La legge n. 140 del 2003, oltre a identificare gli atti rispetto ai quali l‟autorizzazione del Parlamento si prefigura come condizione necessaria, disciplina altresì i profili concernenti le modalità di presentazione della richiesta di autorizzazione ad acta, il soggetto competente a presentarla, i tempi entro i quali avanzare la stessa ed il suo contenuto.
In particolare, nel disciplinare i requisiti e l‟itinerario della richiesta di autorizzazione per sottoporre un membro del Parlamento ad intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (c.d. intercettazioni “dirette”), i primi due commi dell‟art 4, l. 140, cit.189, stabiliscono che l‟investitura del Parlamento debba seguire, anziché precedere, l‟emissione del provvedimento, la cui esecuzione resta perciò sospesa fino alla delibera assembleare. La richiesta posticipata, contigua com‟è al momento esecutivo, sacrifica oltremodo l‟esigenza di attuazione a sorpresa propria delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, giacché l‟interessato, membro della stessa Assemblea competente a deliberare, viene a conoscere sia l‟esistenza, sia anche il contenuto, i tempi e le modalità operative del provvedimento190.
Al fine di garantire la massima rapidità, l‟art. 4, 1° comma prevede, poi, che “l‟autorità
competente” presenti “direttamente” la relativa domanda alla Camera di elezione del
soggetto interessato, così estromettendo dalla procedura il Ministro della giustizia191.
188 Cfr. V. GREVI, Tabulati telefonici e disciplina delle “immunità processuali” (art. 68 commi 2 e 3
Cost.) a tutela dei membri del Parlamento, in Cass. pen., n. 9 del 2010, p. 2978.
189 Sulla base di quanto previsto dal primo comma “(…) l‟autorità competente richiede direttamente
l‟autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene”; mentre il secondo comma prosegue
affermando che “l‟autorizzazione è richiesta dall‟autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire; in
attesa dell‟autorizzazione l‟esecuzione del provvedimento rimane sospesa”.
190 Proprio per questo, rispetto ai c.d. atti “a sorpresa” (quali le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni), era stata avanzata la proposta di differenziare la disciplina procedurale in esame; questa strada era stata ritenuta praticabile sulla base del confronto tra l‟attuale e la precedente previsione d‟apertura dell‟art. 68, comma 3, Cost.: “Analoga autorizzazione”, in luogo di “Eguale autorizzazione” (in questo senso M. MIDIRI, Autonomia costituzionale delle Camere e potere giudiziario, Padova, 1999, p. 334). Nella stessa prospettiva si era mosso anche il Consiglio superiore della magistratura (cfr.
Osservazione al parere sul d.l. 15 settembre 1993, n. 455 recante “disposizioni urgenti per l‟attuazione dell‟art. 68 Cost.”, in Foro it., 1994, I, p. 991).
191 Il Guardasigilli è stato a lungo destinatario intermedio della richiesta in ossequio allo schema tradizionale, quanto ormai superato dalla piena indipendenza del potere giudiziario, che individuava nel Governo il tramite necessario di ogni contatto tra il Parlamento e gli altri organi dello Stato (per queste
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Non priva di coerenza con un meccanismo così scandito appare la scelta ulteriore di attribuire la titolarità della richiesta all‟ “autorità che ha emesso il provvedimento da
eseguire” (art. 4, comma 2, l. n. 140/2003): il riferimento generico ad “autorità”,
piuttosto che ad “autorità giudiziaria”, si spiega con l‟intento di voler comprendere anche l‟autorità amministrativa e di pubblica sicurezza. Anche in questo caso, dunque, la soluzione adottata ha l‟obiettivo di rafforzare l‟esigenza di celerità della procedura autorizzativa, evitando il passaggio obbligato attraverso il pubblico ministero. Ne deriva che, qualora s‟intendano intercettare le comunicazioni di un eletto al Parlamento, la legittimazione a rivolgersi all‟Assemblea dovrebbe competere in via alternativa al pubblico ministero, per l‟ipotesi di urgenza regolata dall‟art. 267, comma 2 c.p.p., oppure al giudice, nei casi ordinari di intervento anticipato rispetto alle operazioni di ascolto; anche in quest‟ultimo caso, però, l‟esecuzione dipende da un decreto del pubblico ministero, successivo all‟autorizzazione del giudice, con il quale vengono stabilite modalità e durata delle attività di captazione affidate alla polizia giudiziaria (art. 267, comma 3 c.p.p.). Senza forzature del dato letterale, sembra allora preferibile razionalizzare, in questo campo, la disciplina dei rapporti tra autorità giudiziaria e Parlamento, attribuendo sempre la titolarità della richiesta all‟organo requirente192
, il quale ha il compito di regolare in concreto l‟esecuzione delle intercettazioni e si trova nella condizione migliore per sospenderla fino alla decisione della Camera193.
