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La tematizzazione dei quotidiani italiani sul caso Irlanda

IL DISCREDITO: LO SCANDALO DEGLI ABUSI SESSUALI NELLA CHIESA CATTOLICA

2.1 La situazione in America: i casi di Padre John Geoghan e Padre Lawrence Murphy

2.2.1 La tematizzazione dei quotidiani italiani sul caso Irlanda

Tenendo conto della complessità della situazione irlandese anche dovuta a una sovrapposizione nel tempo degli eventi, abbiamo esaminato alcuni articoli dai quotidiani italiani per meglio chiarire quale sia stata la rappresentazione mediatica dei fatti.

Scegliamo di partire dal 16 febbraio 2010, data in cui Papa Benedetto XVI199 ha convocato i vescovi Irlandesi per discutere sui casi di abuso nelle diocesi locali e negli istituti retti da membri appartenenti ad ordini religiosi.

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Il concetto di leadership del NYTimes rispetto ad altri media europei nel contesto mediatico è strettamente connesso al discorso sull’influenza degli Stati Uniti nel contesto politico internazionale. In tal senso, infatti, diremo che la leadership americana sembra aver subito profondi mutamenti in relazione alla propria influenza in Paesi europei e, più in generale, a livello internazionale. In proposito, Fabbrini sostiene che dal secondo dopoguerra in poi, nell’ambito della politica internazione, abbiamo assistito a una «americanizzazione della politica come conseguenza dell’adozione di un modello di esperienza specifica degli Stati Uniti» Cfr. Fabbrini S. (1999), Il

principe democratico. La leadership nelle democrazie contemporanee, Edizione La Terza, Bari, p.

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L’intervento di Papa Benedetto XVI sarà ripreso nel Capitolo Tre nell’ambito della risposta proveniente dalla Chiesa Cattolica sul problema degli abusi sessuali.

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Nelle pagine dei quotidiani individuiamo immediatamente qual è stata la posizione della Chiesa nei confronti di questo problema: parliamo di un’evoluzione della strategia di azione in cui il Vaticano (e il Papa) riprendono in considerazione la linea della tolleranza zero, che come abbiamo visto in precedenza era stata proposta otto anni prima dai vescovi americani. All’epoca Papa Giovanni Paolo II aveva mostrato qualche perplessità nell’adottare una misura repressiva così drastica nei confronti dei preti che avevano compiuto le violenze; oggi, invece,

«È come se Papa Benedetto XVI […] volesse con le sue parole sempre più dure dissolvere quel clima omertoso che ha portato molti vescovi a coprire i colpevoli […] Ma l’intervento del Pontefice, fautore della “tolleranza zero” contro i pedofili va ben oltre le parole. Nei due giorni di udienza “franca e aperta” coi vescovi d’Irlanda, il Papa ha chiesto “interventi efficaci”: un piano d’azione che al di là del caso irlandese avrà conseguenze universali […] poiché prevede anche “l’aggiornamento” e quindi la modifica dello stesso diritto canonico».

I quotidiani, quindi, sembrano tracciare lo scenario attuale in cui si muove la Chiesa Cattolica in Irlanda considerando cinque passaggi essenziali che si inseriscono nelle strategie di gestione del discredito:

1. Il chiedere scusa alle vittime e al mondo cattolico:

«Un Papa descritto come profondamente turbato e afflitto»

155 «Il Papa ha così incoraggiato i prelati ad affrontare la crisi con “determinazione e risolutezza” con “coraggio e onestà”»

3. L’intento di riparare agli errori commessi mostrando innanzitutto una maggiore attenzione ai bisogni delle vittime:

«portare alla guarigione le vittime»; «ridare loro fiducia»

4. La volontà di introdurre e/o modificare leggi canoniche specifiche a favore di una maggior tutela dei minori, considerando anche una collaborazione tra le autorità civili ed ecclesiastiche:

«Collaboreremo con la giustizia, i colpevoli saranno puniti – spiega il cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda»

5. Il tentativo di ricostruire la credibilità della Chiesa irlandese mettendo in atto un rinnovamento di fede:

«La Chiesa irlandese deve dunque procedere a un “rinnovamento nella fede e a ritrovare la sua credibilità”»

