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La questione dello statuto ecclesiologico del laicato viene discus-sa al Concilio nell’ottobre del 1963, quando prende forma lo schema conciliare De apostolatu laicorum, frutto di un’elabora-zione che era già iniziata nella fase preparatoria del Concilio a opera di un’apposita commissione istituita da Giovanni XXIII e presieduta dal cardinal Cento, con monsignor Glorieux quale segretario.2 Lo schema che arriva in aula in occasione della terza sessione del Vaticano II, è il risultato di un lavoro lungo quattro anni; particolarmente rilevante è la discussione che, attraverso gli assensi, le obiezioni e le osservazioni critiche sul testo dello sche-ma, lascia emergere le diverse prospettive teologiche riguardanti il laicato.

Già nell’introduzione alla discussione, il cardinal Cento rimar-cava l’idea di legare lo statuto laicale al sacramento battesimale, sottolineando – mediante il recupero di una formula di Pio XII – come i laici non potessero essere ridotti a una semplice presenza nella chiesa, ma, al contrario, come essi stessi fossero la chiesa, insieme ai pastori. La relatio del vescovo di Essen, Hengsbach, ripercorreva nel dettaglio lo schema sull’apostolato dei laici, evi-denziando la necessità di saldarne il contenuto con il quarto

capi-1 I documenti del Magistero presi in considerazione sono tutti consultabili sul sito www.vatican.va.

2 Per la storia della redazione di quello che sarebbe diventato il decreto Apo-stolicam actuositatem, si veda Storia del Concilio Vaticano II, 5 voll., Il muli-no, Bologna 2012-20152, a cura di A. Melloni, diretta da G. Alberigo.

tolo dello schema De ecclesia, dedicato proprio ai laici. Al tempo stesso Hengsbach descriveva il lungo processo redazionale, prima nella commissione preparatoria, poi in quella conciliare, che ave-va prodotto tre successive versioni del documento.

Proprio alla vigilia della sessione dell’ottobre 1963, il percorso dello schema aveva attraversato uno scontro fra la Commissione conciliare responsabile dello schema stesso e la Commissione dot-trinale del Concilio presieduta dal cardinal Ottaviani. Quest’ulti-ma aveva forQuest’ulti-malmente rivendicato il “compito e la responsabili-tà” della redazione del capitolo sui laici nel De ecclesia, così come di quello sui religiosi, dunque intendeva supervisionare anche la stesura dello schema sull’apostolato dei laici. Tuttavia il tentativo di avocare alla Commissione dottrinale queste sezioni si arenò a motivo della impossibilità di riuscire a trovare e formulare una definizione di ‘laici’ concorde con il contenuto del Codice di di-ritto canonico del 1917, che non ne forniva una specifica, ma si limitava a formulazioni “in negativo” che contrapponevano il termine a ‘confessionale’. Va notato che una parte dei materiali preparatori erano stati riversati nello schema de La Chiesa nel mondo contemporaneo che sarebbe divenuto la costituzione dog-matica Gaudium et spes.

Il dibattito in aula, che iniziò il 7 ottobre 1963, manifestò subito l’esigenza di articolare la riflessione sull’apostolato dei lai-ci a partire dal quarto capitolo del De ecclesia, definendo con maggior precisione lo statuto dei laici ed evidenziandone il lega-me strettissimo coi pastori e col loro ministero. Altri interventi misero l’accento sull’esigenza di un’adeguata formazione dei laici e sottolinearono come per la chiesa l’apostolato dei laici fosse un problema collegiale, facendo affiorare la necessità di descrivere più chiaramente la relazione fra apostolato dei laici e animazione dell’ordine temporale.

La discussione attorno allo schema sull’apostolato dei laici, che sarebbe diventato il decreto Apostolicam actuositatem, è rivelativa delle molteplici prospettive teologiche e pastorali che si confron-tarono nell’aula conciliare. In particolare sono due i punti della discussione rispetto ai quali si può cogliere una tensione fra

mo-delli ecclesiologici diversi e a tratti fra loro alternativi. Da un lato la richiesta di molti vescovi di affermare il principio numquam sine episcopo (mai senza il Vescovo), per come veniva posta, non rifletteva solo l’esigenza di rimarcare la distinzione gerarchica fra ministero ordinato e laicato, ma tendeva a riproporre una conce-zione del laicato ancora legata alla ecclesiologia tridentina, sinte-tizzata nei canoni del Codice di diritto canonico del 1917. Qui si osservava che il “diritto” proprio dei laici è quello di “ricevere dal clero, a norma della disciplina ecclesiastica, i beni necessari e so-prattutto quelle aggiunte necessarie alla salvezza”.3 A questa de-scrizione si aggiungeva il divieto per i laici di servirsi dell’habitus del clero, a dichiarare come i laici fossero principalmente coloro che erano esclusi dallo stato clericale.4 Diversamente, le critiche di quanti chiedevano una definizione in positivo del laicato e so-prattutto una maggiore aderenza al citato quarto capitolo del De ecclesia, esprimevano una riflessione che si era alimentata degli scritti di Jacques Maritain, Gustave Thils, Yves de Montcheuil, Yves Congar e Gérard Philips. L’esito di questo approfondimento teologico nel quale è centrale l’opera di Congar, aveva mostrato l’esistenza di un proprium dei laici rispetto alla vita e alla missio-ne della chiesa; in particolare, il rapporto fra la chiesa e il mondo era stato individuato come l’elemento caratterizzante l’impegno e la missione dei laici. È questa l’impostazione che permea la te-ologia del laicato in Lumen gentium la quale affida ai laici il

com-3 Codex Iuris Canonici Pii X Pontificis Maximi iussu digestus Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus, Typis Polyglottis Vaticanis, 1917, can. 682.

4 Cfr. Codex Iuris Canonici, can. 683.

pito di ordinare a Dio le realtà temporali,5 sebbene ampli la base teologica del discorso, illustrando tutte le implicazioni derivanti dal battesimo che attribuiscono a essi una funzione “positiva” e attiva anche all’interno della chiesa, a partire dalla liturgia. Si tratta di elementi presenti nella costituzione dogmatica e desti-nati a essere diversamente interpretati nei decenni successivi al Concilio, soprattutto nelle stagioni ecclesiali dei pontificati di Pao-lo VI e Giovanni PaoPao-lo II.