• Non ci sono risultati.

La visita alla parrocchia di Sorso riveste per noi un notevole interesse in quanto offre l’opportunità di osservare la realtà ecclesiastica con lo sguardo del visitatore e consente di verificare la natura dei rapporti fra ecclesiastici e laici.

Il resoconto offre innanzitutto il minuzioso elenco del clero di Sorso. Sono attestati i preideros Pantaleo Casabria, Martinu Murgia, Matheu Deriu, Lucianu Cossu; i jaganos Giovanni Marco de Simonetis, Giovanni Pilo, Pietro Sagarasu, Leonardo de Serra, Giorgio Mannu, Pietro Casula, Giovanni Mastinu; e i

tonsurandi Pietropaolo Silanos, Paolo Cariga, Giovanni Vidili, quasi tutti, come si desume dai loro cognomi, di origine sarda, e forsanche originari di Sorso. Sembrerebbe costuire l’unica eccezione Giovanni Mastinu, proveniente dalla diocesi di Arborea532.

Si trattava di un clero numeroso e probabilmente radicato nel territorio, il quale, però, come emerse nel corso della visitatio hominum, non garantiva il buon funzionamento della parrocchia.

Il presule riscontrò durante la visita numerose inadempienze, a cominciare dall’ispezione al fonte battesimale e alle ampolle per gli olii santi.

La seconda negligenza riguardava la mancata cura del cimitero. Nel corso dell’ispezione, il presule aveva constatato il degrado e lo scarso decoro in cui esso era tenuto, soprattutto a motivo del fatto che vi sconfinava una mandria di buoi, di proprietà dell’ufficiale della villa, il nobile Giovanni Cariga. A questo proposito, forse anche sulla base delle lamentele del pievano, il presule intervenne con un mandato correttivo, ordinando che venisse creato uno spazio di rispetto attorno al cimitero pari a triginta sex pedes, delimitato da un muro e che nel muro fosse costruita una porta di legno «de modu qui su bestiame non potat prus intrare intus su

cimiteru». Le spese per l’edificazione del muro sarebbero state a carico dello stesso nobile Cariga533.

531 Su questi aspetti, cfr. le considerazioni generali di W.MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa agli inizi dell’Età moderna, Bologna 1987, p. 16.

532 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 185. 533 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 185.

SIMONETTA SITZIA

Anche la visita alla sagrestia rivelò diversi difetti: il graduale necessitava della coperta di pelle e i messali erano rovinati al punto che non potevano essere più utilizzati per la celebrazione della messa. L’Alepus diede precise disposizioni nel corso della visita affinchè fossero riparati o ne fossero comprati di nuovi.

Lo stato di incuria delineato dalla visita loca e res trova conferma anche nel reseconto della visitatio personarum. Il presule chiamò a testimoniare il già citato officialem della villa, Giovanni Cariga. Universus populus, l’arcivescovo fece al Cariga, in quanto persona ritenuta evidentemente degna di fede, le solitas

interrogationes sul pievano e sui curati.

Il Cariga, lungi dal muovere qualsiasi accusa ai curati, chiamò invece in causa il pievano attribuendo a lui tutte le responsabilità nella cura della parrocchia, rispondendo «quod plebanus dicte ville male in dicta administracione se

gerebat, quod non curabat emere antiphonarios et alios libro set vestimenta quibus dicta ecclesia carebat, et sunt necessaria servicio de dicta ecclesia»534.

Il quadro negativo osservato dal presule viene confermato anche dal tenore della risposte date da altri parrocchiani: «dictus populus si est lamentadu narende

comente in sa dicta villa de Sorso biant mills anima set passadas… Et non hant si no duos curados sos quales non poden bastare a servire dictu populu et pro cussu sunt male servidos»535. Proprio in virtù di quanto affermato, i parrocchiani presentarono una

supplica all’arcivescovo, chiedendo che affidasse la cura della parrocchia a quattro religiosi con cura d’anime. Cioè, il presule avrebbe dovuto provvedere alla nomina di altri due curati. Ma, stando a quanto attestato dal decreto finale, l’Alepus ascoltò solo parzialmente le richieste dei parrocchiani, nominando, evidentemente anche sulla scorta di quanto aveva personalmente rilevato, solo un altro religioso al posto dei due che i parrocchiani avevano invece reclamato536.

