PARTE I LA VENDITA DIRETTA NELLE IMPRESE VITIVINICOLE
3.1 La vendita diretta nell’organizzazione produttiva aziendale
Com’è noto, la vendita al dettaglio assicura ai produttori vitivinicoli un prezzo maggiore di quello ottenibile attraverso la vendita ad altri operatori della filiera, quali grossisti, GDO, enoteche, ristoranti, permettendo al contempo di trasmettere all’acquirente finale informazioni importanti circa l’azienda, i suoi vini, la sua storia. Anche dalle interviste effettuate risulta che mediamente il prezzo praticato sull’imbottigliato ad operatori diversi dal consumatore finale si aggira intorno al 25-30% in meno rispetto al prezzo pieno, con ulteriori possibili riduzioni in relazione all’operatore2 e all’entità dei volumi esitati. Per questa ragione le aziende individuali tendono ad utilizzare tale canale di vendita, che viene supportato dedicandovi in linea generale, a volte in modo anche molto consistente, lavoro familiare; solo in via secondaria, e nelle situazioni di maggior dimensione aziendale si utilizza a questo scopo anche o solo lavoro dipendente. Inoltre le risorse umane devono essere disponibili in forma sistematica durante tutto l’anno e flessibili negli orari, sia in contesti produttivi di ridotte dimensioni sia anche in situazioni con volumi di vendita maggiori.
Nel corso delle interviste è emerso che proprio il lavoro assorbito costituisce il principale scoglio organizzativo per coltivare il canale della vendita diretta, in quanto le risorse umane presenti in azienda, soprattutto quelle familiari ma anche quelle esterne, trovano generalmente impieghi molto vari, che vanno dalle attività in vigneto e in cantina, a funzioni meramente amministrative e di espletamento burocratico, tutte necessarie
alla vita aziendale. Mentre l’attenzione verso il cliente, soprattutto se consumatore finale, richiede disponibilità di tempo e spesso anche di pazienza, sacrificando le domeniche e molte altre festività.
Un secondo ma non trascurabile vantaggio offerto dalla vendita diretta è legato al fatto che l’incasso è certo ed immediato, fatto assolutamente non scontato per altre forme di vendita. Come si potrà notare infatti anche nel campione di aziende considerate (vedi par. 3.4), una certa percentuale di insolvenze si manifesta quasi tutti gli anni.
La valutazione dell’economicità ad attivare un canale distributivo rispetto ad altri trova una sua facile – si fa per dire – soluzione teorica confrontando i ricavi ottenibili nei diversi canali distributivi ed i costi che necessariamente devono essere sostenuti per attivare le diverse forme di vendita. Tale procedura di analisi3 riconduce l’attività di commercializzazione ad un processo aziendale autonomo e indipendente, che si colloca in un momento successivo rispetto alla pura e semplice produzione di vino.
Volendo utilizzare questo schema teorico in sede consuntiva, il problema maggiore si ricollega all’individuazione dei costi sopportati per la commercializzazione in ciascun canale. Molti di essi, soprattutto quelli connessi al personale stabilizzato e alle strutture necessarie all’espletamento della vendita (fatturazione, emissione di scontrino o ricevuta, eventuale
3 La valutazione dell’economicità dei diversi canali di vendita può essere fatta sia in sede consuntiva
che in sede preventiva. In sede consuntiva la redditività realizzata dai vari canali utilizzati in una data situazione viene valutata confrontando i ricavi realizzati con i costi sostenuti per ciascun canale, dove i volumi di vendita nei diversi canali sono un valore noto e realizzato. In sede preventiva il problema si riconduce all’individuazione del mix ottimale di canali da attivare. Si tratta di un problema di ottimo vincolato dove, noti i redditi lordi unitari ritraibili in ciascun canale di vendita, la soluzione viene trovata massimizzando i ricavi in un quadro di risorse umane e strutturali (utilizzate nella commercializzazione) non modificabili. Ipotizzati i costi che presumibilmente si debbono sostenere per la commercializzazione nel suo complesso, il problema si riconduce all’individuazione dell’ottimo mix dei canali distributivi da attivare (anche in termini di dimensione da assegnare a ciascun canale), tale da permettere la massimizzazione dei ricavi di vendita.
consegna a domicilio, amministrazione, ecc.), risultano essere costi generali aziendali o costi comuni, e sono generalmente di natura fissa. Occorre pertanto valutare attentamente la loro ripartizione nei diversi canali distributivi attivati, in modo da poter valutare, canale per canale, i costi sostenuti e ricavi realizzati. Il maggior differenziale evidenzia, ovviamente, il canale più remunerativo.
Nella pratica operativa tale procedura teorica si scontra, tuttavia, con molteplici difficoltà connesse, da un lato, alla ripartizione dei costi fissi comuni e generali – che molto spesso non sono solo relativi all’attività di vendita tal quale ma possono riguardare anche l’attività di cantina e/o altro –, dall’altro alla corretta attribuzione di un valore al vino sfuso/imbottigliato che entra nel processo distributivo. Infine non tutti i benefici che derivano all’azienda dall’attività di vendita al dettaglio sono direttamente quantificabili, esistendo, com’è noto, tutta una serie di ricadute positive per l’azienda in termini di visibilità (anche internazionale), immagine, passaparola, ecc. assolutamente non monetizzabili che, peraltro, entrano in gioco, insieme a tutto il resto, nel definire la strategia commerciale adottata caso per caso.
La procedura sopraindicata, ancorché realizzabile, in via teorica, presso le imprese individuali, non ha potuto di fatto trovare applicazione per la necessità di realizzare interviste snelle e il più possibili rapide. L’impostazione di bilanci parziali relativi a ricavi e costi generati dai singoli canali commerciali avrebbe necessitato di collaborazione e tempi dedicati da parte delle imprese che non si sono trovati nel corso della ricerca. Pertanto i dati di seguito esposti, pur permettendo di fare alcune valutazioni sintetiche sui principali costi connessi anche alla vendita diretta, non permettono in alcun modo di valutare, né in termini unitari né in modo complessivo, la