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1. Il “turchismo”

Verso la fine del secolo la dipendenza economica, culturale e politica dell’Impero ottomano dall’Occidente era andata crescendo. La politica seguita da Abdülhamid II (1876-1909) per la difesa della sovranità mu- sulmana si era evoluta sempre di più in senso dispotico: già nel 1877 egli abolì la costituzione entrata in vigore nel 1876 e decretò la chiusu- ra del parlamento. Tale atto fu anche la fine dell’attività politica dei Giovani Ottomani, privati dei loro leader, in parte mandati in esilio, in parte attratti nei meccanismi del potere.

A partire all’incirca dal 1889, un nuovo movimento politico di oppo- sizione cominciò a far sentire la propria voce: quello dei Giovani Tur - chi.1Era un movimento che coinvolgeva in gran parte l’ultima genera-

zione dei quadri amministrativi e militari e dei membri delle professio- ni. Provenienti dagli strati popolari esterni alla tradizionale élite erano debitori della propria ascesa sociale alla loro formazione nelle moderne istituzioni educative. Essi rappresentavano in un certo senso un ceto borghese in ascesa, che, pur strettamente collegato alle istituzioni dello Stato, era più autonomo rispetto all’antico gruppo dirigente, sia per pro venienza sociale, sia per formazione professionale.

L’attività dei Giovani Turchi era organizzata in gran parte in cellule clandestine e la sua leadership era composta da gruppi di intellettuali tra loro antagonisti, rifugiati in diverse capitali estere. Per un lungo periodo

1Sul movimento dei Giovani Turchi esiste una vasta bibliografia. Qui ricor-

diamo, E.E. Ramsaur Jr., The Young Turks-Prelude of the Revolution of 1908, Princeton 1957; S¸. Mardin, Jön Türklerin siyasi fikirleri, 1895-1905, Ankara 1964; B. Lewis, The Emergence..., cit.; N. Berkes, Türkiye’de çag˘das¸las¸ma, cit.; F. Ahmad, The Young Turks: The Committee of Union and Progress in Turkish

Politics: 1908-1914, Oxford 1969; S¸. Haniog˘lu, Bir siyasal örgüt olarak osmanlı I.ttihad ve Terakki Cemiyeti ve Jön Türklük, vol. I, I.stanbul 1985; S. Aks¸in, Jön

Türkler ve I.ttihat ve Terakki, I.stanbul 1987; M. Aray, Turkish Nationalism in the

di tempo il movimento rimase diviso fra tre maggiori correnti: a Parigi, in- torno a Ahmet Rıza (1859-1930) – che si definiva un seguace di A. Comte – operava l’ala “positivista” che propugnava uno Stato laico e fortemente centralizzato. Il secondo raggruppamento, quello “liberale”, si trovava a Londra sotto la leadership del principe Sa bahaddin (1877-1948), figlio di una delle sorelle del sultano Abdülhamid II. Il principe Sabahaddin aveva conosciuto a Parigi le idee di Frédéric Le Play sul decentramento, attra- verso un suo allievo, Edmond Demolins, editore di Les Sciences Sociales.2

In seguito al suo trasferimento a Londra, dopo la rottura definitiva con il gruppo di Ahmet Rıza, il principe sviluppò un proprio programma poli- tico per l’Impero ottomano, interpretando a modo suo le idee e le discus- sioni francesi e anglosassoni del tempo sui modelli sociali. Individuate le cause dell’arretratezza dell’impero nella sua struttura tipicamente orien- tale, centralizzata e burocratica, Sabahaddin sosteneva nel suo program- ma la necessità di decentrare tale struttura concedendo vaste autonomie regionali e locali. Secondo il principe, un’altra ragione dell’arretratezza ottomana consisteva nel dominio di una cultura comunitaria che non per- metteva lo sviluppo della libera iniziativa individuale, l’altra necessità fon- damentale era quella di promuovere un nuovo sistema educativo, di stam- po anglosassone, per formare individui intraprendenti. Il terzo e ultimo gruppo, costituito dagli esuli in Egitto, sotto la leadership di Mehmet Murat [Mizancı] (1853-1912), si caratterizzava invece per il suo progetto di unire tutto il mondo islamico sotto la leadership politica del sultano e califfo Abdülhamid II e proclamare una sorta di monarchia parlamenta- re, la cui costituzione sarebbe stata la S¸eriat stessa e il parlamento un con- siglio designato e riunito dal sovrano.3

