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La partecipazione regionale: tra integrazione e potenzia-

2. La partecipazione Gli strumenti previsti dalla l 241 del 1990 e l’interpretazione

2.2 La partecipazione regionale: tra integrazione e potenzia-

Tuttavia, il modello di Amministrazione procedimentale italiano consta di due livelli, quello statale generale individuato dalla l. 241 cit., e quello decentrato, regionale e locale, che può derogare il primo, fatto salvo il rispetto dei livelli mi- nimi di tutela: infatti, il regime derogatorio potrà prevedere una tutela rafforzata, ma in alcun modo potrà svuotare le garanzie minime, gli standard e i principi con- tenuti nel capo III della legge sul procedimento.282 Tra le due discipline, pertanto, vige un rapporto di integrazione, in un doppio senso: da una parte, come si è detto, la disciplina statuaria potrà solo contenere un potenziamento della partecipazione; dall’altra parte, qualora un ente locale rimanga inerte dall’esercizio della propria potestà statuaria, in ogni caso si applicheranno le norme generali sul procedimento. Il d.lgs. 267 del 2000 (“Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”) prevede alcuni istituti di partecipazione, senza tuttavia offrire una disci- plina specifica, ma delineandone i tratti generali e rimettendo la disciplina puntuale alle sedi statuaria e regolamentare; pertanto, gli agli enti locali è riconosciuta una discrezionalità nella predisposizione dei moduli partecipativi da adottare e delle

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Cons. St., sez. V, 22 marzo 1999, n. 319; Cons. St., sez. VI, 24 agosto 1996, n. 1072. Corte cost., sentenza dell’1 giugno 2016, n. 191; in giustizia-amministrativa.it. 341 del 5 luglio 2006, in cortecostitu- zionale.it.

281D.U.G

ALLETTA, L’art. 21 octies della novelletta legge sul procedimento amministrativo nelle prime

applicazioni giurisprudenziali; un’interpretazione riduttiva delle garanzie procedimenti contraria alle ga- ranzie costituzionali e al diritto comunitario, in M.A.SANDULLI, Riforma della l. 241/1990 e processo amministrativo, Milano, 2005, p. 91;S.MATTEUCCI CIVITARESE, La comunicazione di avvio del procedi-

mento dopo la l. n. 15 del 2005. Potenziata nel procedimento, dequotata nel processo, in Foro amm. - Cons. St., 2005, p. 1963; M.DE BENEDETTO, cit., p. 5.

282L.S

APORITO,P.M.NAPOLITANO, Istituzioni di diritto regionale, vol. II, L’organizzazione. Regioni ed

Europa, Padova, 2001, pp. 23 e ss.; A.RUGGERI,C.SALAZAR, Regione, voce inS.CASSESE (diretto da),

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loro specifiche caratteristiche, con il limite del rispetto dei principi previsti dalla legge generale sul procedimento e dal d.lgs. 267/2000. Trattasi, pertanto, di una discrezionalità del modo e non una discrezionalità de sé.

Gli artt. 8-11 del summenzionato d.lgs. 267, prevedono varie forme di par- tecipazione dei cittadini, sia come singoli, sia come gruppi di persone riuniti in associazioni e organismi, sia come collettività locale nel suo complesso; alcuni di questi istituti sono considerati obbligatori e dovranno essere necessariamente pre- visti nello statuto dell’ente, altri, invece, sono facoltativi. Tra quelli obbligatori vi sono: la possibilità, di forme associative di cittadini o di organismi di partecipa- zione promossi dal Comune, di partecipare all’Amministrazione locale; l’inter- vento nei procedimenti volti ad adottare un provvedimento che incida sulla situa- zione soggettiva dell’interveniente; forme di consultazione della popolazione su materie di competenza esclusiva locale; procedure per l’ammissione di istanze, petizioni, proposte e, altresì, la garanzia che l’esame di queste sia tempestivo; la facoltà per gli elettori di far valere dinanzi al giudice amministrativo i ricorsi di spettanza del Comune; il diritto d’accesso agli atti amministrativi degli enti locali; il diritto di ciascuno di essere informato sullo stato di atti e procedimenti che lo riguardino; l’accesso alle strutture e ai servizi degli enti per le organizzazioni di volontariato e le associazioni. Sono, invece, strumenti di partecipazione eventuali i referendum consultivi e il difensore civico. Inoltre, gli enti locali possono predi- sporre autonomamente diversi strumenti di partecipazione, non previsti né dalla l. 241 del ’90, né dal d.lgs. 267/2000, purché nel rispetto dei limiti e dei principi da queste leggi previsti.283

L’adozione, da parte delle leggi regionali, di modelli difformi rispetto alla legge 241 non è un fenomeno diffuso in quanto, al contrario, le Regioni tendono a uniformarsi alla disciplina generale. Tuttavia, il fatto che la disciplina statuaria o regolamentare possa derogare quella generale solo in via rafforzativa, porta