L’opinione pubblica del Paese e allo stesso tempo le associazioni delle vittime sembrano, secondo quanto leggiamo in Repubblica, non mostrare alcuna fiducia nelle parole espresse dal Santo P adre. Il clima di opinione appare come «deluso», si parla di reazioni di «rabbia» da parte di alcune associazione delle vittime; la Irish Survivos of Child Abuse afferma, infatti:

156 «Siamo estremamente delusi che il Papa non ha mostrato forte leadership nei confronti della crisi»

In questo primo intervento del Papa a proposito della crisi che ha colpito la Chiesa in Irlanda, sembra, da una prima analisi che si delinei un approccio simile a quello degli Stati Uniti. In altre parole, la posizione del Vaticano e del Papa appare esterna rispetto alla situazione; ad esempio, nell’articolo del Corriere della Sera del 17 febbraio leggiamo:

«Due giorni di udienza in Vaticano. Chiesti interventi efficaci e azioni coraggiose anche l’aggiornamento del diritto canonico»;

«Papa e vescovi hanno esaminato insieme il fallimento, per anni, delle autorità ecclesiastiche irlandesi nell’agire efficacemente»

«Benedetto XVI ha sfidato i vescovi ad affrontare i problemi del paese con determinazione»

In Repubblica (del 17 febbraio) abbiamo:

«L’ira del Papa con i vescovi irlandesi»

«I vescovi hanno parlato con sincerità […]. Il Papa ha così incoraggiato i prelati ad affrontare la crisi con determinazione e risolutezza, con onestà e coraggio»

In entrambi gli esempi, quindi, sembra che la crisi degli abusi abbia colpito esclusivamente le diocesi dell’Irlanda (stesso atteggiamento da parte della

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Santa Sede che abbiamo individuato nel 2002 all’epoca in cui esplose il caso di Boston). In quest’occasione, un elemento di divergenza rispetto alla situazione americana, fa riferimento alla nuova modalità di azione messa in

pratica dal Papa e dalla Santa. C’è infatti una “rivalutazione” della politica

della zero tolerance e una maggiore predisposizione a una collaborazione con le autorità giudiziarie laiche. In proposito, infatti, leggiamo sempre in

Repubblica:

«La Chiesa irlandese deve dunque procedere a un rinnovamento nella fede e a ritrovare la sua credibilità morale. Con l’impegno, gli hanno assicurato i vescovi, a collaborare con le autorità giudiziarie in Irlanda, nel Nord e nel Sud. È la conferma della linea di “tolleranza zero” già annunciata in Vaticano»

Nell’articolo del Corriere, invece, Benedetto XVI diventa il fautore della politica della tolleranza zero nell’ambito degli abusi:

«l’intervento del pontefice, fautore della “tolleranza zero” contro i pedofili, va ben oltre le parole»

In tal senso, quindi, assistiamo anche a un “ribaltamento” del ruolo attribuito dalla stampa al Pontefice; se, infatti, con Giovanni Paolo II emergeva (come vedremo anche in seguito) un atteggiamento pastorale, con Benedetto XVI, invece, la maggiore presa di coscienza della

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che il Papa intende adottare come ad esempio, la revisione di alcune norme in materia di prevenzione e tutela dei minori200.

L’interesse alla situazione irlandese si attua in un nuovo intervento del Papa, la Lettera Pastorale ai cattolici d’Irlanda201; il 21 marzo, la stampa italiana, pubblica alcuni dei passaggi-chiave su cui della lettera.

In proposito, La Stampa propone una sintesi in cui racchiude in quattro punti gli aspetti centrali della Lettera e i destinatari a cui il Papa si rivolge:

1. Alle vittime, mi dispiace:

«Chi aveva trovato il coraggio di parlare non aveva però trovato orecchie disposte ad ascoltarlo»;

2. Ai vescovi, gravi errori:

«Hanno tradito una consegna sacra perché non hanno affrontato nel modo giusto e responsabile le accuse di cui sapevano»;

3. Ai colpevoli, purificatevi:

«il cammino di riparazione e rinnovamento interiore deve cominciare con l’esame di coscienza e l’ammissione di colpa»;

4. Ai tribunali, giudizi severi:

200 Questo discorso sarà ripreso ed ampliato nel Capitolo Tre a proposito della risposta della

Chiesa Cattolica al fenomeno.