All’interno dell’impero le più attive cellule dei Giovani Turchi si tro- vavano nei Balcani, a Salonicco e in Macedonia. Questa zona, relativa- mente lontana dal controllo del sultano da un lato, e dall’altro terreno principale di scontro con i movimenti irredentisti che chiedevano l’in- dipendenza dall’impero in nome di diversi nazionalismi etnico-lingui- stici, costituiva l’humus politicamente e militarmente più critico. In queste zone la maggior parte degli attivisti apparteneva alle giovani leve dell’esercito provenienti da strati sociali popolari e formati nelle mo- derne accademie militari. A partire dall’inizio del secolo, tra di loro, come reazione al nazionalismo bulgaro e albanese, cominciava a pren-

2Sul dibattito ottocentesco francese del decentramento si veda M. Battini, L’ordine della gerarchia. I contributi reazionari e progressisti alla crisi della demo- crazia in Francia, 1789-1914, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 335-354.

dere corpo l’idea di un’appartenenza etnica turca, che accomunasse la classe dirigente, i militari e il popolo e sostituisse l’antico sentimento di unità basato sulla comunanza di fede. Allo sviluppo di questo pensiero “turchista” contribuì, sul piano teorico e politico, anche la propaganda degli intellettuali turchi emigrati dalla Russia, come Yusuf Akçura.4

Così, mentre nei Balcani cominciava a prendere forma il nazionali- smo turco basato sull’idea di una appartenenza etnico-linguistica con forti tendenze irredentiste, nella capitale regnava invece un’atmosfera politicamente asfissiante. La fitta rete poliziesca e di spionaggio, non- ché una rigida censura sulle espressioni letterario-giornalistiche rende- vano problematici lo svolgimento dei dibattiti pubblici, la crescita e l’e- voluzione del clima civile. Come si è già accennato, Abdülhamid aveva improntato la propria politica alla religione islamica, che durante i pri- mi decenni del suo regno era diventata una vera e propria ideologia unificante per tutti i musulmani dell’impero, nonché un efficace stru- mento adoperato contro l’imperialismo occidentale.5

4Il risveglio del nazionalismo turco in Russia cominciò come un movimento

di modernizzazione, detto del Giadidismo, che rivendicava un nuovo sistema educativo che elevasse i vernacoli turchi a una moderna lingua letteraria. Il suo centro era Kazan e il suo leader un tataro della Crimea, I.smail Gasprinski (1851-1914). Il mezzo più importante di propaganda del movimento era un pe- riodico, “Tercüman” (1883), che più tardi recherà, come sottotitolo, lo slogan del movimento: Dilde, Fikirde, I.s¸te Birlik (Unità nella lingua, nelle idee e nell’a-

zione). Nel 1885, il drammaturgo azerbaigiano Mirza Fathali Ahundov (1812- 1878) consegnò al sultano ottomano un piano di riforma per la scrittura del tur- co. Ma uno dei più importanti intellettuali turchi dell’Azerbaigian nella diffu- sione del turchismo nell’impero fu Hüseyinzade Ali Bey (Turan) (1864-1941), che terminati i suoi studi all’Università di Pietroburgo si era trasferito a I.stan- bul nel 1889 per insegnare nella Facoltà di Medicina, dove cominciò a diffonde- re le idee di un panturchismo che prevedeva l’unione politica di tutti i turchi sotto la leadership ottomana. Yusuf Akçura, un turco della regione del Volga, che si stabilì a I.stanbul nel 1883, diplomandosi nel 1897 all’Accademia Mili ta re, fu la figura più influente nell’elaborazione del nazionalismo turco nell’Im pe ro ottomano. L’idea del turanesimo – manifestazione di un nazionalismo etnico che prevedeva l’unificazione di tutti i popoli turchi dai Balcani alla Cina in una sola patria, il Turan – fu avanzata dapprima intorno al 1904 da Yusuf Akçura e coltivata da un folto gruppo di intellettuali tramite associazioni culturali come

Türk Derneg˘i, Türk Ocag˘ı, nonché pubblicazioni come “Türk Yur du”, che pre-

sto si diffusero in gran parte del territorio anatolico, guadagnando vasto con- senso. Sullo sviluppo del turchismo e sul contributo di Yusuf Akçura si vedano E.Z. Karal, Önsöz, in Y. Akçura, Üç Tarz-ı Siyaset, Ankara 1976; F. Georgeon,

Aux Origines du Nationalisme Turc. Yusuf Akçura (1876-1935), Paris 1980; Y.

Akçura, Türkçülük, I.stanbul 1990.

