5. Dalla connessione alla relazione digitale
5.2. La relazione sociale digitale tra web 1.0, 2.0 e 3
Con l’evolversi del web anche la relazionalità sociale ivi espressa è mutata, si sono prodotti, e il processo non è assolutamente qui esaurito, sostanziali cambiamenti sul e nel nostro essere sociali e relazionali. Il web 1.0 è quello definito statico, l’internet dei contenuti, dove i siti web si presentavano come testi simili alle pagine di un libro o ai fogli dei programmi informatici di scrittura, che potevano contenere anche immagini o video, ma il loro scopo era essenzialmente quello di essere consultati, offrire informazioni, senza che vi fosse interazione fra l’utente e il contenuto. Come già sottolineato, fu proprio questa staticità a spingere i ricercatori a creare un’evoluzione del sistema che potesse permettere un maggiore grado di interazione degli utenti. Il primo passo fu permettere agli internauti di inserire commenti alle pagine, e successivamente, grazie ai nuovi linguaggi di programmazione (ad esempio php), fu possibile creare i primi forum e blog, dando vita, all’ormai dimenticato, web 1.5.
La caratteristica social del web, che oggi pare quasi scontata, una sua dotazione intrinseca, altro non è che il frutto di una grande partecipazione al progetto che voleva la Rete un luogo sociale, un sistema di comunicazione, informazione sempre più compartecipato, in cui l'utente non fosse solo un fruitore, ma, e soprattutto, anche un creatore.
È da qui, con lo sviluppo e l’evoluzione delle community, dei social network, l’introduzione dei wiki – i siti in cui attivamente gli utenti possono contribuire alla creazione, alla modifica, o all’inserimento di nuove informazioni –, che prende avvio il web 2.0, definito dinamico, caratterizzato dall’insieme di tutte quelle tecnologie e applicazioni che permettono un alto grado di interattività tra utenti e che ha portato alla sempre maggiore diffusione della percezione di
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una realtà condivisa che si gioca contemporaneamente su due piani della realtà, quello on e quello offline, che oggi non mostrano avere più le rigide distinzioni di un tempo.
Il web 2.0 è dunque il web in cui è l’utente comune a creare i contenuti multimediali di cui si compone e in cui la gestione di questi è totalmente nelle sue mani. Si tratta di un artefice a volte inconsapevole che, insieme agli altri, da vita al web così come lo conosciamo oggi. In questa conformazione vi è il massimo della socialità e della relazionalità così come non la si era mai sperimentata prima. Oggi sono in particolar modo i social media e nello specifico i programmi di social networking (quali ad es. social network, blog, tumblelog, chat-room, istant messenger, etc.) disponibili sia su computer che su dispositivi mobili (quali smartphone, tablet), a ricoprire un’alta valenza sociale, a connaturandosi quali arene socio-comunicazionali e relazionali che permettono all’utente di rapportarsi con un ampio numero di soggetti, consentendogli la creazione di reti sociali dalle caratteristiche assai complesse e gestibili attraverso modalità plurime.
Oggi le piattaforme social sono il nostro ambiente di comunicazione, come l’epoca del pennino era l’ambiente di mio padre. E, in aggiunta a ciò, la piattaforma non comunica: agisce. La piattaforma siamo noi in una dinamica di gruppo, in co-costruzione e co-evoluzione.
Ma non sembra finita qui. Nel momento in cui scriviamo infatti stiamo di fatto già entrando nel Web 3.0: il web della semantica e delle cose, il Web of Things. Si ipotizza a tal proposito la creazione di un enorme database in cui confluiranno tutte le informazioni presenti in internet che permetterebbe di velocizzare le ricerche e semplificare la gestione dei dati. Un web semantico perché ad ogni contenuto multimediale saranno legate parole chiave in grado di renderlo disponibile alla futura ricerca – un futuro che è già presente se pensiamo agli hashtag e alle tecniche di posizionamento SEO. I più futuristici immaginano un mondo dominato da intelligenze artificiali che, grazie ad algoritmi sempre più sofisticati, permetteranno un orientamento migliore nella Rete, destinata ad affollarsi sempre più, ed che saranno in grado di interagire con l’utente senza distinguersi da esso. Altri concetti oggi legati al futuro del web sono la grafica vettoriale scalabile (SVG) e la realtà aumentata.
Quale che sarà il futuro del web, la sua forma, i suoi algoritmi e linguaggi certamente esso continuerà ad essere, come lo è ora, un prodotto umano per umani, in cui è lecito aspettarci che, quegli aspetti di socialità e di relazionalità che lo connaturano oggi, non scompariranno, ma, con molte probabilità, saranno ancora più esaltati. Il web diventerà forse così tanto parte noi, uno strumento di comunicazione così vicino a noi, che non lo percepiremo più come altro da noi, ma
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un nostro prolungamento? La domanda è aperta e si tenterà di darne risposta nel paragrafo sei del presente capitolo.
