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MAKER INTERACTOR

4. Risultati della ricerca e sintesi, comprensione e differenze con le elaborazioni teoriche

4.1.1 La rappresentazione dell’atto di produzione

Dalla rappresentazione delle modalità di produzione sono emersi dei temi molto interessanti che, in un certo senso, si intrecciano tra loro creando un quadro di riferimento molto chiaro e preciso. In prima battuta si può affermare con convinzione che ciò che può essere escluso con vigore è che il cibo, e in generale il cucinare, non è collegabile a sensazioni, emozioni e atteggiamenti negativi. Dall’osservazione non sono mai fuoriusciti termini come impegno, dovere, difficoltà, preoccupazione, stress. Al contrario, invece, l’obiettivo finale dell’attività produttiva culinaria è sempre proteso verso un sentimento con accezione positiva. Scendendo nel dettaglio è emerso, ad esempio, che il cucinare può diventare uno strumento idoneo per rilassarsi, divertirsi, godersi la giornata dopo un susseguirsi di frenesie e preoccupazioni. Le ricette diventano un espediente per affrontare al meglio la giornata. Il cibo diventa così

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un’espressione dei momenti di vita vissuta, delle circostanze che si presentano, del tempo che si sussegue e che leviga le nostre personalità. Come fare in modo che si raggiunga questo obiettivo nel modo più efficiente possibile? Richiamando il concetto di facilità delle ricette, degli ingredienti da reperire e dei procedimenti, al fine di ribattere e combattere il dinamismo della vita che non dà spazio a momenti tranquilli e spensierati. In questo modo si sottolinea la mancanza di impegno, di difficoltà e di ansia legate al soddisfacimento non soltanto dei propri bisogni primari ma, e soprattutto, di quelli del nucleo familiare. Si badi bene che, nel richiamare il dovere di assistere la famiglia, non ci si riferisce esclusivamente al genere femminile, anche se quest’ultimo è sicuramente più colpito rispetto alla controparte maschile. Nello stesso momento, perciò, pur accudendo i membri del nucleo familiare, si riesce a dare spazio, nel contempo, all’espressione della propria creatività e al soddisfacimento dei propri bisogni emozionali. L’occasione della preparazione e della presentazione dei pasti si connettono dunque col concetto di convivialità, qualsiasi sia il contesto sociale in cui viene vissuto. Lo svago diventa il motore del cucinare insieme alla voglia di sperimentare, inventare, esprimere se stessi in ciò che si fa. Si potrebbe affermare che, in questa situazione, si cucini più per sé e meno per gli altri, senza però rinunciare all’approvazione e al consenso da parte dei commensali. La cucina diventa un espediente per coccolarsi, non un impegno inderogabile. Questo bisogno di poter dare libero sfogo ai propri interessi, alla propria passione e ai propri bisogni sono comunque divulgati a soggetti terzi, pur coinvolgendo la sfera individuale. Il cibo diventa così un modo per veicolare e diffondere un chiaro messaggio, aspetto che sarà chiarito successivamente.

Quanto detto è una prima sfaccettatura di quanto emerso dall’osservazione dei blog, ma da un’attenta analisi sono stati estrapolati anche altre tematiche molto interessanti. Ad esempio l’interesse spasmodico, per quanto riguarda la preparazione del cibo, sull’estetica e l’apparenza. Troviamo quindi

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composizioni dei piatti con un tripudio di colori, accostamenti di accessori abbinati, la precisa disposizione di tutti gli elementi presenti. Le ricette sono proposte per due tipologie di situazioni: sia quelle non abituali, contesti ottimi per enfatizzare l’esteticità dei piatti e ottenere, quindi, un’ottima figura coi commensali, sia situazioni domestiche e familiari che colpiscono soggetti che devono improvvisare ricette a causa delle frenesia della loro vita, continuando a non trascurare però la ricercatezza e l’originalità della presentazione. È interessante notare, in questa circostanza, che non è necessario distinguersi solo con persone estranee o conoscenti, ma questo bisogno emerge anche nei confronti del proprio nucleo familiare. Perché trascurare la propria creatività solo perché si è rinchiusi nelle mura domestiche? Tutte queste pratiche sono funzionali ad un ragionamento ben preciso, ovvero la certezza che la precisione e la ricercatezza estetica siano una garanzia della buona riuscita del piatto. Ciò che è inteso come ordinario si reinventa, diventando un qualcosa di ricercato, di

glamour. Le ricette diventano una modalità per fuoriuscire dal mainstream. Il

cibo diventa un ottimo modo, dunque, per distinguersi, per differenziarsi, per conquistare e ottenere il proprio posto nel mondo. Questo ragionamento rientra a pieno titolo nel discorso in cui si richiamarono le componenti del personal

branding, tra cui proprio la volontà e il bisogno di essere considerati unici. Si

faccia attenzione, però, ad una specifica importante: questo intento di diversificarsi non assume un’accezione negativa, nel senso che si ripugna la massa e si vuole in tutti i modi distaccarsi dalle sue regole e consuetudini; la differenziazione sta più nel bisogno di non sentirsi vuoti, privi di alcuna caratteristica distintiva. Si teme più la non riconoscibilità, il non restare impressi nelle menti più che essere paragonati e uniformati agli altri. Per mezzo del cibo, dunque, si vuole proprio convincere gli utilizzatori che hanno, tra le mani, un’opportunità unica per dare un significato preciso alla propria persona, per ottenere una definizione puntuale del proprio essere.

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Un’ultima caratteristica che è stata osservata è la commistione tra ricette e racconti di viaggi ed esperienze. Un connubio perfetto in cui, accanto ad indicazioni sulle proprietà nutrizionali dei cibi, si accostano richiami a luoghi da sogno, che invogliano i soggetti a partecipare attivamente all’attività di condivisione e interazione. Le occasioni di preparazione del cibo non sono direttamente connesse con una situazione particolare, ma si adattano dunque a diversi contesti, così come i soggetti ipotetici ai quali destinare questi piatti: il senso è, più che altro, evocare dei luoghi e delle suggestioni per mezzo del cibo, rievocando ricordi legati ai viaggi e donando la parvenza di poter vivere questa esperienza come se la si toccasse con mano. Tutto il modo di rappresentare l’output produttivo è connesso a questo intento. Con questa affermazione, i significati attribuiti al cibo acquistano ulteriormente valore; l’odore, il sapore, anche la vista di una determinata pietanza hanno questo potere di rievocare un ricordo e un’immagine. In questo si può facilmente rilevare un collegamento con il già richiamato svago; qui, però, si parla più di evasione, anche se il senso generale è il medesimo. Riassumendo, si può dire che diventa ormai obsoleta la visione del preparare i pasti nella propria cucina meccanicamente e senza nessun significato profondo, senza nessun intento emozionale e simbolico.