In relazione al contenuto della richiesta di autorizzazione, l‟autorità giudiziaria risulta gravata da un notevole onere informativo: difatti, come previsto dall‟art. 5 della legge 140/2003, la stessa è tenuta a far pervenire alla Camera interessata una dettagliata esposizione dei fatti, unitamente alle norme di legge che si presumono violate, nonché gli elementi sui quali si ritiene fondato il provvedimento da autorizzare.
Ne deriva che, dipenderà dal momento in cui sorge la necessità di provvedere, successivo o precedente all‟esercizio dell‟azione penale, se l‟Assemblea politica si troverà a vagliare un‟imputazione stabile oppure un addebito soltanto provvisorio. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare: secondo alcuni commentatori, infatti, la
informazioni cfr. G. LONG, Art. 68, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna- Roma, 1986, p. 225).
192 In questo senso D. NEGRI, Immunità parlamentare, cit., p. 699.
193 Non così, parrebbe, quanto ai tabulati telefonici, visto che la legge n. 155 del 2005 configura un triplice modulo di acquisizione (art. 132): l‟”autorità competente” abilitata a sollecitare l‟autorizzazione politica sembra coincidere ora con il pubblico ministero, durante il primo periodo di conservazione dei dati presso il fornitore del servizio (ventiquattro mesi per i dati telefonici, sei per quelli telematici), con il giudice della fase nel corso del successivo arco temporale di pari estensione, salva tuttavia l‟ipotesi di intervento d‟urgenza ad opera dello stesso organo dell‟accusa.
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Camera competente ben potrebbe negare l‟autorizzazione al compimento dell‟atto sulla base di un‟errata qualificazione giuridica del fatto da parte dell‟autorità giudiziaria, ravvisando, ad esempio, il sintomo del fumus persecutionis nella eccessiva gravità della stessa rispetto ai fatti descritti194.
Senza dubbio, però, l‟ambito della valutazione in sede politica e la possibilità di impostarne correttamente il rapporto con l‟attività giudiziaria discendono dalla prescrizione secondo la quale alla Camera vanno forniti “gli elementi su cui si fonda il
provvedimento”. Essi coincidono con i dati già valutati in sede processuale ai fini della
singola decisione; a cambiare è il tema dei rispettivi giudizi, costituito, nel caso dell‟autorizzazione politica, dall‟accertamento negativo del fumus persecutionis195
: pur senza tramutarsi in un organo di controllo sul merito o sulla legittimità dell‟atto condizionato, l‟Assemblea elettiva è abilitata a ripercorrere i passaggi logici e le ricostruzioni fattuali a fondamento del medesimo, alla ricerca di eventuali indici dai quali emerga la pretestuosità dell‟agire.
La delicata questione relativa ai criteri che il Parlamento deve utilizzare per stabilire se accogliere o meno la richiesta dell‟autorità giudiziaria è tornata alla ribalta negli ultimi anni: in diverse occasioni, infatti, la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi in ordine al compito spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare allorquando la stessa debba decidere su una richiesta di autorizzazione a procedere a norma degli artt. 4 e 6 della l. 140 del 2003. Se, cioè, in ipotesi del genere tale Camera debba limitarsi a valutare la richiesta proveniente dall‟autorità giudiziaria al solo scopo di escludere che essa possa nascondere una “finalità persecutoria” o, comunque, una ingerenza indebitamente “strumentale” nella sfera privata o funzionale del singolo parlamentare; ovvero se la medesima Camera debba operare un più penetrante controllo sulla motivazione di quella richiesta, entrando nel merito della stessa e, quindi, degli elementi idonei a giustificarla, secondo un modello di sindacato non dissimile da quello
194 In questo senso R. ORLANDI, Lodo “Maccanico”: attuazione dell‟art. 68 Cost. e sospensione dei
processi per le alte cariche dello Stato. Profili di diritto processuale, in Dir. pen. e proc., 2003, p. 1216.