Prima di affrontare la spinosa questione relativa a chi imputare la causa o l’effetto dei cambiamenti nella nostra relazionalità, potendo scegliere tra fattore umano e tecnologia, si vuole accennare un breve richiamo al cambiamento in ambito digitale e informatico riprendendo il modello della persuasione29 introdotto da Fogg (1998) e basato su tre aspetti: motivazioni, abilità e “trigger”, cioè occasioni che ci chiamano a un’azione. È assodato infatti che adottare un nuovo comportamento o una nuova idea è più difficile che espandere un comportamento o adottare un’idea di poco diversa da quelle che abbiamo già. Per quanto concerne i cambiamenti nei comportamenti degli utenti digitali, l’ostacolo fondamentale è l’abilità: se una novità è facile da adottare, allora non sarà difficile modificare e adottare un nuovo comportamento, basterà un livello basso di motivazione e un “trigger” invitante. Lo studio delle piattaforme di successo, quali ad esempio Facebook e Twitter ci ha insegnato proprio questo, ovvero si è mostrato vincente rendere il nuovo comportamento richiesto più facile e sistemare dei buoni trigger – richiami piuttosto che tentare di alzare le motivazioni di fronte a compiti difficili. Anche il gigante Google è partito inserendo una novità di facile interpretazione ed utilizzo, la finestra del motore di ricerca, e poi conquistando il pubblico grazie alla sua efficacia ha convinto molti utenti ad utilizzare la sua piattaforma per fare molto altro.
Dunque se i nostri comportamenti digitali sono cambiati, e qui intendiamo per le masse, questo non è successo solo per il fatto di avere avuto a disposizione “una” tecnologia”, ma grazie al fatto che questa era facile, user friendly. E tale facilità di utilizzo si è dimostrata vincente nella sua adozione, capace di modificare profondamente i nostri comportamenti.
29 Per un approfondimento circa le produzioni a proposito si vedano: Fogg B.J. (1998); Fogg B.J.
(2002); Fogg B.J., Eckles D. (2007); Fogg B.J., Nass, C. (1997a); Fogg B.J., Nass, C. (1997b); Oinas-
Kukkonen H., Harjumaa M. (2008); Oinas-Kukkonen H., Hasle, P., Harjumaa M., Segerståhl K., Øhrstrøm, P. (2008).
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5.3. Causa o effetto?
Fino ad ora abbiamo individuato il momento storico, e i cambiamenti tecnologici che, uniti ai comportamenti online degli utenti, hanno permesso – o portato – alla nascita di una forma relazionale nuova e inedita, che mai era stata sperimentata dall’uomo: la relazione sociale digitale.
Volendo tentare di comprendere ancora più a fondo questa nuova modalità di socializzazione ci si potrebbe chiedere se essa è nata grazie alla tecnologia o, al contrario, se sia stata la stessa socialità umana ad averla determinarla. Tuttavia Bennato, già nel 2002, ci metteva in guardia dal tentare di considerare il problema sotto questi termini:
Una tecnologia non porta con sé solo una specifica funzione, ma anche un modo particolare in cui quella funzione viene incorporata all’interno dell’artefatto […] è inutile e sbagliato chiedersi se venga prima la tecnologia o la società. I fenomeni sociali non sono unilaterali: è lo studioso di tecnologia a dover necessariamente tagliar fuori alcune variabili, dovendo perciò partire ora dall’uno (tecnologia) ora dall’altro (società) corno del problema (Bennato D. 2012: 31-32.).
Di altro parere appare invece Casalegno (2007), il quale imputa al cyberspazio la responsabilità di aver determinato l’emergere della cybersocialità, intendendo con questo termine forme sociali possibili solo in virtù dell’avvento di internet.
Dalla nostra reputiamo che, senza una specifica dotazione tecnologia, alcune forme di socializzazione non avrebbero mai potuto svilupparsi – si pensi ad esempio alla possibilità di dialogare in tempo reale permessa dalla chat, senza il protocollo IRC essa non esisterebbe – ma è pur vero che, per quanto strettamente concerne le semplici attività legate all’esperienza comune e quotidiana, lo sviluppo tecnologico è al servizio dell’agire umano e tende a riproporre in digitale ciò che l’uomo già fa con altri mezzi: la chat non è forse una trasposizione, seppur con molti limiti e differenze, dell’interazione vis-a-vis? E la sua evoluzione in video-chat, non ha forse fatto venir meno molti di questi limiti e differenze per un’esperienza sempre più aderente a quella reale?
Ancora potremmo chiederci, se i ricercatori e coloro che per primi trascorrevano moltissime ore soli, davanti ai calcolatori, non avessero sperimentato, sentito, l’esigenza di uscire dal loro isolamento l’uomo avrebbe sviluppato sistemi in grado di connettere l’uno con l’altro gli utenti della Rete? Si sarebbe mai giunti allo status quo odierno in cui sperimentiamo la possibilità di
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entrare in contatto, in maniera simultanea o differita, con un numero potenzialmente infinito di Altri?
Sono molti gli interrogativi che restano aperti davanti a noi, quello che di certo sappiamo è che a partire da un certo momento storico la Rete e il web si sono andati sempre più connaturando come uno spazio relazionale. Ad un certo punto della nostra storia l’internauta non è stato più davanti a un computer, ma si è ritrovato di fronte una cultura codificata digitalmente, una pluralità di arene popolate da altrettanti utenti, non meno veri di lui, con cui poteva agevolmente entrare in contatto, comunicare, interagire. E ancora più vera è la constatazione di come noi, oggi, viviamo appieno in quella che è la web society, la società della connessione, del web, ove l’Internet è sempre più uno strumento integrato nella nostra esperienza sociale e relazionale, dove la rete e la tecnologia creano e sono spazi relazionali in cui con sempre maggiore coinvolgimento ci troviamo a vivere ed operare. Nel prossimo paragrafo si affronterà la possibile evoluzione delle relazioni sociali mediate dalla tecnologia.