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La pericolosità e la suscettibilità da frana

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 44-49)

quantitativi. Entrambe le tipologie prevedono la suddivisione dell’area di studio in quelle che sono definite come unità di terreno di riferimento (UTR), le quali sono descritte come “quelle porzioni di superficie di terreno che contengono una serie

di caratteristiche che le differenziano dall’unità adiacente attraverso limiti ben definiti” (Hansen, 1984). La delineazione di queste unità territoriali è essenziale

per la creazione di un database di parametri, sui quali viene basata la realizzazione di un modello previsionale. In letteratura sono diversi i metodi proposti per determinare le UTR (Meijerink, 1988; Carrara et alii, 1995; Guzzetti et alii, 1999) tra i quali quelli che si basano su criteri geometrici, geomorfologici o relativi alle unità territoriali omogenee.

Unità Geomorfologica: si basa su una suddivisione delineata da fattori

principalmente geomorfologici, in cui ogni unità presenta una combinazione di caratteristiche naturali che la rende distinguibile dalle unità adiacenti.

Matrice di Celle: prevede la suddivisione del territorio tramite una maglia

quadrata con cella di dimensione prestabilita.

Unità Territoriale Omogenea: in questa metodologia viene prevista la scelta di

alcune classi atte a descrivere la variabilità di ciascun fattore di instabilità. Successivamente vengono prodotte carte tematiche relative a ciascuno di questi fattori e, grazie all’intersezione di tali meccanismi, vengono delineate porzioni di territorio con elementi caratteristici che danno informazioni riguardo ai dissesti della cella.

Unità di Versante: derivate essenzialmente in modo automatico, a seconda delle

impostazioni date dall’operatore, da modelli digitali del terreno (DTM) di alta qualità.

La scelta di una tecnica di suddivisione in UTR rispetto a un’altra non deve essere fatta casualmente, ma deve essere ponderata in maniera molto attenta: in molti casi la scelta del metodo di valutazione della pericolosità è una conseguenza determinata dal tipo di unità di terreno adottata.

Una volta che sono state determinate le unità territoriali di riferimento, è possibile elaborare i vari livelli di suscettibilità attraverso diversi metodi: Brabb (1984), Hansen (1984), Carrara (1989), Van Westen (1993) hanno proposto diversi step da seguire, riassumibili in quattro fasi chiave, il cui completamento non dipende dalla metodologia scelta.

1. Realizzazione di una carta inventario dei fenomeni franosi.

2. Realizzazione di carte tematiche sui parametri ritenuti importanti per l’instabilità dei versanti.

3. Valutazione del peso di ogni parametro all’instabilità.

4. Classificazione dell’area di studio in zone a diverso grado di suscettibilità. I metodi qualitativi (detti anche metodi euristici o diretti) sono soggettivi e si basano interamente sul giudizio e l’esperienza della persona incaricata delle valutazioni sulla suscettibilità. Si possono suddividere in due sottocategorie: metodo geomorfologico e metodo di sovrapposizione di mappe tematiche indicizzate (detto anche metodo di indicizzazione delle cause).

4.2.1 Metodi qualitativi

Metodo geomorfologico

Il metodo geomorfologico è un metodo di tipo diretto molto semplice dal punto di vista concettuale, in quanto tutto il processo di produzione si basa sulle attività di campagna del geomorfologo. E’ un metodo che si fonda, quindi, esclusivamente sulle conoscenze e sulle capacità di deduzione e di analisi dell’operatore e per questo motivo difficilmente fornisce precise regole di operatività. Questa metodologia presenta alcuni aspetti negativi: vista la netta dipendenza dalle singole capacità di ciascun operatore, le carte prodotte differiranno per caratteristiche e proprietà a seconda di chi le realizza, rendendo difficile una loro comparazione ed interpretazione da parte di terzi. Anche se il metodo è molto semplice e poco costoso, richiede grandi quantità di tempo con lunghe spedizioni sul campo, per dare risultati di buona qualità; inoltre, la riuscita o meno delle analisi è legata anche alle condizioni di accessibilità dell’area investigata. Carte

differenti basate su questa metodologia sono state prodotte da diversi autori, di cui riportiamo alcuni esempi: carte di densità di dissesti (Wright et alii, 1974); interpretazione multitemporale di foto aeree (Canuti et alii, 1979; Cardinali et alii, 2002); carte di suscettibilità da frana basate sulla geomorfologia (Kienholz et alii, 1983, 1988; Hansen, 1984; Rupke et alii, 1988; Petley D.N., 2000); carte realizzate tramite unità di paesaggio (van Western, 1993); carte su scala 1:25000, frutto del progetto nazionale francese ZERMOS (Humbert, 1976, 1977).

