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Parte II: Il Medio Regno e il II Periodo Intermedio

6.3. La produzione di Faience

Nel Medio Regno la produzione della faience segna un alto grado di diversità (e innovazione) rispetto al millennio precedente, e le condizioni stabili in seguito al I Periodo Intermedio sembrano aver agito come stimolo per il suo accelerato sviluppo. Infatti, da Lisht giunge la prima sepoltura nota di un dignitario (Debeni) con il titolo di Sovrintendente ai lavoratori della faience, datata proprio alla XIII Dinastia.640 In aggiunta alle tecniche precedenti, inizia ad essere utilizzata anche la tecnica di formare un nucleo e un nuovo tipo di modellatura, il Patrix.641 Accanto alla plurisecolare tecnica dell’efflorescenza, viene spesso utilizzata anche quella della

cementazione. Anche le tecniche decorative si evolvono, soprattutto grazie all’uso di mischiare

due paste colorate diverse per dare un effetto a venatura.642 Interessanti indicazioni della sua produzione si possono osservare a Lisht e a Kerma, i cui scavi e relativi studi hanno dimostrato che probabilemnte, per questo periodo, la sua produzione era piuttosto centralizzata e

organizzata. Dal momento che una documentazione iconografica e testuale risulta carente, lo

studio della sua produzione si basa unicamente sui dati archeologici, in particolare quelli ricavabili dai siti di Lisht e di Kerma. Uno studio recente riguardo alla faience proveniente da Abido del Medio Regno – II periodo Intermedio sostiene che, non essendoci ancora una grande disponibilità di bronzo, la colorazione avveniva presumibilmente con l’ossidazione del rame, o con un minerale grezzo del rame relativamente puro, la malachite.643

Il sito di Lisht fu indagato a partire dal 1907 dalla missione archeologica patrocinata dal Metroplitan Museum of Fine Arts di Boston, fino al 1934, e parzialmente ripulito da una

640

P. T. Nicholson, E. Peltenburg 2000, Egyptian Faience, in I. Shaw, P. T. Nicholson (eds.) 2000, Ancient Egyptian

Materials and Technology, pag. 181. Ma, come sì è osservato, una titolatura simile era già presente nell’Antico

Regno, si veda il cap. 3.

641

P. T. Nicholson, E. Peltenburg 2000, pag. 181.

642 Ibid. 643

M. S. Tite 2007, A Technological Study of Ancient Faience from Egypt, in «Journal of Archaeological Science» 34 (2007), pp. 1568-1583 in particolare pag. 1580.

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missione guidata da F. Arnold nel 1991.644 Nella stagione 1920-1921 fu scavata quella che fu in seguito identificata come «Glaze Factory»645, negli edifici AI.2 e AI.3.

Figura 45. Pianta degli edifici AI.2 e AI.3, bottega e abitazine. Immagine da F. Arnold 1996, Settlement Remains at Lisht-North, pag. 18.

Dall’area fu recuperata una gran quantità di faience, per la maggior parte in forma di perline, insieme a molte centinaia di piccole palline di argilla («marl») con semicerchi in argilla, possibilmente supporti per un forno. Ciò che permise di considerare la zona come produttiva fu, poi, il rinvenimento di una struttura, di diametro intorno a 1,50 m, in un angolo della stanza e con uno strato di cenere, considerata un forno, anche se sussiste il dubbio che fosse un silos intrusivo posteriore.646 L’industria era situata immediatamente a sud del probabile muro perimetrale (parte meridionale) del complesso della piramide. Nell’edificio AI.3, poco più a

644

F. Arnold 1996, Settlement Remains at Lisht-North, in M. Bietak (ed.), Haus und Palast, pp.13-21.

645

A. C. Mace 1921, The Egyptian Expedition 1920-1921: Excavations at Lisht, in « The Metropolitan Museum of Art Bulletin» 16. 11, Parte 2 (1920-1921), Egyptian Expedition for MCMXX-MCMXXI, pp. 5-19, particolare pp. 17- 19.

646

P. T. Nicholson 2009, Faience Technologyi, in W. Wendrich (ed.), UCLA Encyclopedia of Egyptology, Los Angeles, pag. 8; P. T. Nicholson, E. Peltenburg 2000, pag. 181.

