2.2 Teatro Valle Occupato
2.2.2 La proposta culturale
Parallelamente agli studi giuridici portati avanti per la costituzione della Fondazione, il Teatro Valle non ha tradito la sua vocazione prettamente artistica portando avanti una programmazione e delle attività culturali che, soprattutto nei primi mesi, hanno avuto un ritmo molto frequente, per poi successivamente rallentare. Nei primi mesi la necessità sembra essere quella di tenere lo spazio più aperto possibile con eventi e attività costanti: tutte le sere vi è almeno uno spettacolo senza che siano previste chiusure perché il teatro deve rimanere sempre aperto, ventiquattro ore al giorno e sette giorni a settimana,
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anche al fine di riempirlo di pubblico e rendere più complicata la possibilità di sgombero. Tendenzialmente la giornata viene divisa con seminari e laboratori al mattino e la sera gli spettacoli; ciò che comunque emerge è tendenzialmente una proposta molto varia sia per tematiche che per generi (concerti, prosa, danza..) proprio per rappresentare al meglio il concetto di “palco libero” che possa richiamare diverse tipologie di pubblico e mescolarlo. Sempre nei primi mesi si svolgono attività di ogni genere: dalle serate “Flusso” in cui in continuazione salgono diversi artisti sul palco con esibizioni assolutamente differenti, il pomeriggio si svolgono le visite accompagnati dallo storico guardiano del teatro, la sera si possono leggere libri e ascoltare musica classica, oppure partecipare ad una milonga; come afferma Ugo Mattei a proposito del Valle “se resta vuoto è un luogo morto” (Teatro Valle Occupato, 2012). In questo periodo è difficile creare una programmazione effettiva, poiché le proposte sono molte, e solo successivamente, con un maggiore consolidamento della situazione, attraverso la lettura in Assemblea e la conseguente votazione delle idee di esibizioni che i diversi artisti propongono, si può procedere ad una scelta più oculata e quindi stilare effettivamente una programmazione di eventi ed attività; «quando io incontravo qualcuno l'approccio era: con chi posso parlare per proporre la mia idea? Io rispondevo che poteva parlare con qualsiasi persona poiché la decisione sarebbe comunque stata presa in un contesto comunitario. Proprio per la nostra costituzione eterogenea, fare un discorso sul gusto non avrebbe avuto senso. Bisognava solo capire se quella proposta che veniva fatta avesse senso in quel momento rispetto a quello che stava succedendo al Valle, rispetto al tipo di tematiche che erano uscite, al tipo di modalità produttiva che era stata messa in atto da quella compagnia, o la capacità di essere in un lavoro finito. Non ci interessavano le recensioni e il numero di poltrone occupate» spiega Tony, che racconta che la maggior parte delle detrazioni al Valle sono state fatte da coloro a cui venivano esclusi i progetti dalla programmazione, nonostante gli stessi occupanti si fossero autoesclusi per evitare fraintendimenti. Dal 2011 in tre anni, il Valle ha visto sul suo palco: 250 spettacoli, oltre 3000 ore di formazione per professionisti, 80 serate di cinema, 18 permanenze artistiche (quelle che nello statuto sono le direzioni artistiche), 150 tra seminari e assemblee, bambini, famiglie, curiosi per un totale approssimato di 200 mila persone (Assennato, 2014). Il coinvolgimento del
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pubblico è stato un fattore molto ricercato dagli occupanti, specialmente dei residenti della zona, ma non solo, in quanto si trovano ad abitare un quartiere ormai del tutto snaturato, luogo morto della socialità, dove sono presenti solo uffici, negozi e luoghi del potere, come il Senato che si trova a pochi metri dal teatro, in quella che viene definita “zona rossa”. Attraverso due iniziative quali la Festa di Ferragosto e una fitta programmazione estiva, del quale fino all’ultimo gli occupanti hanno fatto loro vanto rispetto alla situazione dei luoghi di cultura istituzionale, si è voluto dare un’alternativa di tipo culturale, coinvolgendo anche quei residenti che non potevano permettersi le ferie e sarebbero rimasti in città. Oltre ad aver portato su un palco romano numerose compagnie che mai prima d’ora erano