5La politica di Abdülhamid II era molto ambivalente; lo dimostrano le molte

D’altra parte, la modernizzazione continuava, anzi l’Occidente con le sue strutture economiche, tecnologiche, commerciali e culturali pene- trava sempre di più nella vita del paese e soprattutto nella vita dei seg- menti elitari della società stambuliota. In contrapposizione al conserva- torismo culturale, la difesa cioè dei valori morali e delle consuetudini della società musulmana, diventata la bandiera della politica hamidiana, nei circoli intellettuali apparivano nuove tendenze e ricerche culturali. Lo studio del francese, ormai non più un’opzione personale, ma parte del curriculum delle nuove istituzioni educative, permetteva alle nuove leve di intellettuali di seguire più costantemente la pubblicistica euro- pea. La censura hamidiana, vincolata dalle capitolazioni,6 non poteva

raggiungere gli uffici postali delle ambasciate di molti paesi europei, che costituivano così importanti canali per l’introduzione di libri e rivi- ste stranieri; gli scaffali degli uomini di cultura si riempivano dunque di queste pubblicazioni. Alcune istituzioni educative moderne, come la Facoltà di Medicina, erano diventate terreno di coltura delle nuove idee laiche e nazionaliste.

Nasceva in breve un nuovo tipo di intellettuale in relativo conflitto con l’ideologia religiosa. D’altro canto la censura finiva paradossalmen- te col favorire una concezione della letteratura – vista dalla prima gene- razione di scrittori dell’epoca delle Tanzimat come un veicolo di tra- smissione delle nuove idee – come espressione artistica vera e propria. Gli scrittori della nuova generazione erano più propensi a introdurre nella cultura turco-ottomana tendenze estetico-letterarie come il natu- ralismo e il realismo, piuttosto che nuovi concetti di natura politica e, attraverso queste correnti artistiche si affacciavano sulla scena culturale concetti presi dal darwinismo e letture influenzate dal positivismo. La tensione religiosa cominciava quindi, nei circoli elitari e intellettuali, a perdere vigore.7

La preoccupazione di scrivere romanzi più che di propagare idee spingeva i letterati a osservare gli individui e le relazioni interpersonali. Come ha fatto notare Berna Moran,8nei romanzi scritti all’inizio del se-

espan dere il programma di educazione moderna iniziato durante le Tanzimat, nonché gli estesi dibattiti sulla riforma della lingua nel senso di una sua “tur- chizzazione”. Si veda H. Poulton, Top Hat..., cit., p. 61.

6 Diritti di extraterritorialità; privilegi economici e commerciali accordati

dall’Impero ottomano a una serie di paesi occidentali a partire dal Cinquecen to.

7Su queste tendenze nella letteratura ottomana si veda A.O. Evin, Origins...,

cit., pp. 129-220.

colo si coglie una maggiore sensibilità verso i processi psicologici dei personaggi. Benché sorretta ancora da una concezione deterministica dei comportamenti umani, l’analisi delle psicologie maschili e femmini- li, accanto a una maggiore attenzione alla struttura causale degli eventi, dà ai romanzi un aspetto più realistico. La narrativa entra in modo più organico nella vita vissuta e comincia a sviscerarne i conflitti, le evolu- zioni e le contraddizioni. Le nuove aspirazioni, le tendenze e i compor- tamenti dettati dalla modernizzazione si diffondono tra i ceti medio-alti della capitale. Come hanno evidenziato Behar e Du ben nel loro studio su matrimonio, famiglia e fertilità a I.stanbul, emerge una nuova diversi- ficazione sociale basata su manifestazioni culturali, modi di vita e di consumo.9

Le tendenze moderne nella società d’élite conducono a un processo di imborghesimento: in questa direzione si evolvono i gusti, le maniere, il linguaggio e il consumo. Tale processo avviene però non attraverso lo scontro tra due classi sociali relativamente autonome, bensì in una sor- ta di compenetrazione, per cui i rappresentanti dei valori nuovi si inte- grano nell’élite ottomana portavoce della cultura tradizionale. Così i moderni componenti dell’élite, estranei ai gruppi tradizionali per estra- zione sociale e per formazione, hanno lo scopo non tanto di eliminare i propri predecessori, bensì di inserirsi nella loro cerchia, finora rimasta esclusiva.

