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La nuova unione doganale di Russia, Bielorussia e Kazakistan

Nel documento L’Italia nell’economiainternazionale (pagine 85-91)

di Margherita Gianessi*

* Università degli Studi di Trieste (sede di Gorizia).

1 L’EurAsEC (o EAEC, Eurasian Economic Community) viene creata nel 2000 da Bielorussia, Russia,

Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan. Vi partecipano con lo status di osservatori Armenia, Moldavia e Ucraina, mentre l’Uzbekistan è stato membro attivo dal 2006 al 2008, anno in cui ha deciso di sospendere la sua partecipazione. Gli obiettivi generali definiti dal trattato sono la promozione del processo di formazione di un’unione doganale e di un unico spazio economico. Le decisioni ven-gono prese all’unanimità dal Consiglio Interstatale, vero corpo esecutivo dell’ EurAsEC, composto dai capi di stato e di governo dei paesi membri.

2 Per prima è stata creata la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) nel 1991, poi la prima Unione

doganale nel 1995, la Comunità Economica Eurasiatica (EurAsEC) nel 2000, lo Spazio Economico Comune (CES) nel 2003 assieme all’Ucraina, e infine la nuova Unione doganale.

Kazakistan sono esportatori di materie energetiche (petrolio e gas naturale), e hanno fondato la loro straordinaria crescita del primo periodo della transizione sull’industria estrattiva, la quale rappresenta tuttora la parte più consistente dell’export dei due paesi3. I profitti realizzati dal comparto energetico sono serviti a coprire le debolezze di un’industria manifatturiera praticamente inesistente per quanto riguarda il Kazakistan, e altamente inefficiente per quanto riguarda la Russia. La dipendenza dal settore energetico ha inoltre reso i paesi vulnerabili nei momenti di crisi

internazionale caratterizzati da un crollo dei prezzi di gas e petrolio, come durante la crisi economica del 2008-2009 che ha pesantemente colpito la Russia, provocando una diminuzione del Pil del 7,9 per cento nel 2009 e, per effetto dei forti spillover regionali4, anche Bielorussia e Kazakistan. La Bielorussia, pur essendo un paese importatore di energia e dipendendo interamente dalla Russia per quanto riguarda l’importazione di gas e petrolio, ha potuto sostenere la crescita economica e una costosa politica sociale grazie ai profitti realizzati dalla raffinazione ed esportazione del greggio russo, che ha ottenuto duty free fino al 2007, e grazie ai prezzi politici praticati dalla Russia per le forniture di gas naturale. Questo l’ha resa estremamente vulnerabile dal punto di vista politico ed economico nei confronti della politica energetica della Russia, in quanto il suo sistema produttivo può competere solo se i prezzi delle materie prime sono basse. Uno dei motivi che ha spinto la Bielorussia alla partecipazione alla nuova Unione doganale era l’ottenimento dell’abolizione dei dazi d’esportazione sul greggio introdotti nel 2007. Ciò nonostante, nel gennaio 2010, al rinnovo dei contratti per la fornitura di petrolio, la Russia ha imposto dazi su circa 15 milioni di tonnellate di greggio russo destinate alla raffinazione per l’esportazione verso l’Europa, e sui prodotti derivati del petrolio, provocando un deficit fiscale per l’economia bielorussa di 2 miliardi di USD, pari al 4 per cento del Pil (IMF, 2010a).

In ultima analisi è da sottolineare l’importanza per Bielorussia e Kazakistan dell’interscambio con la Russia, in particolare per quanto riguarda le importazioni che rappresentano rispettivamente il 59,8 per cento e il 36 per cento (Wto, 2008), e la scarsa importanza del mercato della Cis per le esportazioni e le importazioni russe (circa il 15 per cento dell’interscambio russo, CisStat, 2008).

Gli elementi finora presentati servono a dare un’idea delle dinamiche politiche ed economiche che sottendono alle relazioni tra i tre paesi appena entrati nell’unione doganale. Un passato comune nell’Unione sovietica, una partecipazione attiva nelle organizzazioni per l’integrazione economica patrocinate dalla Russia, una forte dipendenza delle economie bielorussa e kazaka nei confronti di quella russa, la vulnerabilità economica di Russia e Kazakistan rispetto ai prezzi degli idrocarburi e, infine, la vulnerabilità energetica della Bielorussia nei confronti delle decisioni russe, danno la misura della fragilità politica della nuova unione doganale. Di seguito si presenta un semplice grafico che evidenzia le proporzioni dei tre paesi all’interno dell’Unione doganale in termini di territorio, popolazione e Pil, a sottolineare l’enormità del peso russo.

