quale risulta dalle modifiche introdotte dal Trattato di Amsterdam e dal Trattato di Nizza. 3. La restituzione è ammessa per i beni di cui al comma 2 che rientrino in una delle categorie indicate alla lettera a) dell'allegato A, ovvero per quelli che, pur non rientrando in dette categorie, siano inventariati o catalogati come appartenenti a: a) collezioni pubbliche museali, archivi e fondi di conservazione di biblioteche. Si intendono pubbliche le collezioni di proprietà dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali e di ogni altro ente ed istituto pubblico, nonché le collezioni finanziate in modo significativo dallo Stato, dalle regioni o dagli altri enti pubblici territoriali; b) istituzioni ecclesiastiche. 4. E' illecita l'uscita dei beni avvenuta dal territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato in materia di protezione del patrimonio culturale nazionale o del regolamento CEE, ovvero determinata dal mancato rientro dei beni medesimi alla scadenza del termine fissato nel provvedimento di autorizzazione alla spedizione temporanea. 5. Si considerano illecitamente usciti anche i beni dei quali sia stata autorizzata la spedizione temporanea qualora siano violate le prescrizioni stabilite con il provvedimento di autorizzazione. 6. La restituzione è ammessa se le condizioni indicate nei commi 4 e 5 sussistono al momento della proposizione della domanda”.

Oltre alla (consueta) disposizione di modalità operative che favoriscano la massima collaborazione fra le competenti autorità dei vari Stati277, il Codice,

recependo la Direttiva, disciplina un vero e proprio procedimento integrante una vera e propria azione ad hoc, la ‘azione di restituzione’, per l’appunto278.

Si tratta di un’azione da proporre dinnanzi al Tribunale ordinario “del luogo

in cui il bene si trova”; la norma precisa che, oltre ai requisiti previsti dall’art. 163

c.p.c., l’atto di citazione in parola deve necessariamente contenere un documento descrittivo del bene che ne certifichi la qualità di bene culturale, nonché la

277 Cfr. art. 76 D. Lgs. 42/2004, rubricato ‘Assistenza e collaborazione a favore degli Stati membri

dell’Unione europea’, così come successivamente modificato dal D. Lgs. 62/2008: “1. L'autorità centrale prevista dall'articolo 3 della direttiva CEE è, per l'Italia, il Ministero. Esso si avvale, per i vari compiti indicati nella direttiva, dei suoi organi centrali e periferici, nonché della cooperazione degli altri Ministeri, degli altri organi dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali. 2. Per il ritrovamento e la restituzione dei beni culturali appartenenti al patrimonio di altro Stato membro dell'Unione europea, il Ministero: a) assicura la propria collaborazione alle autorità competenti degli altri Stati membri; b) fa eseguire sul territorio nazionale ricerche volte alla localizzazione del bene e alla identificazione di chi lo possieda o comunque lo detenga. Le ricerche sono disposte su domanda dello Stato richiedente, corredata di ogni notizia e documento utili per agevolare le indagini, con particolare riguardo alla localizzazione del bene; c) notifica agli Stati membri interessati il ritrovamento nel territorio nazionale di un bene la cui illecita uscita da uno Stato membro possa presumersi per indizi precisi e concordanti; d) agevola le operazioni che lo Stato membro interessato esegue per verificare, in ordine al bene oggetto della notifica di cui alla lettera c), la sussistenza dei presupposti e delle condizioni indicati all'articolo 75, purché tali operazioni vengano effettuate entro due mesi dalla notifica stessa. Qualora la verifica non sia eseguita entro il prescritto termine, non sono applicabili le disposizioni contenute nella lettera e); e) dispone, ove necessario, la rimozione del bene e la sua temporanea custodia presso istituti pubblici nonché ogni altra misura necessaria per assicurarne la conservazione ed impedirne la sottrazione alla procedura di restituzione; f) favorisce l'amichevole composizione, tra Stato richiedente e possessore o detentore a qualsiasi titolo del bene, di ogni controversia concernente la restituzione. A tal fine, tenuto conto della qualità dei soggetti e della natura del bene, il Ministero può proporre allo Stato richiedente e ai soggetti possessori o detentori la definizione della controversia mediante arbitrato, da svolgersi secondo la legislazione italiana, e raccogliere, per l'effetto, il formale accordo di entrambe le parti”.

278 Cfr. art. 77 D. Lgs. 42/2004, rubricato ‘Azione di restituzione’: “1. Per i beni culturali usciti

illecitamente dal loro territorio, gli Stati membri dell'Unione europea possono esercitare l'azione di restituzione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria, secondo quanto previsto dall'articolo 75. 2. L'azione è proposta davanti al tribunale del luogo in cui il bene si trova. 3. Oltre ai requisiti previsti nell'articolo 163 del codice di procedura civile, l'atto di citazione deve contenere: a) un documento descrittivo del bene richiesto che ne certifichi la qualità di bene culturale; b) la dichiarazione delle autorità competenti dello Stato richiedente relativa all'uscita illecita del bene dal territorio nazionale. 4. L'atto di citazione è notificato, oltre che al possessore o al detentore a qualsiasi titolo del bene, anche al Ministero per essere annotato nello speciale registro di trascrizione delle domande giudiziali di restituzione. 5. Il Ministero notifica immediatamente l'avvenuta trascrizione alle autorità centrali degli altri Stati membri”.

dichiarazione delle autorità competenti dello Stato richiedente relativa alla illecita uscita del bene dal territorio nazionale.

L’atto di citazione, da notificarsi al soggetto che a qualunque titolo sia detentore del bene, va notificato altresì al ministero competente ai fini della trascrizione dell’apposita domanda in uno speciale registro: di tale trascrizione, il ministero dà immediata notifica alle autorità competenti degli altri Stati membri.

