In questo paragrafo non si vuole analizzare in maniera esaustiva tutto ciò che concerne il settore Pericolosità e Rischio, cosa che richiederebbe probabilmente una tesi a parte, ma si tenta di fornire una semplice descrizione di quelli che sono i concetti fondamentali e le terminologie principali a riguardo.
Il tema Pericolosità e Rischio negli ultimi tempi è oggetto di grande attenzione da parte di studiosi, enti e media, in conseguenza degli eventi catastrofici che con sempre maggiore frequenza colpiscono il Paese, con gravi conseguenze sia a livello economico che sociale. Ciononostante, a tutt’oggi vi è a volte grande confusione su cosa significhino realmente Pericolosità e Rischio, e forte incertezza nell’applicazione dei concetti e delle metodologie che portano alla corretta valutazione e quantificazione, determinanti, queste ultime, per una valida ed efficace gestione del territorio nell’ambito della sicurezza e prevenzione. Tali incertezze sono senza dubbio da attribuire alle difficoltà di traduzione dall’originale e di interpretazione della terminologia utilizzata nelle numerose pubblicazioni di diversi autori internazionali.
4.1.1 Definizioni di Varnes
Nel corso degli anni la definizione di Pericolosità si è evoluta, grazie alle nuove esperienze acquisite nel settore; ad oggi, una delle interpretazioni più valide largamente utilizzata anche in Italia, è quella tratta dal Rapporto UNESCO di Varnes & IAEG (1984), che definisce la Pericolosità (hazard) come “la
probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo si verifichi in un dato periodo di tempo, in una data area, e con una certa intensità”.
Nello stesso rapporto sono descritte in maniera accurata le varie componenti utilizzate per determinare il rischio di frana.
Pericolosità (hazard, H): probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo
si verifichi in un dato periodo di tempo, in una data area e con una certa intensità.
Elementi a rischio (elements at risk, E): popolazione, proprietà, attività
economiche, inclusi i servizi pubblici etc., a rischio in una data area.
Vulnerabilità (vulnerability, V): grado di perdita prodotto su un certo elemento o
gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno naturale di una data intensità. È espressa in una scala da 0 (nessuna perdita) a 1 (perdita totale).
Rischio specifico (specific risk, Rs): grado di perdita atteso quale conseguenza di
un particolare fenomeno naturale; può essere espresso dal prodotto di H per V.
Rischio totale (total risk, R): numero atteso di perdite umane, feriti, danni alla
proprietà, interruzione di attività economiche, in conseguenza di un particolare fenomeno naturale.
Sempre Varnes, ci fornisce una semplice formula matematica che ci permette di calcolare il rischio totale (R): questo è dato semplicemente dal prodotto delle tre componenti fondamentali: pericolosità (H), vulnerabilità (V) ed elementi a rischio (E).
R = H · V · E = Rs · E
Sapendo che H · V = Rs, la formula precedente può essere ulteriormente semplificata, R = Rs · E, ottenendo il rischio come prodotto del rischio specifico per gli elementi a rischio.
4.1.2 Definizioni di altri autori
Anche H.H. Einstein nel 1988 ha dato il proprio contributo, proponendo alcune terminologie applicabili alla valutazione del rischio.
Pericolo o intensità (danger):
Riguarda la caratterizzazione del fenomeno distruttivo cioè l’analisi di tutte le caratteristiche geometriche, meccaniche e di ubicazione spaziale.
Pericolosità (hazard):
Caratteristiche di imprevedibilità del fenomeno, la probabilità di accadimento del fenomeno in un dato intervallo di tempo.
Rischio (risk):
Conseguenze dell’evento dato dal prodotto, R = H · WL dove WL sta per danno potenziale (potential worth of loss) il quale, riprendendo le definizioni di Varnes (1984), è funzione degli elementi a rischio e della vulnerabilità.
Nel 1994, Fell ha riproposto la terminologia UNESCO, introducendo un nuovo parametro chiamato magnitudo, poiché vi era la necessità di quantificare in qualche modo quello che è il potere distruttivo dell’evento. La magnitudo, o intensità (I), ci permette il calcolo della pericolosità tramite il prodotto I · P, dove P sta per probabilità di occorrenza. Questa espressione presenta però un grosso problema, in quanto dalla formula può risultare che un evento di dimensioni modeste, ma con frequenza di accadimento elevata abbia la stessa pericolosità di uno eccezionalmente più grande, ma molto meno frequente. Per ovviare a questo, il rischio specifico viene riproposto come prodotto della probabilità per la vulnerabilità:
Rs = P · V e il rischio totale: R = P · V · E = Rs · E
Una esauriente trattazione sulle tecniche di valutazione della pericolosità può essere quella di Canuti & Casagli (1996), secondo i quali è necessario acquisire una serie di elementi parziali:
Previsione spaziale: previsione di dove, entro una data area, si può verificare una
frana.
Previsione tipologica: previsione del tipo di frana che può verificarsi nell’area
considerata.
Previsione dell’intensità: previsione della velocità, delle dimensioni o
dell’energia del fenomeno franoso.
Previsione dell’evoluzione: previsione della distanza di propagazione, dei limiti
di retrogressione o di espansione areale.
Ottenere una valutazione della pericolosità che sia attendibile ed efficace per un suo possibile utilizzo pratico (ad esempio per la pianificazione territoriale) risulta essere, quindi, piuttosto difficile, se non si ha a disposizione una serie di dati di base, adeguata a tale scopo. Carte tematiche, del territorio, geologiche, foto aeree e DEM devono avere risoluzione e scala adatte alle dimensioni del fenomeno franoso analizzato e proporzionali alla qualità del dettaglio che si vuole utilizzare nella valutazione della pericolosità stessa. I primi elaborati risultavano, in questo senso, delle semplici carte inventario dei fenomeni franosi, integrate con alcune carte tematiche e successivamente trasformate in carte della pericolosità tramite pesanti contributi soggettivi del singolo operatore; si basavano, in fin dei conti, sull’esperienza e sulla qualità di giudizio della persona incaricata all’utilizzo di tale strumento. Con il passare del tempo, le tecniche e le metodologie di realizzazione di carte della pericolosità sono migliorate, sia grazie all’incremento della qualità dei dati di base, sia grazie alla nuova prospettiva di ricercatori e studiosi, che si sono concentrati maggiormente sull’implementazione e lo sviluppo delle singole componenti della metodologia, piuttosto che rivoluzionare il tutto con nuovi approcci. All’interno di questi studi può essere inserito anche tutto ciò che riguarda la suscettibilità da frana, la quale corrisponde “a una
valutazione previsionale della potenzialità di un’area a franare e conduce, quindi, a una previsione esclusivamente spaziale” (Canuti & Casagli, 1996).