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all’emersione, a livello locale, di una serie di moduli partecipativi di grande inte- resse e, spesso, più evoluti rispetto a quelli previsti dalla disciplina generale: si fa riferimento sia ai casi in cui sono previste modalità partecipative non solo mera- mente scritte, ma sotto forma di audizione orale, sia alle diverse forme di parteci- pazione popolare sconosciute alla legge generale. Tra queste forme di partecipa- zione, quelle che non si inseriscono all’interno del procedimento - quali, per esem- pio, vi sono la consultazione della popolazione, le istanze, le petizioni, le proposte dei cittadini, previsti dalla legge sulle autonomie locali, nonché il referendum con- sultivo, che può essere disciplinato dagli statuti - non verranno in questa sede ana- lizzate, in quanto non sono strettamente strumentali all’evidenziazione di specifici interessi, argomento centrale di questa trattazione, ma sono finalizzate a consentire ai cittadini una partecipazione “politica” attiva nel governo degli enti locali. È ne- cessario distinguere, pertanto, tra partecipazione politica e partecipazione procedi- mentale; si analizzerà, in questa sede solo quest’ultima forma.284

Con riferimento agli strumenti di partecipazione endoprocedimentale pre- visti a livello regionale e diversi da quelle previsti in via generale (analizzati nel paragrafo precedente), di grande interesse è il caso lombardo, in quanto è orientato a offrire moduli partecipativi orali: l’art. 11 della legge regionale lombarda n. 1 del 2012285, infatti, prevede il contraddittorio orale, stabilendo che “qualunque sog-

getto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi collet- tivi istituzionalmente preposti alla tutela degli interessi di categoria o i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiu- dizio o un beneficio dal provvedimento” possano chiedere di essere “ascoltati” dall’autorità competente sui fatti rilevanti; l’art.12 della stessa legge regionale isti- tuisce, poi, le cd. “audizioni pubbliche” alle quali partecipano le Amministrazioni

284S.F

ANTINI, op. cit., 89; F.GIGLIONI,S.LARICCIA, Partecipazione dei cittadini all’attività amministra-

tiva, in Enc. dir., cit., p. 938.

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Legge regionale 1 febbraio 2012, n. 1, rubricata “Riordino normativo in materia di procedimento am- ministrativo, diritto di accesso ai documenti amministrativi, semplificazione amministrativa, potere sosti- tutivo e potestà sanzionatoria”, pubblicato in Bollettino Ufficiale Regione Lombardia, suppl. del 3 febbraio 2012, in normelombardia.consiglio.Regione.lombardia.it.

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pubbliche, le associazioni e i gruppi portatori di interessi collettivi e diffusi, non- ché le organizzazioni sociali e i singoli cittadini che vi abbiano interesse. Tali pe- culiarità fanno del procedimento amministrativo lombardo un più efficiente mo- dello di composizione sociale e di democrazia partecipativa, rispetto a quello de- lineato dalla normativa nazionale. Si pensi, per esempio, ai “fora di consultazione” regolati dall’art. 21 della Legge regionale lombarda n. 12 del 2005, i quali costi- tuiscono un modulo procedimentale molto flessibile (forum) a composizione mista pubblico-privata, che si colloca in una fase intermedia del procedimento - dopo una prima formulazione del “Piano territoriale regionale” da parte della Giunta - ed è volto a consentire il dialogo tra le parti nelle procedure sul governo del terri- torio, semplificare l’acquisizione di diversi interessi e opinioni, condurre all’ela- borazione di proposte concrete strumentali all’adozione di una decisione finale il più largamente possibile condivisa.286

Con riferimento, poi, alla Regione Puglia, l’art. 2, comma 3, lett. b), della legge regionale 13 luglio del 2017, prevede “il confronto con le proprie strutture amministrative, ivi comprese le agenzie regionali e degli enti locali, al fine di ot- tenere la più completa ed esaustiva rappresentazione delle posizioni, degli interessi o dei bisogni, per giungere a una consapevole ponderazione dei differenti interessi pubblici e privati, promuovendo a tal fine l’utilizzo di moduli consensuali dell’azione amministrativa nei limiti previsti dalla normativa sul procedimento amministrativo.” A tal fine, l’art. 4 della stessa legge, sancisce la possibilità di

286In particolare dopo che la Giunta ha adottato una formulazione del Piano territoriale regionali, a seguito dell’utilizzo dei tradizionali strumenti consultivi, questo viene pubblicato sul Bollettino ufficiale della Re- gione e su almeno due quotidiani a diffusione regionali: le varie parti sociali coinvolte avranno, pertanto, sessanta giorni, a partire dal momento della pubblicazione, per presentare proposte; a seconda della qualità e della quantità delle proposte e osservazioni ricevute, la Giunta può quindi decidere di creare un forum - previsto tra le modalità offerte dall’art. 21 della l. r. 12 del 2005, attraverso cui consultare le parti - il quale rimane attivo per l’intera durata della elaborazione del Piano, sotto forma di struttura decentrata presso le comunità locali. A conclusione del forum, il Piano approvato dal Consiglio regionale viene nuovamente pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale, in modo che negli ulteriori sessanta giorni successivi ciascun interes- sato possa presentare le proprie osservazioni. Sul punto v. la ricostruzione diG.SGUEO, Modelli procedi-

menti di partecipazione alle procedure di regolazione generale su scala regionale, in Giorn. dir. amm., 2008, pp. 941 e ss.; ID., La democrazia partecipativa nelle Regioni. La legge n. 14 del 2010 della Regione Umbria, in Quaderni regionali, 2011, pp. 559 ss.; nonché M. CIANCAGLINI, Tra democrazia partecipativa

e concertazione. La legge regionale 3/2010 dell’Emilia-Romagna, in Le Istituzioni del federalismo, 2011, pp. 215 ss.

