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CAPITOLO 5 MONITORAGGIO CARICHI ELETTRICI E ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE

5.15 I LLUMINAZIONE

5.15.3 Lampade a LED

Le lampade a LED sono senza dubbio il futuro dell’illuminazione, in quanto coniugano un ridottissimo consumo energetico ad una qualità del flusso luminoso buona e in continuo miglioramento, uniti a dimensioni notevolmente ridotte ed adattabili a qualsiasi geometria. Ma prima di parlare propriamente dei LED, acronimo di Light Emitting Diode, è opportuno presentare brevemente il principio di funzionamento di un diodo, poiché il LED è appunto un particolare diodo.

In generale, un diodo è un elemento che consente lo scorrere della corrente solo in una direzione. Un diodo ideale si comporta come un perfetto conduttore per la corrente che fluisce in una direzione (direzione polarizzata diretta) e come un perfetto isolante per la corrente che fluisce nell'altra direzione (direzione polarizzata inversa). Nella pratica, il diodo reale si approssima al diodo ideale poiché la corrente inversa è generalmente piccola.

Un diodo si realizza accoppiando due elementi, composti dallo stesso materiale semiconduttore (a struttura reticolare) ma drogati47 diversamente, in modo da avere una zona N in cui vi è un eccesso di elettroni (carico negativo) e una zona P con un eccesso di “lacune” (carico positivo); questa configurazione prende appunto il nome di “giunzione P-N”. In ognuno dei due casi, a livello globale il reticolo è neutro, ma appena messe in contatto le due parti si

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Il drogaggio di un semiconduttore consiste nell’aggiunta all’interno del reticolo cristallino di impurità, ovvero atomi con un numero di valenza diverso. Se l’elemento aggiunto ha una valenza (numero di protoni e quindi anche di elettroni) superiore, una quantità di elettroni pari alla valenza dell’elemento primario saranno impiegati nei legami covalenti, mentre quelli in eccesso saranno liberi di circolare; questo è un drogaggio di tipo N e l’elemento aggiunto è detto “donatore”. Se invece l’elemento aggiunto ha valenza inferiore è detto “accettore” e gli elettroni mancanti per creare i legami lasceranno delle lacune si parla di drogaggio di tipo P.

ha nella zona di contatto un naturale flusso di elettroni da N verso P ed ognuno di essi, una volta migrato, va ad annullare una lacuna in modo da ripristinare correttamente i legami covalenti. In questa “zona di svuotamento”, quindi, aumenta progressivamente la carica positiva nella zona N dovuta alla perdita di elettroni, e in maniera uguale ed opposta aumenta la carica negativa nella zona P, creando una differenza di potenziale via via crescente. Il flusso di elettroni prosegue spontaneamente finché il campo elettrostatico formatosi raggiunge un livello tale da impedirne gli spostamenti: questa differenza di tensione si chiama “tensione di barriera” (o band gap). A questo punto, il flusso può proseguire solamente se al diodo viene applicata, tramite un generatore collegato ai due poli, una f.e.m. esterna superiore. Il collegamento al generatore di tensione può essere fatto i due modi, polarizzando la giunzione in senso diretto o inverso. Nel primo caso si favorisce il flusso di elettroni attraverso la zona limitrofa, mentre nel secondo si va ad aumentare la tensione di barriera impedendo di fatto la migrazione.

Veniamo ora al LED. Come abbiamo detto, esso è un diodo che ha in più la particolarità di emettere un raggio luminoso con una ben definita lunghezza d’onda. Questo accade perché, con la giunzione polarizzata direttamente e a seguito di una f.e.m. applicata, gli elettroni che passano nella zona P scendono da un livello energetico più alto (raggiunto proprio per superare la barriera elettrostatica) a uno più basso (quando si ricombinano con la rispettiva lacuna), liberando energia.