Di contrario avviso N. ZANON, Parlamentare (status di), in Dig. disc. pubbl., X, Torino, 1995, p. 639, secondo il quale non “dovrebbe accadere che la Camera ritenga, al fine di negare l‟autorizzazione al
provvedimento, di proporre una diversa qualificazione giuridica del fatto, sovrapponendo così, alle valutazioni giuridiche compiute dal giudice, ulteriori e divergenti valutazioni”.
195 Cfr. G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari. Natura e limiti di una garanzia
costituzionale, Torino, 1979, p. 49, secondo il quale “basta rilevare l‟esistenza di elementi di fatto che escludano la pretestuosità dell‟iniziativa giudiziaria”.
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cui deve ispirarsi, all‟interno di un procedimento penale, il giudice superiore competente a verificare la legittimità di un certo provvedimento196.
L‟art. 4, comma 3 della legge 140/2003, mirando a dare attuazione al comma 2 dell‟art. 68 Cost., stabilisce, poi, che l‟autorizzazione non è necessaria se “il membro del
Parlamento è colto nell‟atto di commettere un delitto per il quale è previsto l‟arresto obbligatorio in flagranza ovvero si tratta di eseguire una sentenza irrevocabile di condanna”. A fronte di queste eccezioni si pone il problema di capire se siano
“esentati” da autorizzazione solo i provvedimenti limitativi della libertà personale, ovvero tutti gli atti che normalmente sono vincolati ad autorizzazione ad acta e che vengono menzionati nell‟art. 4. Sebbene la disposizione in esame sembri voler far riferimento a tutti gli atti, la norma costituzionale contempla l‟eccezione dell‟arresto in flagranza esclusivamente riguardo agli atti limitativi della libertà personale e domiciliare, non per le intercettazioni, in relazione alle quali l‟assenso del Parlamento sarà sempre necessario197.
Diverse, invece, sono le modalità di presentazione dell‟autorizzazione che deve essere richiesta per poter “utilizzare” i verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate nel corso di procedimenti riguardanti terzi e alle quali abbiano preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti (c.d. intercettazioni “indirette” o “casuali”). L‟art. 6, comma 2 della legge 140/2003 prevede, infatti, che se il giudice per le indagini
preliminari, su istanza di una parte processuale e sentite le altre parti nei termini e nei
modi di cui all‟art. 268, comma 6, c.p.p., ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui sopra, deve richiedere, entro i dieci giorni successivi, l‟autorizzazione della “Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al
momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate”.
Quest‟ultima previsione ha destato, sin dall‟entrata in vigore della legge 140 del 2003, non poche perplessità. In particolare, la dottrina si chiedeva se la stessa intendesse conferire la competenza alla Camera “originaria” nel caso in cui il parlamentare nel frattempo fosse stato eletto nell‟altra Camera; oppure se la norma dovesse essere intesa nel senso che la prerogativa avrebbe coperto il parlamentare (ex) anche quando egli fosse cessato dalla carica. Nel primo caso, non si capirebbe la ragione di fondo di questa scelta visto che l‟utilizzabilità di quelle intercettazioni potrebbe eventualmente incidere
196 Sul punto v. infra par. 2.5.
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sulla funzionalità dell‟Assemblea che attualmente vede la presenza del parlamentare198
. Nel secondo, a parte il risultato paradossale che l‟ex parlamentare sarebbe protetto contro le intercettazioni indirette mentre non lo sarebbe contro quelle dirette199, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio stravolgimento della natura di questa prerogativa che da garanzia di tipo processuale, e quindi intimamente legata alla durata del mandato rappresentativo della nazione, si trasformerebbe in un‟immunità di tipo sostanziale, la cui durata travalica l‟appartenenza ad uno dei due rami del Parlamento, come avviene per l‟insindacabilità200. L‟impressione è che, quale che sia la corretta
lettura da dare a questa espressione, il problema derivi proprio da una confusione del legislatore tra diversi tipi di immunità201.