state in scena in città, come i tedeschi Familie Floz che lavorano sul corpo creando un mix di danza contemporanea e teatro, oltre alle serate, ai concerti e ai dj sets con grandi artisti, Il Teatro Valle organizza diverse iniziative anche rivolte ai più giovani con il “Valle dei ragazzi” dove, come spiega Tony, «la fruizione degli spettacoli aveva un’ età di partenza, ma poi gli spettatori potevano aver anche novant’anni», come ad esempio quelli fatti dalla Compagnia Rodisio che, dopo una tournée in Cina, venivano anch’essi per la prima volta a Roma. Altre iniziative rivolte alle scuole pubbliche erano ad esempio la TanzZeit, laboratorio sulla danza contemporanea, e l’Opera Lirica per bambini che oltre ad avvicinare i più giovani al mondo del teatro riuscivano a mescolare scuole provenienti da tutta la città, periferia e centro. Il Teatro Valle è un luogo di sperimentazione artistica, ma soprattutto politica e questo si ritrova non solo nella scelta dei propri interlocutori dove c’è la volontà di formare dei pubblici e di allargare quella che era l’élite culturale creando un modello di accessibilità culturale per tutti, o nell’ospitare, per volontà dello stesso Alexis Tsipras, una conferenza proprio nel teatro occupato il 7 febbraio 2014 (Teatro Valle Occupato, 2014). La politicità di questo luogo si ritrova soprattutto in quelle attività come appunto TanzZeit, dove è il teatro a incontrare la città, sperimentando con i ragazzi di Centocelle, quartiere periferico romano, un nuovo linguaggio, quello della danza contemporanea, facendogli scoprire un nuovo mondo, provocando un cambiamento culturale; o ancora i numerosi incontri che sono stati fatti con alcune associazioni che si occupano di integrazione di rom e sinti, come la 21 luglio o Popica Onlus, con conferenze o musiche e canti tradizionali, portando
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su un palco così importante coloro che sono gli esclusi (Chiogna, 2014). Il teatro diventa un luogo di incontro dove la periferia si congiunge al centro senza che emergano differenze, finalmente tornando a dare vitalità ad un’area, quella del centro storico, dove il dinamismo era sparito, proprio a causa di quella denaturalizzazione che sta vivendo l’area dovuta dalle politiche dell’Amministrazione. Dalla stagione 2013-2014 è nata anche una programmazione annuale chiamata “Altresitenze” dove il cinema, genere maggiormente fruito dal pubblico, con oltre quaranta proiezioni tra documentari, anteprime nazionali, presentazioni con cineasti, viene unito a spettacoli teatrali, con l’intento di amalgamare diversi pubblici che possono così, grazie al cinema, capire di aver bisogno di qualcosa di cui non conoscevano l’esistenza: il teatro (Assennato, 2014). All’interno di questa programmazione ci sono le produzioni come ad esempio “Rabbia”, che coinvolge attori e tecnici, un progetto di scrittura che durante la lavorazione spinge verso la creazione di nuove scritture, sperimentando diverse forme, da quella televisiva a quella della video-arte. Oppure “Questo nostro folle amore”, performance che viene esportata verso altri festival italiani: “ci chiedevano sempre di portare delle performance del Valle e noi spiegavamo che in realtà siamo degli artisti singoli che prima non avevano mai collaborato insieme professionalmente. Non avevamo quindi un lavoro comune, io avevo il mio monologo che però non era quello del Valle, lo stesso valeva anche per gli altri. Per questo, insieme nella nostra eterogeneità, abbiamo trovato delle formule un po' ibride ed è nata questa specie di performance partecipata che si svolge molto in strada ed è ispirata ai “Comizi d’amore” di Pasolini. Abbiamo cercato di fare un'inchiesta performativa sull'amore e le relazioni nel tempo della crisi, mentre Pasolini l'aveva fatta nel mondo del boom economico, e ci è sembrato interessante vedere come la crisi entra nelle relazioni. Questo era il Valle che usciva fuori, l'abbiamo fatto anche al Quadraro per l'anniversario del rastrellamento nazifascista: una specie di Via Crucis laica sui tempi e le storie di questo quartiere romano”. La parte più interessante della programmazione ha riguardato sicuramente i numerosi laboratori e workshops che son stati fatti all’interno del Teatro Valle Occupato, per oltre 5000 ore complessive, in quanto quest’ultimo in maniera del tutto innovativa riconosce un ruolo fondamentale alla formazione tecnica e artistica, alla portata di tutti. “Crisi” è stato un corso, tenuto da Fausto Paravidino, di