L’azione di restituzione va promossa entro il termine decadenziale di un anno dal momento in cui lo Stato richiedente ha avuto conoscenza che il bene uscito illecitamente si trova in un determinato luogo e ne ha identificato il possessore o detentore a qualsiasi titolo (art. 78 del Codice).

Al soggetto citato in giudizio, laddove ne faccia esplicita richiesta, può essere riconosciuto un indennizzo quantitativamente determinato sulla base di criteri equitativi: a tal fine, tuttavia, questi dovrà dimostrare di aver usato la dovuta diligenza, parametrata alle circostanze, al momento dell’acquisto del bene.

Interessante, anche ai fini successori, si rivela la disposizione in base alla quale colui che abbia ricevuto il bene in donazione, eredità, ovvero a titolo di legato “non può beneficiare di una posizione più favorevole di quella del suo dante causa” (art. 79 del Codice).

In ogni caso, lo Stato richiedente che sia stato costretto al pagamento dell’indennizzo (da corrispondersi al momento della restituzione del bene), potrà agire in regresso nei confronti del soggetto responsabile: della consegna e dell’eventuale pagamento dell’indennizzo è redatto verbale avente valore di atto

pubblico279, verbale che andrà a costituire titolo idoneo per la cancellazione della

trascrizione della domanda giudiziale (art. 80 del Codice).

Ma la disciplina della circolazione internazionale dei beni culturali non si esaurisce nelle fonti nazionali e comunitarie che abbiamo sin qui esaminato: occorre necessariamente dar conto, sia pur brevemente, delle importanti convenzioni e trattati internazionali che sono stati nel tempo sottoscritti dal nostro Paese.

In quest’ottica, nel 2008, il decreto legislativo n. 62, più volte richiamato, attraverso la modifica dell’art. 87 e l’introduzione dell’art. 87-bis, introduceva nel Codice dei beni culturali due espressi richiami alle normative dettate dalla Convenzione UNIDROIT del 24 giugno 1995, concernente il ritorno internazionale dei beni rubati o illecitamente esportati, e dalla Convenzione UNESCO del 14 novembre 1970, concernente l’illecita importazione, esportazione e trasferimento dei beni culturali: queste due norme, che richiamano, confermandole, altrettante Convenzioni già ratificate dall’Italia, vanno a costituire e completare la Sezione IV del Capo V (del Titolo I della Parte Seconda), intitolata, per l’appunto, ‘Disciplina in

materia di interdizione della illecita circolazione internazionale dei beni culturali’.

La Convenzione UNESCO del 1970 ha visto l’adesione, dal 1971 al 2016, di ben 131 Stati; la Convenzione Unidroit (Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato), da questo punto di vista, vincola meno entità statuali, essendo ad oggi membri dell’organizzazione internazionale “soltanto” 63 paesi.

Partendo, in ordine cronologico, dalla Convenzione UNESCO, prima di evidenziarne i principali aspetti normativi, occorre premettere qualche valutazione su alcuni punti di ‘debolezza’ che caratterizzano questo trattato internazionale, al quale

279 A tal fine, è richiesto che il soggetto chiamato a redigere il verbale sia un notaio, ovvero un ufficiale giudiziario, ovvero ancora un funzionario all’uopo designato dal ministero.

peraltro va riconosciuta una posizione di assoluto rilievo fra le norme che regolano la circolazione internazionale di opere d’arte.

Trattandosi, infatti, di uno strumento che, nel tempo, è stato ratificato da così tanti Stati in tutto il mondo, era pressoché inevitabile che esso dovesse in qualche modo caratterizzarsi per essere il frutto di un compromesso fra posizioni statuali, riflettenti i rispettivi ordinamenti, anche assai differenti fra di loro: si pensi, in particolare, alla differente prospettiva, sulla quale più volte abbiamo indugiato, esistente fra l’approccio dei paesi cc.dd. esportatori e l’approccio – diametralmente opposto – dei paesi cc.dd. importatori.

I paesi esportatori, ad esempio, non videro di buon occhio il carattere non retroattivo delle norme della Convenzione (non retroattività per altro in linea coi principi regolanti le convenzioni internazionali, ai sensi dell’art. 28 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, stipulata nel 1969 ed entrata in vigore nel 1980, e vincolante, ad oggi, più di 110 Stati nel mondo).

Si pensi, ancora, al problema della difficoltà di attuazione della normativa concernente la restituzione dei beni rubati o illecitamente esportati: spesso, infatti, non è possibile attivare tale normativa a causa delle norme che i vari Stati contraenti, al loro interno, applicano con riferimento al possesso di buona fede (si pensi anche all’art. 1153 del cod. civ. italiano280).

Al di là delle inevitabili criticità, la Convenzione UNESCO del 1970 è da considerarsi come una vera e propria ‘pietra d’angolo’, per il forte impatto e valore simbolico che ha avuto, così come ha tuttora, in materia di contrasto ai fenomeni di

280 Sul punto, cfr. M. Frigo, La circolazione internazionale dei beni culturali. Diritto

illecita importazione ed esportazione e di illecito trasferimento delle opere d’arte e dei beni culturali in generale.

Come dicevamo poc’anzi, la Convenzione UNESCO, all’art. 1, riporta una specifica elencazioni dei beni che, seconda la Convenzione stessa, devono essere considerati ‘beni culturali’281: è agevole osservare come l’elencazione non coincida

perfettamente con le nostre normative nazionali e comunitarie.

Con la sottoscrizione della Convenzione gli Stati assumono molteplici