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3 Gli idrocarburi e i prodotti d’estrazione rappresentano il 73% delle esportazioni russe, l’81% delle

esportazioni kazake, e il 38-39% delle esportazioni e importazioni della Bielorussia (dati Wto, 2008).

4 È stato calcolato che uno shock sul Pil russo del 2% avrebbe un impatto a distanza di un semestre

sul Pil di Bielorussia e Kazakistan rispettivamente dello 0,6% e dell’1,7% (Alturki, Espinosa-Bowen e Ilahi, 2009).

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2. La politica commerciale della nuova Unione doganale

La politica commerciale dell’unione doganale viene condotta

congiuntamente dai tre paesi membri ed è decisa a livello governativo dal Consiglio Interstatale dell’EurAsEC, il quale è anche l’organo supremo dell’unione doganale. La politica tariffaria viene fissata dalla Commissione dell’unione doganale, dove le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata, con la Russia che detiene da sola il 57 per cento dei voti, e all’unanimità per quanto riguarda i prodotti cosiddetti “sensibili”: petrolio e derivati, carne, pesce, zucchero, latte e derivati, alcuni prodotti

dell’industria chimica, farmaceutica, tessile e metal-meccanica. A capo della Commissione è stato posto l’economista russo Sergei Glaziev, le cui posizioni a favore di una politica protezionistica a difesa dell’industria nazionale russa fanno intuire quale sarà la politica commerciale condotta dall’unione doganale (Dynkin, 2010).

Prima dell’entrata nell’unione doganale, Bielorussia e Kazakistan, nonostante rappresentassero tra lo 0,2 per cento e lo 0,4 per cento delle importazioni e esportazioni mondiali, si presentavano come paesi molto più aperti al commercio rispetto alla Russia, in termini di interscambio pro capite e di interscambio sul Pil. Bielorussia e Kazakistan hanno ottenuto anche punteggi migliori della Russia in quanto a libertà commerciale

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Fonte: elaborazione propria

Grafico 1 Superficie, popolazione e Pil nominale (% sul totale): Russia, Bielorussia e Kazakistan a confronto

Tavola 1 - L'apertura commerciale di Russia, Bielorussia e Kazakistan

Russia Bielorussia Kazakistan

Interscambio pro capite (USD, 2006-2008) 4.939 6.274 6.359

Interscambio/PIL (2006-2008) 54% 128% 93%

Bilancia delle partite correnti (milioni USD, 2008) 102.401 -5.208,80 6.596

Percentuale sulle esportazioni mondiali (2008) 2,90% 0,20% 0,40%

Percentuale sulle importazioni mondiali (2008) 1,80% 0,20% 0,20%

Indice di libertà economica (2010) (1) 50,3 48,7 61

Indice di libertà del commercio (2010) (1) 68,4 80,3 85,9

Tariffa media ponderata (2010) 5,80% 2,30% 2,10%

Ease of doing business (rank 2010) 120 58 63

Trading across border (rank 2010) (2) 162 129 182

(1) Al crescere dell'indice, aumenta la libertà economica/commerciale.

(1) Sotto questa voce si considerano: numeri di documenti, giorni e costi necessari per l’esportazione e l’importazione.

(Heritage Foundation, 2010) e facilità ad avviare un’attività commerciale (Ease of Doing Business, Tavola 1). Le loro tariffe medie ponderate, infine, secondo quanto presentato dalla Heritage Foundation, sono decisamente più basse rispetto a quelle russe.

La Russia, al contrario, è il paese al mondo che ha adottato più misure protezionistiche nel periodo della crisi, implementandone 48 su un totale di 223 utilizzate nel mondo tra l’ottobre 2008 e il novembre 2009

(Commissione Europea, 2009), e continuando a farlo nei primi mesi del 2010. Dal confronto delle misure protezionistiche adottate da Russia, Bielorussia e Kazakistan nel periodo precedente alla creazione dell’Unione doganale, si ha la conferma della politica altamente protezionistica della Russia (Tavola 2). I settori più protetti dai tre paesi dell’Unione doganale, nel periodo precedente la creazione dell’Unione, sono quello alimentare, dell’acciaio e il settore automobilistico, con Russia in testa in quanto a protezioni adottate (Tavola 2, Grafico 2).

