• Non ci sono risultati.

UNA RASSEGNA EMPIRICA DELLA LETTERATURA SULLA PRODUTTIVITÀ ED EFFICIENZA NEL SETTORE TEATRALE

3.1 La quantificazione della produttività: limiti e opportunità

Negli ultimi anni, il tema della produttività e dell’efficienza nell’ambito del dibattito generale sugli enti lirici sta assumendo una valenza importante. Ciò è dovuto principalmete a due fattori, già delineati nei capitoli precedenti. In primo luogo, la riduzione dei fondi pubblici destinata al settore, e acuita in questo periodo di crisi economica, ha reso l’utilizzo delle risorse pubbliche un tema centrale nella governance dei teatri lirici sia in Italia, sia in Germania (Last e Wetzel, 2010). In questo contesto, il recupero dell’efficienza diventa uno degli obiettivi prioritari, raggiungibile contenendo la spesa tramite attraverso l’eliminazione degli sprechi. In Italia, d’altronde, le ultime riforme che hanno interessato i teatri lirici, a partire dal d.lgs 367/1996 fino alla legge n. 100/2010 vanno proprio in questa direzione. Tale tendenza si discosta dal quadro precedente alla privatizzazione degli enti lirici, dove un sistematico ripiano dei disavanzi e una scarsa propensione all’utilizzo di strumenti manageriali svincolavano l’obiettivo artistico e culturale del teatro da ogni considerazione di carattere economico. In secondo luogo, da tempo si denuncia una bassa produzione di spettacoli da parte dei teatri lirici italiani rispetto ai principali teatri stranieri, facendo apparire i nostri teatri come enti che non utilizzano produttivamente le risorse a loro destinate.

Un discorso di produttività dunque si impone: la razionalizzazione delle spese a cui gli enti lirici si devono adeguare a quali conseguenze può portare? Una diminuzione dell’attività teatrale ad inefficienza invariata, oppure un aumento dell’efficienza mantenendo costante o aumentando l’output del pocesso produttivo? Ciò pone la necessità di una stima numerica del progresso o regresso di produttività in un dato periodo considerato.

110

La misurazione della produttività presenta diverse difficoltà nelle aziende produttici di servizi, quali i teatri lirici, la cui natura, per i bisogni che soddisfano, è pubblica e la cui attività è estranea alle normali logiche di mercato95. Ogni attività economica, infatti, dovrebbe essere valutata non solo sotto il profilo dell’efficienza e della produttività, ma congiuntamente anche sotto il profilo dell’efficacia, ovvero alla capacità di raggiungere le proprie finalità. Nelle imprese, che hanno come obiettivi il profitto, i concetti di efficienza ed efficacia sono strettamente collegati sia perchè quest’ultima viene giudicata rispetto a finalità di ordine economico (Santesso, 2010), sia perché gli aspetti qualitativi vengono valutati dai meccanismi di mercato (Balassone et al., 2003). Ciò non accade in aziende come i teatri lirici. La loro natura, infatti, è "multiscopo", perseguendo diversi obiettivi. La finalità primaria di un teatro lirico non è di carattere economico, ma bensì di carattere artistico e sociale. Questa sottointende diversi scopi quali la tutela e conservazione del patrimonio artistico, l’erogazione di produzioni artistiche di elevata qualità e lo sviluppo di sensibilità artistiche nella collettività (Brunetti e Ferrarese, 2007). Si tratta di obiettivi in parte traducibili in termini quantitativi: ad esempio, il valore numerico dei spettatori può essere proxy della capacità di diffusione della cultura musicale alla collettività; il numero dei titoli rappresentati in una stagione può rappresentare un indice della capacità del teatro di conservare e valorizzare il patrimonio operistico; il numero dei nuovi allestimenti può indicare il livello di innovazione del teatro. Altri obiettivi rappresentativi dell’efficacia, difficilmente possono essere non solo espressi in maniera univoca ma anche sintetizzati con un valore numerico: basti ricordare la difficoltà nel giudicare oggettivamente la qualità e l’attrattività delle rappresentazioni artistiche96, che rappresenta un obiettivo pregnante di qualsiasi teatro lirico e che non può essere approssimato da un prezzo; alla rilevazione del grado di soddisfazione del pubblico e della critica, ai tempi di attesa per l’accesso del servizio.

La produttività e l’efficienza, pur non rappresentando obiettivi primari, non devono essere considerati irrilevanti ma devono essere di accompagnamento agli obiettivi di efficacia, poiché questa azione congiunta garantisce autonomia e durabilità al teatro,

95 Basti pensare, ad esempio, all’assenza nei teatri lirici di un prezzo di cessione basato sui costi sostenuti, che risulterebbe in questo modo eccessivamente alto, ma bensì fissato in considerazione di scelte politiche- sociali (Lunghi, 2000).

