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dell’evangelizzazione

2. Soggetti di evangelizzazione

2.4 Ministero ordinato: pastori nel popolo di Dio

Per un ripensamento complessivo delle dinamiche di evangelizzazione è necessario aprire con decisione il delicato capitolo della revisione del ministero ordinato e ripensare le figure di coloro che sono stati pensati per secoli come gli unici responsabili dell’annuncio evangelico e dell’edificazione di chiesa. Il Vaticano II ha operato un ripensamento radicale delle figure ministeriali, della ragione di esistenza e della forma di esercizio del ministero ordinato, ma a 50 anni di distanza dalla conclusione del Concilio sono numerosi i passi da fare per darne

piena attuazione. Non va inoltre sottovalutato lo spostamento avvenuto nell’ermeneutica magisteriale pontificia negli ultimi 30 anni: con un voluto distacco dalla fondazione ecclesiologica del ministero, operata dal Concilio Vaticano II, e l’affermarsi progressivo e sempre più invasivo di una tendenza sacrale, sacerdotalizzante, fortemente individualistica, di cui Pastores dabo vobis costituisce una evidente attestazione. Papa Francesco non dedica se non pochi passaggi in Evangelii gaudium al ministero ordinato, ma è evidente la sua presa di posizione davanti alla recezione del Vaticano II: la sua visione privilegia un’ottica cristologico-ecclesiologica incentrata sulla categoria del “pastore”

(EG 31), che per molti tratti rimanda al pensiero di Walter Kasper sull’argomento25. Anche i numerosi discorsi tenuti in occasione di incontri con i vescovi o con i presbiteri presentano in maniera costante questo orientamento. Il papa ricorre di frequente alla metafora pastorale, sia per presentare la collocazione del ministro (pastore nel suo popolo), sia per indicare la modalità di esercizio, nelle relazioni di ascolto, guida, cura.

Un’evangelizzazione inculturata, compiuta da una chiesa popolo in cammino, richiede un servizio pastorale di guida della comunità, di cura delle relazioni, di custodia dell’apostolicità della fede, particolarmente attento da parte dei vescovi, ma si confronta con una loro innegabile coscienza debole e una limitata formazione specifica al ministero. La sfida su questo punto è decisiva:

richiede conversione personale e cambiamento di paradigmi per una teologia del ministero fedele alla visione conciliare, e insieme comporta un ripensamento delle strutture di esercizio dell’autorità e delle dinamiche formative perché siano adeguate al rinnovamento richiesto. In particolare si tratta di interrompere quella logica sacrale che ancora segna tante pratiche pastorali; di ripensare autorità-poteri, attualmente accentrati sui soli ministri ordinati, con una limitata partecipazione dei laici; di articolare

25 Cfr. D. Fares, La figura del vescovo in papa Francesco, in «Civiltà cattolica», n. 166 (2015) II, pp. 433-449; pope Francis, With the Smell of the Sheeps, Orbis, Maryknoll 2017; Id., Disciples Together: Words of pope

nella chiesa locale il ministero di unità del vescovo e il ministero dei presbiteri, favorendo un’ottica collegiale; di ripensare in modo radicale la formazione dei presbiteri abbandonando l’impianto seminaristico, eredità pesante del Tridentino. È essenziale, inoltre, riconoscere fattivamente l’importanza del diaconato per la vita e il rinnovamento ecclesiale: la restituzione del diaconato come grado autonomo e permanente è una delle grandi novità del Vaticano II, ma faticosa e lenta ne è stata la recezione post-conciliare; anche in questo caso riduzioni sacrali del ministero hanno pesato sulla riconfigurazione di un ministero, che sarebbe invece particolarmente significativo nel contesto di un mondo secolarizzato26. Il diacono è colui che garantisce il rapporto tra Vangelo e verità dei rapporti umani, portando fuori dalle strettoie del solo rapporto Vangelo-sacramenti e facendo della diaconia la chiave di volta della vita ecclesiale27.

2.5 “Donne”: una parola inaudita finalmente riconosciuta Tutte le riflessioni sulle dinamiche ecclesiali post-conciliari, siano esse condotte in campo teologico o con strumenti di analisi sociale, mettono in evidenza l’apporto delle donne al processo di recezione del Concilio: partner inaspettato e, in fondo, limitatamente pensato nei documenti conciliari, ma soggetto assolutamente determinante per le vicende ecclesiali.

Il Vaticano II aveva affrontato la questione femminile in pochi e rapidi passaggi nei documenti, ma l’ecclesiologia delineatasi nell’assise conciliare ha permesso lo sviluppo di una soggettualità di parola inedita per le donne: una parola competente, pubblica,

26 Tra i tanti testi sull’argomento, cfr. in particolare anche H.M. Legrand, Le diaconat: renouveau et théologie, in «Revue de Sciences philosophiques et théologiques», n. 69 (1985), pp. 101-124; B. Dumons - D. Moulinet (edd.), Le diaconat permanent, Cerf, Paris 2007; A. Borras, Il diaconato vittima della sua novità?, EDB, Bologna 2008.

