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La repressione delle usure illegittime

2.2 Le usure in diritto romano

2.2.2 La repressione delle usure illegittime

A presidio del rispetto dei divieti di usure erano posti stru- menti di diritto civile e penale. In sede civile, al debitore convenuto per il pagamento delle usurae era data la possi- bilità di difendersi in via d’eccezione, facendo valere la non debenza di quanto eventualmente eccedente la misura con- sentita269. Se, invece, le usurae illicitae fossero già state corri- sposte270, quanto eccedesse il limite delle usure lecite doveva

essere imputato al debito di capitale; adempiuto anche que- st’ultimo, la vittima avrebbe potuto agire per la ripetizione dell’indebito271: in età preclassica, al debitore era data un’a-

zione direttamente esecutiva nel patrimonio dell’usuraio272;

in età classica e postclassica, il debitore avrebbe dovuto agire con la comune conditio indebiti273.

Per quanto attiene, invece, alle sanzioni penali, la loro esi- stenza è attestata in età preclassica e postclassica. Si ritiene oggi comunemente che le prime disposizioni a proposito fos-

269M. Solidoro Maruotti, La disciplina, cit., p. 195 e ss.

270Secondo la regola di diritto classico in materia di imputazione dei

pagamenti, nel caso di stipulatio usurarum accessoria al mutuum, quanto corrisposto dal debitore era innanzitutto imputato agli interessi, e solo sussidiariamente al capitale; nel caso di usurae ex pacto, quanto versa- to era da presumersi imputato al capitale, salvo che il pagamento non fosse stato esplicitamente effettuato a titolo di interessi («in usuras»). A. Cherchi, Ricerche, cit., p. 103 e ss.

271Ulp. ad ed. 16.6.26.1; CI. 4.32.18.

272Azione introdotta, pare, con una lex Marcia (Gai 4.23) che si fa risalire

al II secolo a.C.; cfr. F. Fasolino, L’anatocismo, cit., pp. 293-294, n. 17; G. Cervenca, Usura, cit., p. 1134.

273A. Cherchi, ibidem; M. Solidoro Maruotti, Sulla disciplina, pp. 202-

sero contenute nelle XII Tavole274, sulla scorta del notissimo

incipitdel De agri cultura di Catone il Censore:

[Cato agr., praef.] «Est interdum praestare merca- turis rem quaerere, nisi tam periculosum sit, et item fenerari, si tam honestum sit. Maiores nostri sic ha- buerunt et ita in legibus posiverunt, furem dupli con- demnari, feneratorem quadrupli. Quanto peiorem ci- vem existimarint feneratorem quam furem, hinc licet existimare».

Il passo è per noi di grandissimo interesse. Innanzitut- to esso costituisce la prima testimonianza della statuizione della poena quadrupli nel diritto romano, attestata in séguito anche in un brano di Plauto275e posta sotto la competenza di

un giudice pubblico, i tresviri capitales276; in secondo luogo,

ma non certo secondariamente, il testo catoniano si profes- sa tra l’altro come testimonianza dell’atteggiamento cultu- rale della società romana delle origini rispetto al fenomeno dell’usura: commercio e finanza sono poste in correlazione non proprio velata con il furto e l’usura, in antitesi rispet- to all’agricoltura, l’unica vera attività degna di un probo e libero cittadino romano; ma quel che ancor di più colpisce, è come l’usura sia considerata attività più riprovevole e in- sidiosa del latrocinio, essendo punita con una pena doppia

274B. Santalucia, Diritto e processo penale nell’antica Roma, Milano 1998,

p. 65; G. Cervenca, ibidem.

275Plaut. Persa 1.2.10 ss. (vv. 62-71). 276G. Cervenca, Usura, cit., p. 1134.

rispetto a quella del furto. La ragione è probabilmente da ri- cercarsi nella natura ”fraudolenta” dell’espoliazione posta in atto dall’usuraio, in una progressione di offensività e rispo- ste sanzionatorie per cui – nella legislazione decemvirale – il furtum nec manfestume flagrante erano puniti con la pena del doppio277, con quella del triplo erano puniti il depositario in-

fedele, il tutore che avesse pregiudicato dolosamente il pu- pillo ed alcuni tipi qualificati di furto, mentre in quadruplum era condannato l’usuraio278.

Secondo la testimonianza di Livio279, inoltre, in età re- pubblicana gli edili curuli esercitavano la repressione dell’u- sura, irrogando multe ai feneratores.