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scrittura per drammaturghi dove gli scrittori possono scrivere i loro testi che vengono poi recitati da attori e in cui attraverso la lettura di storici testi teatrali, si studia “un po’ del teatro di ieri per scrivere un po’ quello del domani” (Paravidino, 2014), una nuova modalità di scrittura del testo. Da questo laboratorio è venuta fuori la scrittura della prima vera produzione artistica del Teatro Valle Occupato e della Fondazione: l’opera “Il macello di Giobbe”. Scritta e diretta sempre da Palladino, l’opera ha debuttato il 15 ottobre al Bozar- Le Palais des Beaux Arts di Bruxelles. “Nave scuola” è invece un laboratorio di formazione per maestranze teatrali, con il principio di una nuova dignità data al lavoro. Il progetto prevede una formazione permanente che tuteli l’artigianato teatrale attraverso corsi della durata di sei mesi, di macchinista, illuminotecnica, fonica,
video mapping e new media (Teatro Valle Occupato, 2014). I laboratori, che, nell’estate
del 2014, hanno contribuito anche alla realizzazione scenica de “Il macello di Giobbe”, sono stati aperti a tutta la cittadinanza, non solo a lavoratori del settore, proprio per far avvicinare più gente possibile a queste professioni e sono, per l’occasione stati ampliati con un laboratorio di scenografia, uno per attori, uno per costumisti, uno di composizione musicale. Nell’estate del 2014, inoltre, si è tenuto una altro progetto molto innovativo: tre giornate di esplorazione cittadina con un scambio di pratiche artistiche, politiche e linguistiche. Il corso, chiamato “Crociera”, è stato tenuto da Strasse gruppo milanese che lavora sul linguaggio performativo del corpo in relazione al contesto urbano; la necessità di unire il teatro alla città non sconvolgendo il significato dei luoghi, ma lasciandosi influenzare da questi. Per richiamare una partecipazione maggiore i prezzi per la partecipazione di questi laboratori sono sempre stati molto popolari, i più bassi del mercato, così come i biglietti d’ingresso agli spettacoli per la maggior parte delle volte era a sottoscrizione, spesso libera. Ovviamente quello dei prezzi bassi è una necessità importante se si vuole portare la gente al teatro, e in questo il Teatro Valle Occupato è riuscito. La cultura intesa come bene comune è anche questo, creare un effettivo allargamento dell’accessibilità per tutti i cittadini, sia dal punto di vista emotivo e di conoscenza che dal punto di vista economico. Inoltre questa intensa programmazione e il lavoro del Teatro Valle occupato, che è stato considerato di alta qualità da molti enti internazionali (otto di questi sono coinvolti nella progettazione artistica) ed italiani, è
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valso numerosi premi tra cui nel 2011 il premio Salvo Randone- Oscar del teatro italiano come “Miglior evento del 2011” perché “è un luogo aperto al confronto e al dibattito per l’idea di teatro come bene comune” (Teatro Valle Occupato, 2014); Premio Legambiente del 2011 “alla virtù civica” (Legambiente, 2014); sempre nel 2011 viene vinto anche il premio UBU per la possibilità di vivere il teatro come bene comune (Teatro Valle Occupato, 2014); del 2012 è il premio Euro Med, ritirato a Cipro per “Il dialogo tra le culture” ed ultimo è il premio del 2014, il Princess Margriet Award, dell’European Cultural Foundation di Bruxelles, per la prima volta assegnato ad una realtà italiana, con la seguente motivazione:
“In reclaiming Italy’s oldest theatre in Rome and transforming it into a space of encounter between the arts and broader society, Teatro Valle Occupato made a significant contribution to reinvigorating urban life in the heart of Rome. […] The jury has chosen to award the Teatro Valle Occupato in recognition of its collective energy in making culture a space for people to join in, where culture becomes a process that produces new values and forms of social life”. (European Cultural Foundation, 2014)