OPERATORI ESTERNI AL CARCERE
1. Strutture e spazi dedicati alla popolazione detenuta per attività di Spettacolo, Arte, Formazione Culturale (allegato 2 bis) che accompagna un altro questionario predisposto per il censimento delle strutture sportive (allegato 2): Impianti sportivi da destinare al
5.7. La questione fondamentale della lettura. Le biblioteche
I riferimenti di questo paragrafo sono gli obiettivi n. 5 e 8 indicati dal Comitato degli esperti per il coordinamento degli Stati Generali:
5. Eseguire una ricognizione sulla presenza e fruibilità di biblioteche, locali ricreativi, per arti pittoriche, musica, artigianato, teatro, attività
sportive all'interno degli Istituti penitenziari; indirizzo sull’adeguamento e/o edificazione di spazi dedicati. Ciò anche in riferimento alle condizioni di sicurezza per l’accesso del pubblico esterno.
8. Effettuare una ricognizione delle più diffuse attività e sui progetti pilota che coinvolgono le persone detenute riguardo a teatro, ripresa
video-documentaria e di finzione, espressività del corpo, espressione musicale in genere (canto ed esecuzione), scrittura creativa e giornalismo, arti figurative, sport in genere con particolare riferimento alle attività sportive di gruppo. Ricognizione sulle fonti e metodologie di finanziamento delle attività, anche in relazione alla necessaria continuità dei progetti nel lungo periodo ed al rigore e trasparenza nell’impiego dei fondi.
- La questione fondamentale della lettura e l’importanza delle biblioteche all’interno degli Istituti penitenziari sono temi cui questo tavolo ha dato molta importanza. Le questioni ad essi legate, a partire dalla ricognizione degli spazi, delle loro caratteristiche architettoniche e tecniche, delle loro dotazioni, del sistema che li regola e, ancor di più dall’importanza della lettura in carcere, sono state affrontate innanzitutto a partire dall’esame del Protocollo d’intesa per la promozione e la gestione dei servizi di biblioteca negli istituti penitenziari italiani (firmato l’11 aprile 2013 tra DAP, Conferenza delle Regioni, Unione Province italiane, Associazione nazionale dei Comuni italiani,
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Associazione italiana biblioteche). La valutazione del Protocollo è stata unanimemente positiva e si sono discussi i modi per rendere quanto stabilito effettivamente realizzato nella pratica detentiva. Il tema è stato a lungo dibattuto anche nel corso di una lunga audizione con la dott.ssa Giada Ceri, alla quale era stato preventivamente chiesto l’invio di interessanti documenti da lei redatti (allegato 24). Due i temi oggetto dell’audizione: da un lato il sistema delle biblioteche, dall’altro le attività legate alla lettura e alla scrittura proposte ai detenuti. Le necessità emerse dal confronto con la dott.ssa Ceri sono:
1. ricognizione delle esperienze in essere su tutto il territorio e, anche, delle dotazioni: biblioteche vere e proprie, sale di lettura, spazi per i laboratori e/o per esperienze legate alla lettura e alla scrittura, personale coinvolto, dotazioni delle biblioteche, creazione di una rete tra i sistemi bibliotecari dei diversi Istituti;
2. ricognizione delle predette esperienze e previsione e/o rilevazione dei relativi costi per creare le condizione per una reale e quanto mai utile riflessione che, a partire dai costi, tenga conto:
- delle risorse finanziarie effettive e di quelle da (eventualmente) prevedere; - delle figure professionali esistenti di quelle da (eventualmente) prevedere;
3. ritorno (della presenza e della efficienza delle biblioteche e delle esperienze di lettura e scrittura ad esse collegate), sia dal punto di vista della formazione di una professionalità per i detenuti, sia, ancora di più, dal punto di vista dell’aumento dell’alfabetizzazione. Tema, questo dell’alfabetizzazione, che si propone di considerare come una sorta di origine del sistema di riferimento delle attività culturali in carcere, come il “punto-zero” sul quale orientare quello che si auspica possa diventare un “sistema bibliotecario carcerario”, e dal quale valutare, ordinare, prevedere e scegliere le esperienze da proporre;
4. Valutazione dell’effettiva corrispondenza tra le ‘offerte’ (dotazioni delle biblioteche, personale preposto; ma anche proposta di laboratori ed esperienze sul campo), il loro costo, il numero effettivo dei detenuti che potrebbero beneficiarne (valutazione dei costi anche in base al numero dei detenuti effettivamente ospitati dall’Istituto) e, soprattutto, le esigenze trattamentali ‘personali’ e specifiche delle persone detenute.
Il ‘punto-zero’ cui si è accennato dovrebbe essere come la direzione cui orientare l’ago di una bussola affinché le biblioteche in carcere possano diventare luoghi di aggregazione culturale e affinché l’alfabetizzazione sia la conditio sine qua non delle attività offerte in questo ambito, soprattutto in considerazione della forte presenza di stranieri tra la popolazione detenuta e dell’importanza dell’alfabetizzazione anche in funzione del reinserimento sociale. Collegare dunque – è questa la raccomandazione che emerge con prepotenza dalle riflessioni sul punto, corroborate da primi dati messi a disposizione dalla dott.ssa Ceri – le cosiddette attività ricreative alla produzione di risultati che siano misurabili, e che tengano conto del livello di alfabetizzazione dei loro utenti.