Poiché come è stato spiegato l’energia associata ad un fotone è circa equivalente a quella del

band gap, ed essendo la prima strettamente legata alla lunghezza d’onda della radiazione

emessa, ne deriva che proprio il valore del band gap determina il tipo di radiazione che si otterrà; se siamo nel campo del visibile ciò equivale a un particolare colore (l’energia in tal caso è liberata sotto forma di fotoni), ma anche altre lunghezze d’onda come ad esempio gli infrarossi possono essere utilizzate nei telecomandi.

Chiariti questi principi si può procedere vedendo come si comporta un LED sotto l’aspetto dell’alimentazione elettrica. Esso, a differenza delle lampade a filamento, è una sorgente a luce fredda e deve essere alimentato con corrente e tensione continue di valore molto basso (la corrente varia da 0,01 A a 1,4 A, la tensione da 2 a 4 V). Un accorgimento da prendere per evitare di danneggiare il LED è quello di metterlo in serie con una resistenza grande a sufficienza per ridurre la tensione al valore di funzionamento.

Figura 5.166 – Alcune immagini di lampade a LED e schema sintetico di realizzazione.

POLO POSITIVO POLO NEGATIVO RESISTENZA DI COMPENSAZIONE

I parametri che influenzano l’intensità del flusso luminoso sono la temperatura e il valore di corrente diretta: esso infatti cala con l’aumentare della temperatura e con il diminuire della corrente. nelle applicazioni più semplici, visto che l’intervallo di temperatura è poco variabile e quindi poco influente, al fine di variare la luminosità è sufficiente regolare la tensione o la corrente di alimentazione.

Illuminare un ambiente o delle porzioni di esso sfruttando questa tecnologia offre numerosi vantaggi e pochissime controindicazioni. Tra i primi vi sono senz’altro una durata molto maggiore rispetto ad altre lampade, un’efficienza luminosa inferiore ad oggi solo alle fluorescenti (ma in continuo e rapido aumento, con una proiezione più che incoraggiante per l’immediato futuro) e la possibilità di gestire facilmente i colori e il dimmeraggio senza alterare le prestazioni o la vita utile; inoltre, poiché sono alimentati in bassissima tensione (12 o 24 V) e non contengono né mercurio né gas, non rappresentano un pericolo per la sicurezza e la salute delle persone. Gli unici svantaggi sono rappresentati da un lato dalle proprietà intrinseche del LED (la scarsità di flusso luminoso emesso rispetto alle altre lampade richiede l’impiego di un elevato numero di sorgenti per avere il medesimo effetto) e dall’altro dal fatto che, essendo un’applicazione recente, i costi di installazione per ora sono elevati e gli standard di progettazione degli apparecchi illuminanti sono ancora in fase di definizione. Con i primi ci si deve convivere ed adattarsi, gli altri invece si possono risolvere grazie alla sperimentazione e ad un’adeguata informazione.

Procediamo quindi con l’esposizione dei risultati dell’analisi. L’apparecchio luminoso monitorato è un tubo a LED, che esteriormente è del tutto simile ad una lampada fluorescente lineare da ufficio, ma che all’interno del tubo non contiene gas bensì una fila di LED collegati al proprio alimentatore. Per quanto riguarda i dati tecnici è sufficiente dire che la potenza complessiva dell’apparecchio è di 18 W, dei quali 14 W sono la potenza nominale della lampada e 4 W sono il consumo dell’alimentatore interno necessario a far funzionare le lampade.

Il profilo di assorbimento in valori efficaci è continuo e costante, come una resistenza normale (Figura 5.167), mentre la forma d’onda non è esattamente una sinusoide; relativamente ai valori istantanei, infatti, sia all’accensione (Figura 5.168) sia a regime (Figura

5.169) la corrente presenta un elevato contenuto armonico dovuto ai componenti

dell’alimentatore. Inoltre, sia all’accensione sia a regime l’assorbimento è il medesimo, senza subire quindi sovracorrenti istantanee come invece accade nelle lampade a filamento.

Figura 5.168 – Lampada a LED: andamento di tensione e corrente istantanee all’accensione.

Capitolo 6

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