Parte della dottrina, invece, ha ritenuto che tale soluzione sia coerente con la ratio che sorregge il principio di carattere generale, secondo il quale anche per l‟utilizzo delle intercettazioni indirette è necessario il consenso delle Camere: in altre parole, non essendo le intercettazioni in esame delle intercettazioni che riguardano direttamente il parlamentare, e dunque delle intercettazioni che possono essere disposte dal giudice solo dopo che le Camere si siano pronunciate, se si vuole in ogni modo escludere che siano utilizzabili in un procedimento le registrazioni che contengono delle conversazioni di membri del Parlamento, allora, è del tutto ragionevole prevedere che tale garanzia operi anche se il parlamentare intercettato è, al momento del loro utilizzo, cessato dalla carica202.
Da segnalare è anche la previsione contenuta nel terzo comma dello stesso art. 6, che definisce il contenuto della richiesta in esame, la quale, diversamente dalla richiesta ex art. 4 della legge 140, cit., deve contenere non soltanto l‟enunciazione del fatto per il quale è in corso il procedimento, le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la stessa si fonda, ma anche “copia integrale dei verbali, delle
registrazioni e dei tabulati di comunicazioni”. Dunque, nell‟ambito di una controversia
198 Basti pensare all‟ipotesi che a seguito di quelle intercettazioni l‟autorità giudiziaria si convinca della necessità di arrestare il parlamentare e ne chieda pertanto la relativa autorizzazione: in questo caso dovrebbe rivolgersi alla Camera di attuale appartenenza e non a quella che ha concesso l‟autorizzazione all‟utilizzo delle intercettazioni.
199 Poiché ovviamente sarebbe assurda una norma che costringesse l‟Autorità giudiziaria a richiedere l‟autorizzazione per mettere sotto controllo il telefono di un soggetto solo perché in passato ha fatto parte di un ramo del Parlamento.
200 Anche questo punto è stato recentemente affrontato dalla Corte costituzionale nell‟ordinanza n. 389 del 2007, su cui si rinvia infra, al paragrafo 2 di questo capitolo.
201 Cfr. A. GIORGIS, Le immunità parlamentari nella legge di attuazione, cit., p. 158; C. MARTINELLI, Le immunità costituzionali, cit., p. 132.
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tra parti che non rivestono la qualità di parlamentare, non solo viene previsto l‟intervento di un organo politico cui viene subordinata la possibilità di utilizzare elementi di reità che siano emersi dalle suddette intercettazioni, ma, nel contempo, viene previsto che lo stesso organo politico possa conoscere dettagliatamente gli atti della causa: quanto tutto ciò sia conforme al principio costituzionale di uguaglianza e, in ultima analisi, al principio costituzionale della separazione dei poteri, non è facile dire203.
Quanto alla sorte della richiesta di autorizzazione (sia di quella per “sottoporre” ad intercettazioni un membro del Parlamento, sia di quella necessaria per “utilizzare” i risultati di intercettazioni di conversazioni cui lo stesso abbia preso parte casualmente), essa perde efficacia “a decorrere dall‟inizio della successiva legislatura” (art. 4, comma 4, l. 140/2003) qualora la Camera non assuma alcuna deliberazione prima del proprio scioglimento. Ciò significa che, durante il regime di prorogatio, la questione rimane sospesa e il parlamentare gode di un “prolungamento di tutela”204
; gli sviluppi successivi dipendono dalle fortune dell‟uomo politico: se rieletto, l‟autorità intenzionata a persistere nel dare esecuzione al provvedimento ha l‟onere di rinnovare la richiesta davanti alla Camera cui attualmente appartiene il soggetto interessato; in caso contrario, la natura processuale dell‟inviolabilità garantita dai capoversi dell‟art. 68 Cost. dovrebbe comportare la caduta della prerogativa insieme alla definitiva perdita dello
status di parlamentare.
La questione si ricollega direttamente ad un aspetto che non deve essere sottovalutato: la disciplina in esame, a differenza di quanto previsto dagli ultimi quattro decreti legge (n. 116/1996 e successivi) e a differenza di quanto previsto in relazione all‟applicazione (in via pregiudiziale da parte del Parlamento) dell‟art. 68, 1° comma, Cost., non contiene l‟indicazione di un termine entro il quale le Camere sono tenute a pronunciarsi, né di un meccanismo capace di renderlo effettivo, il che potrebbe determinare un prolungamento della durata dei processi e, nel caso delle intercettazioni indirette, una violazione del diritto dei cittadini all‟uguale applicazione della legge.
203 Così A. GIORGIS, Op. cit., p. 157. 204 Così ORLANDI, Op. cit., p. 1216.
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