• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 5 MONITORAGGIO CARICHI ELETTRICI E ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE

5.15 I LLUMINAZIONE

5.15.1 Lampade ad incandescenza ed alogene

Le sorgenti luminose ad incandescenza sono le più antiche tra quelle alimentate a corrente elettrica (furono inventate da Thomas Edison alla fine del 1879), ma purtroppo anche quelle oggi più utilizzate, e anche se ultimamente sta crescendo di molto l’uso di lampade a basso consumo (merito soprattutto degli obblighi imposti a livello europeo a partire dal 2009), il processo di sostituzione è ancora agli inizi, particolarmente in ambito residenziale.

Una lampada ad incandescenza è un radiatore termico, che in una minima parte fornisce anche luce nel campo del visibile (rispetto all’energia emessa, il 5-7% è nel campo del visibile, il 93-95% sono IR e circa lo 0,1% sono UV), mentre il rendimento vero e proprio, ossia il rapporto tra potenza luminosa fornita e potenza elettrica assorbita, è solamente del 2%. Una lampada di questo tipo è composta da un bulbo di vetro, all’interno del quale viene fatto il vuoto o vengono immessi gas inerti, che contiene a sua volta un filamento ricoperto da polveri di tungsteno il quale, una volta percorso da corrente, emana sia luce sia calore. Col passare del tempo i primi apparecchi si sono evoluti, arrivando agli ultimi modelli in cui il bulbo è riempito di argon o azoto (per ridurre la velocità di sublimazione del tungsteno) e la resistenza è un filamento avvolto a doppia spirale per limitare le perdite di calore per convezione.

Efficienza luminosa ≈ 14 Lumen/W

Indice di resa cromatica 100

Temperatura di colore 2800 K

Vita utile 1000 h in derivazione

1500 h in serie

Tabella 5.28 – Caratteristiche principali delle lampade ad incandescenza.

Il filamento in tungsteno ha una resistenza differente in funzione della temperatura di funzionamento; poiché a temperatura ambiente la sua resistenza è molto bassa, la corrente che passa al momento dell’accensione è elevata, il che fa surriscaldare in fretta il filamento aumentandone di conseguenza la resistenza (fino a 10-15 volte); da questo momento in poi la corrente cala e si attesta al valore nominale costante.

Le lampade alogene, naturale evoluzione di quelle ad incandescenza tradizionali, vengono inventate nel 1958. Rispetto a queste ultime, esse offrono un’emissione luminosa migliore (luce più bianca e nitida, migliore controllo del fascio luminoso) accompagnata da una riduzione del consumo energetico, una durata maggiore e dimensioni minori.

Efficienza luminosa ≈ 25 Lumen/W

Indice di resa cromatica 100

Temperatura di colore 2900÷3000 K

Vita utile 2000÷4000 h

Tabella 5.29 – Caratteristiche principali delle lampade alogene.

Figura 5.130 – Schema di funzionamento di una lampada alogena.

Figura 5.131 – Alcune immagini di lampade alogene (da sinistra: a due attacchi, ad un attacco, faretto completo).

Il principio di funzionamento è lo stesso e anche la corrente assorbita ha le stesse caratteristiche, quindi per l’analisi dettagliata si rimanda ai grafici relativi alla lampada ad incandescenza (Figura 5.132, Figura 5.133). L’unica piccola differenza sta nel come sono costruite, infatti a differenza delle lampade ad incandescenza il bulbo è in quarzo, per resistere alle temperature maggiori; inoltre al suo interno sono contenuti, oltre ai gas inerti, degli

alogeni come iodio e bromo, depositati sulla superficie interna del bulbo, che aumentano la durata del filamento. Parte del tungsteno, infatti, una volta sublimato si attacca ad una particella di alogeno che per differenza di gradiente termico lo rideposita sul filamento ritornando poi sulla superficie del bulbo. Per favorire questo processo è necessario quindi che il bulbo sia relativamente piccolo, in modo da ridurre il più possibile la distanza tra il filo e lo strato di alogeni.