Anche le vite degli uomini e delle donne cominciano, almeno in ap- parenza, ad avvicinarsi. Le sfere, pur mantenendo la loro tradizionale separatezza, diventano maggiormente comunicanti. Negli ambienti eli- tari alcune occasioni – passeggiate, ascolto di musica ecc. – vedono la compresenza di membri della famiglia di ambedue i sessi. Prosegue, e con forza ancora maggiore, l’ambizione iniziata a delinearsi nel dibatti- to sulla famiglia nel periodo precedente, di creare una coppia di sposi legata da un sentimento di amore con interessi comuni. Nei romanzi dell’inizio del secolo le relazioni all’interno della coppia eterosessuale cominciano a diventare uno dei punti focali della narrazione. Per la prima volta nella letteratura turca gli uomini e le donne vengono messi gli uni di fronte alle altre e i romanzi descrivono, in un certo senso, lo smarrimento, soprattutto maschile, creato da questo confronto.

Il quadro rappresentato dai romanzi dell’inizio secolo, dedicati quasi esclusivamente alla vita di uomini e donne dell’élite ottomana, appare

9A. Duben, C. Behar, Istanbul Households..., cit., p. 10, e anche N. Berkes, Türkiye’de çag˘das¸las¸ma, cit., pp. 368, e 443-444.

complessivamente improntato a un forte pessimismo. Vi regna un sen- so di sconfitta, di perdita, derivante dalla sensazione di un lento e irre- versibile tramonto dell’impero. I pro tagonisti dei romanzi sono orfani, malati, muoiono di tubercolosi, la malattia del secolo che miete conti- nue vittime, ma anche una malattia che riflette una profonda vulnerabi- lità psicologica. L’ambiente narrato rimane quello della famiglia d’élite, ricca, ancora potente, importante e chiusa al resto della società, ma in pieno declino. Spesso manca, come nel periodo precedente, la figura paterna e quando essa c’è, è confusa, debole, incapace di governare le complicate dinamiche interne alla famiglia.10

La modernizzazione auspicata dalla precedente generazione come il mezzo più idoneo per risollevare il destino dell’impero, senza però mai riuscire a diventare un ideale interiorizzato di rigenerazione individuale e sociale, di fronte al continuo declino economico, politico e territoria- le ottomano perde la sua spinta iniziale. Gli uomini e le donne mag- giormente coinvolti nel processo si trovano di fronte a una realtà in cui i loro antichi privilegi e il loro tradizionale status cominciano a vacilla- re, senza per ora prospettare possibili alternative. La società d’élite vive in una condizione contraddittoria: da una parte è costretta ad appog- giare il cambiamento dell’ordine tradizionale, dall’altra il suo smarri- mento la spinge alla nostalgia per valori che vanno rapidamente scom- parendo.

I romanzi narrano infatti il vacillare delle gerarchie tradizionali; gli uomini che si lasciano governare dalle donne, dalle loro passioni e dai loro intrighi. Il mondo domestico diventa un’esplicita arena di lotta tra donne – figlie, mogli, matrigne, suocere – per affermare un potere di controllo. L’ordine domestico tradizionale è scomparso: le donne non hanno interesse a fare null’altro se non suonare il pianoforte e leggere romanzi d’amore. Le loro giornate ormai vuote sono ravvivate dalle fantasie sentimentali cui si dedicano totalmente. Gli uomini diventano semplici strumenti delle loro passioni o oggetto dei conflitti femminili.

Posti in un confronto diretto con l’altro sesso, gli uomini sono rima- sti privi della loro capacità di controllo. Il contatto con la sfera femmi- nile, quella dei sentimenti e delle passioni, provoca in essi una sorta di autismo: appaiono completamente incapaci di relazionare, di scegliere, di agire, piuttosto si chiudono, fuggono in un angolo. Sono vinti dal

10 Sulle caratteristiche dei romanzi in questo periodo si vedano B. Moran, Türk romanına..., cit., vol. I; A.H. Tanpınar, XIX asır Türk edebiyatı tarihi, cit.;

R. Finn, The Early Turkish Novel, cit.; J. Parla, Babalar ve og˘ullar..., cit.; A.O. Evin, Origins..., cit.

nuovo ordine del mondo, non sono preparati ad affrontare i nuovi rap- porti economici e sociali. Su tutto domina un senso di morte; l’élite pa- triarcale ottomana comincia a elaborare il lutto della propria scompar- sa dalla scena della storia.

2. La letteratura dell’inizio del secolo

Halit Ziya Us¸aklıgil,11considerato “il padre della narrativa occidentale

nella letteratura turca”, è uno dei romanzieri più rappresentativi della nuova generazione di scrittori. Della vasta opera complessiva dell’auto- re sono particolarmente emblematici Mai ve siyah (1897) e As¸k-ı mem-

nu (1900), noti come i primi esempi tecnicamente ed esteticamente più

riusciti del romanzo turco.