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istituire i cd. “forum sociali”, quali istituti partecipativi di raccordo tra cittadino e Amministrazione comunale. All’art. 7 è previsto, inoltre, il “dibattito pubblico”, strumento di informazione e partecipazione per le grandi opere - della cui gestione, eventualmente, potrà essere incaricato un soggetto terzo - all’esito del quale il soggetto titolare del progetto dichiara se rinunciarvi, modificarlo o confermarlo; su tale istituto si è pronunciata la Corte costituzionale, dichiarando l’illegittimità della norma laddove prevede che il dibattito pubblico regionale si svolga anche su opere nazionali, dal momento che ormai a tale strumento precursore, si sovrappone il dibattito pubblico per le grandi opere introdotto, a livello nazionale, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 10 maggio 2018.287

La legge regionale campana288, all’art. 7, prevede i cd. “laboratori di piani- ficazione partecipata” (anche noti come LPP), quali strumenti “attivi” per la co- struzione di progetti co-pianificazione nel settore urbanistico che, in maniera molto simile ai fora lombardi, sono finalizzati sia a valorizzare il dialogo tra le parti per acquisire informazioni, osservazioni e competenze tecniche, sia alla formazione di

287Con sentenza n. 235 del 9 ottobre 2018, pubblicata il 14 dicembre 2018, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzione della legge regionale pugliese sulla partecipazione n. 28/2017 e, in particolare sul dibattito pubblico regionale previsto per le grandi opere di competenza nazio- nale, dichiarando l'illegittimità costituzionale dei commi 2 e 5 dell'art. 7, nella parte in cui è previsto che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle opere nazionali; ha, invece, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, pure sollevata dalla Presidenza del Consiglio del Ministri, del comma 12 del medesimo articolo 7. La Consulta ha rilevato che il presupposto della legge regionale è che, in presenza di atti di emanazione regionale, la Regione abbia il potere di disciplinare il dibattito pubblico; le intese o i pareri, tuttavia, sono atti comunque destinati a confluire nel procedimento statale di delibera- zione dell'opera, cosicché non può non tenersi conto della disciplina del dibattito pubblico dettata dallo Stato. La sentenza richiama, quindi, il Codice dei contratti pubblici e il recentissimo Regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10.5.2018 n. 76 (che tuttavia é sopravvenuto all'a- dozione della legge regionale), recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico. Statuisce la pronuncia costituzionale che il Regolamento si occupa del rap- porto con le realtà territoriali coinvolte dall'opera e con le relative istituzioni, disponendo che il dibattito pubblico debba essere gestito tenendo conto anche alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di rife- rimento. In sostanza l'istituto di matrice nazionale avrebbe colmato il vuoto che la Regione aveva inteso “eccessivamente" disciplinare. Per il resto, la legge regionale ha resistito ad ogni altra censura. La legge sulla partecipazione è quindi pienamente vigente e pienamente applicabile con le modalità e gli strumenti di partecipazione alle politiche pubbliche regionali e locali ivi contemplati. La sentenza è reperibile in cortecostituzionale.it. V. sul punto regione.puglia.it. Della questione si parlerà più ampiamente nel para- grafo di questo scritto specificamente dedicato al dibattito pubblico.

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v. Statuto della Regione Campania, l. regionale n. 6 del 28 maggio 2009; v. anche Legge regionale n. 13 del 2008, pubblicata in Bollettino ufficiale Regione Campania n. 45 bis del 10 novembre 2008.

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proposte che poi confluiscano in un progetto preliminare di “Piano territoriale re- gionale”; tra le principali differenze, rispetto all’esperienza lombarda, vi è la pre- senza dei cd. “facilitatori”, soggetti indipendenti, dall’elevato profilo tecnico, che devono, appunto, facilitare il dialogo al fine del raggiungimento di un risultato concreto.289

Si aggiungano, infine, gli “organismi consultivi” e i “laboratori di parteci- pazione” previsti dalla legge regionale della Calabria n. 19 del 2002; il “Comitato permanente per l’internalizzazione della Regione Lazio” istituto dalla legge regio- nale n. 5 del 2008; i “comitati consultivi” e la “Consulta regionale della sanità” previsti dalla Regione Sicilia; l’Autorità indipendente preposta alla partecipazione procedimentale, prevista dalla legge regionale toscana n. 69 del 2007;290 nonché i modelli di istruttoria pubblica previsti in Sardegna e in Emilia Romagna.291

2.3 Gli strumenti di democrazia partecipativa in un’ottica comparati-

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