Nonostante l’istituzione, ad opera di Giulio Cesare, di apposite quaestiones per l’accertamento e la repressione del crimine dell’usura280, della poena quadrupli non ci sono appa-

rentemente giunte notizie dell’età classica, il che ha portato la dottrina a sostenere che la repressione dell’usura fosse sta- ta rimessa alla tutela civilistica fino all’evo del Dominato281.

La prima testimonianza di disposizioni lato sensu penali in tema di usura in epoca imperiale risale ad una costituzione di Diocleziano del 290 d.C.282, con la quale fu stabilito che a

277V. Arangio-Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Napoli 1960, p. 369. 278B. Santalucia, Diritto e processo penale, cit., pp. 62-65; V. Arangio-

Ruiz, Istituzioni, cit., pp. 369-370.

279Liv. 7, 28; Liv. 10, 23; Liv. 35, 41.

280B. Santalucia, Diritto e processo penale, cit., p. 160. 281G. Cervenca, Usura, cit., p. 1134.

282[CI. 2. 11. 20] (Impp. Diocletianus ed Maximianus AA. et CC. Fortunato)

Improbum fenus exercentibus et usuras usurarum illicite exigentibus infamiae macula inroganda est.

chi praticasse illecitamente il prestito a interesse fosse irro- gata l’onta (macula) dell’infamia. L’infamia, a volte commina- ta come pena, più frequentemente come conseguenza legale (di natura squisitamente afflittiva) di una condanna, era una sanzione che colpiva l’onorabilità del condannato per alcu- ni crimini (come la calunnia o la concussione), privandolo della dignitas e conseguentemente di alcuni diritti della sfera sociale, quali quello di rappresentare ed essere rappresentati in giudizio e quello di ricoprire cariche pubbliche283.

Una più grave disciplina sanzionatoria si affermò in Oc- cidente in età postclassica. Si tratta di una vicenda estre- mamente importante ai fini della presente indagine, poiché, per la prima volta nella storia delle usure in diritto roma- no, misure afflittive conseguono ad un disvalore di condotta collegato alle condizioni personali del soggetto passivo. Il primo interevento si deve ad una costituzione di Costanti- no del 325 d.C.284, la quale sancì che chiunque avesse pra-

ticato nei confronti di persone indigenti («indigentibus») un mutuo di derrate con interessi superiori al 50% per anno285

avrebbe perso gli interessi ed il capitale («non solum usuris, sed etiam debiti quantitate privandus est»). Il secondo provve- dimento fu invece emanato da Teodosio in una costituzio- ne del 386 d.C.286, con la quale si ristabilì la poena quadrupli

283B. Santalucia, Diritto e processo penale, cit., p. 181 e ss, in n. 255. 284Raccolta in C.Th. 2.33.1.

285Tassi molto elevati erano frequenti per i prestiti in natura, soprattutto

nella tradizione di diritto ellenistico. Cfr. M. Solidoro Maruotti, Sulla disciplina, cit., pp. 185-186; G. Cervenca, Usura, cit., p. 1127.

per ”chiunque avesse strappato qualcosa al di là del legitti- mo 1% mensile complice lo stato di necessità [altrui]“ («Qui- cumque ultra centesimam iure permissam aliquidsub occasione necessitatis eruerit»).

Le due costituzioni imperiali sono di enorme interesse per svariate ragioni. Anzitutto vale la pena di notare come la vicenda dell’usura possa essere inquadrata nel trend di inasprimento delle sanzioni cui fu soggetto il diritto penale romano in era postclassica287; il caso in esame, poi, è tanto più affascinante, laddove si voglia considerare – a proposito dell’ipertrofia della repressione penale – la correlazione tra l’imbarbarimento del diritto e dei costumi nel Basso Impe- ro288 e la restaurazione di una pena, quella del quadruplum,

che aveva il proprio precedente nella legislazione decemvira- le dell’età arcaica (precedente di più di ottocento anni!). Ma ciò che soprattutto importa sottolineare, è che il nucleo di offensività che si può distillare dalle costituzioni di Costan- tino e Teodosio è evidentemente incentrato sullo sfruttamen- to dell’altrui situazione di minorità economica e, par ricochet, contrattuale, così superando la mera dimensione oggettiva della condotta (i.e. del tasso d’interesse praticato).

Va osservato, in ultimo, che le due costituzioni appena citate non saranno incluse nella compilazione giustinianea (presumibilmente perché incompatibili con i tassi imposti da Giustiniano), ma transiteranno attraverso il Codice Teodosia-

287B. Santalucia, Diritto e processo penale, cit., p. 286 e ss. 288M. Marrone, Manuale, cit., pp. 21-22.

no nei regni romano-barbarici289, e quindi sopravviveranno

almeno nell’Alto Medioevo.

2.2.3 Eccezioni e difficoltà applicative della di-

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