159 «I casi di abuso vanno giudicati sia secondo il diritto canonico sia nella Corti civili con le quali la Chiesa dovrà collaborare»

Questa schematizzazione così riproposta dal quotidiano riflette un aspetto fondamentale, su cui torneremo più avanti, che contraddistingue alcune modalità di scrittura del giornalismo. La brevità dei titoli e la

frammentarietà con cui l’articolo è strutturato, infatti, sembra rispondere a

«un ritmo sempre più rapido di redazione, esecuzione e fruizione della notizia stessa […]. E per esprimere un andamento più veloce al pezzo giornalistico si è modificata anche l’organizzazione sintattica: periodi più brevi, che contengono meno parole e meno proposizioni»202

Un elemento che accumuna le tre testate giornalistiche riguarda non solo i contenuti che sono riproposti negli articoli relativi al messaggio del Santo Padre quanto, piuttosto la composizione stessa degli articoli. Stiamo parlando dell’inserimento del discorso diretto che in questa sede, come sottolinea Dardano, serve per vivacizzare l’articolo:

«Per vivacizzare gli articoli, si gioca sulla continua alternanza tra discorso del giornalista e discorso riportato, spingendosi a volte nel terreno del discorso indiretto libero, che mescola ambiguamente i due piani»203

In proposito possiamo riportare un articolo estrapolato dal Corriere della

Sera del 20 marzo:

202 Antonelli G.(2007), L’Italiano nella società della comunicazione, Il Mulino, Bologna, p. 94 203

Dardano M., Profilo dell'italiano contemporaneo, in Storia della lingua italiana, a cura di L.Serianni e P. Trifone (1994), Einaudi, Torino, voI. II, pp. 343-430

160 «Un testo duro nell’affermare e chiedere il «pentimento» per lo scandalo dei preti pedofili, ripetere tutto il senso di «tradimento», lo «sdegno» e di «vergogna» del Papa. Un testo che si rivolge in particolare «alle vittime e alle loro famiglie» per favorire un processo di «guarigione» e garantire loro «vicinanza» e «assistenza» […]»

Un ultimo elemento che, invece, mette in relazione gli articoli dei quotidiani italiani del 2002 e del 2010 fa riferimento a un ambito strettamente linguistico: l’uso ricorsivo all’espressione preti pedofili presente sin dalle prime fasi della vicenda. Come vedremo anche in seguito, l’impiego di questa allitterazione sembra aver quasi impresso un “marchio” su tutto il caso, l’uso (o abuso) di questa formula linguistica proietta le peculiarità di ogni ciascun caso in un’unica macro categoria che entra in contrapposizione (per il significato negativo che evoca il termine stesso) con un contesto, quello cattolico, che tradizionalmente è portatore di valori

positivi. Questo concetto si inserisce, inoltre, nell’ambito del panico morale

quale effetto (a volte, involontario) prodotto dai mass media in quel processo che eleva un problema sociale (come quello della pedofilia) a una situazione di minaccia generale (cioè, la pedofilia nella Chiesa) tale da contribuire, come nel caso in questione, anche a un processo di degradazione dell’immagine dell’Istituzione stessa (e, quindi, della Chiesa Cattolica). In base a quanto discusso in precedenza e come vedremo anche in seguito, l’oggetto della nostra ricerca implica molteplici aspetti che insieme contribuiscono a definire la natura del fenomeno. Paradossalmente, se consideriamo anche i dati relativi alle varie tipologie di abuso, non sarebbe possibile racchiudere in un’unica categoria le molteplici “sfaccettature” che costituiscono la complessità del fenomeno; tuttavia,

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l’impiego dell’espressione preti pedofili può essere ricondotta a un discorso di economia del linguaggio giornalistico che, come accennato in precedenza, deve rispettare tempi di elaborazione e di presentazione della notizia relativamente veloci. Pertanto, quindi, la necessità di dover

declinare linguisticamente le varie caratteristiche di ogni singolo “caso di

abuso” preso in considerazione potrebbe richiedere tempi eccessivi di elaborazione o ancora, un uso di tecnicismi204 propri di un linguaggio specialistico (nel nostro caso appartenente alla sfera semantica della

psicologia e della medicina) di difficile comprensione.

Più avanti ritorneremo su questo discorso, mettendo in relazione le modalità

espressive dei quotidiani italiani con quelle della stampa estera definendo

eventuali analogie e differenze sull’impiego di alcuni specifici termini.