5.8.Problema dei finanziamenti alle attività culturali. Rapporti con i ministeri
Uno dei temi importanti emersi in sede di audizione, ricognizione di esperienze e raccolta documentale, riguarda il finanziamento dei progetti d’arte e cultura nelle carceri. Le analisi effettuate rivelano un panorama a macchia di leopardo, con Regioni molto impegnate a sostenere economicamente i progetti proposti dal Terzo Settore (Toscana, Emilia Romagna); Regioni nelle quali il sostegno è limitato (Lazio, Umbria, Puglia); Regioni che sostengono le attività soltanto occasionalmente o mai. I Comuni svolgono un qualche ruolo, ma anche in questo caso in modo episodico. Gli stessi PRAP regionali intervengono talvolta con piccoli sostegni, ma è difficile rintracciare la ratio di tali atti sporadici.
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Quanto al MIBACT, esiste da decenni un fondo afferente al FUS che è riservato al sostegno dei “progetti di inclusione sociale” mediante il teatro (ultima modifica art. 43, D.M. 1 luglio 2014), con una dotazione di € 310.000,00 assegnati, nel 2015, complessivamente a 6 associazioni di cui 2 intervengono in vari campi del teatro sociale e 4 svolgono attività in toto o in parte all’interno dei penitenziari. Il settore privato, infine (fondazioni bancarie, impresa privata, sponsor), contribuisce occasionalmente al sostegno delle iniziative. Resta tuttavia un quadro nazionale contraddistinto ancora una volta dal tema della “doppia velocità”, con un tessuto economico che al Nord è capace di offrire risorse e seguirne con rigore l’impiego. Al Centro la disponibilità è più scarsa ma interviene maggiormente l’ente pubblico; al Sud scarseggia gravemente tanto il sostegno pubblico quanto quello privato. Alcune associazioni hanno potuto beneficiare di fondi provenienti dall’Europa, o per finanziamento diretto in risposta a call, o in via indiretta tramite POR FSE. Si tratta comunque di casi eccezionali e limitati. Di fatto non è stimabile l’ammontare dei contributi complessivamente erogati a favore delle iniziative culturali in carcere, ma certamente, su scala nazionale, esso è poco più che simbolico. Tale condizione rende precarie e spesso scarsamente qualificate le proposte culturali avanzate dal Terzo Settore.
Si ritiene che solo un’esatta definizione del valore e della funzione dei progetti culturali nelle carceri, a livello normativo nazionale e regionale, possa ovviare al problema della precarietà degli interventi. Come si è già sottolineato, fino a quando le attività culturali verranno rappresentate come mera occasione di intrattenimento per la popolazione detenuta, le fonti di approvvigionamento finanziario per il necessario sostegno alle professionalità esterne impiegate nei progetti non basteranno a soddisfare la domanda, né a dare un sostegno davvero significativo all’offerta.
Un passo avanti in questo senso potrebbe essere fatto ove si aprisse e ‘istituzionalizzasse’ un dialogo con e tra i Ministeri competenti (Ministero della Giustizia, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) al fine di mettere in opera sinergie volte al rafforzamento, al miglioramento e all’innalzamento della qualità delle attività culturali negli Istituti penitenziari. Il che, secondo i componenti del tavolo e gli operatori sentiti, significherebbe garantirne il “radicamento”, trasformandole da attività intermittenti ad attività regolari.
A questo fine si è organizzata un’audizione con il neo nominato Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo del MIBACT, dott. Onofrio Cutaia, persona da sempre sensibile a molti dei temi chiave delle attività culturali carcerarie. L’auspicio del Tavolo era anche quello che questo incontro pubblico potesse essere l’inizio di una collaborazione fattiva sul tema del teatro in carcere, comparto che, a differenza dell’istruzione e dello sport, non ha un interlocutore istituzionale di riferimento (l’Ente Teatrale Italiano è stato soppresso nel 2010). L’impegno comune che si è deciso di mettere in campo prevede diversi livelli di interazione:
- realizzazione di un protocollo tra Ministero della Giustizia e MIBACT volto a favorire azioni comuni sui temi del teatro in carcere, della musica e delle altre forme culturali negli Istituti penitenziari. A tal fine sarebbe importante che tale protocollo venisse sottoscritto congiuntamente anche dal MIUR;
- azioni di sistema, sulla base di apposito accordo, volte al sostegno e alla valorizzazione dei “progetti di inclusione sociale”.
La condizione posta dal dott. Cutaia e condivisa dal tavolo, che sul tema ha ampiamente riflettuto, dibattuto, trattato e raccolto dati è stata quella relativa alla qualità dei progetti, imprescindibile presupposto di qualsiasi azione comune.