La politica commerciale dell’unione doganale è stata definita a partire dal dicembre 2009 in concomitanza con la definizione del nuovo regime tariffario, il quale è stato creato per il 92 per cento sulle tariffe russe, determinando quindi un rialzo delle tariffe di Bielorussia e Kazakistan. La politica commerciale russa, definita dalla New Strategy nel giugno 2009 e aggiornata nel marzo 2010, giustifica l’utilizzo di una politica protezionistica per favorire la ristrutturazione, l’ammodernamento e la diversificazione dell’industria nazionale russa, ed è stata estesa agli altri due paesi dell’unione. Per questo motivo, i settori più protetti dall’unione doganale

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Tavola 2- Misure potenzialmente restrittive o distortive del commercio adottate da Russia, Bielorussia

e Kazakistan

(ottobre 2008-ottobre 2009)

Barriere Barriere non Barriere Restrizioni Stimoli Altro Totale tariffarie e tariffarie all'investimento all'export all'export

alla dogana

Bielorussia 2 - - - - - 2

Kazakistan 1 3 - - - - 4

Russia 35 4 1 2 1 5 48

Totale 38 7 1 2 1 5 54

Fonte: elaborazione propria da Commissione Europea (2009)

Fonte: elaborazione propria da Commissione Europea (2009)

Grafico 2 I settori più protetti da Russia, Bielorussia e Kazakistan. Ottobre 2008-ottobre 2009

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rimangono quello dell’auto, della carne e dell’abbigliamento di fascia economica, minacciato dalle importazioni competitive di Cina e Turchia. Secondo la strategia russa, la politica tariffaria protezionistica svolge sia la funzione fiscale, alimentando le casse dello stato, sia la funzione

regolatoria, proteggendo l’industria nazionale minacciata dalle importazioni più competitive. Con la creazione dell’unione doganale, oltre all’aumento generale delle tariffe e all’estensione della politica commerciale russa a Bielorussia e Kazakistan, si sono anche complicate le procedure per ottenere le nuove licenze di importazione, soprattutto per quanto riguarda carne e bevande alcoliche.

3. Considerazioni finali

La nuova unione doganale rappresenta una novità rispetto ai precedenti esperimenti di integrazione economica tra Russia, Bielorussia e Kazakistan che non hanno avuto un seguito concreto, probabilmente perché frutto della crisi economica. Nelle intenzioni dei capi di stato di Russia,

Bielorussia e Kazakistan l’unione doganale dovrebbe portare ad un crescita del Pil del 15 per cento entro il 2015, favorendo così l’attrazione degli investimenti stranieri, e dovrebbe costituire il primo passo per la creazione di uno spazio economico comune.

Tuttavia, l’utilizzo che ne ha fatto finora la Russia è stato di tipo

protezionistico e politico. Da una parte, la Russia ha infatti esteso la sua politica commerciale e tariffaria a Bielorussia e Kazakistan con l’intenzione di proteggere la propria industria nazionale e di sostituirsi a Ue e Cina nelle esportazioni del settore manifatturiero, poco competitivo in Russia, verso Bielorussia e Kazakistan. Dall’altra parte, la Russia ha utilizzato l’unione per rinforzare la sua presenza politica, oltre che economica, non solo su Bielorussia e Kazakistan, ma anche sull’Ucraina, la quale si è da poco riavvicinata alla Russia con l’elezione di Yanukovych ed è stata invitata ad unirsi all’unione per ottenere gli stessi prezzi vantaggiosi sulle importazioni di gas naturale che vengono praticati alla Bielorussia.

L’unione doganale alimenterebbe quindi il commercio tra i paesi membri di prodotti provenienti da imprese inefficienti, e sembrerebbe avvantaggiare soprattutto la Russia rendendo Bielorussia e Kazakistan sempre più dipendenti dalla Russia e allontanandoli dal commercio internazionale. Le tensioni originatesi subito dopo la creazione dell’unione doganale con la Bielorussia, e l’invito all’Ucraina ad entrare nell’unione doganale per godere di prezzi agevolati del gas, fanno presagire un utilizzo politico dell’unione da parte russa, minandone la credibilità economica e la possibilità di un suo funzionamento a lungo termine.

Ciò nonostante, in una fase di crescita dell’economia mondiale, se non vengono meno le condizioni stesse che hanno portato alla creazione dell’unione doganale, la Russia potrebbe rivedere la sua politica

commerciale alleggerendo il livello di protezionismo. In questo caso nuove prospettive di mercato si aprirebbero per l’Europa attraverso la Bielorussia, che farebbe da ponte verso il mercato russo e kazako.