Se da un lato esse offrono una luce più bianca più simile ancora a quella naturale, esistono anche alcuni svantaggi legati principalmente all’elevata temperatura del filamento che emette radiazioni nella zona ultravioletta dello spettro elettromagnetico (ossia emette raggi UV, non benefici per l’occhio umano). Per ovviare a questi problemi si può procedere in due modi: o drogando il quarzo del bulbo con piccole quantità di altri elementi che blocchino i raggi UV oppure montare la lampada in un ulteriore bulbo simile a quello delle normali lampadine. Il primo di questi metodi è utilizzato ad esempio su ampia scala nelle lampade dei fanali delle automobili.

Questa funzione rigeneratrice, oltre ad allungare la durata della lampada, riduce anche il processo di annerimento del bulbo causato dalla condensazione dei vapori metallici sulla sua superficie, facendo sì che alla fine della propria vita utile la lampada emani ancora circa il 95% del flusso luminoso iniziale (a differenza delle lampade ad incandescenza, che alla fine ne emanano solo l’80%).

Oltre alle lampade alimentate alla tensione di rete ce ne sono altre funzionanti a bassissima tensione (12 V), che però necessitano di un proprio trasformatore. Un accorgimento da mettere in atto durante l’installazione, infine, è quello di non toccare il bulbo a mani nude, poiché le sostanze rilasciate dalla pelle umana favoriscono il processo di devetrificazione e infragiliscono il bulbo.

Un discorso specifico va fatto in relazione alla possibilità di regolare il flusso luminoso tramite dei dimmer. Le lampade ad incandescenza sono molto sensibili alle variazioni di tensione e corrente: una sovratensione del 5%, ad esempio, favorisce da un lato un aumento della qualità di illuminazione di circa il 20%, ma dall’altro un quasi dimezzamento della vita utile; analogamente, una riduzione del 10% della corrente assorbita favorisce certamente la durata della lampada ma in maniera molto minore rispetto al calo del flusso luminoso. Riguardo alle alogene, invece, un utilizzo con corrente variabile è in ogni caso deleterio in quanto riduce la durata della lampadina e il flusso luminoso emesso: riducendo la corrente, infatti, si altera in maniera negativa il processo rigenerante dell’alogeno, comportando un più rapido deterioramento del filo e un maggior deposito di polveri di tungsteno rispetto alle condizioni nominali.

Nell’analisi portata avanti in queste righe è stata monitorata a scopo di esempio una lampadina ad incandescenza da 60 W, della quale qui di seguito riportiamo i grafici, prima funzionante normalmente e poi soggetta a dimmeraggio con controllo di fase.

In Figura 5.132 si può ben vedere come all’accensione la corrente sia molto elevata, mentre in pochi istanti, in seguito appunto al riscaldamento del filo, la resistenza aumenta fino al valore di regime facendo emettere la caratteristica luminescenza. Per quanto riguarda la qualità della corrente assorbita, poiché l’intero circuito è composto da una resistenza semplice, alla tensione di rete il profilo è perfettamente sinusoidale e in fase con la corrente (Figura 5.133).

Figura 5.132 – Lampada ad incandescenza: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.133 – Lampada ad incandescenza: andamento di tensione e corrente istantanee.

Queste sono le condizioni cui è normalmente sottoposta una lampada a filamento, ma cosa succede quando si agisce su un variatore di tensione (dimmer) per regolare il flusso luminoso? Nella seconda prova si sono analizzati gli effetti di una regolazione con controllo di fase, ossia facendo variare il ritardo di assorbimento della corrente. Nonostante si sia osservata una effettiva riduzione di potenza assorbita, il consumo complessivo non cala in maniera esattamente proporzionale al flusso luminoso emesso, bensì si riduce in maniera minore; questo vuol dire che “abbassare le luci” ad esempio del 50% non equivale propriamente a dimezzare il consumo energetico.

Per capire cosa accade alle grandezze in gioco, la raccolta dati è stata effettuata (con la lampada sempre a regime) variando volta per volta l’angolo di ritardo di 15°, omettendo il ritardo massimo (ossia 180°, in cui la potenza attiva è nulla e lampadina è spenta) e quello nullo (ossia 0°, uguale al profilo normale visto in Figura 5.132 e in Figura 5.133). Per poter confrontare meglio le varie condizioni si è ritenuto opportuno mostrare prima tutti i grafici relativi ai valori istantanei (da Figura 5.134 a Figura 5.144) e poi quelli relativi ai valori efficaci (da Figura 5.145 a Figura 5.155), in modo da distinguere più facilmente le differenze.