27 Per questa linea interpretativa del diaconato, cfr. il mio Il ministero dei diaconi tra teologia ed esperienze pastorali, in A. Castegnaro - M. Chilese (edd.), Uomini che servono. Diaconi della diocesi di Padova, Messaggero, Padova 2015, pp. 229-256.

autorevole28. Il cambiamento è avvenuto da un lato per fattori teologici ed intraecclesiali (ad esempio, il diffondersi di ministeri laicali di fatto, nelle parrocchie e nelle diocesi, che vedono come protagoniste le donne; lo studio della teologia e della Bibbia), dall’altro è indubbio l’influsso che viene da fattori extraecclesiali:

la maturazione di autocoscienza e autonomia delle donne, le conquiste a livello sociale, l’accesso all’università e agli studi superiori, i cambiamenti avvenuti nella vita di coppia e nel riconoscimento pubblico dell’apporto femminile alla vita politica, economica, culturale29. Papa Francesco, dopo il primo passaggio fatto da Giovanni Paolo II con Mulieris dignitatem (che riporta però la donna alla stereotipata configurazione di sposa e madre), riprende il tema delle donne nella chiesa fin dall’inizio del suo pontificato, cosciente dei cambiamenti urgenti che devono essere fatti a livello di struttura ecclesiale. Il papa dedica un passaggio rilevante alla questione in EG 103, dove riconosce il valore delle domande che le donne pongono alla chiesa, ma ribadisce l’esclusione della donna dall’ordinazione sacerdotale (EG 104, che riprende Ordinatio sacerdotalis, il documento di Giovanni Paolo II del 1994). L’attenzione alle donne ritorna anche in Amoris laetitia (nei nn. AL 54. 155. 60. 62) con significativi apporti: un riconoscimento iniziale di ciò che per la liberazione della donna è venuto dai femminismi; la denuncia di una cultura patriarcale nella chiesa; l’uguaglianza in dignità e autonomia tra

28 M. Perroni - A. Melloni - S. Noceti (edd.), Tantum aurora est.

Donne e Concilio Vaticano II, LIT Verlag, München 2012; C. Militello (ed.), Il Vaticano II e la sua recezione al femminile, EDB, Bologna 2007; M.

Perroni - H. Legrand (edd.), Avendo qualcosa da dire. Teologhe e teologi rileggono il Vaticano II, Paoline, Cinisello Balsamo 2014.

29 Cfr. Aa.Vv., Donne invisibili nella teologia e nella chiesa, in «Concilium», n. 21 (1985) VI; A. Valerio, Donne e Chiesa. Una storia di genere, Carocci, Roma 2016; L. Scaraffia - G. Zarri (edd.), Donne e fede, Laterza, Roma - Bari 1994; C. Simonelli - M. Ferrari (edd.), Una chiesa di donne e uomini,

i sessi30.

Al processo di evangelizzazione che “fa chiesa” le donne apportano prima di tutto questa parola inascoltata per secoli, marginalizzata, sottovalutata, esclusa per stereotipi e luoghi comuni; apportano sensibilità, esperienze, categorie, desideri fino ad oggi non riconosciuti come significativi per comprendere il Vangelo. La parola delle donne è parola che sfida la chiesa, perché parola di interruzione (rispetto alle logiche di pensiero e di azione diffuse) e di reinterpretazione: è parola che disvela il non pensato (la chiesa come istituzione gendered orientata e strutturata), che denuncia il patriarcato, l’androcentrismo, il sessismo ordinario che impoveriscono la chiesa (e non solo limitano la vita delle donne). Si tratta di andare oltre la matrice monosessuata con cui è stato pensato il volto di Dio e l’esperienza della fede; è necessario riformulare l’antropologia teologica, ripensare la vita sacramentale e i linguaggi liturgici, sviluppare una teologia morale (soprattutto una teologia morale familiare e sessuale) differente. La parola delle donne chiede di pensare quel

“non pensato” che è la maschilità e conseguentemente il rapporto tra maschilità e potere/i nella chiesa.

Adoperarsi per diventare “chiesa di uomini e donne”, in un discepolato di “eguali” (non “uguali”), andando oltre le affermazioni formali di pari opportunità o pari dignità, superando le troppe ingiustizie e discriminazioni di fatto presenti, è un passaggio strategico per la riforma ecclesiale complessiva31. Perché le donne chiedono di veder riconosciuto il loro “potere di parola”, per dire e sapere la fede insieme uomini e donne, e di veder accolto il loro “poter servire” il Vangelo e il corpo ecclesiale, senza istanze rivendicative ma con la coscienza di un apporto essenziale, pena lo squilibrio nelle relazioni ecclesiali.

30 Cfr. S. Noceti, Unterwegs zu einer inklusiven Kirche (EG 103-104).

Prinzipien für eine ekklesiologische Re/Vision, in K. Appel - J.H. Deibl (edd.), Barmherzigkeit und zärtliche Liebe. Das theologische Programm von Papst Franziskus, Herder, Freiburg I.Br. 2016, pp. 336-348.

31 C. Militello - S. Noceti (edd.), Le donne e la riforma della chiesa, EDB, Bologna 2017.