96

111

permettendo ad esso di conseguire i suoi risultati meta-economici (Brunetti e Ferrarese, 2007). Si pensi, ad esempio, a come le risorse acquisite a seguito di azioni volte a ridurre gli sprechi possano essere investite per progetti di alto valore qualitativo, o come azioni, volte ad aumentare la produttività in termini di incremento degli spettacoli a parità di risorse, contribuisca ad accrescere l’obiettivo di diffusione dell’arte musicale. In questo contesto nella produttività, rappresentando il rapporto tra risultati ottenuti e risorse utilizzate, si può individuare un indice per valutare la performance del teatro, con il grosso limite consistente nel sottindentimento che il livello qualitativo sia lo stesso in tutti i teatri considerati, per le difficoltà prima accennate sia nella valutazione sia nella quantificazione. È vero che la dimensione del pubblico può riflettere uno standard qualitativo, specie considerando che la scelta da parte dello spettatore di assistere ad uno spettacolo è sovente basato su precedenti esperienze positive e sulla reputazione del teatro (Lunghi, 2000). Si può ragionevolmente supporre, però, che un teatro, allo scopo di allargare il bacino dei fruitori, proponga spettacoli “tarati” su gusti mainstream, non sempre sinonimi di qualità ed in contrasto con le esigenze culturali di innovazione. Altri autori (Globerman e Book, 1974; Fazioli e Filippini, 1997; Raussel e Carrasco, 1999) nei loro modelli empirici hanno introdotto una variabile qualitativa collegata ai costi sostenuti per le attività di supporto o alla programmazione oppure per le scritture artistiche. Anche quest’ultimo parametro non è totalmente convincente, in quanto i suddetti costi non necessariamente sono sinonimi di qualità e inoltre possono essere inflazionati da comportamenti inefficienti.

Un’altra difficoltà molto dibattuta in letteratura riguarda la definizione e la misurazione dell’output. I teatri lirici, infatti, al pari di qualunque azienda di servizi, si caratterizzano per la simultaneità del processo di produzione e consumo (riferito naturalmente al servizio nel suo complesso e non alle singole fasi di produzioni). In altre parole, lo spettacolo lirico è un bene intangibile che si esaurisce dopo il momento della rappresentazione dal vivo. Come tale è un prodotto unico e irripetibile di contenuto artistico e simbolico così che persino due spettacoli di una stessa opera possono rappresentare due diversi output.

112

Nonostante tale limiti, Throsby e Withers (1979) hanno identificato quattro possibili indicatori, utilizzati poi dalla letteratura economica, per misurare l’output nelle

performing arts:

- Numero delle rappresentazioni. Questo dato rappresenta una misura naturale dell’output, essendo correlato al livello degli input. Ogni performance, infatti, assorbe gran parte dei costi del teatro, sotto forma di salari, cachet, attrezzature..

- Numero delle distinte produzioni. Si tratta di un dato indicativo della diversità culturale e dell’esperienza artistica offerta dal teatro, anch’esso direttamente correlato al livello dei costi sostenuti.

Queste due misure, che possono essere definite come misure dell’ output “prodotto”, guardano al teatro dal punto di vista dell’offerta.

Gli altri due indicatori sono:

- Numero di spettatori potenziali (numero di performance x capacità del teatro) - Numero di biglietti venduti (numero di performaces x capacità del teatro x

tasso di occupancy )

Queste stime, definibili come misure di output “consumato”, tengono conto delle caratteristiche di contemporaneità tra produzione e utilizzazione del prodotto, con un’ottica dal lato della domanda. Lo spettacolo, infatti, non esiste senza il pubblico così come il pubblico non esiste senza lo spettacolo97. Esse quantificano l’esperienza artistica effettivamente fornità alla collettività, e dunque l’adempiemento ad una fondamentale finalità dell’istituzione teatrale in termini di efficacia sociale. La prima delle due, in particolare, indica l’offerta totale disponibile alla collettività; la seconda si riferisce all’offerta effettivamente erogata (non necessariamente ad ogni recita si assiste al sold out). Quest’ultima, inoltre, può essere interpretata come una somma ponderata del numero delle performances o delle distinte produzioni, nel quale i pesi

97

Per questo motivo i dati sul numero delle performance e sul numero delle distinte produzioni vengono definite dai due autori come dei throughput che non riflettono l’output finale

113

sono formati dagli spettatori per ogni singola performance o produzione (Goudriaan e Pommer, 1987).

Le problematiche esposte non possono che dar voce a obiezioni antiempiriste, secondo le quali una modellizzazione, necessaria per una stima empirica della produttività, imponga una semplificazione del processo produttivo dato che le componenti qualitative per la sua soggettività e impossibilità alla quantificazione, vengono omesse. Il calcolo della produttività, secondo questa obiezione, risulterebbe incompatibile e fuorviante in un settore come quello dei teatri lirici.

Pur riconoscendo i limiti sopra accennati, questi non devono rappresentare un pretesto per impedire la costruzioni di modelli quantitativi. Dato che i pubblici poteri stanno incoraggiando i teatri verso un miglioramento dell’efficienza e della produttività, appare opportuno, infatti, identificare e quantificare se le riforme abbiano apportato ad un miglioramento in tal senso. Una valutazione numerica della performance di un teatro permette inoltre di valutare il modo di operare dei responsabili del teatro traendo indicazioni sui possibili margini di miglioramento delle prestazioni attraverso un confronto sia temporale sia, in un ottica di

benchmarking, con le altre istituzioni musicali analoghe. Oltre a scopi inerenti le

implicazioni di policy, c’è un altro scopo di carattere “dottrinale” che ha dato impulso ad una letteratura empirica sulla produttività dei teatri, ovvero la validità o meno dell’ipotesi su cui regge il “morbo di Baumol” e, se tale stagnazione produttiva produttività possa essere compensata da recuperi di efficienza e da economie di scala.

Ogni tecnica per la misura della produttività utilizzata in letteratura, compresa quella utilizzata in questo lavoro, presenta i propri limiti e vantaggi. È da rilevare come i risultati di ogni modello possano dipendere dalle scelte delle variabili utilizzate, in base alle quali si riuscirà a cogliere aspetti più o meno parziali della performance del teatro. È necessaria, per questo motivo, una certa cautela nell’interpretazione dei risultati. Nel prossimo paragrafo verrà proposta una rassegna dei modelli empirici utilizzati, evidenziando per ognuno pregi e difetti.

114