Al clero di Sorso l’Alepus imputò «multas inconsequentias et disordines». Per queste ragioni, ribadì tutta una lunga sequela di norme finalizzate al disciplinamento dei curatos e dei preideros locali, comandando loro che «les

infrascriptes costituciones» fossero custodite con cura, «suta pena de

excomunicatione»537, e che fossero esposte pubblicamente una volta al mese.

534 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 185. 535 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 185.

536 Nel decreto si legge addirittura che i parrocchiani avevano richiesto un solo curato,

evidentemente in contraddizione con quanto richiesto dai parrocchiani nel corso della visitatio hominum. M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 189.

537 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., pp. 188-189. Riprendono in parte la materia delle

SIMONETTA SITZIA

Alcune norme erano finalizzate a regolamentare l’abbigliamento e l’aspetto esteriore dei religiosi, come quella che obbligava i religiosi con cura d’anime a usare la tonaca e la tonsura, e a rasare la barba538.

Altre dovevano disciplinare la vita morale del clero: era proibito possedere armi e portarle539, giocare pubblicamente e in privato, giurare e bestemmiare, «ca est cosa de infideles et non de ecclesiasticos»540, uscire la notte se non per necessità. I

religiosi erano invitati a non intrattenere, né in pubblico né in privato, rapporti di concubinato.

Le costituzioni miravano anche all’educazione del clero. Era previsto che ciascuno dei religiosi si munisse di un messale di proporzioni contenute, «comente

unu breviariu», tale da poter essere facilmente trasportato e che potesse essere usato per la preparazione della messa o di altre pratiche liturgiche, in modo che «posant leer senza iscandalu de su proximu et vergongia issoro»541. Della norma che

obbligava i religiosi a confessarsi prima di celebrare la messa abbiamo già detto trattando degli interessi sacramentali dell’Alepus.

Vanno ancora ricordate due costituzioni. La prima riguardava il sacramento del matrimonio, che non poteva essere celebrato senza l’autorizzazione arcivescovile.

La seconda riveste per noi un interesse ancora maggiore, in quanto illumina anche sulla realtà laica. I laici restano piuttosto in ombra nei resoconti delle singole parrocchie visitate dall’Alepus, come risultato del tipo di osservazione della realtà effettuata dal presule. Ma nel resoconto della visitatio di Sorso, sono, al contrario ben presenti, anche se in maniera subordinata al clero. L’ultima norma delle costituzioni ha come oggetto la parte laica della società sossense, una società evidentemente afflitta da discordie. Ma il richiamo del presule non è rivolto ai laici, i quali non sono invitati personalmente alla pacificazione. L’invito è invece rivolto al clero. Sono i religiosi con cura d’anima che, essendo «issos naturales,

devono svolgere officii de bonos facidores», e debbono attivarsi «ponende concordia hue

biat haver discordia, perché comente su officiu issoro est de reconciliare su populu cum Deus, gasi est de pacificare su populu inter issoro, maxime sos parentes». E se, puntualizzava la norma, il loro compito di pacificatori era impossibile, almeno il clero doveva cercare di mantenersi neutrale rispetto ai conflitti sociali ed evitare che «pro issos non seguan iscandalos», come era già capitato in passato542.

538 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 188. 539 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 188. 540 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 188. 541M. RUZZU, La chiesa turritana cit., p. 188. 542 M. RUZZU, La chiesa turritana cit., pp. 188-189.

SIMONETTA SITZIA

CAP. III – VISITE PASTORALI, QUINQUE LIBRI E RELAZIONI AD LIMINA APOSTOLORUM: PROPOSTE METODOLOGICHE PER LO STUDIO DELLE VISITATIONES. IL CASO DELLA DIOCESI DI CAGLIARI

1. I sistemi di documentazione per la ricostruzione delle visite pastorali. Il

Documenti correlati