Metodo di sovrapposizione di carte tematiche indicizzate

Questo è un metodo diretto o semidiretto che si basa sulla conoscenza di cause e fattori di instabilità della zona studiata. Anche in questo caso la soggettività è uno dei problemi fondamentali del metodo: l’operatore deve suddividere ogni parametro in classi, attribuire un peso sia alle classi che ai parametri e da qui realizzare la carta della suscettibilità da frana, sovrapponendo le varie carte indicizzate. I principali fattori che generalmente sono ritenuti responsabili dell'instabilità sono la litologia, la pendenza dei versanti, la giacitura e l'uso del suolo; a ognuno di essi viene attribuito un valore numerico intero crescente all’aumentare dell’influenza di tale parametro sulla stabilità. A differenza dei metodi geomorfologici, in questo caso vi è la possibilità di standardizzare le tecniche di trattamento dei dati, rendendole ripetibili anche da altri operatori.

4.2.2 Metodi quantitativi

I metodi quantitativi si basano su criteri oggettivi e riproducibili. Le operazioni vengono in questo modo standardizzate, rendendo possibile l’applicazione del metodo anche in situazioni molto diverse e la produzione di risultati confrontabili. Appartengono a questa categoria diversi modelli, dei quali si fornisce una breve descrizione a titolo puramente informativo.

Analisi degli inventari: modello che cerca di prevedere possibili scenari di instabilità futuri, analizzando la distribuzione attuale e passata dei depositi di frana e determinando la percentuale di area interessata dai fenomeni franosi.

Analisi statistiche: detti anche modelli black box (Carrara, 1983; Harlen e Viberg, 1988), si basano su analisi di tipo statistico delle correlazioni che intercorrono fra la distribuzione spaziale, sia presente che passata, delle frane e i fattori di instabilità a loro associati. Possono essere suddivise in bivariate e multivariate. Analisi morfometrica: il metodo proposto da Valentini (1967), Blanc & Cleveland (1968) e Lucini (1969), prende in esame domini litologici dalle caratteristiche omogenee e analizza la relazione che c’è fra le caratteristiche morfometriche del versante (altezza, pendenza) e la presenza di frane: in questo modo si ricavano soglie clivometriche che permettono la zonazione della stabilità dei versanti. Modelli geotecnici: è una delle metodologie più utilizzate e si basa sullo studio dei fattori geotecnici che caratterizzano la stabilità del versante, fra i quali vi sono la distribuzione delle pressioni interstiziali, l’andamento degli sforzi di taglio, le caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso considerato, la potenza di terreni e coperture e cosi via.

Previsione temporale: si concentra sul calcolo della probabilità di accadimento dei fenomeni franosi.

Analisi dei tempi di ritorno: in relazione al metodo precedente, utilizza lo studio sui tempi di ritorno dei fenomeni franosi per attribuire, a seconda delle scale prese come riferimento, valori più o meno elevati della pericolosità.

Analisi dell'intensità-magnitudo: metodo BUWAL (1998), detto anche metodo svizzero, che ottiene i valori di pericolosità dall’analisi incrociata (matrici di calcolo) fra intensità (in termini di velocità) e magnitudo, rapportando i calcoli ai tempi di ritorno associati a ciascuna frana.

Previsione dell'evoluzione: permette l’individuazione delle aree potenzialmente interessate sia direttamente che indirettamente da fenomeni franosi attraverso l’analisi dei parametri fisici, meccanici e geometrici dei materiali coinvolti e la valutazione accurata dei fattori esterni che possono influire sull’evoluzione spaziale del fenomeno, tra i quali troviamo anche topografia, vegetazione e strutture antropiche.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 44-49)

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