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Nella visione, che pare affermarsi, di una esecuzione penale intesa come offerta di “seconda opportunità”, emerge inevitabilmente il tema del consolidamento e della tutela dei percorsi formativi (scolastici, universitari, professionalizzanti, artistici e culturali, sportivi). In questo senso, si presenta con forza la questione annosa della continuità dell’impegno, e dell’alea rappresentata dall’incombere dei trasferimenti dei detenuti da un carcere all’altro. Trasferimenti che sovente spezzano il percorso intrapreso dal detenuto. Il fatto – a prescindere dalle motivazioni che lo determinano – può mettere in crisi la percezione soggettiva del senso del trattamento e dell’idea stessa del percorso riabilitativo e risocializzante offerto in esecuzione penale.
Fatti salvi i casi di trasferimento per motivi di ordine e sicurezza, i dati raccolti in audizione e sul campo, evidenziano che la metodica del trasferimento risponde a criteri di cui talvolta sfugge il senso (quando non assume un’impropria e illecita funzione disciplinare, peraltro non sostenuta da una procedura formale). Si tratti di un percorso scolastico, o di formazione all’espressività o al lavoro, il rischio di interruzione a seguito di trasferimento, incombe sul percorso stesso e porta a vanificare l’impegno del detenuto eventualmente coinvolto. Altrettanto si vanifica l’impegno degli operatori impegnati nell’azione formativa e si depaupera il valore dei fondi pubblici impiegati per il sostegno delle attività.
In generale, non si può che richiedere che l’Amministrazione tenda sempre a salvaguardare i percorsi formativi intrapresi dal detenuto; ne garantisca la continuità; garantisca il principio della territorializzazione dell’esecuzione penale; si preoccupi che le opportunità perse in seguito a trasferimento possano essere recuperate nell’Istituto di destinazione; si preoccupi, dunque, che le offerte formative siano equivalenti in tutti gli Istituti; in assenza eventuale di tale requisito di equivalenza, l’Amministrazione garantirà opportunamente che la scelta della destinazione sia legata proprio alla tipologia del percorso formativo intrapreso dal detenuto.
Da più parti si è proposta l’istituzione di un portfolio personale che all’atto dell’ingresso in Istituto raccolga le competenze e le attitudini del detenuto; ne segua il percorso personale, ne registri i progressi; registri l’acquisizione di nuove competenze; la storia scolastica; i desiderata. E soprattutto accompagni il detenuto come “cartella personale” nel corso della vita detentiva, non diversamente da quanto avviene per la cartella di osservazione e la cartella sanitaria.
5.10.Esecuzione penale esterna
Il riferimento di questo paragrafo è l’obiettivo n. 6 indicato dal Comitato degli esperti per il coordinamento degli Stati Generali:
6. Curare la effettiva fruibilità di percorsi culturali e di istruzione da parte di detenuti e di persone in esecuzione penale esterna presso il
proprio domicilio, sia utilizzando piattaforme telematiche, sia estendendo il campo di applicazione dei permessi ex. art 30 O.P. ad esami di Stato o di Laurea.
A seguito dell’istituzione del nuovo “Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità”, uno dei punti sui quali orientare il discorso sulle attività di pertinenza di questo tavolo (Istruzione, Cultura e Sport) è stato dettato dalla necessità, urgente, di ripensare il sistema dell’offerta trattamentale in vista del riequilibrio fra i due diversi sistemi di esecuzione penale, quella carceraria e quella esterna. È indubbia la necessità di immaginare metodiche organizzative inedite, capaci di integrare nelle attività trattamentali tutti coloro che, in esecuzione penale esterna, mantengono il diritto di poter attingere alle migliori opportunità culturali e formative, in vista di un pieno reinserimento nella società. A tale
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fine si è sollecitato un confronto con il neo costituito dipartimento auspicando che il nuovo dialogo possa includere, da subito, anche gli altri ministeri interessati (MIBACT, MIUR).
5.11.Piani d’azione condivisi
Oltre alle strategie comuni condivise con il MIBACT, il tavolo sta lavorando alla condivisione ed elaborazione di alcune iniziative proposte dal tavolo 17 (“Processo di reinserimento e presa in carico territoriale”) riguardanti azioni trasversali incentrate su temi culturali importanti soprattutto per cercare di modificare l’immagine del carcere nel grande pubblico. Uno riguarda il progetto di un festival nazionale del cinema – fotografia – teatro carcerario e l’altro riguarda la creazione di una rete museale e archivistica sulla memoria carceraria. L’idea è quella di farli diventare piani d’azione presentati da più tavoli (oltre al nostro e al 17, il tavolo 1 sull’architettura penitenziaria e il 18 sull’“Organizzazione e amministrazione dell'esecuzione penale”); iniziative nate in seno a questi Stati Generali ma che si svilupperanno in un periodo temporale a loro successivo, piccolo ma importante e incisivo segnale della passione e degli orientamenti che hanno animato e accomunato i lavori di questa importante iniziativa di consultazione pubblica indetta dal Ministero della Giustizia.
6. Lo sport