Osservando in sequenza gli andamenti istantanei si percepisce la progressiva distorsione della forma d’onda della corrente, la quale si schiaccia verso lo zero all’inizio di ogni semiperiodo; con uno strumento altamente preciso come un oscilloscopio si osserverebbe che in questo tratto la corrente è proprio nulla, in quanto non vi è conduzione,46 per poi riprendere dopo l’angolo di ritardo con il proprio corrispondente valore istantaneo.

46

Ad esempio, poiché lo sfasamento massimo vale π, con Δϕ = 90° (π/2) si ha nella prima mezza semionda una corrente circa nulla, con Δϕ = 120° (3π/2) si ha corrente nulla per i primi 3/2 di ogni semionda e così via.

In seconda analisi, si nota che l’onda non viene semplicemente “tagliata” in parte ad ogni semiperiodo, ma riprende con un’ampiezza (o meglio un picco, perché poi non si tratta più di un’onda continua) non esattamente uguale rispetto a quella che si avrebbe nello stesso punto in condizioni normali. Questo è lo stesso fenomeno che si verifica all’accensione: nei periodi di corrente nulla, infatti, il filamento si raffredda in maniera impercettibile, riducendo la sua resistenza e aumentando la corrente trasportata. Il picco, poi, aumenta sempre fino allo sfasamento di 90°, poiché in questo punto la corrente riprende con il valore massimo della curva; aumentando ulteriormente il ritardo si ha comunque una corrente maggiore di quella senza sfasamento, ma il picco diminuisce poiché dai 90° in poi l’ampiezza dell’onda decresce.

Figura 5.134 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 15°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.135 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 30°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.137 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 60°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.138 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 75°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.139 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 90°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.141 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 120°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.142 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 135°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Figura 5.143 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 150°: andamento di tensione e corrente istantanee.

Passando ai valori medi/efficaci si hanno invece delle sorprese. Se da un lato, come pare logico pensare, la potenza assorbita e la corrente diminuiscono, accade anche che i rispettivi profili non siano più costanti, bensì acquistino una forma a gobbe. Il profilo di potenza inizia a registrare le prime deformazioni sensibili a circa 60° di sfasamento, con una successiva accentuazione fino a Δϕ = 90° e un nuovo “raddrizzamento” avvicinandosi allo sfasamento massimo. La corrente invece segue un percorso diverso in quanto la sua deformazione aumenta sempre fino alla fine.

Figura 5.145 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 15°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.146 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 30°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.148 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 60°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.149 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 75°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.150 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 90°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.152 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 120°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.153 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 135°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.154 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 150°: andamento di potenza media e corrente efficace.

Figura 5.155 – Lampada ad incandescenza, Δϕ = 165°: andamento di potenza media e corrente efficace.

A questo proposito, poiché la dimmerazione è legata alla variazione della potenza assorbita, può essere comodo avere un prospetto di quanto realmente vari il consumo di una lampadina nelle diverse situazioni (Tabella 5.30). Si osserva che l’effettivo consumo percentuale è di poco maggiore rispetto alla corrispondente riduzione di corrente assorbita.

ANGOLO DI RITARDO [°] QUOTA DI SEMIONDA RILEVATA [%] CORRENTE MEDIA [A] POTENZA MEDIA [W] CONSUMO MEDIO IN 1 ORA [Wh] CONSUMO [%] 0 100 0,3 60 60 100 15 92 0,3 60 60 100 30 83 0,3 59 59 98 45 75 0,3 57 57 95 60 66 0,3 52 52 87 75 58 0,3 44 44 73 90 50 0,3 37 37 62 105 42 0,2 29 29 48 120 33 0,2 22 22 37 135 25 0,2 15 15 25 150 17 0,2 11 11 18 165 8 0,1 10 10 16 180 0 0 0 0 0

Tabella 5.30 – Tabella riassuntiva del consumo di una lampada a filamento da 60 W dimmerata.

Documenti correlati