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La Proposta di Dartmouth

Nel documento Intelligenza artificiale: i primi 50 anni (pagine 104-109)

3. La Conferenza di Dartmouth

3.2 La Proposta di Dartmouth

McCarthy, Shannon, Minsky e Rochester finirono la stesura delle rispettive sezioni di ricerca per la proposta nel tardo agosto del 1955, ed essa venne inviata alla Rockefeller Foundation ai primi di settembre di quello stesso anno151. Citando Paul Edwards: “In the proposal for work at conference, the still-nascent split between the computer-brain and computer-mind

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Crevier 1993: 37. La teoria di Solomonoff, riscoperta indipendente nel corso degli anni da altri ricercatori, è oggi chiama “teoria della probabilità algoritmica”.

151 McCarthy conobbe Rochester durante l‟estate del 1955: “In the summer of 1955 I had a

summer job at IBM (I was at Dartmouth at the time). I was hired by Nathaniel Rochester. Rochester hired me because IBM had given, or was about to [and] had committed itself to [give] this 704, do so to MIT and the New England universities on the basis that it would be located at MIT […] So I worked in his information research department and turned Rochester on to AI”. Cfr. Aspray 1989: 8.

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metaphors already appears clearly”.152 Tuttavia, essa includeva entrambi gli approcci, considerandoli come metodi alternativi e complementari

nell‟impresa comune di voler utilizzare i calcolatori come strumenti di ricerca. L‟introduzione, probabilmente scritta da McCarthy, descriveva gli “aspetti problematici dell‟intelligenza artificiale” (artificial intelligence

problem), dividendoli in sette categorie: calcolatori automatici, come

programmare un calcolatore per manipolare un linguaggio, reti neurali, teoria delle dimensioni di un calcolo, auto-miglioramento, astrazioni, casualità e creatività. La sezione dedicata al rapporto linguaggio- intelligenza, una delle aree di ricerca cui McCarthy era maggiormente interessato, era chiaramente riconducibile a quella che successivamente sarebbe stata chiamata AI simbolica, mentre quella dedicata alle reti neurali citava le ricerche di McCulloch e Pitts, di Uttley e di due degli

organizzatori della conferenza, Minsky e Rochester.

I possibili indirizzi di ricerca descritti nella proposta rivelavano la frattura tra i due approcci in maniera ancora più dettagliata. Tre organizzatori su quattro erano dalla parte del brain modelling. Shannon, ad esempio,

avrebbe voluto dedicarsi a due argomenti: l‟applicazione dei concetti della teoria dell‟informazione ai calcolatori e ai modelli del cervello; e

l‟approccio allo studio degli automi basato sul modello cervello-ambiente. Il primo progetto, riprendendo alcune delle ricerche di von Neumann e dello stesso Shannon condotte in precedenza, si sarebbe soffermato

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sull‟affidabilità della computazione a partire dall‟impiego di elementi inaffidabili: concetto applicabile tanto alle macchine quanto al cervello umano.153 Il secondo progetto si sarebbe invece focalizzato sulla creazione di strutture matematiche per la rappresentazione dell‟ambiente con cui il cervello si trovava a interagire: ambiente che non avrebbe dovuto essere né ostile né complesso, perché era tramite la simulazione delle attività più semplici che un giorno si sarebbe potuti giungere, gradualmente, a quella delle attività più avanzate dell‟intelletto umano. Minsky sperava di continuare le sue ricerche sull‟apprendimento iniziate a Harvard e di completare, prima dell‟inizio della conferenza, un modello di rete neurale basato sulla procedura del trail-and-error in grado di funzionare su un calcolatore. Rochester voleva approfondire le ricerche condotte dal suo gruppo all‟IBM sulla simulazione delle reti neurali tramite calcolatori, in modo che esse manifestassero “originalità” quando poste di fronte a un problema nuovo: cosa che sarebbe stata possibile inserendo un certo grado di causalità (randomness) nelle procedure di elaborazione. Fu solo

