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mare

Avrei voluto saper fumare come Ana. Era una delle sue tante abilità. Non c’era niente che stonasse in lei, né un gesto, né un paio di scarpe, né un foulard, né un profumo. Le unghie le stavano bene con o senza smalto. Perfino Gus sembrava essere nato per mettere in risalto la sua padrona e il collare e il guinzaglio di Gus erano fatti a mano a sua immagine e somiglianza. Il mondo di Ana era il mondo più ideale che avessi avuto davanti agli occhi e che probabilmente non avrei avuto mai più.

Quello che mi piaceva di meno era il fatto che portasse così spesso Greta con sé in Tailandia. Per colpa delle sue avventure e dei suoi viaggi con Ana, io avevo passato più tempo con Lilí che con mia madre. Lilí diceva che la mamma era una superficiale e che dovevo fare il possibile per non assomigliarle. Forse è per questo che perfino le suore della scuola mi rimproveravano di essere troppo seria.

La mamma adorava la vita che c’era là fuori e avere amanti. Quando parlava di loro, non li chiamava né fidanzati né amici, bensì amanti. Gli uomini si dividevano in buoni o cattivi amanti e, se ne trovava uno buono, era al settimo cielo. Di certo sembrava divertirsi molto più delle madri sposate delle mie amiche. Ma io mi sentivo mortificata dal fatto che fossimo diverse e la sua amica Ana era una parte di questa diversità. Lilí diceva che Ana era un male necessario nelle nostre vite (cosa che ho sempre considerato un’esagerazione) e che la colpa del fatto che Greta si fermasse a casa solo per recuperare le forze non era di Ana, che in fin dei conti approfittava di questi viaggi per fare soldi

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(senza dubbio un’altra esagerazione perché, da quanto ne sapevamo, Ana non aveva nessuna attività simile alla nostra), invece purtroppo Greta voleva solo godersi la vita e Lilí aveva nostalgia del periodo in cui almeno tentò di diventare una pittrice, però nemmeno in questo si era impegnata a sufficienza. Io non potevo deludere Lilí come faceva la mamma, dovevo ricompensarla per entrambe. Dovevo essere seria e responsabile per entrambe. Dovevo accontentarla per entrambe.

Almeno quell’estate organizzammo le vacanze tutte e tre insieme, o meglio, tutte e quattro, visto che Ana ci portò in macchina ad Alicante. L’idea era di stare due giorni con noi e poi andarsene perché aveva altri programmi nei quali la mamma non doveva essere stata inclusa. Io avrei voluto che ci lasciasse sole perché la sua presenza mi faceva sempre pensare che ci fosse una vita magnifica altrove. Quello che non potevamo immaginare al nostro arrivo era che saremmo anche tornate in dietro insieme noi quattro e Gus.

Credo che tutto abbia avuto inizio quando persi il cappellino che la mamma mi portò da New York. Si notava subito che era americano e mi piaceva un sacco. Anche se, ad essere sincera, più che perderlo me lo rubarono. Lo lasciai sull’asciugamano per andare a fare il bagno e dal mare vidi una donna che lo prendeva e se lo portava via. Uscii dall’acqua di corsa, ma quando arrivai a riva non la trovai. Lo raccontai a Lilí, che era sotto l’ombrellone e che non si era accorta di niente. La mamma e Ana non la smettevano di camminare sulla sabbia per tonificare le gambe.

Non ti preoccupare, ne compreremo subito un altro, disse e richiuse gli occhi.

Da quel momento cercare un cappellino uguale al mio diventò la scusa per la quale Lilí il pomeriggio si fermasse in tutte le bancarelle con borse, occhiali, camicie e cappellini contraffatti che ragazzi alti e magri scuri di pelle esponevano per terra. Era una cosa insopportabile perché io dovevo accompagnarla, mentre Ana e la mamma si sedevano in terrazza ad aspettarci. Chiedeva i prezzi e qualsiasi altro tipo di informazione, era il caso di non

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allontanarsi. Stavo giusto pensando che non avremmo mai trovato un cappellino uguale al mio e che non mi interessava più, quando vidi passare Gus di corsa e, dopo qualche secondo, Ana. Non osai seguirli e lasciare Lilí da sola, così salii su una panchina e vidi Gus con un gruppo di persone tra cui c’era una bambina che giocava con lui. Ana tornò quasi subito. La mamma ci aveva raggiunte.

― Ho incontrato degli amici ― disse molto seria, come se fossero più nemici che amici ― e devo cenare con loro.

Mia madre e Lilí rimasero qualche minuto a guardarla mentre se ne andava con una faccia preoccupata e la mamma, arrabbiata, disse che tutto ciò non avrebbe mai avuto fine.

― Tutto questo è stato per il tuo bene ― disse Lilí riprendendola.

― Ecco che ricominciamo con il mio bene ― rispose la mamma andando da una parte all’altra indossando un vestito bianco lungo fino ai piedi che aveva comprato il giorno prima al mercatino.

Ti ricordo che io non volevo essere coinvolta. Però ormai ci sono dentro. Mi avevi detto che non ci sarebbero stati problemi, che era totalmente sicuro. E adesso? Ci siamo già dovute trasferire e adesso dobbiamo cambiare spiaggia, e poi?

― Mi sa che il cappellino dovrà aspettare . Questi non mi piacciono ― disse Lilì dando le spalle alla mamma e stringendomi al petto.

Il mattino seguente ce ne andammo com’eravamo arrivate. Lilí disse che a causa dell’umidità provocata dal mare, le ginocchia le facevano male. La mamma disse che era stufa delle vacanze in famiglia e che se Ana fosse stata d’accordo, se ne sarebbe andata con lei; però Ana rispose che aveva anche lei degli impegni familiari e, a quel punto, cadde un profondo silenzio in macchina perché non aveva mai nominato la sua famiglia, almeno davanti a me. La vedevo sempre sola o con Gus e davo quasi per scontato che fosse venuta al mondo così, com’era adesso, vestita e con il cane al guinzaglio.

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II

Una foresta

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