Riferimenti bibliografici

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(http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2009/wp09277.pdf)

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(http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2009/november/tradoc_145270.pdf) Dynkin, A. (2010), “Trilateral customs union – new post-Soviet trade bloc?”, The ISCIP Analyst, (Russian Federation), An Analytical Review, Volume XVI, Number 7, 28 Gennaio 2010

(http://www.bu.edu/phpbin/news-cms/news/?dept=732&id=55377)

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(http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2010/cr1089.pdf) IMF (2010b), World Economic Outlook, Aprile 2010

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(http://www.gppaa.min-agricultura.pt/ri/Docs/RelatMedidasProteccionistas.pdf)

World Bank (2009a), Russian Federation at a glance, WB 12/9/09, (http://devdata.worldbank.org/AAG/rus_aag.pdf).

World Bank (2009b), Belarus at a glance, 12/9/09, (http://devdata.worldbank.org/AAG/blr_aag.pdf) World Bank (2009c), Kazakhstan at a glance, 12/9/09 (http://devdata.worldbank.org/AAG/kaz_aag.pdf) Sitografia utile http://info.worldbank.org http://stat.wto.org http://www.cisstat.com http://www.doganarussa.com http://www.doingbusiness.org http://www.globaltradealert.org http://www.heritage.org http://www.tsouz.ru http://www.imf.org

La data dell’ultimo accesso alle URL citate è: 18/05/2010.

Rapporto Ice 2009-2010. L’Italia nell’economia internazionale 90

Introduzione

I principali accordi multilaterali e regionali che promuovono la liberalizzazione degli scambi commerciali prevedono che gli stati membri, in particolari situazioni, possano applicare determinate misure restrittive del commercio rispettando precisi requisiti di natura

sostanziale e procedurale. In base alla normativa dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) si possono distinguere due differenti tipi di strumenti: quelli applicabili alla frontiera e le misure interne. Rientrano nella prima categoria l’innalzamento dei dazi doganali all’importazione fino al livello degli impegni sottoscritti a livello multilaterale e le c.d. “misure di difesa commerciale”

(antidumping, misure compensative e misure di salvaguardia) e nella seconda gli aiuti pubblici alle imprese.

Anche gli standard sanitari e tecnici hanno, talvolta, l’effetto di ridurre i flussi commerciali internazionali. Tuttavia, a differenza degli strumenti identificati in precedenza, gli standard sanitari e tecnici trovano applicazione generale (non sono, cioè, applicati in via eccezionale in situazioni particolari) e non comportano discriminazioni fra i prodotti nazionali e stranieri. Pertanto, pur essendo regolamentati dalle norme dell’Omc, non rientrano fra gli strumenti legittimi di protezione commerciale.

L’Italia, come tutti gli altri membri dell’Ue, ha trasferito agli organi dell’Unione le proprie competenze in materia di politica

commerciale. Qualsiasi decisione

riguardante l’applicazione delle misure in esame, pertanto, rientra nella competenza esclusiva degli organi dell’Ue. Fa eccezione a questo principio il sistema di aiuti pubblici alle imprese non appartenenti al settore agricolo che rientrano pienamente nella competenza degli stati membri i quali, tuttavia, sono sottoposti ai vincoli previsti dal Trattato dell’Unione. Si noti che tali vincoli si sommano e, talvolta, si sovrappongono alle regole dell’Omc in materia.

Le statistiche indicano che il sistema di norme dell’Omc, pur consentendo legittime restrizioni agli scambi, ha contribuito in modo sostanziale al contenimento del temuto avvento di politiche protezionistiche quale risposta degli stati alle sfide poste dalla crisi economica e finanziaria. Il secondo rapporto congiunto di Ocse, Omc e Unctad mostra che le misure restrittive al commercio rilevate nel periodo settembre 2009-febbraio 2010 interessano solo lo 0.7 per cento delle importazioni dei paesi del G20 e lo 0,4 per cento delle importazioni mondiali1(Oecd, Wto, Unctad 2010).

Le misure applicabili alla frontiera

Le regole dell’Omc consentono agli stati l’attivazione di alcuni strumenti, applicabili alla frontiera, atti a limitare i flussi commerciali all’importazione. Tre strumenti (antidumping, misure compensative e salvaguardie) trovano specifica regolamentazione nelle norme dell’Omc mentre il quarto (innalzamento dei

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Strumenti legittimi

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