McCarthy, come accennato prima, a soffermarsi sull‟elaborazione simbolica tramite calcolatori, proponendo di investigare le relazioni tra intelligenza e linguaggio. La proposta di McCarthy assumeva quasi i caratteri di una dichiarazione generale d‟intenti, nel suo sottolineare l‟inutilità del metodo cibernetico applicato a determinati contesti:

153 Il quale, come si è visto, affrontò lo stesso argomento nell‟articolo scritto per gli Automata

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It seems clear that the direct application of trial and error methods to the relation between sensory data and motor activity will not lead to any very complicated behavior.154

L‟idea di McCarthy era che il metodo del trial-and-error andasse applicato a un più alto livello di astrazione rispetto alla semplice elaborazione

sensoriale. Sarebbe stato meglio tentare di costruire un linguaggio artificiale, che un calcolatore sarebbe stato in grado di usare, per rappresentare

problemi che richiedevano congetture e auto-referenzialità. Questo linguaggio avrebbe dovuto corrispondere all‟inglese, nel senso che ogni breve asserzione su un dato argomento avrebbe dovuto avere il suo corrispettivo simbolico, elaborabile dalla macchina.

McCarthy sembrava essere il solo a intuire la differenza strutturale tra calcolatori digitali e cervello: “The control mechanism of the brain is clearly very different from the control mechanism in todays calculators”. Sintomo di questa differenza fondamentale era, ad esempio, la maniera in cui si presentava un guasto. McCarthy ipotizzava che il cervello fosse dotato di un meccanismo che controllava l‟ordine sequenziale del

comportamento, il quale poteva aggiungere un certo grado di casualità in circostanze particolari (come, ad esempio, quando si è ubriachi) per aumentare l‟efficienza dei processi immaginativi. Sulla possibilità di riprodurre questi processi tramite delle reti neurali, la sua posizione era diametralmente opposta a quella di Rochester:

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Some work has been done on simulating neuron nets on our automatic calculator. One purpose was to see if it would be thereby possible to introduce randomness in an appropriate fashion. It seems to have turned out that there are too many

unknown links between the activity of neurons and problem solving for this approach to work quite yet.155

Nonostante l‟impegno e una certa originalità d‟idee, la proposta non convinse del tutto Morison. Nel tardo settembre del 1955 scrisse a

McCarthy che la la proposta “is an unusual one and does not fall easily into our program (di ricerca biologica e medica) so I am afraid it will take us a little time before coming to a decision”. Non avendo avuto più notizie da Morison, nel novembre di quell‟anno McCarthy chiese a Shannon di contattare Weaver, per vedere a che punto fosse l‟esame della proposta. Morison rispose a fine novembre, scusandosi con McCarthy per il ritardo e affermando che la fondazione non avrebbe stanziato la cifra richiesta per il seminario (13500 dollari), ma avrebbe potuto dare il suo contributo con una somma più piccola (7500 dollari). Nella lettera, Morison non aveva nessuna remora nell‟affermare lo scetticismo che i membri della fondazione

provavano circa la possibilità di matematizzare i processi del pensiero, un campo “very challenging on the long run”, ma in quel momento abbastanza difficile da inquadrare. Dal momento che si trattava di un progetto rischioso, la Rockefeller Foundation non volle mettere a disposizione l‟intera cifra richiesta.

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McCarthy rispose alla lettera di Morison quasi subito, affermando che avrebbe parlato con gli altri organizzatori della questione, anche se in linea teorica non avrebbero dovuto esserci problemi, al massimo solo qualche cambiamento nei piani originali. McCarthy era abbastanza fiducioso che i soldi messi a disposizione dalla Rockeller Foundation sarebbero bastati, anche perché, stando alle sue parole, alcuni dei ricercatori invitati avevano garantito che, nel caso in cui si fossero effettivamente presentati, sarebbero state le rispettive organizzazioni a coprire i costi.

Durante la fase di “reclutamento” che seguì, McCarthy fece quello che si sarebbe rilevato un viaggio provvidenziale per visitare Allen Newell e Herbert Simon al CIT (Carnegie Institute of Tecnology) nel febbraio del 1956.

Nel documento Intelligenza artificiale: i primi 50 anni (pagine 104-109)