Il titolo, Mai ve siyah (Celeste e nero), reca un chiaro riferimento al poeta francese parnassiano Sully Prudhomme. Anche Us¸aklıgil adope- ra il contrasto tra il celeste e il nero nel senso della distinzione tra otti- mismo e pessimismo e della sospensione tra idealismo e determinismo economico. Nel romanzo questa contrastante lettura (in celeste e in nero) del mondo è presentata come incarnata nella personalità e nelle vicende del protagonista, Ahmed Cemil.12

Us¸aklıgil così riferisce nelle sue memorie la genesi del romanzo:

Volevo descrivere un giovane infelice, tormentato dalla vita del tempo, dal regi- me, dall’aria velenosa che si respirava allora nel paese. Un giovane malato, infe- lice, come tutta la nuova generazione di sognatori, che urlasse tutti i dolori del- la propria anima, che si dibattesse con la passione di un pazzo. E quando tutti i suoi sogni fossero svaniti come ombre tra le sue dita, anche egli si buttasse, co- me un uccello che si nasconde, per morire, in un angolo buio. Questo giovane doveva avere una stella d’amore e un sogno d’arte e avrebbe dovuto camminare tra di essi barcollando come un ubriaco, sbattendo contro i muri, e alla fine avrebbe esalato l’anima nascosto in un buco. Creato per vivere nei sogni celesti, sarebbe finito per precipitare in un burrone nero.13

11Halit Ziya Us¸aklıgil (1866-1945) compì i suoi studi superiori in un collegio

francese di I.zmir. Dal 1893 si stabilì a I.stanbul, dove raggiunse grande fama di romanziere. Fu il primo a riprodurre efficacemente in Turchia l’andamento della prosa francese. Le descrizioni degli ambienti sociali e i ritratti dei suoi personaggi danno una marcata vena realistica alla sua opera, la cui riuscita fu tuttavia incrinata dal linguaggio, pieno di neologismi di origine straniera e di metafore.

12R. Finn, The Early Turkish Novel, cit., p. 115.

Mai ve siyah, a differenza di altri romanzi maggiori di Us¸aklıgil, non

narra il chiuso mondo della famiglia d’élite. Il protagonista Ahmed Cemil è figlio di una famiglia modesta, uno degli intellettuali che attra- verso l’educazione nelle moderne istituzioni (nella fattispecie la presti- giosa Facoltà di Scienze dell’amministrazione) prepara le condizioni per la sua ascesa sociale e si candida a un posto nell’élite turco-musul- mana. Egli è il frutto sociale della modernizzazione; l’autore lo segue sia nel suo mondo domestico, nel legame e nelle relazioni con la madre e la sorella, sia nel mondo pubblico, lavorativo.

Il romanzo comincia con un banchetto nel giardino di un ristorante, offerto dall’editore del giornale in cui lavora Ahmed Cemil come tra- duttore di romanzi d’appendice. Durante il banchetto, sotto un cielo celeste e stellato, Ahmed Cemil tesse i suoi piani per il futuro: scriverà una lunga poesia, diventerà famoso e sposerà Lamia, sorella del suo amico Hüseyin Nazmi. Per un periodo di tempo i suoi sogni sembrano realizzarsi. Mentre continua a lavorare alla sua poesia, viene promosso e diventa caporedattore del giornale. Il figlio dell’editore, Vehbi, sposa I.kbal, la sorella di Ahmed Cemil: un matrimonio consentito dalla ma- dre soprattutto per considerazioni economiche. Ahmed Cemil, invitato dal cognato a partecipare alla gestione economica del giornale, mette sotto ipoteca la casa paterna. Finisce di scrivere la poesia e la recita a casa di Hüseyin Nazmi di fronte a un gruppo di letterati. La recita è seguita da un feroce dibattito tra i poeti tradizionalisti e modernisti e nel cielo celeste di Ahmed Cemil cominciano ad addensarsi le prime nubi nere.

Alcuni giorni dopo la recita, a firma di un poeta tradizionalista e al- colizzato, Raci, cacciato precedentemente dal giornale dal cognato-edi- tore di Ahmed Cemil, appare su un quotidiano importante un com- mento al vetriolo:

Signori miei, non ho mai incontrato un uomo tanto noioso. Ci ha angustiato, recitando una serie di incomprensibili gazel14cantati per strane creature. [...]

È arrivato a un punto tale che volevo strangolarlo, urlando «Ta ci!».15

Vehbi utilizza l’evento per costringere Ahmed Cemil a lasciare il gior-

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