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nord del forno, fu ritrovata una tomba a pozzo (N. 879), la quale ha permesso il ritrovamento del famoso Vaso del Delfino di Lisht («Lisht Dolphin Jug») ma anche il sarcofago appartenente a Debeni, Sovrintendente dei lavoratori della faience, un titolo piuttosto raro. Ed è stato ipotizzato che la tomba fosse in connessione con la bottega del proprietario. Nel sito, gli studi di P. Nicholson hanno evidenziato l’utilizzo della tecnica dell’efflorescenza e dell’applicazione della

smaltatura.647 Risulta interessante la ricerca di G. Miniaci riguardo le figurine in faience, ritrovate nell’area del sito, in contesti tombali e non solo: il loro periodo di utilizzo (tardo Medio Regno-II Periodo Intermedio), e la loro diffusione, coinciderebbe proprio con l’attestazione archeologica della bottega.648 Gli strumenti trovati all’interno della casa suggeriscono che gli abitanti fossero per la massima parte contadini, sebbene alcuni lavorassero con la faience. A detta di F. Arnold, comunque, una delle attività principali del sito rimaneva il furto dalle tombe.649

Il sito di Kerma in Sudan è stato spesso indicato come centro della produzione della faience, per la gran quantità trovata nella Defuffa, un edificio di culto al centro della città.650 nonostante che non siano mai stati trovati dati certi di tale lavorazione. Si è ipotizzato che una serie di sassolini di quarzo smaltati fungesse da supporto per la cottura nel forno di oggetti in faience. Il forno sembra essere stato composto da vasi troncati di ceramica, o forse da coni di argilla in situ, una pratica conosciuta per la cottura del pane ad Amarna. G. A. Reisner, che scavò il sito, ipotizzò che il fuoco si trovasse all’esterno, mentre all’interno, protetti dall’argilla, gli oggetti e la loro smaltatura non venivano raggiunti dalle fiamme. Vi è l’evidenza dell’uso della tecnica dell’applicazione della smaltatura, mentre sono più dubbi i dati sull’efflorescenza. Secondo G. A. Reisner, alcuni contenitori in faience furono lavorati sul tornio, la qual cosa, se verificata, permetterebbe di affermare che a Kerma la produzione fosse molto più che una pratica

647

P. T. Nicholson, E. Peltenburg 2000, pag. 182.

648

G. Miniaci, 2014, The Collapse of Faience Figurine Production at the End of the Middle Kingdom: Reading the

History of an Epoch between Postmodernism and Grand Narrative, in «Journal of Egyptian History» 7 (2014), pp.

109-142, in particolare pp. 115-121.

649 F. Arnold 1996, pag. 20. 650

P. Lacovara 1999, Nubian Faience, in F. D. Driedman 1999, Gifts of the Nile, Ancient Egyptian Faience, pp. 46- 49.

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occasionale, ma una vera e propria produzione organizzata,651 sebbene l’analisi della composizione dei frammenti di contenitori differisca dal resto degli oggetti considerati di manifattura locale.652

Infine, sono stati riconosciuti alcuni workshop virtualmente non esistenti attraverso la manifattura di scarabei a Tell el-Dabʿa. Lo studio di C. Mlinar si è concentrato sulla seriazione dei ritrovamenti, prevalentemente in contesti tombali, di scarabei datati tra la XIII e la XV Dinastia, offrendo una panoramica dell’evoluzione artistica e dell’influenza asiatica che la sua produzione ebbe nel sito. Il dato utile da considerare si riferisce alla sua produzione stessa: nel sito doveva esserci una o più aree, non ancora identificate, in cui avveniva tale manifattura, potenzialmente in connessione ad altre tipologie di oggetti, definendosi così una bottega altamente specializzata, che si protrae nel tempo.653

651

P. T. Nicholson, E. Peltenburg 2000, pag. 182.

652

P. Lacovara 1999, pag. 48.

653 C. Mlinar 2004, The Scarab Workshops of Tell el-Dabʿa, in M. Bietak, E. Czerny (eds.) 2004, Scarabs of the Second Millennium BC from Egypt, Nubia, Crete and the Levant: Chronological and Historical Implications, Papers of a Symposium, Vienna, 10th – 13th of Jenuary 2002, pp. 107-140.

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Parte III. Il Nuovo Regno e il III Periodo

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